DRAGON BALL © 1984 Akira Toriyama/Shueisha. All Rights
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Cap. 6 - Luce tra le tenebre.
La notte era una
compagna fedele e gradita.
Ascoltava in silenzio
i pensieri che incoscientemente la gente esprimeva ad alta voce,
traendone ogni rilevante dettaglio e tenendo per sè la
fortuna di aver assistito ad un monologo segreto.
Avvolgeva di
oscurità e buio l'individuo donandogli quel senso di pace e
sicurezza, dalla quale nasceva l'inaspettato coraggio di esprimere i
propri turbamenti che a lungo erano stati repressi e mai allontanati
dalla propria mente.
Durante la notte
riafforavano i ricordi, quelli devastanti e mai graditi,
perchè quel senso di pace e sicurezza aveva
l'abilità di insinuarsi sin dentro le membra e scavare nel
profondo del proprio inconscio maledetto, dando l'illusione di poter
donare quella pace desiderata e sofferta ma rilevandosi invece un
trucco meschino col solo intento di trarre a sè quelle
memorie dolorose e per lungo tempo nascoste.
Nonostante Vegeta
raccogliesse in sè un infinità di quei ricordi
marci e rancorosi, non si sottrava all'oscurità attraente
delle tenebre, anzi; egli la cercava con lucida ossessione,
perchè la notte era sempre stata fedele compagna di quella
fiera razza il cui sangue gli scorreva nelle vene, ed a questa sua
voglia aveva dato una contorta motivazione.
Le sue memorie
raccontavano di guerre mai perse, di popoli sottomessi, di gloria
costante, di rispetto ineguagliabile; i suoi ricordi odoravano di carne
bruciata, rievocavano urla strazianti e risa malvagie, gustavano il
sapore del sangue.
Vegeta
era un Saiyan, ed i Saiyan vivevano di questo.
Avvolti
nell'oscurità e marchiati come assassini, traevano gusto e
soddisfazione dagli occhi angosciosi e pietosi delle proprie vittime,
imprimendo nei loro ultimi sguardi vivi l'immagine dei propri volti
disprezzanti e divertiti.
Ma quei ricordi non
narravano solo di vittoriose battaglie e fiere conquiste; nei meandri
oscuri del proprio essere, Vegeta custodiva il taciturno rancore e
sdegno per quel periodo di obbligata subordinanza all'essere
più potente - dell'epoca, si intende - dell'universo.
Le gloriose guerre che
conduceva e che fieramente portava sanguinosamente a termine
nascondevano dietro il vanto e la soddisfazione tutto il cruccio di non
poterne prendere il merito, di non poterne parlare con orgoglio.
Di non poter essere libero, lui, il fiero Principe dei
Saiyan, usato come un banale oggetto da quel presunto padre che
richiamarlo alla memoria gli provocava un fastidio profondo.
Ora non gli importava
più aggiungere il prestigioso titolo davanti al proprio
nome, perchè nonostante la verità fosse difficile
e dolorosa da ammettere, col tempo era riuscito a rassegnarsi; non
poteva esistere nessun sovrano, se non c'era nessun popolo da governare.
Ma sebbene l'enorme
sforzo che aveva fatto nel riconoscere questo torto, nonostante le
tremende rievocazioni di quel passato tortuoso e sprezzante, Vegeta
necessitava di quei crudi ricordi e di rammentare tacitamente i
gloriosi giorni in cui l'unico suo senso di vita era combattere e
portare alto il nome del più forte e orgoglioso popolo di
guerrieri dell'Universo, come ripicca nei confronti di quel lucertolone
che lo teneva in pugno, dichiarandosi suo padrone, ma che egli non
aveva mai considerato come tale.
Vegeta
era un Saiyan.
E sentiva il perenne
bisogno di ricordarlo, timoroso che l'esistenza frivola e piacevole che da anni ormai stava
trascorrendo sul quel pianeta avesse in una qualche maniera mutato il
suo essere, rinnegato le proprie origini, accettato di amalgamarsi tra
i terresti che continuava a ritenere infimamente inferiori, ma che gli
avevano donato una vita tutto sommato abbastanza gradevole.
Vegeta rivolse un
ultimo sguardo alla luna piena padrona dell'oscurità , con
la quale aveva affiancato migliaia di battaglie; sospirò
silenziosamente mentre ricacciava le memorie segrete all'interno del
suo impenetrabile ripostiglio mentale.
Si alzò dal
divano comodo e con passi tonfi abbandonò il soggiorno, con
l'intenzione di raggiungere il letto e placare il sonno insistenze che
nel frattempo s'era impadronito di lui.
Raggiunto il piano
superiore, attraversò le camere dei propri figli dando una
rapida occhiata ai loro corpi beatamente dormienti visibili attraverso
le sottili fessure che le porte socchiuse avevano sapientemente
lasciato, dando all'uomo l'opportunità di controllare la
situazione.
Si diresse poi nella
propria camera, qualche metro più distante, ed abbassando
lentamente la maniglia dorata varcò la soglia.
Quando richiuse la
porta dietro di sè, venne nuovamente inghiottito da
quell'oscurità opprimente; nonostante il buio cupo, Vegeta
si mosse sicuro nella stanza evitando abilmente ogni possibile
intralcio; come un ombra silenziosa ed agile, poggiò le
ginocchia sul morbido letto, liberando la propria area dalle ingombrati
lenzuola e buttando un occhio in direzione della zona occupata da Bulma.
Un timido soffio di
vento fresco sibilò nell'aria scostando le leggere tendi del
balcone poco distante, e il bagliore lunare penetrò nella
camera illuminandola morbidamente in ogni angolo; in quell'istante di
soffice luce Vegeta potè notare la figura dormiente della
donna, distesa goffamente sul materasso comodo e con il volto
leggermente ruotato nella parte opposta al Saiyan.
Sebbene la notte non
fosse particolarmente calda, indosso aveva una semplice canotta bianca
e dei pantaloncini leggeri che alimentarono nell'uomo un attimo di
confusione.
Il torace si muoveva a
scatti regolari seguendo il ritmo del suo respiro; nell'aria i suoi
brevi sospiri erano appena udibili.
Nella penombra della
stanza ed allungandosi sulle braccia, Vegeta potè osservare
sul suo bianco viso l'espressione serena e beata di chi dorme senza
pensieri, ostacolata dalle ciocche azzurre che erano disposte
scompostamente dandole un aria sbarazzina.
La luna
illuminò il collo lungo e sottile della donna, mostrandolo
nella sua candida tonalità ed attirando l'attenzione del
Saiyan.
Quasi come se le
braccia godessero di volontò propria, Vegeta si
ritrovò a cingere tra le grandi mani il bianco collo di
Bulma, tastandone la pelle morbida e liscia con le dita grosse.
Nell'insensatezza del
gesto, egli si ritrovò consciamente a constatare su quanto
sarebbe potuto essere facile distruggere una vita.
Una pressione maggiore
sulle mani dure, un accenno di forza nelle dita rudi, e avrebbe potuto
spezzarle le ossa, o farla soccombere senza troppe attese.
In quel momento
avvertì dentro di sè uno sconfinato senso di
superiorità; ghignò orgogliosamente accenando una
punta di perfidia, quando ricordò di poter essere l'artefice
della vita o della morte di un qualsiasi individuo.
E di nuovo le vecchie
memorie che riemergono prepotenti, e i volti strazianti delle vittime
innocenti, le lacrime amare e le urla angoscianti, le carni lacerate e
l'odore del sangue.
Ancora, ricordi che
bruciano come ferite fresche, la voglia di reprimerle e cancellarle
perchè sono passati anni e la sua vita è
cambiata, è nuova, è
nettamente migliore.
Ma come un marchio
indelebile inciso nella memoria, nonostante la sua vera indole brami
ripercorrere le vecchie glorie e godere di quelle soddisfazioni, Vegeta
lottava contra la sua stessa natura, perchè aveva capito che
ora quei tempi non avevano più importanza.
Era un uomo diverso,
ed ora godeva di responsabilità che mai un giorno avrebbe
anche solo pensato di possedere; proteggere delle persone e lottare per
la loro incolumità, non più per sè
stesso e per il vanto della vittoria.
Bulma
sospirò rumorosamente, muovendo di appena qualche millimetro
il proprio corpo caldo; in quell'istante le mani di Vegeta
abbandonarono il collo morbido della donna, senza prima averlo sfiorato
nella sua lunghezza con le dita in quella che sarebbe dovuta essere una
timida carezza.
Le iridi celesti della
donna emersero attraverso le lunghe ciglia nere, e dopo aver
familiarizzato con l'oscurità insistente della notta, i suoi
occhi notarono la sagoma imponente dell'uomo chinato sul suo corpo; sul
suo viso aveva un'espressione indecifrabile, e nel buio fastidioso
Bulma potè vedere il suo sguardo cupo e freddo.
- Vegeta. -
sibilò piano, con la bocca impastata di sonno e la voce
rauca.
L'uomo
appoggiò il peso del suo corpo su quello di lei, strofinando
i palmi sulla sua pelle liscia e morbida di entrambe le braccia, fino
ad arrivare a cingerle le spalle fragili.
Da quel preciso
momento i pensieri di Vegeta svanirono all'istante; come pochi granelli
di sabbia in balia del vento forte, le amare memorie vennero spazzate
via dalla mente, ora vuota e serena, pronta ad accogliere dentro di
sè un nuovo dolce ricordo legato al momento che stava per
vivere.
Non c'erano
più le vittime inerti e il loro sangue, nè i
compagni sadici e le battaglie estenuanti; gli occhi erano ora pieni
dell'immagine di Bulma stesa sotto il proprio corpo, con le palpebre
instabili e la bocca dischiusa.
Uno
spiraglio di luce tra il buio asfissiante delle tenebre.
Con una lentezza
inusuale, Vegeta andava avvicinando il proprio volto verso quello della
donna; Bulma nonostante il sonno persistente e la confusione crescente,
lasciò che l'uomo le baciasse la fronte come rare volte
aveva fatto, chiudendo gli occhi quando le calde labbra sfiorarono le
palpebre morbide.
- Vegeta. -
sussurrò ancora quasi involontariamente, appoggiando le
piccole mani sulla schiena possente del Saiyan; ma Vegeta non rispose.
Si limitò a
guardarla negli occhi per un attimo fulmineo, prima di affondare le
dita tra i capelli lisci e chiudere le labbra su quel collo invitante.
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Umh.
Beh, non
c'è molto da dire su questo capitolo.
Volevo scrivere
qualcosa che legasse i ricordi passati di Vegeta e la sua nuova vita ed
in particolare al ruolo fondamentale che ha assunto Bulma, la donna che
riesce ogni volta a distrarlo dal rimembrare quelli che sono i momenti
incancellabili della vita del Saiyan.
Spero di avervi
regalato una lettura piacevole :)
Al prossimo capitolo!
MellyVegeta
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