Corre.
Corre sempre più forte, ma non ce la fa comunque a sfuggire
a quello.
“Quello”,
non sa cosa sia, è solo un essere gigantesco, dalle
proporzioni grottesche, con un’enorme mascherone dove
intuisce dovrebbe esserci la faccia. Lontano, le fiamme e il silenzio
avvolgono il villaggio dove “quello” ha ucciso
tutti quanti, tutti tranne lei.
E continua ad inseguirla.
Perché vuole
proprio lei? Che cos’ha fatto?
Inciampa, finisce con la
faccia a terra, sente la voce gracchiante e orribile di quel mostro.
-E adeeeesso ti uccido!-
chiude gli occhi, terrorizzata, troppo anche per piangere.
Ha perso sua mamma, suo
papà, i suoi fratelli.
“Quello”
li ha uccisi di fronte a lei.
“E’
te che vogliamo” le ha detto “è colpa
tua se sono morti tutti”.
-Sigillo di sangue.
Distruzione- una voce profonda fa capolino dagli alberi, e il mostro
caccia un urlo bestiale, terrificante.
Si sente afferrare per
le braccia e prendere in braccio delicatamente, ma continua a tenere
gli occhi serrati, il cuore che va a mille, come un animale in trappola
che sa di non poter fare più niente per scappare.
Avverte il vento sulla
faccia, e sente che stanno correndo. Poi, dietro,
un’esplosione fa tremare la terra.
Improvvisamente scende
il silenzio, il passo di chi l’ha salvata rallenta. Avverte
il suo cuore battere velocemente per la fatica della corsa.
-Puoi aprire gli occhi,
sei al sicuro adesso. Non ti farò del male- la voce era
gentile, e lei le credette.
Aprì piano le
palpebre e fissò le iridi scure di un uomo abbastanza
giovane, che la fece salire di fronte a lui su un cavallo e la avvolse
in una coperta.
-Ti porterò a
casa mia. Gli akuma non ci troveranno, lì, stai tranquilla-
le parla con un tono rassicurante, ma continua a guardarsi intorno a
scatti, segno che è nervoso.
Lei se ne accorge e
riprende a tremare, mentre il cavallo parte al galoppo.
Le braccia
dell’uomo la stringono cercando di scaldarla, ma i brividi
che la scuotono non sono di freddo.
Prova a distrarla.
-Io sono James. Tu come
ti chiami?- lei apre la bocca un paio di volte per rispondere, ma
entrambe la richiude.
Si sforza, cerca nella
sua mente, si picchia in testa con la mano, poi inizia a piangere piano.
-Io… io non
mi ricordo- sussurra, singhiozzando.
L’uomo
l’abbraccia e la protegge dal vento –va tutto bene,
non sforzarti. Fra poco arriveremo e ti potrai riposare. Quando avrai
voglia, potrai anche giocare con mio fratello. Avete la stessa
età, sai?- inizia a raccontare, a parlarle di
com’è la casa e dei giochi che ci sono e lei,
piano piano, si addormenta.
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-Rie! Rie, svegliati, presto!- la ragazza sobbalzo, ritrovandosi ad un
palmo dagli occhi agitati di Linalee.
-Che succede?- mugugnò, ancora mezza intontita dal sonno e
dalla sbronza della sera prima.
-Devi andare in missione, è urgente. Sembra che Hebraska
abbia rilevato una risonanza fra l’innocence dispersa e la
tua, anche se non so bene cosa significhi- disse, aspettando
impazientemente che si vestisse e che capisse che cosa stava cercando
di dirle.
Se un altro cubo di innocence era entrato in risonanza con i suoi,
voleva dire che…
“Non è possibile” pensò
“non può andare tutto così
storto”.
-Dimmi che non è un nuovo impianto, Linalee, dimmi che Heb
non ha detto questo- mormorò, una morsa le attanagliava lo
stomaco. La cinese sviò gli occhi dai suoi.
-Ha detto che potrebbe esserlo, ma che non ci sono certezze, e non ci
saranno finchè non l’avrai recuperata- disse,
camminandole in fretta davanti, gettandole ogni tanto sguardi
incuriositi. Rie la seguì in silenzio, il cuore che batteva
a mille. No, non le avrebbe detto degli impianti.
Primo, perché era troppo intontita, secondo,
perché era un’eventualità troppo
spaventosa anche solo perché lei stessa la prendesse in
considerazione e avesse voglia di parlarne.
-Ah, non andrai da sola- continuò la cinese, vedendo che la
bionda non raccoglieva i suoi sguardi curiosi –con te
verranno Allen e Link - Rie imprecò mentalmente.
Se da un lato era sollevata –Allen era uno degli esorcisti
del Quartier Generale con cui aveva legato di più in quel
poco tempo- dall’altro sentiva che la presenza di Howard non
avrebbe portato niente di buono. Non sapeva ancora se lui
l’avesse effettivamente riconosciuta, del resto erano dieci
anni che non si vedevano, e la speranza che lo shock e il tempo
avessero cancellato i ricordi era l’unica cosa che le
impediva di darsela a gambe in quel preciso istante, mandando al
diavolo Ordine e famiglia Link.
Si sentì immediatamente in colpa a quel pensiero.
Forse Cross aveva fatto davvero degli errori con lei, si disse, a
partire dal renderla cinica e strafottente verso il resto del mondo.
Trovarono i due ad attenderle all’uscita della Home, assieme
a Komui.
-Eccovi, Generale Tsubaki. Immagino che Linalee vi abbia già
spiegato…- disse. La ragazza annuì seccamente
–lascia perdere il voi. Quanto è probabile che sia
un nuovo impianto, Komui?- chiese col cuore in gola, sentendosi addosso
gli sguardi stupiti di Link e di Allen. Il supervisore
sospirò –molto, a dire il vero. Hebraska ha
lasciato pochi dubbi- la guardò negli occhi, lei distolse lo
sguardo, sentendosi terrorizzata.
-Rie, dovresti aver imparato a…- esordì
l’uomo, ma l’occhiata che lei gli lanciò
gli fece morire le parole in gola. Ci mancava solo che rivangasse il
fatto che non riuscisse a controllare immediatamente la nuova innocence
con Howard lì davanti, pensò stizzita. Il
cambiamento di carattere nel ragazzo le era parso evidente: se avesse
scoperto una cosa simile, non ci sarebbe stato da stupirsi se lo fosse
andato a rivelare a Lvellie seduta stante.
E allora si che sarebbero stati guai, pensò.
-Ho capito, Komui, non devi preoccuparti. Andrà tutto bene-
disse atona, assumendo il suo solito contegno schivo.
Salutarono Komui e Linalee e si avviarono verso la carrozza. Sarebbe
stato un viaggio lungo, l’innocence era stata localizzata in
un punto impervio nel mezzo delle Highlands.
Rie sospirò: se Heb era così sicura che il cubo
fosse entrato in risonanza con quelli già
all’interno del suo corpo, avrebbe fatto meglio a prepararsi.
-Rie?- la voce di Allen la riscosse.
-Dimmi-
-Che cos’è l’impianto? Cosa intendeva
Komui?- le parole di Allen furono bruscamente interrotte dal fracasso
provocato da Link. All’ispettore era caduta di mano una
gigantesca pila di libri, che ora si stava affrettando a raccogliere
imprecando contro il dondolìo del treno.
Rie si sentì stringere lo stomaco.
“Ma chi vuoi ingannare, Howard?” pensò
con tristezza.
Anche lui stava fingendo, e l’allontanamento
dall’Ordine aveva agito da rilassante sui suoi nervi tesi,
portandolo a combinare disastri e a sciogliere la sua maschera di
stizza e pignoleria.
Non le andava molto a genio rivangare il suo scarso autocontrollo
sull’innocence di fronte a lui, ma Allen doveva sapere a cosa
l’aveva mandato incontro quel pazzo di Komui.
Sospirò –Allen, come ormai sai io sono diventata
Generale perché sono la compatibile di quattro blocchi di
innocence- cominciò. L’albino annuì.
-Ecco, questi blocchi, ogni volta che io mi sono avvicinata a loro,
sono entrati in risonanza, hanno cioè scatenato il loro
potere, il più delle volte in maniera distruttiva- fece una
pausa, sbirciando verso Link, ma quando vide i suoi occhi fissi su di
lei si rivolse immediatamente verso Allen.
Era chiaramente sbalordito, evidentemente non si aspettava che sarebbe
stata in grado di menzionare gli effetti del suo mancato controllo.
-Ecco, l’impianto avviene quando io tocco uno di questi
blocchi, che si innesta nel mio corpo- deglutì,
rabbrividendo –non è un processo piacevole-
mormorò –fa male, molto male, e
c’è il rischio che io non riesca a controllare
subito la potenza dell’innocence, dal momento che il mio
corpo ne sopporta già una grande quantità-
concluse. L’albino era basito.
-Ma se tu non riuscissi a controllarla, io…- Rie
finì la frase per lui –dovresti attaccarmi, Allen,
in modo da rendermi inoffensiva- disse secca. Vide il ragazzo abbassare
gli occhi e sospirare.
-Non preoccuparti- disse con più gentilezza,
scompigliandogli i capelli, un gesto così spontaneo che
sorprese anche lei –farò il possibile per
controllarla. Mi sono allenata in questi anni, eh. Non sono diventata
Generale per niente- sorrise, e sorrise pure l’albino,
rassicurato.
Si fermarono in un villaggio molto a nord della Scozia, Allen aveva
bisogno di mangiare in maniera sostanziosa, come il suo stomaco
rombante aveva più volte manifestato durante il corso del
viaggio.
Rie e Link lo aspettarono vicino alla carrozza. Si scoprì
che l’Ispettore soffriva di mal di mare, e lei,
d’altro canto, era troppo nervosa per la missione per poter
pensare di mangiare, quindi l’albino caracollò
verso una locanda, accompagnato dal cocchiere.
-Ispettore, provi queste- disse la ragazza ad un tratto, lanciandogli
un sacchettino. Link scrutò le caramelle con aria
interrogativa. Dall’interno proveniva un forte odore di
limone.
-Sono contro il mal di mare, non ho ancora trovato una persona con cui
non funzionino- continuò lei –avanti, le provi- si
sentiva ridicola ad essere così formale, ma doveva reggere
quella messinscena. Aveva troppa paura ad affrontare Link a volto
scoperto.
-Rie- fece lui, dopo aver masticato la caramella. In effetti dava
evidenti segni di miglioramento.
“Accidenti, era meglio se continuava ad avere il mal di
mare” pensò. Il sentirsi chiamare per nome da
quella voce le aveva inviato uno scossone nei pressi dello stomaco. Il
ragazzo non attese che rispondesse.
-Non credi sarebbe meglio smetterla con questa farsa?-
mormorò, guardando fisso l’orizzonte. A Rie
sembrava che le parole non fossero mai pesate così tanto
come in quel momento. Si rifiutavano di uscire dalla sua bocca.
-Non capisco cosa intendete dire, Ispettore- balbettò,
cercando di sembrare il più sicura possibile. Non era pronta
per affrontarlo, non ancora.
Link sospirò senza dire niente, senza guardarla.
Era ovvio che non potesse andare subito così liscia.
Rie fissava ostinatamente l’orizzonte, apparentemente
dimentica della sua presenza, e questo gli consentì di
soffermarsi qualche istante in più sulla sua figura.
Ovviamente, era cresciuta. Avevano la stessa età,
vent’anni, ma continuava a sembrargli come se non fosse
cambiato niente.
Sentiva il suo smarrimento come se fosse il proprio, e la vedeva
nascosta sotto un’armatura che non era la sua. Vedeva quegli
occhi guardare sempre avanti per paura di voltarsi indietro, ma sentiva
anche che in qualche modo, riemergendo dal passato, era riuscito ad
agganciarla.
Doveva essere cauto, o avrebbe rischiato di perderla di nuovo, e per
sempre.
Note dell'Autrice:
Ecco a voi il terzo capitolo prima della mia partenza! :D Si inizia ad
intuire qualcosa del passato di Rie -per una volta non l'ho tirata
tanto per le lunghe- però il peggio deve ancora venire!
Nuirene: si
beh, la fanfiction è ancora in via di scrittura e nonostante
io sia quasi alla fine non ho idea di come sbrogliare questa faccenda
degli elementi T_T però mi farò venire in mente
qualche colpo di scena! ;) per quanto riguarda l'interesse di Cross...
pazienta, pazienta! Non ti deluderò! :D comunque l'avviso
ooc l'ho messo apposta per alcuni comportamenti che hanno delle cause
ma non sono proprio conformi a quelli originali... meglio prevenire!!
A presto! Recensite, vi prego *___*
Baci!
Bethan
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