Sono qui!! Festeggiamo... a dir la
vaerità, ero così depressa, stressata, arrabbiata
e stanca, che questo capitolo non mi veniva proprio. lo svrivevo, e poi
lo cancellavo, e sono andata avanti così fino a sabato. Poi,
l'illuminazione. Quando stato per postare, Domenica, su Facebook mi
imbatto, non so come, in un virus e il computer non mi connetteva
più. Per farlo sparire, o dovevo pagare Security Sheld (che
tu sia maledetto), o formattare il pc (mi stavo cacciando a piangere.)
Alla fine, girando intorno al virus, sono riuscita a cacellarlo e a
eliminarlo per sempre. Ho buttato tante di quelle agliazze contro i
creatori di quello stupidissimo antivirus, che mi sorprendo che non
abbia funzionato.. pff.. ma guarda te!!
Comunque, mi scuso per il ritardo, come sempre, ma sto facendo tutto il
possibile per aggoirnare il più velocemente possibile.
Grazie a tutte le lettirici della storia - perchè penso che
di maschi non ce ne siano - e ci vediamo al prossimo. Bacio!
Per chi segue The
crow. Ho
aggiunto tre tavole.
***
Sasuke respirò a fondo, imponendosi calma e poi decise
finalmente di entrare nella camera ospedaliera.
La stanza era calda, e la finestra faceva entrare una leggera brezza
primaverile, accompagnata dai raggi cocenti dell’astro.
Avanzò e si chiuse la porta alle spalle, mentre lo sguardo
saettò fino al letto, dove, appisolato, giaceva Naruto.
Si perse qualche minuto a contemplare il viso sereno del giovane: le
palpebre scure abbassate, a coprire le iridi azzurrine del ragazzo; i
capelli che, come raggi del sole di quel giorno, incorniciavano il viso
placido del giovane.
Con passi felpati, leggeri come l’aria, si
avvicinò al ragazzo, attento, mentre accarezzava la guancia
di non svegliarlo.
Le iridi nere saettarono verso il basso e le labbra
s’inarcarono in un serafico sorriso quando intravide la mano
del giovane, stretta come a far scudo, al ventre coperto di Naruto.
Poi un bip di
sottofondo, gli fece alzare lo sguardo.
Occhi pece seguirono le linee chiare sullo schermo
dell’elettrocardiogramma come incantate. Alle orecchie gli
arrivò una strana e alquanto gradevole sinfonia di battiti
cardiaci, che freneticamente battevano.
Pensò di aver trattenuto il respiro, quando si accorse da
dove provenissero quei battiti convulsi.
Regolari.
Costanti.
Il cuore del suo bambino batteva per lui.
Era così tutto surreale.
Alcune volte pensava che tutto quello fosse ancora un sogno,
un’illusione creata dalla sua mente per sconfiggere la
solitudine. Aveva paura - e ancora adesso ci pensava - di svegliarsi da
solo nel covo dell’Akatsuki, con la puzza di umido
costantemente sotto il naso, e il freddo pungente delle pareti della
grotta, sulla pelle.
Si passò una mano tra i capelli neri, scostandoli dal viso
cupo e stringendoseli appena nel palmo.
Doloroso fu deglutire, perché ancora in tutta quella calma,
c’era sempre un fattore imprevedibile che si metteva tra lui
e la felicità che tanto agognava. Quella felicità
che, dopo la sconfitta del fratello e di Madara, aveva cercato
disperatamente.
L’aveva trovata in un paio di occhi azzurri ma…
Un mugugno lo riportò alla realtà e serio,
guardò il cipiglio di dolore nel volto di Naruto e la presa
sul ventre aumentare.
Allungò una mano verso il braccio di Naruto, quando
quest’ultimo con un piccolo lamento si svegliò,
aprendo lentamente le palpebre.
Appannate, le iridi di Naruto si posarono sulla sua figura e Sasuke
piegò il capo, aspettando qualche reazione dal giovane.
-… suke?!
Sbiascicò il biondo, sbadigliando e mettendosi a sedere sul
letto.
Si stropicciò le mani sul viso, e si gratto il capo
all’ennesimo sbadiglio.
-Che ci fai qui?
Domandò poi Naruto, fissando il moro accanto a lui.
Le spalle di Sasuke si mossero appena, mentre lo sguardo nero vagava su
Naruto che sbuffò divertito.
-Sto bene!
Annunciò, quasi scocciato ma con un piccolo sorriso sulle
labbra.
-Mi ci vuole ben altro per mettermi K.O., teme!
Asserì, puntando gli occhi azzurri sullo schermo accanto.
Era più forte di lui. Ogni volta fissava le linee che
salivano e scendevano, ritmicamente, e si rilassava quando ascoltava
quel rumore ovattato di macchina.
-Umhh…
Rispose Sasuke, fissando il viso sereno di Naruto, concentrato a
guardare il tracciato ECG.
-Tsunade ha detto che tra un po’ lo sentirò
muovere.
Sussurrò Naruto.
Sasuke era il padre, e a Naruto non dispiaceva più rendere
partecipe il moro di ogni piccolo cambiamento del loro bambino. Anche
la cosa più stupida, come sentire il primo calcetto - Naruto
ne era sicuro - avrebbe reso stranamente felice e spensierato Sasuke.
Bramava ardentemente scorgere ancora il viso rilassato di Sasuke. I
tratti che prendevano quella nota dolce della pace interiore.
-Ti verranno le rughe prima, se non rilassi un po’ i muscoli
facciali.
Ridacchiò Naruto, fissando divertito il cipiglio
d’indignazione che si andava formando sul volto del maggiore.
-Tsk. Parla per te, che con quella faccia da ebete non arriverai tanto
lontano di me.
Naruto corrucciò le sopracciglia mentre tirava fuori la
lingua e incrociava le braccia al petto.
-Temehhh…
Naruto annaspò, deglutendo e stringendo le palpebre, mentre
si portava le gambe al petto e si stringeva la pancia, piegandosi in
avanti.
Sasuke sgranò appena gli occhi, preoccupandosi
immediatamente e alzò di scatto la testa quando
sentì i battiti di entrambi i pazienti accelerare
all’improvviso.
-Chiam.. Chiama Tsunade!
Disse in modo affannoso Naruto, stringendosi di più nel suo
abbraccio, poggiando la fronte alle ginocchia.
Sasuke annuì, come in trans e, fissando per
un’ultima volta Naruto, uscì di corsa dalla
stanza, verso il palazzo centrale.
Non dovevo lasciarlo
solo.
***
-… Tsunade Sama, deve firmare questi documenti per il
consiglio.
L’ANBU, dritto e composto davanti alla cattedra della
Gondaime, allungò alla donna un blocchetto di fogli che
Tsunade prese con un sonoro sbuffo.
Odiava il lavoro d’ufficio, lei era una donna
d’azione per la miseria!
Stizzita, appoggiò i documenti davanti a lei, e fece un
gesto all’anbu per poterlo liberare.
Dopo uno sbuffo di fumo, quasi non sobbalzò allo sbattere
della porta.
Alzando lo sguardo adirata, incontrò un altro paio
d’iridi scure che la fissavano preoccupate.
Anche se voleva nasconderlo, Tsunade sentiva perfettamente il rumore
dei respiri pesanti di Sasuke, la cassa toracica che si alzava
ritmicamente e velocemente; le gote del ragazzo erano rosse per lo
sforzo di arrivare il quanto prima da lei.
-Uchiha, ma che modi!!
Lo ammonì.
Sasuke prese fiato, calmando il battito del cuore.
-Naruto sta male.
Quella sarebbe sempre stata l’unica giustificazione possibile
della sua attenzione su Sasuke.
Si alzò di scatto dalla poltrona, facendola sbattere contro
la vetrata e sorpasso di gran fretta la scrivania.
-Cos’ha?
Domandò, precedendo il moro con passo veloce.
Sasuke si apprestò a seguirla per i corridoi e la
affiancò.
-Ero andato a trovarlo e all’improvviso si è
sentito male.
Replicò impassibile, ma dentro si sentiva male.
Nella fronte di Tsunade, nella zona T, si formò una ruga
d’espressione.
Fissò Sasuke, poi di nuovo davanti a se.
Allora è vero.
La ruga sulla fronte, dove giaceva il sigillo della rigenerazione,
s’intensificò.
***
Quando Tsunade con Sasuke, entrò nella stanza di Naruto,
ammutolirono.
Il letto bianco di Naruto era vuoto, coperto di sangue in alcune parti
e sfatto, mentre le ventose attaccate al macchinario erano state
strappate e pendevano dal bordo di ferro del letto.
La prima che si riprese fu la donna, voltandosi di scatto verso i
singhiozzi che sentiva e spalancò gli occhi inorridita.
Naruto era accucciato all’angolo della stanza, con lo yukata
ospedaliero coperto di sangue.
Sasuke credette di crollare.
Sapeva che non doveva lasciarlo solo.
-Naruto..
Urlò la donna avvicinandosi di corsa, inginocchiandosi
davanti al ragazzo.
Naruto alzò il viso lentamente; una smorfia di dolore e
angoscia che gli attanagliava anche il cuore.
Il viso era pallido, gli occhi erano vuoti e lucidi e le labbra erano
rosso sangue.
-Non lo sento… Il battito… Non…
Non…
Un singhiozzo più forte degli altri gli fermò le
parole in gola, mentre le labbra si aprivano in un urlo muto.
Quel dolore se lo meritava appieno, tutta quell’angoscia lo
stava schiacciando
Il suo bambino non dava segni di vita.
Era morto.
E lui… Lui non aveva potuto fare niente; non era riuscito a
fare niente e ora si meritava solo la morte.
Aveva ucciso il suo bambino.
Tsunade sgranò gli occhi e poi si voltò di scatto
verso Sasuke che si appoggiava malamente al muro, con gli occhi larghi
e vuoti.
Le parole di Naruto ruotavano violentemente nella sua mentre,
provocandogli un dolore atroce al cuore che prese a battere
più velocemente.
Aprì le labbra in cerca di aria fresca, mentre con una mano
tremante si stringeva la maglietta all’altezza del cuore.
Non poteva essere vero.
Non poteva essere successo.
Avevano combattuto così tanto, avevano superato i mille
ostacoli che gli si erano parati davanti e ora… ora era
tutto finito.
Semplicemente il loro bambino non c’era più.
Naruto urlò di dolore; un urlo che accaparrò la
pelle di Tsunade e fece svegliare Sasuke dalla sua trans.
Il biondo si afferrò disperato il ventre, stringendo le
palpebre mentre le lacrime iniziarono a rigargli le guance magre.
-Naruto?… Calmati… Cazzo!
Urlò la donna, stringendo tra le braccia Naruto,
abbracciandoselo al petto, mentre disperata faceva vagare la mano
circondata di chakra sul grembo del ragazzo.
Sasuke cercò di avanzare in avanti, ma le gambe non
riuscivano a reggere il suo peso.
Deglutendo, fece una smorfia schifata sentendo il sapore acido della
bile che aveva ferma in gola.
Avrebbe sacrificato la sua vita, per salvare quella del figlio, ma
ormai…
-Esci da qui… Non puoi stare troppo vicino a Naruto.
Strillò ferma la donna, guardandolo intensamente con i suoi
occhi nocciola lucidi per un pianto trattenuto.
Sasuke si morse l’interno della guancia e la carne tenera e
umida si spezzò sotto i suoi denti.
Fermò la sua avanzata e con un tremendo mal di stomaco
uscì dalla stanza, crollando subito dopo
all’esterno, contro il muro bianco.
Disperato si prese la testa tra le mani, stringendo con tutta la sua
forza i capelli neri tra le dita e urlò il suo dolore. La
sua impotenza.
Non gli interessava se qualcuno lo avrebbe guardato storto o spaventato.
Lui stava morendo, loro stavano morendo, e, nell’anticamera
del cervello, pensò solo a una frase.
È colpa mia.
-Uchiha San… Si… Si sente bene?
Tentò una donna infermiera, tenendosi a debita distanza,
guardando con occhi larghi il moro.
Quell’urlo l’aveva smossa dentro. Era riuscita a
percepire tutta quell’angoscia e quel dolore che stava
provando il moro in quel momento.
Sasuke s’irrigidì, alzandosi di scatto e la
ragazza fece un passo indietro, intimorita e terrorizzata dallo sguardo
rosso del ragazzo.
A grandi falcate, seguì la schiena ampia del ragazzo tra la
folla che si spostava per farlo passare.
***
Tsunade appoggiò il corpo senza coscienza di Naruto, sul
letto, scoprendogli il ventre e si fermò con le mani su quel
punto, chiudendo gli occhi per la massima concentrazione.
Sapeva che poteva fare qualcosa, e l’avrebbe fatto.
Non poteva far morire quel bambino.
Non se lo sarebbe mai perdonato.
Se moriva lui, Naruto sarebbe morto lentament e dolorosamente, e questo
non poteva permetterlo.
Tum.
Tum tum.
Allargando gli occhi, fissò la pelle cocente sotto le sue
dita.
***
Karin s’irrigidì nei corridoi
dell’ospedale, fissando davanti a lei con gli occhi larghi e
terrorizzati.
Jugo, al suo fianco, la guardò con un sopracciglio alzato.
Erano andati all’ospedale, perché Karin si era
ferita nella missione, mentre Sakura e Suigetsu erano andati al palazzo
dell’Hokage per scrivere il rapporto.
-Karin… che succede?
Domandò il ragazzo, appoggiando una mano sulla spalla della
rossa, la quale sobbalzò e poi si voltò di
scatto, pronta a una fuga.
Quando si voltò, pensò di svenire alla vista di
iridi rabbiose color sangue che la fissavano dall’alto.
-S… Sasuke!
Sillabò, sentendo il corpo tremare dalla paura.
Sasuke era dritto davanti a lei: i pugni stretti ai fianchi, gli occhi
ridotti a due fessure e le labbra serrate in una morsa.
La ragazza deglutì e fece un passo indietro.
***
-Karin si comportava in modo strano, vero?
Affermò Sai, seguendo i due ragazzi nella strada principale
di Konoha.
Sakura annuì pensierosa, fissando il suolo e corrucciando le
labbra.
-Già. Sembrava spaventata da qualcosa.
Suigetsu succhiò con forza l’acqua dalla lattina
in cartone, e osservò per pochi secondi il cielo e poi Sai.
-Naaa.. È sempre così quando non
c’è Sasuke-kun con lei.
Scimmiottò il ragazzo, ridacchiando e facendo brillare i
denti affilati.
Sakura lo fissò sconcertata e con un tirato sorriso sulle
labbra.
-Non si è ancora arresa?
L’espressione di Suigetsu fu la risposta che cercava.
La ragazza scosse il capo divertita e anche dispiaciuta e poi
fissò il cielo.
-Chissà Naruto come sta.
Sussurrò lei.
-Starà bene. Naruto kun ha sempre avuto la pellaccia dura.
Disse non curante lo spadaccino, e Sai annuì dietro di lui.
Sakura li guardò e poi sorrise annuendo.
-Già.
***
Karin urlò, mentre Sasuke cercava di liberarsi dalla presa
ferrea di Jugo, dietro di lui.
-Che cazzo gli hai fatto!
Sbraitò con lo sharingan che ruotava furente.
-Mi dispiace… Io…
Singhiozzò la ragazza, arretrando contro il muro della
camera dell’ospedale.
-Sasuke calmati…
Il moro ringhiò, divincolandosi dalla presa del ragazzo e si
buttò sulla rossa.
Voleva ucciderla, voleva che provasse po’ di quel dolore che
attraversava il suo corpo.
Lui si sentiva morire ogni secondo che passava, con il ritmo sempre
più debole del cuore di Naruto e di suo figlio.
Jugo dovette chiamare il potere del sigillo di Orochimaru, cercando di
tenere la mente concentrata solo sul suo obiettivo.
Fermare Sasuke.
Lo afferrò per le spalle e con forza lo lanciò
dall’atra parte della stanza, facendo scontrare il suo corpo
con il muro che si sgretolò lentamente.
Il moro ringhiò, stringendo gli occhi e i pugni per il
dolore sordo alla schiena e alla testa.
Respirando affondo, Jugo cercò la pace dentro di se,
immaginandosi il viso dolce della signora Akiko. Il dolce profumo della
pelle, e le mani gentili che gli accarezzavano il viso, con quegli
occhi caldi color ambra.
-Sta morendo… Per colpa tua lui..
Sibilò Sasuke, restando seduto al suolo, fissandola con odio
e rabbia.
Karin deglutì, accasciandosi al suolo e pianse per la
disperazione e la paura.
-Ti prego Sasuke… Perdonami… Non lo
sapevo… Io…
Le parole si spezzarono dai continui singhiozzi che non riusciva a
trattenere.
Non voleva che succedesse questo. Non voleva la morte di nessuno.
Voleva solo un po’ di felicità anche lei. Si
sentiva così sola.
-Cosa hai fatto Karin.
Chiese con tono calmo e amabile Jugo, mentre lentamente le macchie nere
scomparivano dalla sua pelle.
Karin si strinse in un abbraccio, appoggiando la fronte al pavimento
freddo.
-Era una tecnica di Orochimaru… La usava per far star
tranquilli i prigionieri delle prigioni. Per non farli azzuffare contro
di loro. Era una semplice tecnica e non… doveva portare a
questo. Avrebbe dovuto semplicemente far provare a Naruto un senso di
fastidio quando si avvicinava a… te.
Alzò il suo viso contratto dall’angoscia e dal
dispiacere, sussurrando l’ultima parola.
-Ti giuro che non volevo fargli del male.. Non mi sarei mai immaginata
che aspettasse un bambino.. Scusa.. Scu..
La gola gli bruciò e cercò di ingoiare il nodo
che gli faceva mancare il respiro.
-Volevo solo farvi allontanare un po’… volevo che
mi guardassi… Non… Non volevo rimanere da sola..
Sasuke la guardò, mordendosi la guancia e si alzò
dal pavimento, lentamente, incamminandosi vicino alla ragazza tremante.
Guardò Jugo con lo sharingan che scompariva, rivelando occhi
neri opachi; il ragazzo si fece da parte, guardando da spettatore la
scena.
-Karin… Puoi fare qualcosa.
Sussurrò.
Dire quelle parole, mentre dentro alla testa balenavano una marea di
tecniche per ucciderla lentamente, era stato uno sforzo. Il tono di
voce tratteneva la rabbia e il disprezzo che stava provando per quella
ragazza.
Da una parte la capiva, ma in quel momento non gli importavano
assolutamente le sue giustificazioni inutili.
La rossa alzò il viso di scatto, fissando con i suoi occhi
gonfi e rossi quelli di Sasuke e annuì lentamente.
Sasuke sospirò di sollievo, e annuì, voltandosi e
incamminandosi verso l’uscita.
Deglutendo e tremante, la condusse verso la stanza di Naruto.
-Sarà invasivo lo scioglimento?
Domandò con voce atona, fissando il corridoio davanti a lui.
Karin si asciugò le lacrime con la manica della giacca e
scosse il capo velocemente, rimettendosi gli occhiali al loro posto.
Sasuke si voltò verso di lei e la guardò
sbiecamente per poi tornate a fissare davanti a ui.
Jugo li seguiva da dietro, silenzioso come un’ombra.
Sasuke fissava, inceneriva, la porta bianca. Oltre, Naruto e suo figlio
stavano combattendo per la vita.
Karin era entrata quasi mezz’ora fa, e lui aveva preso a
respirare più pesantemente, ogni minuto che passava.
Sentiva il suo corpo tremare, e le pareti della cassa toracica vibrare
sotto il ritmo frenetico del suo cuore.
Il dolore all’addome non lo aveva lasciato per un secondo
nella più completa consapevolezza che se non sarebbero
sopravvissuti, sarebbe crollato.
Trattenne il respiro, quando sentì il rumore della porta
aprirsi e lo sbuffo di Tsunade uscente.
Le gambe si mossero da sole verso la donna che lo guardò e
annuì con il capo, facendo poi un gesto con la mano verso la
camera.
Karin uscì a testa bassa, le spalle che tremavano appena e
si fermò accanto alla donna. Alzò il viso
lentamente, stringendosi nelle spalle e cercò il viso di
Sasuke che la fissava impassibile.
Ma Karin sapeva, percependo la freddezza del chakra di Sasuke, che se
non fosse stato per l’eccellente autocontrollo del moro,
adesso sarebbe morta.
-Mi dis..
-Taci.
Ringhiò, scostando lo sguardo come disgustato ed
entrò nella camera da letto.
Karin tremò, spalancando gli occhi e ritornò a
guardare verso il basso.
Tsunade sospirò, appoggiando una mano sulla spalla della
ragazza e la fissò, mentre si dirigeva con lei verso il
corridoio. Jugo affiancò le ragazze.
-Karin, il tuo comportamento è stato disdicevole per una
kunoichi della foglia.
Sospirò ancora, affranta.
-La punizione, sarebbe il ritiro del titolo ninja e la
prigione…
Karin boccheggiò e strinse le palpebre.
-… ma ti farò passare un mese di punizione,
facendo lavoro di ufficio, confidando nel tuo silenzio.
Lo sguardo di Tsunade valeva più di mille parole e Karin
annuì con vigore, asciugandosi le lacrime.
-Grazie.
Sbiascicò con voce roca.
Tsunade respirò aria dal naso, passandosi la lingua sulle
labbra e annuì.
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