"1 maggio 2003,
Oggi Alex mi ha detto che
partirà presto e che non tornerà più.
Non è la prima volta che me lo dice, ma molto probabilmente
i suoi cambieranno idea un'altra volta e non se ne farà
più niente come al solito. Ormai ho smesso di credere alle
sue improvvise e definitive partenze, è successo
così tante volte che mi sembra di vivere dentro un disco
rotto, bloccato sulla stessa stupida frase per l'eternità.
Speriamo bene, comunque, mi spiacerebbe perderlo proprio ora
che stiamo diventando così vicini e così uniti.
E' un bravo ragazzo, mi mancherebbe.
5 maggio 2003 - Primo giorno senza Alex
Alex se n'è andato davvero. Mi sembra di non aver
più lacrime da piangere, è da ieri mattina che
non esco dalla mia camera e non parlo con nessuno, nemmeno al telefono.
Alex è passato a salutarmi prima di partire ma non ho avuto
la forza di guardarlo dritto negli occhi e così l'ho
cacciato via, da brava stupida che sono. L'ho guardato andarsene
mestamente e scomparire dietro l'angolo, con un groppo alla gola e gli
occhi umidi, ma non sono riuscita a muovermi e ad andare a fermarlo per
dargli l'ultimo abbraccio o supplicarlo di restare solo per un altro
giorno. Dio, quanto sono cretina. Se penso che non lo vedrò
più mi viene seriamente voglia di farla finita e certe volte
vorrei davvero trovare il coraggio di farlo, così non
soffrirei così tanto per la sua partenza. Dio, Gaskarth,
perché mi hai abbandonata così presto? Mi manchi
tantissimo. Torna presto, ti prego. Non so più cosa fare, ho
perso ogni interesse nel vivere qui, vorrei solo partire e seguirti nel
tuo viaggio senza fine, come se fossi la tua ombra o la tua anima.
Cavolo, quanto mi manchi. Vorrei che tu fossi qui con me,
così ti potrei stringere a me e dirti tutto quello che avrei
dovuto confessarti tempo fa, come quando tua cugina si è
strappata il vestito il giorno della festa del paese ed
è stata costretta a rinunciare a ballare con te. Gliel'ho
rotto io quel dannato abitino azzurro; non l'ho mai sopportata e mai la
sopporterò, quell'ochetta viziata e senza cervello che pensa
di possederti come si possiede un giocattolino senza sentimenti o
identità. Ma ti giuro, la sopporterei per mille e mille anni
ancora se solo tu potessi tornare per un altro singolo giorno e
passarlo tutto con me, senza nessun altro tra i piedi. Dio, Alex, mi
manchi così tanto, non credo di aver mai pianto
così tanto in tutta la mia vita. Torna presto, Gas, o non so
cosa ne sarà della mia sanità mentale.."
"Woah"
mormorò Jack, finendo di leggere.
"Avevi una spasimante, Alex?" domandò, voltandosi verso di
me. Non sapevo come o cosa rispondergli, ero completamente pietrificato
da quelle parole. Sapevo che una di scuola aveva una cotta per me ma..
Insomma, non ci avevo neanche quasi mai parlato, figurati se avesse
potuto conoscere mia cugina fino al punto di odiarla. No, aspetta, mia
cugina la conoscevano e odiavano tutti in paese, sarebbe stato
plausibile che fosse lei, ma mi sembrava così strano,
così assurdo, soprattutto che avesse lasciato il diario a
casa mia. Voglio dire, sapeva dove vivevo, come tutti gli altri, ma non
credevo ci fosse mai entrata, soprattutto dopo la mia partenza. Era
surreale, assurdo.
"Bhe, sì" ammisi, dopo un sospiro profondo.
"Ma questo modo di parlare non è il suo, e soprattutto, non
sarebbe mai riuscita a entrare a casa mia"
"E perché?" chiese, aggrottando le sopracciglia.
"Era troppo timida, e poi non conosceva la mia famiglia abbastanza bene
da poter entrare qui dentro e lasciare qualcosa così in
bella vista senza che qualcuno gliela restituisse o le facesse domande. Questo diario non
può assolutamente essere suo"
"E allora di chi..?" riprovò il chitarrista, lanciando
un'occhiata al quadernetto fiorito.
"E' proprio questo che voglio scoprire" annuii.
"E arriveremo fino in fondo a questa storia, tant'è vero che
non mi chiamo Rick"
Jack annuì e mi guardò con orgoglio, sorridendo
fino a mostrandomi leggermente i denti.
"Così si parla, Lex!" esclamò, dandomi una pacca
sulla spalla.
"Allora, hai qualche potenziale indiziato?"
"Ancora no ma ne avrò presto qualcuno, o almeno credo"
"Posso azzardare un'ipotesi?"
"Spara pure" acconsentii. Jack era una persona perspicace, anche se il
suo aspetto da cazzone superficiale perennemente pronto a scherzare non lo lasciava intravedere molto.
"Secondo me è una persona che ti è vicina. Nel
senso, non qualcuno con cui hai parlato poco, ma qualcuno con cui eri
amico e a cui hai fatto qualcosa di buono per migliorare la vita, e che
quindi è rimasto molto legato a te, al punto dall'aspettarti quando te ne sei andato"
"La lista non si restringe molto, mi amavano tutti qui"
"Sì, ma sappiamo anche che quella che scrive è
una ragazza e che l'hai salutata prima di partire per la grande
città. Sicuro che questo non ti suggerisca assicuramente
niente?"
"No, ho salutato tutti, pure quelli che mi stavano sul cazzo, per non
fare torti a nessuno"
"Certo che sei proprio una persona sociale e complicata, Gaskarth"
esclamò.
"Che ci vuoi fare, è la vita" sospirai ironicamente, alzando
le spalle.
"Pensaci bene, avevi qualche amica che si comportava in modo
particolarmente premuroso con te?"
"Bhe, tante a dir la verità, ma quelle con cui ero
più legato erano Gwen, Skye e Nichole"
"Perfetto, è già un miglioramento. Vuol dire che
domani andremo al municipio e ci faremo dare i loro indirizzi e numeri
di telefono, così risolveremo la cosa in un quattr'e
quattr'otto e potrai tornare a dormire tranquillo senza preoccuparti di nient'altro"
"Sei poco preparato 'nsomma, eh Jack?" risi.
"E' che l'ho visto fare così tante volte alla televisione
che è una cosa che saprei fare a occhi chiusi ormai" si
giustificò lui candidamente, alzando le mani e scrollando le
spalle. Gli diedi un buffetto sul braccio e lui sorrise, con uno dei suoi sorrisi dolci e che non muoiono mai.
"Allora domani metto la sveglia presto, ok?"
"Okay. Grazie mille, amico"
"Di niente, capo. E ora, se non ti dispiace, preparerei il letto, visto
che di sopra non ci dormo manco se mi pagano" annunciò,
prima di agguantare una coperta e aprirla per bene, facendomi spostare
dal divano per stenderla. Gli passai i cuscini e lui li
sistemò uno accanto all'altro, coprendoli poi con un'altra
copertaa.
"Mi spiace, ma staremo un po' stretti" mi avvertì, girandosi
verso di me.
"Fa niente, ci sono abituato" sorrisi. E poi non mi dava fastidio
stringermi a lui la notte, il suo calore sulla pelle era sempre
piacevole, anche in estate, e poi era un sacco carino quando dormiva,
come ci si aspetterebbe giustamente da uno puccio come lui.
Sì, insomma, 'ci toccò' rimanere appiccicati fin
quando la sveglia suonò, otto o nove ore più
tardi. Per Jack non fu un problema, sembrò addormentarsi
dopo pochi minuti, ma io rimasi sveglio a pensare.
Non era la prima volta che qualcuna soffriva a causa mia, ma in genere
a dirmelo erano sempre le sue amiche, lei stessa o i suoi comportamenti
e il suo aspetto, ma leggere delle pene di qualcuno attraverso un
diario era una cosa completamente nuova per me, tanto più
che non sapevo niente della scrittrice. Volevo sapere chi era che aveva
sofferto così tanto e perché mi aveva permesso di
trovare un oggetto così importante dopo tutti quegli anni,
ma allo stesso tempo avevo paura di imbattermi in qualcosa di troppo
grande e rancoroso per me, e che non sarei riuscito ad affrontarlo con
la giusta decisione. Certo, ci sarebbe stato Jack al mio fianco e lui
non mi avrebbe mai abbandonato o permesso di cadere, ma se non fosse
stato abbastanza e lo stress mi avesse conquistato e fatto soccombere?
Se quel qualcuno ora ce l'avesse a morte con me e volesse farmi
succedere qualcosa di brutto oppure, ancora peggio, se avesse voluto
far soffrire Jack al posto mio? Sarebbe stata una vendetta migliore,
senza ombra di dubbio, perché avrei sofferto molto di
più e mi sarei sentito la merda più merda del
pianeta, per non aver saputo proteggere degnamente il mio migliore
amico e averlo esposto troppo a causa della mia dannata
curiosità.
Mi girai verso di lui e lo guardai respirare per qualche secondo,
tranquillo.
Gli volevo troppo bene per tollerare che gli succedesse qualcosa,
quindi decisi che avremmo indagato discretamente e che non sarebbe
più stato lui, il generale, ad andare in prima linea ma io,
il soldato semplice. Non doveva accadergli niente, non a causa mia.
Doveva solo essere felice, sempre e comunque. Posai la testa
sul suo petto e la sentii ondeggiare prima verso l'alto poi verso il
basso, con movimenti costanti e rilassati, e mi sentii immediatamente
meglio. Aveva un petto magro e riuscivo chiaramente a sentire le ossa
sotto la sua pelle, ma ormai ci avevo fatto l'abitudine vedendolo senza
maglietta sul palco. Eppure mangiava, eccome se mangiava! Aveva un
metabolismo da paura, dovevo ammetterlo, e certe volte glielo invidiavo
pure, anche se avevo paura che un giorno questa sua magrezza me
l'avrebbe portato via prematuramente. Per la serie, pensieri allegri a
gogo. Comunque rimasi alzato a lungo dopo che il ragazzo si era
addormentato, a farmi domande sul diario, su come procedere e sul cosa
avrei detto alle ragazze. Dopotutto erano passati anni dall'ultima
volta che le avevo viste e Gwen era stata la mia più grande
cotta fin dai tempi della materna, quindi mi avrebbe messo di sicuro in
soggezione; contando anche che non ci eravamo più scritti,
chiamati o chessò io. Ero lentamente scomparso dalle loro
vite e loro dalla mia, anche se ogni tanto le pensavo; e nel farmi
nuovi amici mi sentivo sempre un po' in colpa nei loro confronti,
immaginandomele qui, sole, a pensare e ad aspettare un mio ritorno che
non sarebbe arrivato mai. In effetti, facevo bene ad avere i sensi di
colpa, ma non avevo mai potuto far niente per tornare indietro e la mia
famiglia non aveva più voluto vedere questo posto, anche se
aveva continuato a pagarne regolarmente l'affitto. Ogni anno era un
"dai, andiamo al mare", ma poi non lo facevamo mai e finivamo in
montagna, invece, giusto per il gusto di buttar soldi inutili per una
camera d'albergo e lezioni di sci a cui non partecipavamo mai in ogni
caso. Ora, invece, avevo finalmente potuto far ritorno alla mia terra
d'origine e una parte di me non la finiva di gioire e ringraziarmi per
questa scelta, anche se era stata più casuale che altro.
L'unica vera scelta che avevo fatto era stato il portarmi dietro Jack e
nessun altro, e fin'ora si era dimostrata la cosa migliore degli ultimi
tempi. Da quando avevo rotto con la mia ragazza lui era sempre stato
lì per me, in ogni momento, pronto a farmi ridere o sentir
bene con anche solo una parola. Era un ragazzo d'oro, ammettiamolo, e
quella che l'avrebbe sposato sarebbe stata una donna davvero fortunata,
sotto ogni punto di vista. Sorrisi, mi appoggiai meglio a lui e chiusi
gli occhi, facendomi cullare dal suo respiro. Era caldo, sembrava quasi
scottare, ma probabilmente era solo una mia impressione visto che mi
sudava tremendamente la mano. Me ne fregai altamente e rimasi
lì accanto a lui, mentre il ritmo dei suoi respiri si faceva
sempre più lontano e il mondo dei sogni sempre
più vicino e ammaliante.
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