ROXAS
POV
Io…
non sapevo davvero cosa fare. Avevo accettato di uscire con questo
ragazzo sconosciuto ma familiare. No, non uscire. Lo faceva sembrare un
appuntamento. Mi sforzai di non sorridere mentre entravo nella sua
macchina, aggrappandomi alla mia borsa come a un’ancora di
salvezza. Sembrava giusto, per qualche ragione, ma non ero molto a mio
agio all’idea.
Avrei dovuto
davvero godermi così tanto la compagnia di qualcuno appena
conosciuto? Sapevo che a mia madre sarebbe preso un colpo una volta
trovato quel messaggio. Probabilmente avrebbe chiamato sul cellulare di
Axel e gli avrebbe gridato contro per avermi portato via da lei.
L’avrebbe definito una cattiva influenza per via dei capelli
tinti e dei tatuaggi. Si sarebbe chiesta che problemi avesse coi suoi
genitori. Per fortuna non le avevo mai descritto l’Axel dei
miei sogni; non le avevo neanche mai detto quel nome. Beh, almeno non
mi avrebbe trascinato immediatamente via da lui.
Forse ero
rimasto immerso nei miei pensieri troppo a lungo, perché
quando alzai lo sguardo notai che la macchina si stava fermando in un
parcheggio e Axel stava finendo una frase riguardo a come il cibo
avesse abbastanza grasso da bloccare un’arteria nel giro di
mezz’ora, ma fosse comunque squisito. Quando mi
guardò, sorridendo raggiante, mi sentii rispondere al
sorriso e annuire.
- Non
ne ho mai mangiato uno prima, a mamma non è mai
piaciuto… -
Non potei fare
a meno di ridacchiare quando la sua bocca si spalancò per lo
shock. Le sue parole mi fecero ridere ancora di più.
- Non
hai mai vissuto, allora! Oh
santo yoyo!
–
- Uno
yoyo santo? –
Sembrava quasi
scortese ridere di lui in quel modo, ma fu semplicemente esilarante
quando annuì allegramente in risposta alla mia domanda.
Spinse all’indietro i suoi capelli in un modo che era
così femminile e virile al tempo stesso…
semplicemente troppo divertente per essere descritto a parole.
- Sì,
è uno yoyo toccato da Dio! Got
it memorized? –
Vidi la sua
strizzata d’occhi e notai la frase così familiare
per averla sentita tanto spesso nei miei sogni.
L’occhiolino
segnalava forse che sapeva che sapevo dove l’avesse presa? O
era semplicemente una coincidenza? Sbattei le palpebre, ancora
sorridendo come un idiota mentre uscivamo dalla macchina e lui mi
guidava all’interno del locale.
Sembrava che
Axel fosse molto conosciuto lì dentro, dal modo in cui tutti
lo salutarono. Mi sentii un po’ messo da parte,
all’inizio, mentre lui agitava le mani e scherzava col
personale. Ma fu come se mi avesse letto nel pensiero. Si
guardò immediatamente indietro e mi tirò in
avanti. Prima che potessi rendermene conto mi stava già
presentando a cinque persone, ognuna delle quali mi salutò
con calore. In quel modo mi resi conto di quante cose avessi perso,
relegato in quella casa.
Mi sentii
più felice di quanto riuscissi a ricordare di essere mai
stato in vita mia quando ci sedemmo al tavolo. Esaminai il
menù e poi gettai un’occhiata ad Axel, seduto di
fronte a me. C’era l’imbarazzo della scelta, non
sapevo davvero cosa prendere. Mi morsi le labbra quando il cameriere
(che sembrava anche lui in rapporti amichevoli con il rosso) venne da
noi a prendere le ordinazioni per le bevande. Sollevai lo sguardo e
notai una stranissima espressione sul volto di Axel, che non riuscii a
riconoscere. Quando il cameriere, ridendo, gli diede una piccola
gomitata lui sembrò risvegliarsi.
Fui a dir poco
sollevato quando il mio nuovo amico ordinò da bere anche per
me: qualcosa di meno di cui preoccuparmi. Per qualche strana ragione
non volevo sembrare stupido davanti a lui, volevo che mi vedesse
tranquillo e disinvolto, anche se sapevo che ciò era fuori
questione: ero stato tenuto fuori dal mondo per troppo tempo.
- Questo
è quello che mangeremo –
Per
l’ennesima volta fui strappato via dalle mie fantasticherie.
Dovevo davvero darci un taglio…
Sentii le mie
guance farsi bollenti e lui rise del mio imbarazzo. Sentii i miei
battiti accelerare vertiginosamente mentre lui si avvicinava a me e
quasi andai incontro alla sua mano. Volevo davvero che mi toccasse? Non
ne ero proprio sicuro, ma mi sentii piuttosto deluso quando lui si
limitò ad aprire il mio menù su una pagina piena
zeppa di diversi tipi di hamburger.
- Sono
la specialità della casa. Ci sono quelli normali, quelli
vegetali, quelli con pancetta, pollo… Hanno davvero di tutto
e vengono serviti con un’enorme porzione di patatine fritte.
Uno qualsiasi di questi alza i livelli di colesterolo nel corpo in
maniera allarmante. Beh, eccetto quello con le verdure, ma non ho idea
di come facciano i vegetariani –
Il suo viso si
fece pensieroso e tornò a sedersi normalmente con una
piccola scrollata di spalle.
- Uhm…
Penso che prenderò un semplice hamburger –
- Sì?
Niente dentro? Che so… pomodoro, cipolla, lattuga?
– quando scossi la testa annuì e
comunicò le nostre ordinazioni al cameriere con
rapidità ed efficienza, quando questi ritornò con
le nostre bibite.
Fui contento
che se ne occupasse lui, sembrò venirgli naturale; io ero
troppo timido per questo. Assaggiai allegramente il misterioso liquido
scuro, che si rivelò essere una bevanda dolce e
frizzante.
- Comunque…
perché non mi parli un po’ di te? Non sembravi
molto loquace a scuola. Ora che sai che non mordo… non
forte, in ogni caso… perché non mi dici come mai
ti sei iscritto solo ora? –
Battei
rapidamente le palpebre. Aveva mica detto che mi avrebbe morso? O
l’avevo solo preso troppo alla lettera? Scelsi di ignorare
momentaneamente quella parte della conversazione.
- Beh…
i miei dottori hanno detto a mia madre che le interazioni sociali mi
avrebbero fatto bene –
Tenni lo
sguardo sul tavolo mentre dicevo quelle cose. Sapevo che le parole
“i miei dottori” l’avrebbero molto
probabilmente spaventato. Invece udii una risata e sollevai lo sguardo
per osservare la sua espressione divertita.
- Sì,
mi ricordo quando mia madre quasi voleva tenermi alla larga dai ragazzi
della scuola. Pensava che mi avrebbero influenzato negativamente.
Probabilmente si è arresa, visto che i dottori continuavano
a ripeterle che le persone avrebbero portato a un miglioramento del mio
disturbo. Ora mi lascia andare ovunque… -
- Disturbo? – lo
interruppi. Anche lui aveva un disturbo?
- Sì.
Ricordi quando prima ti ho chiamato Roxas? Beh, ho delle allucinazioni.
Possiamo chiamarli dei sogni, se vuoi, nei quali faccio una promessa a
qualcuno con quel nome. Ti assomiglia un sacco. Gli dico che ci
incontreremo di nuovo nella prossima vita. Questo compromette la mia
capacità di stringere relazioni sociali. Io
l’ho… sempre aspettato, sai? –
Quelle parole
erano come un messaggio in codice e giuro che in quel momento il mio
cuore saltò un battito.
Coincidenza? Le
coincidenze non esistono. |