Mentre
andava in cortile ripensò agli ultimi tre anni: dopo che lei e Rin si erano messi insieme le cose avevano iniziato a girare
bene. Lei aveva preso ottimi voti in campo letterario, riuscendo a laurearsi con
largo anticipo, e lui aveva passato, un paio di mesi prima, l’esame da
esorcista. Aveva ancora parecchia strada da fare, però era un passo
avanti.
Inoltre,
nello stesso periodo, con i soldi risparmiati con tanta fatica negli ultimi tre
anni era riuscita a prendere in affitto un ristorante con appartamento annesso
in cui poter lavorare. Il ragazzo le aveva insegnato a cucinare e adesso ne
aveva fatto la sua passione.
“Rea!
Sono qui!” la
chiamò. Le
andò incontro prendendole gli scatoloni.
“Non avevi detto che non vuoi fare il mulo da soma?”
gli domandò, scimmiottandolo.
Lui
sbuffò.
“Sì, è vero, però mi sembravi in difficoltà e il camion dei
traslochi è qui già da un po’, per cui ho deciso di accelerare i
tempi.
Ricordati che io sono un demone e, in quanto tale, sono
fortissimo” le spiegò.
“Ceeeerto, grande demone.
Mi scusi” lo prese in
giro. Anche
con tutta quella roba in mano era più veloce di lei nel
camminare.
“Ehi, adesso che ci penso, a che mi
serve un camion dei traslochi? Metà delle cose le avevo già portate e il
resto è dentro a codeste due scatole. Ho bisogno di un intero camion per portare
i vestiti?” chiese incuriosita. Rin fece il vago.
“Non avevo voglia di dover tenere in braccio per troppo tempo
questo peso e quindi ho noleggiato un furgone. È un problema per
te?”
“No, no, figurati.
Se offri tu!” rispose, facendo
spallucce.
Arrivarono
al trasporto e lei fu fatta salire davanti.
“A tenerti ferma la roba ci sto io” le assicurò il
ragazzo.
Era
sempre più sospettosa: il suo comportamento le piaceva molto
poco.
“Casa!” esclamò quando entrò nel ristorante.
Lo
aveva fatto dipingere di celeste, come quello al mare, però avrebbe servito solo
piatti tipicamente giapponesi. Il sushi era la cosa che le veniva
meglio.
“Certo che è venuto su proprio bene, in così poco
tempo” notò Rin.
“Non c’era molto da sistemare: escludendo la tinteggiatura,
poi ho dovuto solo rinnovare la mobilia” spiegò Rea.
Era
vero: il posto era già bello senza doverlo ristrutturare.
“Ma tu ci sei stato nell’appartamento, al piano di
sopra?” gli chiese.
“Ehm… no, mai”
“Allora vieni, ti faccio fare un giro!” esclamò
entusiasta.
“Il momento della verità” pensò
lui.
Salirono
le scale a corsa ed arrivarono ad una porta.
“Ecco a voi… la mia nuova casa!” annunciò la ragazza
spalancando la porta. Si aprì davanti a loro un piccolo soggiorno con un tavolo
e una credenza.
“Questa è la sala da pranzo.
Lo sai cosa si fa in una sala da pranzo, quindi non sto a
spiegarti tutto” disse
brevemente.
“Ecco, qui c’è la cucina.
Era un po’ meno ingombra all’inizio, ma ho voluto aggiungere
una lavastoviglie per comodità”
spiegò.
Rin evitò
di fermarla per non farcela rimanere male, ma lo sapeva già: aveva seguito tutti
i lavori giorno per giorno senza farsi vedere con l’aiuto di Mephisto che, per una strana malattia chiamata amore, si era
addolcito parecchio con il tempo.
“Questo è il bagno con la vasca.
Te la devo far provare, prima o poi, è rilassante!” decise.
Alla
fine si mise davanti ad una porta chiusa, con l’aria di una presentatrice
televisiva.
“E adesso, signori e signore, ecco a voi… rullo di tamburi,
prego… la mia camera!” annunciò, spalancando la porta. Quella che rimase
a bocca spalancata, però, fu lei.
“Ma che diavolo…?” esclamò.
“Cos’è successo qui?” chiese, incredula.
Il
letto ad una piazza che aveva ordinato non c’era: al suo posto c’era un futon
matrimoniale bianco; il piccolo armadio era stato sostituito da un guardaroba
con cassettiera incorporata; infine, al posto del classico comodino c’era un
grosso canterano di legno che richiamava lo stile giapponese della
stanza.
“Ti piace?” le domandò Rin.
Ci aveva lavorato tutte le notti nell’ultima settimana: mentre Rea era occupata
a finire di imballare le sue cose e passava gli ultimi momenti con Laura, lui
faceva il cambio di arredamento alla camera.
“Ma cosa… perché… come?” disse,
confusa.
“Beh, dato che sono esorcista, adesso, ho la chiave speciale
che mi porta direttamente in accademia, e ho pensato: beh, dato che non ha
importanza dove sono, tanto vale che smetta di essere un abitante della True Cross.
Così mi sono organizzato per creare una specie di casa nostra, se così si può
definire. Per te va bene?”
chiese, incerto.
Il suo
silenzio lo preoccupava. Lei si girò verso di lui con occhi
impenetrabili.
“Rin?”
“Sì?” rispose lui, cauto. L’istante dopo lei gli si gettò al collo, emozionata.
“Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie”
ripeteva. Aveva gli occhi lucidi per la felicità.
“Spero che significhi che non ti disturba il fatto che mi sia
intromesso”
“Stai scherzando?
Non potrei essere più felice di così!” esclamò.
Caddero insieme sul futon, ma Rea non si staccò mai da
lui.
“Sto soffocando” le disse, senza fiato. Lei allentò un
po’ la presa.
“Era a questo, allora, che alludeva Yukio stamani!” comprese
all’improvviso.
“Sì, mio fratello non è molto bravo a nascondere le
cose” ammise Rin. La ragazza si mise in
ginocchio e si asciugò gli occhi.
“Sei stato un pazzo a fare questo, però è una cosa
bellissima” ammise.
“Quindi se ti dicessi che mi piacerebbe anche aiutarti col
ristorante non te la prenderesti?”
“Certo che no!
Meglio un cuoco in più che uno in meno!” rise.
Lo
baciò appassionatamente, finendo di nuovo sdraiata sul
materasso.
“Potrebbe essere un bel modo di rinnovare casa”
suggerì il ragazzo. Rea sorrise.
“Frena i bollenti spiriti, ho una domanda” lo avvertì.
Rin sospirò, rassegnato.
“Spara”
“Con i corsi di esorcismo come
farai?”
“Non ci sono tutti i giorni e, comunque, dureranno solo la
mattina.
Ho tutto il tempo che voglio”
rispose tornando a baciarla. Lei
lo fermò ancora.
“E Kuro e Ukobach?”
“Kuro verrà a stare da noi (anche perché non mi si toglie di
torno) e Ukobach è il famiglio di Mephisto, è lui che deve decidere. Ti
mancherà?”
“Più che altro mi mancherà la sua torta alle fragole e
cioccolato!” esclamò. Poi sorrise maliziosa.
“Adesso possiamo anche riprendere da dove avevamo
interrotto.
Stavamo dicendo?” gli chiese,
baciandolo.
“Mi sa che dovremo ricominciare il discorso, me ne sono
dimenticato” le rispose Rin, sdraiandosi sopra
di lei.
“Stavamo per rinnovare il futon” gli
ricordò.
“Ah, già, è vero” disse, stando al gioco.
Tutto
quello che riuscirono a pensare prima che le loro menti si focalizzassero
altrove fu: si sta proprio comodi su questo materasso.