Atto
Finale.
Il
dilemma del Porcospino.
(3.)
«Oggi,
appena entrato nella tua casa,
mi
sono sentito
a
disagio.
Tu
celavi qualcosa nell'abito di seta
e
s'effondeva nell'aria un profumo di incenso.
Sei
felice?
Hai
risposto un freddo:
“molto”
[…]
Lo
so,
ormai
l'ha consunto l'amore.
Da
tanti segni indovino la noia.
Fammi
tornare giovane nell'anima.
La
gioia del corpo fa di nuovo conoscere al cuore.
[...]
Gioisci,
gioisci
d'avermi
finito!
Ora
è tale l'angoscia che desidero
soltanto
fuggire al canale
e
il capo cacciare nell'acqua digrignante
[...]
Oh,
questa
che
notte!
Ho
spremuto a non finire la mia disperazione.
Al
mio pianto e al mio riso
il
muso della stanza s'è torto in una smorfia di orrore.
[…]
Tu
che hai saccheggiato il mio cuore,
privandolo
di tutto,
e
nel delirio, m'hai lacerato l'anima,
accogli,
il mio dono,
forse
più nulla io potrò inventare.
[…]
»*
L'albeggiare
filtrava
cautamente attraverso gli spifferi della tapparella mettendo in
rilievo il disordine che io e il signorino avevamo
creato
artisticamente giusto un po' di ore prima: svariati calzini spaiati
pendenti pericolosamente dallo schienale bluastro della sedia e
disseminati sulla sua scrivania (superficie piana sulla quale mi ero
adagiato durante le ore della passione), la sua camicia inamidata
gettata frettolosamente all'estremità del letto e salendo da
lì,
procedendo vertiginosamente nella nostra direzione, c'erano vari
indumenti spiegazzati dal nostro impeto animalesco, ora sparpagliati
chissà come ovunque. La stanza era così animata
da Ryo, da me e
tutti i nostri stracci quotidiani ingarbugliati in modo inspiegabile
tra e intorno a noi.
Tanto improvvisamente mi
aveva colto il sonno -rivelando peraltro le mie attitudini
bambinesche- che mi ero addormentato stringendo la sua maglia di pile
tra le braccia esili.
Un tempo questo pezzetto
di stoffa scadente usava essere di un colore tendente al blu
oltremare; poi da quella luminosità e intensità
tipica dei capi
freschi di negozio si era fatto piuttosto sbiadito nei risvolti delle
maniche, per non parlare delle fodere delle tasche completamente
sdrucite e rattoppate alla bell'e meglio. Così
quell'acquisto,
vantato più volte come a buon mercato, aveva finito
irrimediabilmente nel trasformarsi in una fregatura. Tant'è
che lo
usava solamente per scopi domestici e se gli capitava anche di
uscirci per sbaglio se ne vergognava. Eppure era comodissimo,
abbondante sui fianchi, tutto dimesso e in netto contrasto con le
camicie da impiegato che soleva tenere al di sotto per pigrizia in
alcune sere, anche dopo essere uscito dall'ufficio. “Le
cose
vecchie e lacere sono sempre le migliori!” Pensai
scherzosamente. Tenendomelo stretto sentivo il profumo penetrante di
Ryo impresso in quelle fibre semplici; non era sgradevole come uno
potrebbe immaginarsi, tutt'altro. All'odore balsamico di fondo
dell'ammorbidente e del bagnoschiuma al sandalo si aggiungeva
timidamente quello della sua pelle matura che manteneva ancora una
leggera punta di latte, come se il bambino in lui fosse sempre
presente per giunta nella fragranza della sua persona. Io di
caratteristico avevo tutte le mie stramberie modaiole matsumotiane di
una raffinata pacchianeria domestica e non, mentre Suzuki in ambienti
intimi vestiva di una semplice straccionaggine cucitagli alla
perfezione addosso, quasi egli fosse un ordito di stracci e
depressione.
Alla fine il manufatto
tessuto con quel binomio particolare – e poi ribattezzato da
sua
madre al momento della creazione-nascita “modello Ryo”–
una volta tanto resistente quanto il fustagno, si era evidentemente
lacerato troppo da lasciare in alcuni punti dei buchi notevoli. Allo
stesso modo aveva fatto lui ultimamente, aveva permesso che le tarme
affamate gli divorassero poco a poco la maglia che indossava
quotidianamente, lasciandolo inerme nei confronti del mondo con dei
vuoti nell'anima.
Mi carezzò il viso un
leggero anelito o forse ebbi soltanto l'impressione del suo ricordo e
spezzò la salda catena di pensieri del dormiveglia. Non
saprei dire
se questo piccolo segnale sia stato frutto della mia mente fantasiosa
o cosa. Davvero. Decisi. Indagai.
Aprii gli occhi su quello
scenario di giacente irrequietudine, sicuro di
trovarmi di
fronte le sue spalle tornite e glabre accompagnate dal odore di
nicotina, impregnatosi già nelle tende e federe. Invece a
darmi il
buongiorno fu la delicatezza del suo respiro e le sue mani possenti,
che ricalcavano, non senza qualche incertezza, le linee del mio viso
imberbe soffermandosi sulle imperfette estremità quadrate
del mio
mento.
-Buongiorno- disse
carezzevole, scostando un ciuffo dai miei occhi cosicché
potesse
osservarmi in toto.
Nel tepore del risveglio
mi sentii di commentare ingenuamente quel gesto piuttosto contrario
alla sua natura coriacea.
-Non credevo che ti
piacesse guardare le persone dormire- scossi il capo per fare
tornare i ciuffi davanti al mio viso, mi vergognavo a mostrarmi
così
nudo a lui.
-Non è che ti guardo
da ore eh. È solo che mi hai fatto il solletico coi capelli
svegliandomi!- rise dando baci al mio collo mentre il suo
corpo,
sovrastandomi, cercava di bloccarmi contro il materasso.
-Dai Ryo!-
strillai- Puzzi di animale. Vatti a lavare e dopo ti
abbraccio
quanto vuoi!- volevo una scusa per scrollarmelo di dosso.
-Gne gne gne-
prese possesso delle mie labbra per qualche secondo- Tra
poco...Bah profumato te allora!- iniziò a
spettinarmi
-Sei un disturbatore
della quiete, Puzzola- e come tutta risposta mi rigirai a
pancia
all'ingiù.
Cadde a sua volta accanto
a me, intontito più del solito dal sonno.
Uno scatto repentino di
molla e il materasso finalmente era diventato un territorio di mia
appartenenza. In uno scambio di battute veloce ero riuscito a
conquistarmi la morbidezza incontrastata, il giaciglio d'amore ancora
caldo dove rotolarsi senza alcun ostacolo!
Tutto ciò che animava
l'appartamento era lo scorrere dell'acqua, poi regnava la calma
incontrastata.
Eppure c'era qualcosa che
stonava in quella situazione, lo percepivo distintamente sebbene mi
fosse impossibile delineare la semplice idea di cosa si trattasse.
Vagliai accuratamente le varie ipotesi del caso, attento a non cadere
in ragionamenti troppo scontati o animati da interesse personale. Il
risultato fu assolutamente deludente, del resto cosa avrei potuto
pretendere da me stesso a quell'ora? E poi....che ore erano? Da
lì
iniziò una travagliata ricerca del mio orologio entro le
pareti di
cartongesso della stanza precarie quanto noi due; Scossi il
materasso, alzai i cuscini, poi pensai addirittura che potesse essere
finito tra le federe e il cuscino tanto che vi indagai, irrequieto
cercai sotto le lenzuola, tra il piumone ed esse, sotto il letto, sui
tappetti gattonando disperato, sotto ai calzini, gettando occhiate
sui mobili, e di nuovo giù in terra per finire sul letto, ma
qui per
scopi di comodità. Tutto a un tratto la gelida stretta di
lui si era
impossessata del mio bacino, serrando la mia virilità tra le
sue
dita.
-Cosa stai andando a
cercare così pazzamente? Ti ho osservato sai?-bisbigliò
rapace
all'orecchio
Incapace di rispondergli
qualcosa, mugugnai andando a sovrapporre le mie mani sulle sue.
Passò un attimo di
silenzio, in cui si divertì come un sadico a tormentare il
mio lato
perverso, passando poi a palpare le mie cosce provando un certo gusto
sopraffino.
-Sa Matsumoto lei ha
delle cosce così morbide...com'è morbido Lei...uhm-cambiava
registro qualora volesse delineare un qualcosa di strano oppure
apprezzabile. Era uso tra noi due dire di queste sciocchezze nei
nostri discorsi. Era il
feeling che avevamo costruito io e lui. Per
concludere in
bellezza, naturalmente aggiungeva sovente delle piccole onomatopee
delineanti gaudio.
Posi fine violentemente a
quel contatto, spingendolo pochi passi più distante da me.
-Smettila Ryo,
smettila di farmi male così...-avevo
la voce spezzata da un profluvio di lacrime.
Evitò
di chiedermi cosa mi stesse succedendo, sapendo preventivamente che
sarei esploso come una pentola a pressione surriscaldata. Girandomi
verso di sé fu mosso a compassione e si mise ad asciugarmi
il viso
con le dita
-Perché
stai piangendo?-
almeno quella
volta fu affabile.
-So
che mi vuoi bene, ma non mi sento amato da te. Mi sento così
morto
–
ecco un anno e mezzo di
tribolazioni silenziose confessato.
-Takanori...lo
sai che ti voglio tanto bene, che tu ne sia convinto o no
sinceramente, ma sai che non sono ancora pronto...-
tutto d'un tratto assunse un atteggiamento compassato.
-Ryo
è passato più di un anno. Io voglio darti amore,
ho tanto bisogno
di amarti, di farti credere che c'è qualcosa di migliore. Tu
hai
costruito un muro di fronte a me, tu non mi
permetti
di amarti!-
il tono crescente
finale venne da sé.
-Takanori
lo sai che sono uscito da una storia difficile. Perché
dobbiamo
sempre parlare delle solite cose? Viviamo così come viene la
cosa...e poi...guardiamo-
rispose piuttosto seccato, come se la “cosa”
non lo toccasse.
-Forse
intendi storia per cosa. Diamo un nome alle
“cose”.E poi... Ti ho
aspettato per un anno, ti sono stato accanto SEMPRE, mi sono donato a
te...e tu perché non me l'hai detto subito chiaramente che
non te la
sentivi? Hai sempre cercato di eludere dal discorso con tutte quelle
tue chiacchiere.-
-E
va bene. Io però mai ti ho detto “mettiamoci
insieme”, ti ho
sempre detto chiaramente che non volevo una cosa
seria...Lo sai il motivo comunque...-
-RYO
CAZZO è PASSATO UN ANNO E MEZZO!-ridimensionai
il mio tono, accorgendomi di essermi fatto prendere dalla furia del
momento- Io ti ho aspettato per tutto questo
tempo, non ho
mai avuto occhi se non per te, per le tue pene e dolori. E sono stato
felice di averti aiutato, credimi. Ma potevi spezzare subito le mie
illusioni. Ed evitami la storia dei sei anni e mezzo passati con
quella...tutto ciò fa parte del passato ormai, che tu lo
voglia o
no-
-Takanori...-mi
afferrò le mani- Come devo
spiegartelo che non ho da
donarti nulla? Io tengo a te e tenevo sinceramente a lei...ma non
posso rendervi felici-
-Tu sei un codardo! Te
lo dico io cosa...Tu a trenta e passa anni hai paura di amare! Di
legarti a qualcuno!-inveii.
Lui non ammise apertamente che avevo perfettamente ragione,
probabilmente l'avrebbe confermato a se stesso tacitamente tra
qualche annetto, dandosi di stupido per aver perso un'occasione d'oro
nella sua vita. Badate, di questo ne sono sicuro.
Afferrai
furioso le mie cose disseminate per terra e mi vestii come meglio
potevo, nonostante le mie mani tremassero per la rabbia. L'ultima
possibilità la riposi in un tentativo da parte sua di
fermarmi, di
ribellarsi alle mie parole, di dimostrarmi che tutto ciò non
era
stato vano. Ma come ogni ottimista che convinto potrebbe morire per
le sue aspettative, io attesi invano, vedendo la sua mollezza e
fiaccaggine rimanere le solite e anzi aumentare portandolo a sedere
sul letto con lo sguardo perso nel vuoto.
-Ciao
Ryo- sbattei
la porta dietro di
me.
Lui
era convinto che me ne sarei tornato da lui con la coda tra le gambe
in un batter d'occhio; ed effettivamente fui tentato molte volte di
ripetere i miei errori del passato, di continuare a fingere di stare
bene, di tralasciare quel implicito problema che ci trascinavamo
dietro da mesi a questa parte.
Tanto
più alto è il dolore tanta più
è la dignità.
Fu la massima tramutatasi in imperativo categorico con la quale mi
imposi di affrontare il dolore soffocante che mi toglieva la forza,
la vitalità, la mia dimensione personale. Mi ero annullato.
Adesso
apparivo come un coacervo inanimato di più istinti
contrastanti e
vivevo quella futile esistenza per inerzia, perché di
privare quel
piccolo corpo della sua singolarità non ne avevo il
coraggio.
Ripensando alla mia condizione infelice ero devastato dal pensiero di
essere in qualche modo simile a
lui,
sgomentato dal fatto che
ancora
qualcosa mi
legava alla sua parallela esistenza, sebbene fossero delle
coincidenze generiche e non più articolate come quelle
passate.
Inutile dire come mi sentissi straziato e anche se provassi con la
massima precisione a descrivervi gli stati d'animo e sofferenze con
le quali convivevo allora, non riuscirei nel mio intento dandovi solo
parole vacue, troppo generiche, usate spesso pure dagli altri e
sfruttate senza criterio. Non era mica per lo smacco subito, ho
imparato da tempo a lasciare l'orgoglio da parte, ritengo
maggiormente verosimile che sia stata spezzata quella riposta fiducia
negli altri, l'impossibilità di fare del bene a farmi
precipitare
tanto a fondo.
Se
davvero avessi potuto avrei sacrificato la mia intera esistenza per
renderlo felice; poi ho realizzato che non è necessario
mettersi in
gioco a tal punto affinché qualcuno a noi caro trovi la propria
felicità, d'altra parte essa è personale.
Sì ognuno è capace di
conquistarla anche se sul momento sembra un'impresa ardua e
irraggiungibile. Alla fine non è questa la bellezza del
nostro stare
al mondo? Sorrido al pensiero di aver formulato in un tempo non tanto
remoto un pensiero tanto sciocco. Con questo non intendo dire che sia
sbagliato sacrificarsi per gli altri, per il semplice motivo che
sarei un ingrato verso la fonte della mia vita, la mia vera
genitrice. Però comprendo l'importanza della conquista
individuale,
in quanto aiuta a districarsi nel complicato labirinto della vita.
Amavo così inconsciamente questo uomo accanto a me, da non
rendermi
conto di essere stato coinvolto in qualcosa di più grande.
Adesso
non dico di non provare nulla, la differenza delle due condizioni
sentimentali giace nella lucidità con cui ho vissuto la cosa
e ne
fui consapevole solamente l'ultima
volta
che lo vidi.
Dall'angolo
della strada proveniva un piacevole odore di caffè misto a
paste
appena sfornate, calde di quelle che mangeresti senza pietà
per ore
di seguito, senza il minimo ritegno e autocontrollo. Ricordai della
mia golosità congenita, di quando assaporavo la favolosa
cioccolata
a cucchiaiate sentendomi improvvisamente meglio e questo era uno dei
miei numerosi episodi fanciulleschi di ghiottoneria.
Entrai
guidato là dentro più dal fiuto che dai miei
piedi, bisognoso di un
break
prima di rigettarmi a capo fitto nella vita di sempre, pieno come ero
di visite ospedaliere e problemi molte volte originali. Al di
là
del bancone se ne stava una ragazza sulla ventina, non
particolarmente avvenente, in attesa di avventori fortuiti e io ero
uno di quelli. Rimasi fedele alla brioche riempita con gustosa
cioccolata accompagnata da un cappuccino; per l'appunto lo stupido
mi aveva raccontato che qui si fanno ottimi espressi perciò
mi era
sempre rimasta la voglia di venirci e tra una cosa e l'altra non
avevo mai avuto l'occasione di farci un giro.
-Buongiorno
Matsumoto-
una voce stranamente
allegra mi sorprese alle spalle.
-Buongiorno
a Lei- fui
altrettanto cordiale
nel salutare.
-Un
caffè per favore- chiese espressamente quando fu
accanto a me-
Anche lei a prendersi un bel caffè per iniziare al
meglio?-
sorrise squisitamente.
-Ebbeh
mi pare d'obbligo, no? Lei ha finito i turni oppure attacca adesso?-
era più carina del solito senza l'uniforme bianco, nei suoi
panni
privi di etichettatura professionale.
-Ah
io ho finito il turno di notte proprio una trentina di minuti fa!
Stanotte sua madre è stata più brava del solito
sa?-la sua voce
si fece più sommessa e riservata- L'ha chiamata
solo un paio di
volte, pensi voleva solo lei! Poi le abbiamo spiegato che sarebbe
venuto l'indomani a trovarla-
-Mi
spiace che vi disturbi così tante volte durante la notte,
davvero.
Immagino che con tutto lo sgambare che abbiate sia un po' noioso
stare dietro alle sue “bambinate”. Non so veramente
come
ringraziarvi di tutto...-fui intimamente grato alla ragazza
per
le parole che stava spendendo con me, ne avevo veramente bisogno. E
forse ella lo aveva capito solo guardandomi, comprendendo il motivo
della mia stanchezza.
-Matsumoto
via non mi ringrazi! Questo è il mio lavoro e lo faccio
volentieri!-
mi fece un occhiolino- Vedo che sua madre è molto
attaccata a
lei, deve essere un figlio d'oro. Non tutti se ne prenderebbero cura
come fa lei!- pareva molto affascinata dal mio operato
paziente e
scrupoloso. Spesso evitavo a Lei e alle sue colleghe di spendere
molto tempo dietro a ogni esigenza di mia madre, che purtroppo ne
aveva tante, occupandomi delle sue abluzioni mattutine, dei suoi
pasti e delle piccole cose. Adesso ero io il genitore e lei la
creatura da accudire; ma forse era sempre stato così e non
mi faceva
particolarmente effetto né mi destava alcuna fatica.
-
Vedi, ti do del tu- una luce strana mi si accese
negli occhi-
io cerco di darle il meglio non per scrupolo di coscienza, ma
perché ho bisogno di vederla stare bene...-lasciai
in sospeso la
frase sicuro che altre parole sarebbero state superflue. Lei parve
capire ciò a cui alludessi e non commentò se non
con uno sguardo
comprensivo.
Alla
fine quel viavai era servito a farmi ricordare da Lei.
***
-Papà,
papà!-urlava correndo verso di me, con quel
vestitino di velluto
rosso tutto gonfio, con le maniche a sbuffo sembrando una minuta e
graziosa fragolina matura. Un sorrisetto furbastro, i piccoli
dentini da latte sulle labbra altrettanto rosse e gli occhietti da
cerbiatta posati su di me
-Papà
la nonna mi ha rubato le caramelle! Diglielo che sono mie!-si
aggrappò ai miei jeans da dietro cercando un appoggio nella
sua
piccola lotta fanciullesca.
-Oh,
ci sono tante caramelle nel barattolo! Dividetele su Ayumi!-
lasciai la brace per un attimo concentrandomi su di lei, in
ginocchioni- Amore mio, la nonna vuole giocare con te. Vai su
e
offrigliele da brava bimba, come ti ha insegnato tuo papà.
Te ne
compro quante ne vuoi...però non dirlo a mamma eh!-
le baciai
amorevolmente la fronte e poi via, libera nel praticello a correre.
Era
tutta sua madre non c'è che dire e di mio, beh apparte il
cognome,
aveva la vitalità fanciullesca e lo sguardo curioso verso i
misteri
del mondo. Ayumi era la mia certezza inconfondibile da ormai quattro
anni e mi era parso che le nostre esistenze fossero sempre state
collegate in qualche modo, solo che non lo avevamo mai saputo prima.
Succedeva che la spiassi a lungo dalla fessura, senza essere visto e
ogni volta venivo colto dall'idea di essere sempre vissuto per
concepirla, perché lei era stata realmente la gioia
più grande che
avessi avuto. E non parlo solo della contentezza di poterti donare
liberamente a qualcuno, ma anche della condizione di farlo privo di
interessi. Quell'amore incondizionato, puro mai datomi dai due uomini
più importanti della mia vita.
Dopo
il biondo a essere sincero credevo di non riuscire più a
vivere
l'innamoramento spensierato, dato che tutti i miei sforzi erano stati
abbattuti deplorevolmente dall'egoismo di una certa persona malata.
Invece trovai il modo di costruirmi una mia piccola oasi di
felicità
con tanta semplicità e sforzi, ma non era forse quello
l'obiettivo
di Takanori Matsumoto?
Avere
una famiglia, un lavoro modesto e vivere. Ora potevo
aggiungerci
pure la modalità: felicemente.
In
mia moglie avevo trovato la complementarità, se non
perfetta, almeno
coincidente con i miei lati più nobili e vi avevo lasciato
tutto ciò
che avrei amato alla follia, Ayumi. Maggio non era
stato
semplicemente il mese più caldo e adatto ad innamorarsi ma
aveva
dato i suoi frutti: avrebbe portato una nuova meravigliosa vita tra
di noi. E più mi spingevo dentro e verso
il grembo di mia
moglie, consapevole del mio atto di creazione, tanto più
raggiungevo
quello spazio dove un tempo anche io avevo dormito tanto tempo prima.
Finalmente avevo riabbracciato mia madre.
Ayumi
era stata voluta tra le nostre lacrime di gioia,
predestinata
a una famiglia “originale” e di sicuro non si
sarebbe mai
annoiata tra le birichinate di sua nonna e i baci dolci di suo padre.
Se
ci penso adesso, neppure in condizione stessa di padre comprendo il
coraggio che ebbe a sua volta quell'uomo ad
abbandonarmi in un
così malo modo. Che essere abietto!
Voglio
raccontarvi anche questa: ogni sera io e la piccola guardiamo dalla
finestra-oblò il mantello blu incantato ricamato di stelle e
impreziosito dalle luci della città. Spesso mi chiede se la sua
nonna brilla con loro e io le do la conferma, sussurrandole cose
dolci. Lei allora mi abbraccia e mi dice che sono il papà
più bravo
del mondo e a me scappano due lacrime.
Dopo
che le ho rimboccato le coperte e lei si è addormentata
volgo sempre
uno sguardo al cielo, proiettandomi a quell'ultima volta.
Rividi
per caso Ryo molto tempo dopo dalla nostra frequentazione
pretenziosamente intellettuale in uno di quei bar in fondo alla
città. Parlammo, ma soprattutto lui riversò tutto
quello che aveva
passato durante quella lunga separazione, mantenendo l'impeto e la
convinzione di un tempo. Fu meraviglioso constatare che mi ero
finalmente liberato dai suoi flussi logorroici. Ormai non l'ascoltavo
con quella rapita attenzione amorosa di un tempo. Era tutto finito.
Il fantasma di Ryo Sukuzi non mi tormentava più.
Sai
mamma,
avevo
ragione...“Certe persone non possono essere salvate
dal loro
avvenire e neanche vogliono che nessuno lo faccia.”
Io e te
siamo stati molto sfortunati nella nostra vita fino ad adesso
incontrando delle persone che ci hanno ferito così
profondamente da
farci credere di aver perso ogni speranza. Senza di te è
stata
veramente dura, avrei tanto voluto avere qualcuno con cui confidarmi
quando soffrivo, avrei voluto condividere con te le piccolezze della
vita, ti avrei voluta accanto nel giorno del mio matrimonio o quando
Ayumi ha perso il primo dentino.
Eppure
so che tu mi tieni sempre per mano o che mi carezzi il viso con
l'impeto del vento ricordandomi di essere come te.
Mamma
ti voglio bene,
il
tuo bambino Takanori.
FINE.
Note
dell'autrice:
Sono realmente emozionata, sono tantissimi anni
che scrivo (e poi
puntualmente cancello con costanza ciò che creo) ed
è la prima long
fic che finisco. In tutto questo tempo molte persone sono
andate,
venute nella mia vita e mi sento un po' come Takanori, deluso da
quello che la vita gli ha dato ma desideroso di trovare la sua pace.
E a lui l'ho fatta trovare sul serio, come mai nessuno gli ha
permesso- o almeno da quello che leggo io nelle fiction e se sbaglio
vi prego di correggermi. Ho voluto regalargli la gioia di essere
padre, dato che anche il vero pare amare i bambini e in più
ho fatto
riferimento al rapporto femmina-madre che si viene a completare
nell'ultimo pezzo.
Riguardo al titolo di questo capitolo “Il
dilemma del
Porcospino” ho preso ispirazione dalla teoria
Freudiana (in
“Psicologia delle masse e analisi dell'Io”)
e poi
Schopenaueriana (in “Parerga und
Paralipomena”)
dell'amore. Questa teoria compara l'amore di due persone a quella dei
porcospini in quanto più questi si avvicinano tanto
più si
feriscono tra di sé per gli aculei. Se poi si estende al
rapporto di
coppia, Schopenauer dice che quando si inizia a prendersi cura l'uno
dell'altro e a fidarsi qualsiasi cosa di spiacevole che accade a uno
ferisce irrimediabilmente anche l'altro, causando incomprensioni ben
maggiori e problemi. Pertanto è importante trovare la giusta
distanza per vivere e non farsi del male a vicenda. Quindi diventa un
amore masochista (e si entra nel cerchio del conte Masoch ) e
strumento di tortura autoinflitta dal quale è impossibile
scampare.
Riguardo al titolo della fan fiction l'ho
ripreso con la variazione
ortografica della y, dal film “Disturbia”
(2007) diretto
da Caruso per le analogie tra i due riguardanti l' “osservazione
della vita” degli altri e del vivere apatico in una
situazione
famigliare difficile (anche se la mia fan fiction è
contraddistinta
da una diversa reazione vitalistica).
*Questi
pezzi di poesia sono ripresi dal “Flauto di Vertebre”
di
Vladimir Majakovskij, tradotti da Guido Carpi,edito da BUR, 2010.
Mi
sembra scontato il motivo per cui abbia deciso di metterli qui.
Riassumono un po' tutta la storia anche se ovviamente gli sviluppi
della poesia e della mia storia sono diversissimi. Ricordo a chi
leggerà le mie note che Majakovskij dedicò questa
poesia alla femme
fatale Lilicka della quale era follemente innamorato, invece
nella mia storia fa riferimento al rapporto omosessuale , sempre
travagliato ma più fortunato nella fine rispetto alle
vicende del
poeta russo. Vi consiglio comunque di leggerla integralmente se avete
voglia e curiosità, perché è di una
bellezza unica. Capirete il
motivo per cui egli è diventato tanto famoso e la sua
bravura e
originalità scrittoria.
Oltretutto
l'ho scelto tra molte poesie (anche perché di poesie d'amore
ce ne
sono a bizzeffe!) perché lui è l'autore preferito
della persona a
cui ho dedicato questa storia e che mai (forse) leggerà
questa
semplice fiction.
Ci
terrei a ringraziare particolarmente GurenSuzuki
per i suoi
commenti splendidi che mi hanno dato la forza di continuare e coloro
che l'hanno messa tra le seguite, quindi BlackSwan,
Kinokochan,
momo89,Pad_foot e
fantasy_40 che addirittura l'ha messa tra le preferite. Certo
non
vi nascondo che mi piacerebbe sapere il motivo per il quale avete
deciso di seguirla o addirittura l'abbiate messa tra le preferite.
Se
volete rendermi felice sapete come fare ;D
Grazie
di tutto e alla prossima!
Essì
ho in progetto un'altra long fic con i gaze...mooooolto particolare
;D niente spoilers però!
Valja.
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