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– Epilogo
Il
dottor McCoy, nella sua bella uniforme a maniche corte da infermeria,
entrò a
passo lento nell’alloggio del capitano, sbadigliando
sonoramente e stirando le
braccia. Il turno lo aveva abbastanza provato, prima o poi si sarebbe
fermato
ad analizzare i motivi, pseudo scientifici o mistici che fossero,
secondi i
quali l’intero equipaggio era portato a fratturarsi ed
escoriarsi le più
svariate zone del corpo sempre
durante
le ore del suo turno, sempre e
costantemente, quasi lo aspettassero appositamente.
Si
tolse le scarpe con un movimento dei piedi distratto mentre gli
sovvenne la
voce vispa di Jim dal letto
“Ciao
Bones”
Mormorò
Kirk, sdraiato a pancia in sotto sul materasso, con i piedi sul cuscino
e la
testa di Spock adagiata sulla sua schiena, anche lui sdraiato, di
traverso, sul
lettone.
“Leonard…”
Salutò
anche il vulcaniano, McCoy rimase qualche secondo spiazzato; tutta la
sovraccoperta rossa del letto era invasa da centinaia di fogli scritti,
uno dei
quali il capitano era anche molto intento ad osservare.
Non
ci volle più di qualche secondo per rendersi conto che
fossero lettere. Le sue
lettere, anzi, le loro.
Aggrottò
le sopracciglia e si avvicinò, sorrise
“Come
mai state leggendo questa corrispondenza?”
Kirk
alzò le spalle
“Mi
è tornato in mente quel periodo, Spock si è fatto
raccontare un po’ di cose e
così…”
“Leonard,
vorrei precisare che non ho letto le tue lettere”
Il
dottore si sedette su un angolo del materasso e cominciò ad
osservare quei
fogli, con rinnovata curiosità
“Perché?”
Spock
alzò un sopracciglio
“Ho
ritenuto opportuno chiedertene prima il permesso, non vorrei risultare
irrispettoso per la tua privacy”
Bones
ridacchiò
“Quando
sei legato telepaticamente a due persone la parola privacy perde un
po’ del suo
significato!”
Il
vulcaniano si alzò seduto, Kirk sembrava non ascoltare
nemmeno, troppo
concentrato nella lettura di una sua vecchia lettera, a giudicare dalla
calligrafia.
“Leonard,
come ben sai non ho mai ascoltato le vostre menti se
n…”
“Spock
era per dire! Non ti serve il mio permesso, ora ne sei parte, siamo
parte l’uno
dell’altro no?”
Si
alzò in piedi e sbadigliò di nuovo
“Ma
sei stato molto carino a chiedermelo”
Aggiunse
baciandolo delicatamente sulle sottili labbra prima di recarsi nel
piccolo
bagno
“A
me niente? Anche io sono carino!”
Bofonchiò
Jim senza alzare gli occhi dalla sua lettera, datata oramai quasi sette
anni
prima. Il vulcaniano, con la sua tipica curiosità da
scienziato, rafforzata
dalla volontà di conoscere quelle parole, quei pensieri e
quei sentimenti
indelebilmente segnati su quella corrispondenza durata quasi dieci
anni,
cominciò a spulciare tutti quei fogli sommariamente, non
sapendo esattamente
nemmeno da dove cominciare.
“Uh,
questa la devi assolutamente leggere Spock… ho un talento
naturale per il
sesso, sia a farlo che a scriverlo…”
Jim
continuava a mormorare tra sé, racchiuso in un mondo tutto
suo. Il vulcaniano
alzò un sopracciglio abbozzando un sorriso, non era
difficile immaginarsi il
contenuto sicuramente vietato ai minori di alcune lettere –un
numero sostanzioso
di lettere- inviate dal suo T’hy’la a Leonard.
Sarebbe stato normale anche
adesso, ma dieci anni prima, con Jim ancora così giovane, al
suo primo vero
innamoramento, con il proprio uomo così lontano, Spock
poteva benissimo
immaginare, in tale situazione, che cosa dovessero contenere quei fogli
di
carta e, francamente, era molto ‘curioso’ di
leggerli.
Lo
sguardo tagliente e scuro del vulcaniano si posò poi su
delle parole, viste di
sfuggita, parole delicate e profonde, vergate dalla mano inconfondibile
di Jim.
Era
una delle sue prime lettere, all’inizio di quella
corrispondenza, Jim era
ancora un ragazzino, più giovane di quanto lo lui avesse mai
conosciuto.
Eppure,
in quelle frasi, in quelle dolci emozioni segretamente rivelate, non
trovò
nulla che non conoscesse alla perfezione, e sorrise. Non si accorse,
stranamente, dell’avvicinamento di Jim sulla sua spalla, ne
udì solo la voce
“Disgustosamente
sdolcinata…”
Bofonchiò
il capitano con una pantomimica smorfia sul viso, ma il vulcaniano
scosse il
capo
“Stavo
per dire profondamente… devota, Jim”
“Oh
beh se lo dici tu…”
“Sono
parole… è una lettera molto…
bella”
Il
capitano rimase piacevolmente stupito del sincero complimento da Spock,
e in
special modo, rimase alquanto deliziato dall’espressione
dolce del suo
vulcaniano
“Grazie
Spock, sei gentile”
Mormorò
avvicinando le sue labbra carnose alla guancia spigolosa del suo primo
ufficiale
“Io
sono sempre gentile…”
Rispose
questi cercando di non abbandonarsi troppo facilmente alle lusinghe del
Compagno, compito quanto mai difficile –se non impossibile-
mentre la bocca di
Jim scendeva sul suo collo depositando piccoli baci, intervallati a
lievi
morsi.
“Sarà
stato molto gratificante per Leonard leggere queste
parole…”
“Mh…”
Jim
non era più molto partecipe della discussione mentre la sua
mano, insinuatasi
sotto la maglietta nera del vulcaniano, carezzava bramosa quella pelle
bollente
e le sue labbra erano ora impegnate a intrattenersi con quel
meraviglioso lobo
appuntito che aveva giudicato sempre troppo
appetitoso.
Il
primo ufficiale alzò un sopracciglio pensoso
“…e
le successive, una corrispondenza di dieci anni avrà dato
luogo a molte altre
occasioni gratificanti…”
Jim
si tirò indietro qualche centimetro e puntò il
suo sguardo chiaro in quello
tagliente del Compagno, aggrottando le sopracciglia bionde e non
riuscì a non
sorridere divertito
“Sei
geloso, Spock?!”
Il
vulcaniano gonfiò il petto
“Non
capisco come ti sia venuta in mente una simile idea, Jim”
“Non
devi essere geloso, io e Bones abbiamo avuto una... storia a distanza
per un
decennio, ci vedevamo poco, mentre con te da quando ci conosciamo non
ci siamo
mai separati per più di qualche giorno!”
Spock
sospirò profondamente
“Jim,
innanzitutto lasciami dire quanto sia illogica la tua convinzione di
una mia
gelosia, proprio per i motivi da te appena citati. In secondo luogo
permettimi
di farti notare che questa tua affermazione non sia esattamente
veritiera, in
quanto capitò, l’anno scorso, che non ci vedemmo
per una settimana…”
“Lo
so, è stata terribile, i giorni più bui e tetri
della mia intera esistenza…”
Mormorò
Jim colto da un’improvvisa quanto teatrale disperazione
oltremodo caricata, ma
Spock non diede peso all’ironia del Compagno
“Se,
come tu sei convinto, la mia fosse gelosia, ti rammenterei infastidito
di come
in quella settimana non mi scrivesti, né tu né
Leonard, nemmeno una lettera. Ma
la tua è un’illogica assurda affermazione e quindi
non proseguirò tale
discussione”.
Jim
non poté fare a meno di ridacchiare scuotendo la testa,
quasi non ci credeva.
Ogni volta che era convinto di conoscere il suo vulcaniano oramai alla
perfezione, qualcosa lo stupiva sempre. Era anche oltremodo lusingato
da tutto
ciò.
“Che
ridi? Trovato qualche vena poetica imbarazzante?”
Domandò
Bones uscendo dal bagno in accappatoio mentre si strofinava un
asciugamano
bianco sui capelli bagnati, Kirk scosse la testa e afferrò,
con un rapido
movimento, il suo padd dal comodino
“Meglio,
Spock è geloso perché non gli ho mai scritto una
lettera d’amore!”
“Ribadisco
di non aver mai detto nulla del genere”
“Non
serve, hai anche ragione, io sarei geloso!”
Mormorò
McCoy, ridacchiando insieme a Jim e andando a sedersi sul letto
“Ok,
adesso ti scrivo la più melensa e sdolcinata lettera
d’amore che sia mai stata
scritta. Ti verranno le carie ai denti!”
Il
vulcaniano alzò un sopracciglio, non capendo per quale
motivo la sua dentatura
dovesse sviluppare una simile infezione a causa di una qualsivoglia
lettura, ma
non ritenne opportuno chiedere nulla, la conversazione era divenuta
già
abbastanza surreale.
“Infilaci
qualcosa di erotico”
Consigliò
Bones sfogliando quei fogli che ornavano il materasso, Jim
annuì
“Oh
quello nelle mie lettere non manca mai, lo sai bene”
“Oh
sì, decisamente…”
“Mi
serve un po’ di solitudine, mi ci devo concentrare, torno per
cena!”
Disse
Jim distrattamente e, senza attendere alcuna risposta, uscì
dall’alloggio.
“E’
andato alla serra?”
Domandò
Spock, sapendo già perfettamente la risposta, difatti il
dottore annuì
“Già,
è oggi l’anniversario”
Lo
sguardo celeste scorreva ancora su quei fogli che gli riportavano alla
mente
mille ricordi e sensazioni
“Crede
ancora che non lo sappiamo”
Mormorò
il vulcaniano e Leonard sorrise
“Gli
piace pensare che sia così…”
Come
sempre, da sempre, il capitano stava costantemente bene. In ogni
situazione.
Jim
andava sempre avanti, con un sorriso in viso e il cuore in pezzi.
C’era
un’altra ricorrente emozione che scorreva tra i pensieri di
Jim segnati su quei
fogli bianchi, c’era un altro nome che compariva spesso,
spessissimo, fino alla
fine di quella corrispondenza. Un nome che per entrambi loro, Spock e
Leonard,
continuava a rappresentare un quasi mistero.
Entrambi
sapevano poco, troppo poco, di Gary Mitchell, una figura che per Jim
era stata,
ed era ancora, molto importante.
Bones
ricordava quei due mesi di dieci anni prima alla base stellare, aveva
avuto
modo di conoscere quel bruno ragazzo molto poco, ma gli era bastato per
apprezzarlo.
Vi
si era poi affezionato per via indiretta, per tutte le belle parole che
Jim
spendeva ogni volta su di lui, lodando le sue qualità,
raccontandogli le loro
avventure, riportando per filo e per segno tutti i fatti, e tutte le
volte che
Gary gli aveva salvato la vita.
Lo
aveva rivisto forse un paio di volte, di sfuggita, purtroppo non aveva
avuto
l’onore di poter lavorare con lui, perché quando
il dottor McCoy aveva
finalmente preso il suo posto sull’Enterprise Gary se
n’era già andato.
Jim
non ne aveva mai più parlato di quell’incidente e
Bones si era ritrovato, in
silenzio, a raccogliere i pezzi del suo ragazzo.
Spock
era stato più a contatto con il signor Mitchell, aveva avuto
modo di prestare
servizio insieme a lui, seppur per poco tempo, e non era stato
difficile notare
il legame che aveva con Jim. Non aveva dimenticato nessuno sguardo,
nessun
sorriso, nessuna parola dei due.
Non
aveva dimenticato quanto avesse tentato il Compagno, fino
all’ultimo, a salvare
l’amico e non poteva dimenticare lo sguardo furioso e ferito
di Jim quando lui,
Spock, gli aveva comunicato di doverlo uccidere. Non avrebbe mai potuto
scordarlo.
Si
chiese se Jim lo avesse mai tacitamente incolpato di quanto accaduto,
se lo
accusasse in qualche modo di non aver fatto qualcosa, lui che era
sempre in
grado di trovare delle soluzioni, la prima e l’unica
soluzione che aveva
trovato in quel frangente era stata quella di uccidere il migliore
amico del
suo T’hy’la.
Senza
nessuna difficoltà, perché era la soluzione
logica, perché Spock era ancora
all’inizio del proprio percorso e non conosceva ancora
nemmeno il significato
di quelle emozioni.
Non
aveva compreso Jim in quella situazione, non gli era potuto essere
utile,
nemmeno dopo. Ma quel piccolo abbozzo di sentimento che già,
eppure, si
affacciava dentro di lui, per Jim, gli permise di sentirsi per la prima
volta
colpevole, gli permise di capire che l’unica cosa che
desiderava, che avesse
mai desiderato così tanto, era quella di riuscire a
comprendere Kirk, il suo
nuovo capitano.
“Oh
guarda un po’…”
Mormorò
McCoy porgendogli una lettera, con un dolce sorriso
“…questa
è relativamente recente, è la prima volta che mi
ha scritto di te…”
Spock
osservò il foglio non trattenendo un lampo di
curiosità nello sguardo scuro,
Bones continuava a sorridere
“Il
suo primo giorno da capitano, ti aveva appena visto, e già
era… totalmente
perso…”
Il
viso magro del bel primo ufficiale gli regalò un delizioso
sorriso vulcaniano
appena accennato, non rispose, continuando a leggere, ma non era
necessario;
Bones sapeva benissimo che da parte di Spock era stata la stessa
identica cosa.
E glielo lesse nello sguardo scuro, in quell’esatto momento.
**
La
serra, a dispetto di ciò che si poteva pensare, non era
molto frequentata di
solito. Era oltremodo raro non trovarci Sulu, questo sì,
quel ragazzo aveva una
vera passione per la botanica extraterreste e un vero talento per il
mondo
vegetale in generale. Il giovane giapponese si rinchiudeva sempre in
quelle
quattro mura appena staccava il turno, o almeno, così
capitava prima
dell’arrivo a bordo di quel nuovo ragazzo russo.
Jim
sorrise tra sé, stringendo tra le mani il padd nero e
sedendosi in fondo alla
sala.
Vi
erano straordinari colori in quel giardino artificiale, fiori e piante
di tutti
i tipi, provenienti dai più svariati luoghi, frutti
prelibati e dolci profumi originari
dei più disparati angoli della galassia si amalgamavano
perfettamente e
contribuivano a creare un’atmosfera rarefatta e delicata.
Un
piccolo bosco quasi surreale che respirava nelle profondità
dello spazio.
Il
capitano vi si recava poche volte in verità, ma quel giorno
era particolare.
Si
sedette sul freddo pavimento grigio, a gambe incrociate, poggiando la
schiena
al muro dietro di lui. Sorrise alzando lo sguardo su quel piccolo
alberello
dalle foglie bluastre che si stagliava innanzi a lui, con i suoi
piccoli rami
abbelliti da graziosi fiori argentati inodore.
Non
rammentava da quale pianeta provenisse, nonostante Gary
gliel’avesse ripetuto
tante di quelle volte, non riusciva proprio ad entrargli in testa quel
nome
curioso composto da fin troppe consonanti per essere pronunciabile.
Rammentava
solo che a Gary piaceva moltissimo ed era l’unica cosa che di
lui gli era
rimasta. Non aveva neppure potuto recuperare il corpo del suo migliore
amico,
era stato costretto ad abbandonarlo su quel pianeta sperduto.
Non
era facile non pensare a quel disastroso incidente, non era facile non
versare
qualche lacrima in quella giornata particolare, quando tutto ritornava
a galla
prepotentemente.
Vi
era rabbia, vi era tristezza, ma non vi era senso di colpa, e non
perché avesse
agito semplicemente nell’unico modo possibile, non
perché fosse stato logico,
non perché non vi erano state alternative.
Non
vi era senso di colpa perché qualsiasi creatura si
nascondesse dietro quegli
occhi argentati e inquietanti che aveva combattuto, semplicemente, non
era
Gary, non più.
Qualsiasi
cosa avesse ucciso su quel pianeta non era il suo migliore amico, suo
fratello,
la persona che sarebbe morta volentieri per proteggerlo, come tante
volte aveva
dimostrato.
Dovunque
fosse stato Gary, il vero Gary, in
quei momenti, mentre il suo corpo veniva usato per ferirlo, tutto
ciò che era
Gary era dalla sua parte, e lo aveva protetto, come aveva sempre fatto.
Come,
forse, tutt’ora continuava a fare, dovunque fosse.
Un
piccolo bocciolo argentato, sul ramo più alto del giovane
albero, si schiuse
quasi timidamente, davanti allo sguardo chiaro del capitano e Jim
sorrise di
nuovo, annuendo
“Lo
so, sei sempre qui…”
Mormorò,
quasi tra sé, raccogliendo il padd e la penna da terra.
E
ci credeva davvero, dovunque Gary fosse non sarebbe mai venuto meno
alla sua
promessa; sarebbe stato al suo fianco, in ogni avventura, come avevano
sempre
immaginato, fin da ragazzini.
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Mamma mia quanto cavolo sono sentimentale, e lo so, ho dovuto inventare
questa cosa abominevole e banale perché dovevo
cercare di chiudere, non dico col lieto fine, perché
sappiamo che fine ha fatto Gary, ma almeno in maniera un po' positiva,
o avrei perso il sonno!
Ok volevo fare la 'prima volta' di Jim e Bones ma ho avuto paura di me
stessa e del risultato disturbante che poteva uscire XD Altro che carie
ai denti, avrei provocato una grave forma di diabete, non era il caso!
La smetto di sparare ca**ate e chiudo con i doverosi ringraziamenti a
tutti coloro che hanno letto, hanno messo la storia tra i preferiti, i
seguiti (queste due cose proprio NON me le aspettavo XD), un grazie
speciale alle commentatrici (unite dalla voglia di sbattermi la testa
sulla tastiera XD). Un bacio a tutto il fandom e a risentirci presto! ^^
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