3. Smistata dalla parte
sbagliata.
“Eccola!”
– “Guardala!” –
“Minuscola!” –
“Potter” – “Potter”
– “Potter”.
Erano
quelle le voci che si
attorcigliavano al suo passaggio, rendendo vani i suoi desideri di
passare
inosservata.
“Dai
Rin.” La incoraggiò Meido,
passandole un braccio intorno alle spalle e avvicinandola a
sé. Per Rin fu
imbarazzante constatare che le arrivava ai fianchi.
Dopo
la sconvolgente notizia del
Cappello Parlante erano passate altre due ore, che avevano passato a
mangiare
ciò che Meido aveva comprato dalla tipa dei dolci e a
parlare/sparlare di ogni
professore.
Per
Rin, che a colazione e a
pranzo non aveva mangiato nulla, trovarsi sotto tutto quel cibo fu una
benedizione; si saziò con cioccorane, caramelle, bacchette
di liquirizia, galeoni
di zucchero e delizie di ogni genere, annaffiando il tutto con succo di
zucca
freddo e dissetante. Era triste per lei pensare che quello sarebbe
potuto
essere il suo ultimo pasto, anzi, quasi sicuramente l’ultimo,
perché a cena non
ci sarebbe arrivata e, pensato quello, aveva smesso di mangiare e aveva
fissato
il finestrino con aria stralunata.
Anche
la compagnia di Nihal si
rivelò piacevole: era una ragazza piena di sogni ambiziosi e
ambizioni da
sogno, con volontà ferrea e salda nelle proprie speranze, e
cadeva in uno stato
estatico quando raccontava o sentiva raccontare storie. Aveva una
fantasia
unica e si lasciava trasportare con commozione ed entusiasmo dai
racconti di
ogni genere, era brava nelle imitazioni e si lanciava in lunghe
avventure
verbali su quello che avrebbe fatto dopo Hogwarts. Aveva provato di
tutto per
sollevare un pochino l’animo abbattuto di Rin, e ci era
riuscita alla grande,
tanto che la piccola strega non si era risparmiata grasse risate e
narrazioni
emozionanti. Giocare con lei sarebbe stato fantastico,
arrivò a pensare la
ragazzina, avrebbe potuto farle piombare in un fantastico regno
incantato solo
descrivendo i paesaggi e i personaggi. Ebbe la visione di lei, Rin, e
Nihal,
bambine, scorrazzare per un cortile alla ricerca di un misterioso
tesoro o di
una nave da prendere sotto arrembaggio, dimenare spade di legno e
gridare il
loro divertimento al mondo.
“Dovresti
fare la scrittrice.” Le
consigliò Meido, lanciando al mezz'elfo una delle cioccorane
rimaste, per le
quali aveva capito la passione di lei: “Hai troppa
fantasia.”
Nihal
rise, lusingata: “Lo farei
di sicuro, se fosse un lavoro un po’ più
retribuito.”
Rin
vedeva il loro futuro: una
scrittrice di successo, ricca di fama e storie da raccontare, e una
modella
alta e sensuale, bella e accattivante. Il suo avvenire, invece,
sembrava un
burrone sul quale era in bilico.
In
bilico come quei passi che
faceva sempre più tesa e incerta, stringendosi contro il
corpo saldo di Meido e
cercando di non perdere di vista Nihal.
“Ehi,
Zangetsuha!” gridò una
voce, dura come l’aria fredda della sera che fendevano con il
loro incedere, e
le tre si girarono verso la figura di un ragazzo biondo cenere che
aveva tutte
le cattive intenzioni di questo mondo: “Quella è
la Potter?” chiese, sputando
le quattro parole con un disgusto indicibile. Per tutta risposta Meido
avvicinò
Rin di più a sé: “Giù le
mani Yaxley, lei è con me.” Dichiarò
con voce limpida
e priva di ogni rimpianto. La ragazzina vide lo sguardo cattivo di
Yaxley
posarsi su di lei e squadrarla come se fosse indegna
d’esistere: “E chi
metterebbe mai le mani su una feccia del genere?”
“Oh,
ma tutti sappiamo che le
vorresti mettere su di me, le tue mani.” Cinguettò
il demone, gettandogli
un’occhiata maliziosa e canzonatoria e il ragazzo, per quanto
potesse cercare
di essere duro, ammutolì e si morse il labbro. Rin
sentì qualche risata, ma poi
gli sguardi tornarono a fissarla come se fosse un mostro, e lei si
sentiva
sempre più piccola e indifesa.
Nihal
non era in una situazione
migliore: era continuamente schernita dalle ragazze, che forse non
avevano a
genio la sua andatura militare e il suo corpo tutt’altro che
femmineo e
delicato, e presa in giro dai ragazzi, che la chiamavano
“draga”, ma lei
sembrava più fortificarsi di tutte quelle invettive che
offendersi.
Come
le invidiava: una era così
bella e desiderata da poter tranquillamente fare il buono e il cattivo
tempo
senza sentire proteste, mentre l’altra così forte
e indipendente da essere
indistruttibile nell’autostima.
Prima
di poter provare a parlare,
Rin sentì qualcosa passarle vicino al viso, e fece appena ad
accorgersi che
quel qualcosa era una fattura in piena regola che Meido la
lanciò verso Nihal
con il braccio con cui la teneva vicina e poi, sempre con la stessa
mano, fece
per tirare qualcosa contro Yaxley, che si trovava a qualche passo da
loro e
stava con la bacchetta sguainata. Il suo, sembrava solo un movimento di
dita,
un rapido guizzo del gomito verso il nemico, e l’effetto del
suo muoversi sembrò
rimanere nell’aria per qualche secondo. Dopodiché
si aprì sopra di loro un
enorme varco dimensionale del quale si riusciva solo a intravedere il
buio
fondale costellato da qualche oscura e sconosciuta galassia. Sembrava
che gli
studenti presenti intorno a loro conoscessero bene quel passaggio,
tanto che
cominciarono a mettersi al riparo appena la devastante e invincibile
forza
d’attrazione dell’attacco li cominciò a
tirare verso una morte sicura.
“Ripeto
in caso non fossi stata
sufficientemente chiara:” disse Meido, immobile e immune al
vento che
trascinava tutti quanti verso quel pericoloso buco nero:
“giù le mani, lei è
con me.”
Nihal
aveva appena fatto in tempo
a trasportarsi, con Rin attaccata ad un braccio, verso un albero non
soggetto a
quella calamità mortifera. Sapeva, come tutti del resto, che
Meido era un
demone del Passaggio, e che quindi il suo unico potere era saper creare
in
mille modi un passaggio per l’Aldilà e ne sapeva
fare di così potenti che
qualche anno prima aveva quasi distrutto il campo da Quidditch.
“Ehi,
non vale il Passaggio!”
strillò Yaxley, mentre se ne stava aggrappato ad un palo.
“Non vale?” squillò
lei, e Rin poté notare che il lato feroce e bestiale del suo
carattere, lo
stesso che aveva usato per canzonare Nihal, era spuntato fuori insieme
alle
zanne, che sembravano più evidenti di prima, rese
più lunghe e pericolose dalla
smorfia sadicamente gioiosa che le si era dipinta sul viso. Per tutta
risposta
alla protesta impaurita del proprio avversario, Meido lanciò
un altro Passaggio
dentro al primo, che venne risucchiato e andò ad amplificare
la forza di quello
nuovo.
“E
dimmi, vigliacco, questo
vale?”
Ma
non udì mai la risposta,
perché una mano gigantesca le si schiaffò sulla
nuca, mandandola a sbattere
contro una delle carrozze destinate a trasportare gli studenti fino
alla
scuola. Il passaggio si chiuse di colpo. Meido non subì
ferite o contusioni,
anzi, fece leva sul proprio atterraggio per lanciarsi a capofitto sul
proprio
nuovo avversario. Nihal capì immediatamente che Meido non
era una di quelle
persone a cui piaceva perdere.
Il
proprietario della gigantesca
mano era un uomo altrettanto enorme ruvido di una barba grigio-nera e
vestito
con un pastrano rattoppato, e sembrò sorpreso quando quella
furia incontenibile
che era diventata Meido gli si avventò contro, spedendolo a
terra. Chissà quale
forza era contenuta in quelle gambe affusolate e in quel corpo ben
formato e
sottile, dato che quel fisico all’apparenza così
esile aveva appena mandato al
tappeto uno che ne misurava il quadruplo se non di più.
“Piantala
Mei… Zangetsuha!” tuonò
la voce dell’uomo da sotto la barba, alzandosi di scatto,
prendendole un polso
e tenendola in alto in modo da non darle possibilità di
attaccare. Il demone,
dopo quella furiosa follia che le aveva completamente tinto gli occhi
di un
rosso sanguigno, si acquietò e si lasciò deporre
a terra. “Oh. Perdo sempre la
pazienza con quello là.” Si giustificò,
borbottando: “Penso che sia stato il
fatto di aver attaccato Rin alle spalle ciò che mi ha fatto
tanto arrabbiare.”
L’uomo
sembrò volerla
rimproverare, ma poi si accorse degli altri studenti ancora immobili a
fissare
la giovane con occhi impauriti e stralunati, tanto che si mise a
gridare,
dimenando le braccia come un goffo vigile urbano: “Lo
spettacolo è finito!
Muoversi, muoversi!” e, dopo un attimo di ferma indecisione,
la folla fluì
lontano dai quattro.
Meido
si rivolse al punto in cui
aveva visto Nihal e Rin nascondersi prima di venir risucchiate dal
Passaggio:
“Potete uscire, non vi mangio.” E c’era
qualcosa nel suo tono da spaventare le
due.
Rin
non poteva crederci: la donna
gentile e materna che l’aveva consolata sul treno, che le
aveva offerto la
merenda e che l’aveva protetta da Yaxley era diventata per
quei furiosi secondi
qualcosa che era il più lontano possibile da tutto
ciò che precedentemente
aveva mostrato, e fu per quel motivo che non le si avvicinò
troppo, perché
aveva sviluppato un certo timore nei suoi confronti. Era un timore
più che
giustificato, infondo Meido Zangetsuha era un demone. Quello
significava che
tutti i demoni tenevano quel sottofondo rossastro di furiosa follia?
Tutti, se
infastiditi troppo, reagivano a quel modo?
“A
proposito” cominciò l’uomo,
rivolgendosi al demone: “Da quanto non mangi?” Lei
non rispose, si limitò a
chinare il capo e osservare con tristezza la reazione di repulsione che
Rin le
aveva rivolto. Doveva essersi spaventata abbastanza. “Beata
te che ti fai
spaventare da questo.” Mormorò, passandole una
carezza sul capo.
Rin
arrivò alla cerimonia dello
smistamento per il rotto della cuffia. Aveva fatto in tempo a calcarsi
in testa
il cappello e precipitarsi nella Sala Grande che l’uomo dai
capelli biondi che
le aveva fatto compagnia per un breve tratto di viaggio
chiamò il suo nome:
“Potter Rin.”
Inutile
dire che tutti i
presenti, preside e professori compresi, la fissarono insistentemente.
Doveva
essere un bello spettacolo: piccola, piccolissima, resa ancora
più minuscola
dalla divisa più grande, rossa per l’imbarazzo e
ansimante per la corsa,
tremante e sull’orlo delle lacrime.
Vedeva
la faccia della morte, che
sembrava bianca e fredda come quella dell’uomo biondo che
reggeva il cappello,
così impassibile da risultare irreale e obliqua. Con passo
pesante si diresse
verso il proprio destino, mentre il gruppetto dei nuovi studenti
davanti a lei
si faceva sdegnosamente indietro, e un braccio misterioso la
scaraventò avanti
con un rude spintone.
“Potter
Rin.” Ripeté l’uomo,
seccato, mentre reggeva bene in alto il Cappello Parlante, in modo che
fosse
visto da tutti, e per lei fu inevitabile avanzare ancora, fino a
sedersi sullo
sgabello di legno predisposto allo smistamento.
Cercò
di visualizzare la Sala
Grande nel suo splendore: i due grandissimi tavoli riempiti da
individui inerti
dalla nera uniforme, le mura di marmo dorate dalla luce delle candele e
dei
candelabri, le figure pallide dei fantasmi immobili
nell’aria. Riuscì persino a
trovare tra quelle facce Meido, distinguibile per la sua camicia bianca
e la
gonna corta indossate al posto della più canonica veste da
mago, e Nihal,
sedutale vicino: avevano entrambe una faccia pallida e grave.
Cercò di imprimersi
i loro sorrisi nella mente, non tralasciando ovviamente
l’espressione materna
del demone mentre l’abbracciava e nemmeno l’aria
estatica del mezz'elfo mentre
raccontava i propri sogni.
Le
fu posato il cappello sulla
testa, ma era così grande che le scivolò fino al
naso, coprendo gli occhi.
Un
sibilo strisciante si diffuse
nella sua testa, come se qualcuno le stesse parlando
all’orecchio, nascosto da
tutti: “Potter.”
Ghignò: “Da quanto
è che non esamino un Potter?”
ma, subito dopo quella domanda retorica, cominciò la propria
analisi. Rin lo
ascoltava col cuore in gola.
“Rin Potter. Un carattere timido e determinato al
tempo stesso, fragile
eppur convinto delle proprie idee… c’è
del bello in questa testa tua, ma è
passato il tempo in cui valutavo l’indole per assegnare la
casa… vediamo…”
ci fu un attimo di silenzio, suo, del cappello e della sala, poi il
magico
artefatto le si rivolse, sempre in segreto, con voce alterata dallo
stupore: “Sei l’ultima
mezzosangue di Gran Bretagna,
lo sai? O comunque lo sei stata fino ad adesso.”
Fece
per gridare il suo stato di
sangue al mondo, ma ad un certo punto si bloccò. Negli occhi
di Rin offuscati
dall’oscurità apparve qualcosa di bianco, freddo e
potente, tanto da attirare
l’attenzione del Cappello: “Ma
questo…”
Non
ucciderla!
La
voce che solo lei e il
Cappello sentirono fu indescrivibile: dura, altissima e assordante,
potente ed
amplificata, con la nota corrugata che solo un uomo di discreta
età poteva
possedere. Se per Rin fu un tono nuovo e mai sentito, al Cappello
doveva essere
ben noto, tanto che gridò in annuncio, obbediente:
“PUROSANGUE UMANO!”
Quel
peso al cuore che si era
impossessata di lei quando aveva sentito quel verbo al passato
scomparve
all’improvviso, volatilizzandosi come un frettoloso stormo di
uccelli liberato
dalla gabbia che li aveva tenuti prigionieri. Era così
stupita dall’essere
tornata a vivere che non poté non esclamare, attonita:
“Eh?”
La
sala rimase sospesa nel
silenzio, le uniche che sembravano vagamente sollevate erano Nihal e
Meido, che
si scambiarono un’occhiata sorpresa e felice.
L’uomo dai capelli biondi,
sfilandole il cappello dal capo, la spinse giù dallo
sgabello e chiamò lo
studente successivo.
Rin
ebbe un attimo di
smarrimento: vicino a chi avrebbe potuto sedersi, dato che ogni persona
si
ritraeva schifata ad ogni suo passo? Poi vide le braccia di Meido e
Nihal
affaccendarsi per chiamarla e invitarla a sedersi con loro e la neo
strega, in
un frullio di mantello, corse verso di loro e si lasciò
abbracciare.
“Strilliamo
dopo, eh?” sussurrò
Meido, posando il gomito sul tavolo. Chissà
perché, ma era felice che Rin fosse
sana e salva. Guardò di sottecchi la ragazzina, chiedendosi
cosa avrebbe mai
potuto influenzare un oggetto magico potente come il Cappello Parlante,
ma non
c’era nulla nel suo modo di fare, né tanto meno
nell’aspetto fisico che potesse
lasciar trapelare enorme potere o capacità magica. Era
semplicemente una
piccola e fragile ragazzina, con gli occhi che facevano trasparire
un’aria
impaurita e con le mani incapaci di far del male.
“Ehi,
Zangetsuha” esordì una voce
ferma dietro di lei, e la ragazza fu costretta a girarsi da un paio di
rozze
mani dalle dita lunghe, ritrovandosi davanti un uomo dai capelli biondi
e gli
occhi di un freddo ghiaccio. “Professore.”
Sibilò, con aria sgarbata ma che
comunque capisce che la persona che si sta offendendo è
l’unica in grado di
aiutarla. “Il trattato di quest’anno sta per
scadere.”
Parlava
a voce ferma e decisa,
anche se volutamente bassa per non farsi sentire da volontà
indiscrete. Non le
lasciò nemmeno il tempo di replicare che si
guardò intorno e le disse, come se
sapesse come quella storia sarebbe andata a finire: “Ti
aspetto domani sera.”
Nihal
si accorse di quel discreto
scambio di parole ma abbassò la testa, segno che non ne
voleva avere nulla a
che fare, e guardò Rin. Sembrava serena, in un qualche modo.
Con un moto di
straordinaria pietà per quell’innocenza buttata al
vento, mormorò: “Ben presto
ti accorgerai di essere all’inferno.”
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arieccomi qui con il terzo
capitolo di Everywhere, e dopo questo capitolo lasceremo Rin, Meido e
Nihal per un po' e ci andremo a imboscare da qualche altra parte,
contenti? Eh, chissà chi potremmo incontrare nel prossimo
capitolo!
intanto aggiorniamo l'elenco
con i personaggi.
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Sesshomaru,
Inuyasha, Rin, Bankotsu, Jakotsu, Suikotsu, Naraku: "Inuyasha" di
Rumiko Takahashi
Dohor,
Nihal, Aster: "Le Guerre del Mondo Emerso" saga, di Licia Troisi
Voldemort,
Bellatrix, Draco Malfoy, Hagrid, il Cappello Parlante: "Harry Potter"
saga, di J. K. Rowling
Arlene
(Larxene), Even (Vexen), Isa (Saix), Riku, Sephiroth: "Kingdom Hearts"
saga, di Testuya Nomura
Meido
Zangetsuha: "la mia mente folle" u.u
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Ringrazio
quelle cinque anime buone che hanno aggiunto la mia storia tra le
seguite **
Bon,
credo di aver finito, alla prossima!
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RAMBLE ON!
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