Dedicato
alle solite Autrici Random.
***
Non
era una notte buia
e tempestosa. Non era nemmeno notte, in effetti, ma una splendida e
glaciale giornata afosa di autunno. Una variopinta cascata di luce si
scioglieva fra i sottili e femminei giunchi di capelli di Nomea
Bla-Bla Riddle, mentre il venticello sfrontato le schiaffeggiava con
moderata violenza le guance di pesca.
Ah,
che tristezza le si
leggeva negli occhi di qualche colore di cui non serbo ricordo! Ah,
che passione e amarezza! Ah, che struggente dolore si innalzava dal
suo petto gracile e perfetto!
«Nomea,
dove sei? Sei
qui?» soffiò una voce melodiosa alle sue spalle.
Nomea
si voltò con
leggiadra grazia. Hermy Granger si ergeva a pochi passi da lei, con
nobile impeto. Ora, qualche malalingua potrebbe ingiustamente
presumere che Nomea era a due passi da Hermy, il che rendeva
piuttosto impossibile non vederla. Se l'avete
presupposto, la
Somma Autrice vi informa che siete invidiosi, un sacco invidiosi, e
che specchio riflesso, chi lo dice è un fesso.
«Sei
triste?» le
chiese Hermy, colpendosi diverse volte il cuore per sottolineare
quanto soffrisse. «Mi sembri
triste».
«Oh,
sì...» sussurrò
con il dolore di un agnellino al macello. «Sì,
Hermy, sono triste.
Oggi ho ricevuto un messaggio da mio padre. Sai, mio padre, Tom
Riddle, Lord Voldemort, l'Oscuro Signore, il più crudele
mago della
storia della Gran Bretagna...» si interruppe per un pausa di
suspense, e gradirei un applauso per la sua abilità di
rispettare il
copione della Somma Autrice. «Mi ha scritto proprio
ieri».
«Oh!»
esclamò Hermy
Granger, stringendo le dita affusolate al petto. «E cosa
vuole da
te?».
Nomea
chinò il capo e
i capelli a pois pieni di brillanti (quelli stellati, gente, badate
bene di tenerlo a mente) gli finirono davanti agli occhi (quelli di
cui non ricordo il colore, giuro. Un momento che vado a cercare gli
appunti... ah, sì, blu brillantissimo).
Così luccicante e
abbagliante, comunque, la bella Nomea Riddle estrasse dalla posciètt
– vado a supporre che la Somma Autrice intendesse
un'antenata
della borsa pochette – e
mostrò con noia un I-Pad rosa.
Iniziò a mordicchiarsi con estrema sensualità un
mignolo e fissò
corrucciata il gigantesco schermo dell'inutile cellulare:
«Allora»
disse, perché tutte le frasi d'effetto della letteratura
iniziano
sempre con allora
e
la Somma Autrice lo
sa.
«Mi ha scritto in Bacheca: “nn
credere che ti lascio in quella scuola, nomy, perché Silente
lo devo
ammazzare e poi chi ci pensa alla tua istruzione? E sta' lontana da
quel Harry pOTTER, che devo ammazzare pure lui e metti che poi ci fai
amicizia e a me tocca ammazzarlo”.
Che
poi» riprese Nomea con piglio borioso, «ma quanto
è ignorante?
Cioè, ha scritto “scuola”
senza
“q”.
Dai,
ma come stai messo?».
Nomea
e Hermy ridacchiarono beote per i successivi trenta secondi, mentre
la Somma Autrice si fregava soddisfatta le mani e io, che volete,
provavo a convincerla che scuola va proprio bene così, eh,
proprio
con la “c”.
Ci sarebbe d'aggiungere che se qualcuno avesse la decenza di
ascoltare me, questa storia non ci sarebbe nemmeno, ma
tant'è che
questo è quanto.
«Allora,
Nomea, cosa vuoi fare?» le disse Hermy, mentre una lacrima di
caramello le scendeva improvvisamente lungo la guancia appiccicosa.
«Non possiamo permettere che Lord Voldemort faccia irruzione
a
squola
e
ti porti via! Tu sei nostra amica!».
A
scuola, santo cielo. Scuola.
«Ah,
guarda, allora...
io gli ho risposto che non ci torno mica con lui, a casa».
Hermy
annuì con feroce
determinazione.
«Bravissima!»
esclamò. «Ma... Nomea?».
«Sì?»
sorrise
folgorata l'altra ebete. «Dimmi, Hermy».
«Come
hai fatto ad
usare il tuo cellulare? Siamo a Hoguòrt».
Nomea
Riddle gettò la
chioma indietro, abbattendo un paio di pietre del balconcino, e
trillò una risata divertita.
«Hermy,
non è un
cellulare. È il mio I-Pad».
Ma
certo.
Lettori.
Pompieri. Gattini. Svedesi. Aiuto.
Siamo
ancora qui.
INSERIRE
QUI IL TITOLO
perché
fa un sacco figo
Tentare
di nascondere
un ricercato per pluriomicidio sotto un lenzuolo e infilarlo di
straforo in una scuola affollata di giovani maghi e streghe come
Hoguort non era decisamente la più brillante idea che Remus
Lupin
avesse mai avuto. Però, poveraccio, lui e Sirius dovevano
incontrare
Silente ad ogni costo. Capisco che la situazione generi qualche
perplessità, come: perché non mandare un gufo?
Eh.
Perché
non mandare un
gufo... bel quesito. Avete provato a immaginare che a Grimmauld Place
non ci fossero più gufi? Potrebbe funzionare. Magari Sirius
Black,
ricercato per pluriomicidio e momentaneamente nascosto sotto un
lenzuolo, aveva fame. Magari no, magari lo spettacolo deve andare
avanti e queste quisquilie interrompono l'allegro svolgimento della
trama.
Quindi
non ce ne frega
proprio niente del motivo per cui l'intelligente e arguto Remus e il
non altrettanto intelligente ma più figo Sirius si fossero
infilati
in uno dei segretissimi passaggi segretissimi ma proprio segretissimi
dei Malandrini. Eh, insomma, ma che vi importa?
«Muoviti,
Padfoot!
Potremmo imbatterci in qualche ragazzino».
«Ma
non mi dire,
potremmo incontrare dei ragazzini?» ribatté
sarcastico Sirius,
traballando alle spalle dell'amico e stringendo ancora di
più la sua
mano destra. «Non avevo mica capito che fossimo in una
scuola».
Sfrecciarono
come due
folli senza motivo alcuno fino al settimo piano, e nessun
ragazzino incrociò la loro strada,
perché sennò 'sta storia
non finirebbe più. Stavano quasi per raggiungere i due
gargoyle che
custodivano l'accesso all'ufficio di Silente, quando Remus si
fermò
di colpo e Sirius gli capitolò addosso.
«Oh!»
esclamò
dolorante quest'ultimo. «Ti possa venire il vaiolo di drago,
Moony!
Perché diavolo ti sei...?».
«So
chi c'è sotto
quel terribile lenzuolo».
In
barba al poderoso
stratagemma di sicurezza ideato da Remus, Sirius abbassò il
lenzuolo
sopra le spalle. Davanti a loro, con una mano tesa come a volergli
impedire di passare, si ergeva una fanciulla dai capelli a pois. I
due maghi si scambiarono un'occhiata preoccupata.
«Sotto
quel mantello
non può che esserci Sirius Black»
decretò con solenne eleganza la
balda eroina.
«Ma
grazie al cazzo,
mi sono appena scoperto la faccia».
«Sirius!»
lo ammonì severamente Remus. «Niente parolacce a
rating verde».
Sirius
fece un gesto di
resa.
«Sirius
Black» ripeté di nuovo la ragazzina, annuendo con
saggezza. Sì,
lei annuisce con saggezza, me l'ha scritto la Somma Autrice. Annuire
con saggezza è molto, molto difficile: occorrono secoli
di
esperienza. «E Remus Lupin».
«No,
Ettore e Achille,
e ora se gentilmente vuoi scansarti dall'entrata...».
«Voi
non potete
passare» ordinò loro. «Il mio nome
è Nomea Riddle, figlia di Lord
Voldemort, signore del Tempo e dello Spazio, Oscuro Signore della
Terra dei Ghiottoni».
Sirius
e Remus
sgranarono gli occhi e spalancarono le bocche dallo sconcerto.
«Chi...
chi è tuo padre, scusa?»
domandò flebile Remus con una smorfia spaventata. Baldo
Grifondoro,
lui.
«Lord
Voldemort».
Istintivamente,
i due
maghi fecero entrambi un passo indietro. Fu Sirius a cercare di
prendere le redini della situazione – e no, Remus proprio non
ebbe
la creanza di impedirglielo.
«Ma
proprio quello...? Sai, no, il tipo cattivo? Avada
Kedavra qua,
avada
kedavra là?».
Mi
vergogno di quanto sto scrivendo, ma, ehi, non è colpa mia.
Sto
seguendo gli appunti della Somma Autrice. A tal proposito, vi informo
che gli occhi di Nomea non sono più blu brillantissimo, ma rossi.
Cito gli appunti: i
suoi occhi erano rossi come il sangue del tramonto e le iridi e le
pupille rosse ancora più degli occhi rossi di prima.
Non me ne intendo molto di oculistica, ma ho come il presentimento
che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in questa descrizione.
Gli occhi di Nomea, rullo di tamburi, acquistavano il colore rosso
del padre quando qualcuno ne nominava il nome.
Ah.
Ma
quanto è figa. E sì, lei acquistava il colore
rosso – suppongo
possiate trovarlo al Conad pure voi, a questo punto.
«Lui
è mio padre»
ribadì ancora Nomea, nel caso qualcuno non l'avesse ancora
capito.
L'avete capito? No, sennò ve lo rispiega di nuovo.
«Mio padre è il
temibile Lord Voldemort. E voi non passerete di qui».
Remus
si massaggiò
stancamente le palpebre: quella situazione iniziava a sfibrarlo
più
di una dozzina di pleniluni in fila per tre col resto di due. Fu
colto da un'improvvisa ispirazione e sfoderò la bacchetta.
«Stupeficium!».
E
giù Nomea, che si
sfracellò con sinuosa grazia (eh, beh) contro la parete alle
sua
spalle. Sirius sbuffò, appallottolò il lenzuolo e
lo gettò dietro
al gargoyle di destra.
«Porca
puttana, Moony»
si lamentò. «Stai proprio andando OOC».
Qualche
metro più in alto e qualche secondo dopo, nell'ufficio del
Preside...
«Carissimi!»
strillò
con fervore Silente non appena ebbe riconosciuto Sirius e Remus.
«Carissimi figlioli, carissimi! Non attendevo che voi!
Gradite
qualche caramella? Qualche Ape Frizzola? Qualche Cioccorane? Ho pure
degli stuzzichini di Eternit».
I
due maghi si
scambiarono l'ennesima occhiata sconcertata. Remus si passò
stancamente una mano sul viso, borbottando incomprensibili parole
oltre le dita. Sirius gli schiaffeggiò appena la spalla.
«Guai
a te se provi a
Schiantare pure lui» lo minacciò a bassa voce.
«Preside, siamo qui
perché--».
«Oh,
sì! Sì, sì,
sì!» esclamò improvvisamente Silente,
colpendo il bordo della
scrivania con una poderosa zuccata. Sirius e Remus trasalirono.
«Oddio»
esalò
spaventato il primo.
«Preside,
adesso sta
sanguinando».
Albus
Silente, indomito paladino di ogni battaglia contro le Arti Oscure,
sollevò il viso e sfoderò un sorriso smagliante.
Incurante del
rivolo rosso che aveva iniziato a scendere dalla sua tempia e
probabilmente poco consapevole di quanto avesse appena fatto,
spalancò le braccia in un gesto che, boh, la Somma Autrice
vorrebbe
essere misericordioso. È proprio quella, la parola. Ho
controllato
venti volte.
«Miei
cari figlioli, abbiamo un serio problema. La professoressa Sinistra,
che io non ricordo nemmeno di avere assunto, mi ha da poco informato
che questa sera gli astri si allineeranno, creando una congiunzione
astrale che porterà l'inferno nella Terra di Mezzo.
È necessario
distruggere l'anello al più presto al monte Fato,
poiché se dovesse
crollare il baluardo di Gondor, per il regno degli uomini sarebbe la
fine. Sirius, la spada che fu spezzata deve essere
ripristinata!».
Remus
si umettò le labbra e aggrottò la fronte, mentre
Sirius, al suo
fianco, faceva una smorfia confusa.
«Preside,
ha sbagliato fandom».
«Fandom,
fandonie, fantocci, fantini, qui dentro siamo tutti cretini!»
urlò
istericamente, arrampicandosi sulla scrivania e afferrando i lembi
della ridicola veste viola. «Dovete salvare Nomea Riddle. Lei
è
la nostra Frodo Baggins».
«Ha
i piedi pelosi?».
«Sirius,
sta' zitto».
«Salva
la cheerleader, salva il mondo» ripeté Silente con
l'indice puntato
verso di loro. «Che la Forza sia con voi».
Remus
afferrò Sirius per un braccio e si diresse rapidamente verso
l'uscita.
«Naturalmente,
Preside, naturalmente» si affrettò a dire.
«Faremo ognuna di
queste cose, non ne dubiti».
«Certo»
lo seguì Sirius. «Distruggiamo l'anello, facciamo
rinvenire
l'Hobbit e salviamo i Chipmunks».
«La
cheerleader, Padfoot».
«Stessa
cosa».
Furono
piuttosto rincuorati nel vedere Nomea Riddle ancora svenuta in mezzo
al corridoio, proprio di fronte all'entrata di Silente. Che poi,
forse non lo erano così tanto, forse avrebbero entrambi
preferito
che la tappezzeria se la fosse mangiata, ma tant'è che non
si può
avere tutto dalla vita.
«Cosa
facciamo, adesso?» chiese Remus, infilandosi le mani nelle
tasche.
«Ah,
non lo so. Tu
l'hai
schiantata. Tu
dovresti
risolvere la questione».
Remus
sbuffò.
«Con
Silente fuori di testa e questa qui svenuta--».
«Ne
abbiamo una svenuta pure a Grimmauld Place, Moony».
«Cazzo».
Sirius
gli sferrò un violento pugno al braccio.
«Ahi!»
gridò Remus, ritraendosi e sfregandosi la parte lesa.
«Ma sei
impazzito!?».
«Non
dire le parolacce» lo rimproverò con durezza.
«Non dirle, okay? Se
inizi a dire le parolacce, stai andando OOC, lo capisci? Non saprei
come comportarmi, se dovessi impazzire pure tu! Te lo ripeto per
l'ultima volta, Moony, poi giuro su quant'è vero che sono
serio che
ti prendo a sberle: non
andare OOC.
Coraggio, ripeti con me: io credo, credo nell'IC».
«Io
credo, credo nell'IC...» brontolò sconsolato
Remus.
«Bravo
ragazzo. E adesso muoviti, voglio vedere Harry».
Remus
rimase a fissare l'amico che si allontanava in direzione della torre
di Grifondoro.
«Ehm...
Sirius?».
«Che
c'è?».
Gli
indicò brevemente il corpo privo di conoscenza di Nomea
Riddle.
«Ah,
quella...» rispose, grattandosi la nuca. Riafferrò
nuovamente
l'utilissimo lenzuolo con cui era entrato di soppiatto a Hoguort e
glielo gettò addosso.
«Ecco,
Moony. Fatto il misfatto».
Come
no.
Firmato
con animo a pezzi,
il
Vostro Canon
|