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Autore: Pwhore    30/05/2012    2 recensioni
Jack e Alex partono per una vacanza in una vecchia casa della famiglia Gaskarth e pian piano diventano sempre più affiatati, finché un vecchio ricordo non salta fuori dal cassetto e comincia a cambiare le carte in tavola per tutti.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"1 maggio 2003,
Oggi Alex mi ha detto che partirà presto e che non tornerà più. Non è la prima volta che me lo dice, ma molto probabilmente i suoi cambieranno idea un'altra volta e non se ne farà più niente come al solito. Ormai ho smesso di credere alle sue improvvise e definitive partenze, è successo così tante volte che mi sembra di vivere dentro un disco rotto, bloccato sulla stessa stupida frase per l'eternità. Speriamo bene, comunque, mi spiacerebbe perderlo proprio ora che stiamo diventando così vicini e così uniti. E' un bravo ragazzo, mi mancherebbe.

5 maggio 2003 - Primo giorno senza Alex
Alex se n'è andato davvero. Mi sembra di non aver più lacrime da piangere, è da ieri mattina che non esco dalla mia camera e non parlo con nessuno, nemmeno al telefono. Alex è passato a salutarmi prima di partire ma non ho avuto la forza di guardarlo dritto negli occhi e così l'ho cacciato via, da brava stupida che sono. L'ho guardato andarsene mestamente e scomparire dietro l'angolo, con un groppo alla gola e gli occhi umidi, ma non sono riuscita a muovermi e ad andare a fermarlo per dargli l'ultimo abbraccio o supplicarlo di restare solo per un altro giorno. Dio, quanto sono cretina. Se penso che non lo vedrò più mi viene seriamente voglia di farla finita e certe volte vorrei davvero trovare il coraggio di farlo, così non soffrirei così tanto per la sua partenza. Dio, Gaskarth, perché mi hai abbandonata così presto? Mi manchi tantissimo. Torna presto, ti prego. Non so più cosa fare, ho perso ogni interesse nel vivere qui, vorrei solo partire e seguirti nel tuo viaggio senza fine, come se fossi la tua ombra o la tua anima. Cavolo, quanto mi manchi. Vorrei che tu fossi qui con me, così ti potrei stringere a me e dirti tutto quello che avrei dovuto confessarti tempo fa, come quando tua cugina si è strappata il vestito il giorno della festa del paese ed è stata costretta a rinunciare a ballare con te. Gliel'ho rotto io quel dannato abitino azzurro; non l'ho mai sopportata e mai la sopporterò, quell'ochetta viziata e senza cervello che pensa di possederti come si possiede un giocattolino senza sentimenti o identità. Ma ti giuro, la sopporterei per mille e mille anni ancora se solo tu potessi tornare per un altro singolo giorno e passarlo tutto con me, senza nessun altro tra i piedi. Dio, Alex, mi manchi così tanto, non credo di aver mai pianto così tanto in tutta la mia vita. Torna presto, Gas, o non so cosa ne sarà della mia sanità mentale.."

"Woah" mormorò Jack, finendo di leggere.
"Avevi una spasimante, Alex?" domandò, voltandosi verso di me. Non sapevo come o cosa rispondergli, ero completamente pietrificato da quelle parole. Sapevo che una di scuola aveva una cotta per me ma.. Insomma, non ci avevo neanche quasi mai parlato, figurati se avesse potuto conoscere mia cugina fino al punto di odiarla. No, aspetta, mia cugina la conoscevano e odiavano tutti in paese, sarebbe stato plausibile che fosse lei, ma mi sembrava così strano, così assurdo, soprattutto che avesse lasciato il diario a casa mia. Voglio dire, sapeva dove vivevo, come tutti gli altri, ma non credevo ci fosse mai entrata, soprattutto dopo la mia partenza. Era surreale, assurdo.
"Bhe, sì" ammisi, dopo un sospiro profondo.
"Ma questo modo di parlare non è il suo, e soprattutto, non sarebbe mai riuscita a entrare a casa mia"
"E perché?" chiese, aggrottando le sopracciglia.
"Era troppo timida, e poi non conosceva la mia famiglia abbastanza bene da poter entrare qui dentro e lasciare qualcosa così in bella vista senza che qualcuno gliela restituisse o le facesse domande. Questo diario non può assolutamente essere suo"
"E allora di chi..?" riprovò il chitarrista, lanciando un'occhiata al quadernetto fiorito.
"E' proprio questo che voglio scoprire" annuii.
"E arriveremo fino in fondo a questa storia, tant'è vero che non mi chiamo Rick"
Jack annuì e mi guardò con orgoglio, sorridendo fino a mostrandomi leggermente i denti.
"Così si parla, Lex!" esclamò, dandomi una pacca sulla spalla.
"Allora, hai qualche potenziale indiziato?"
"Ancora no ma ne avrò presto qualcuno, o almeno credo"
"Posso azzardare un'ipotesi?"
"Spara pure" acconsentii. Jack era una persona perspicace, anche se il suo aspetto da cazzone superficiale perennemente pronto a scherzare non lo lasciava intravedere molto.
"Secondo me è una persona che ti è vicina. Nel senso, non qualcuno con cui hai parlato poco, ma qualcuno con cui eri amico e a cui hai fatto qualcosa di buono per migliorare la vita, e che quindi è rimasto molto legato a te, al punto dall'aspettarti quando te ne sei andato"
"La lista non si restringe molto, mi amavano tutti qui"
"Sì, ma sappiamo anche che quella che scrive è una ragazza e che l'hai salutata prima di partire per la grande città. Sicuro che questo non ti suggerisca assicuramente niente?"
"No, ho salutato tutti, pure quelli che mi stavano sul cazzo, per non fare torti a nessuno"
"Certo che sei proprio una persona sociale e complicata, Gaskarth" esclamò.
"Che ci vuoi fare, è la vita" sospirai ironicamente, alzando le spalle.
"Pensaci bene, avevi qualche amica che si comportava in modo particolarmente premuroso con te?"
"Bhe, tante a dir la verità, ma quelle con cui ero più legato erano Gwen, Skye e Nichole"
"Perfetto, è già un miglioramento. Vuol dire che domani andremo al municipio e ci faremo dare i loro indirizzi e numeri di telefono, così risolveremo la cosa in un quattr'e quattr'otto e potrai tornare a dormire tranquillo senza preoccuparti di nient'altro"
"Sei poco preparato 'nsomma, eh Jack?" risi.
"E' che l'ho visto fare così tante volte alla televisione che è una cosa che saprei fare a occhi chiusi ormai" si giustificò lui candidamente, alzando le mani e scrollando le spalle. Gli diedi un buffetto sul braccio e lui sorrise, con uno dei suoi sorrisi dolci e che non muoiono mai.
"Allora domani metto la sveglia presto, ok?"
"Okay. Grazie mille, amico" 
"Di niente, capo. E ora, se non ti dispiace, preparerei il letto, visto che di sopra non ci dormo manco se mi pagano" annunciò, prima di agguantare una coperta e aprirla per bene, facendomi spostare dal divano per stenderla. Gli passai i cuscini e lui li sistemò uno accanto all'altro, coprendoli poi con un'altra copertaa.
"Mi spiace, ma staremo un po' stretti" mi avvertì, girandosi verso di me.
"Fa niente, ci sono abituato" sorrisi. E poi non mi dava fastidio stringermi a lui la notte, il suo calore sulla pelle era sempre piacevole, anche in estate, e poi era un sacco carino quando dormiva, come ci si aspetterebbe giustamente da uno puccio come lui. Sì, insomma, 'ci toccò' rimanere appiccicati fin quando la sveglia suonò, otto o nove ore più tardi. Per Jack non fu un problema, sembrò addormentarsi dopo pochi minuti, ma io rimasi sveglio a pensare.
Non era la prima volta che qualcuna soffriva a causa mia, ma in genere a dirmelo erano sempre le sue amiche, lei stessa o i suoi comportamenti e il suo aspetto, ma leggere delle pene di qualcuno attraverso un diario era una cosa completamente nuova per me, tanto più che non sapevo niente della scrittrice. Volevo sapere chi era che aveva sofferto così tanto e perché mi aveva permesso di trovare un oggetto così importante dopo tutti quegli anni, ma allo stesso tempo avevo paura di imbattermi in qualcosa di troppo grande e rancoroso per me, e che non sarei riuscito ad affrontarlo con la giusta decisione. Certo, ci sarebbe stato Jack al mio fianco e lui non mi avrebbe mai abbandonato o permesso di cadere, ma se non fosse stato abbastanza e lo stress mi avesse conquistato e fatto soccombere? Se quel qualcuno ora ce l'avesse a morte con me e volesse farmi succedere qualcosa di brutto oppure, ancora peggio, se avesse voluto far soffrire Jack al posto mio? Sarebbe stata una vendetta migliore, senza ombra di dubbio, perché avrei sofferto molto di più e mi sarei sentito la merda più merda del pianeta, per non aver saputo proteggere degnamente il mio migliore amico e averlo esposto troppo a causa della mia dannata curiosità.
Mi girai verso di lui e lo guardai respirare per qualche secondo, tranquillo.
Gli volevo troppo bene per tollerare che gli succedesse qualcosa, quindi decisi che avremmo indagato discretamente e che non sarebbe più stato lui, il generale, ad andare in prima linea ma io, il soldato semplice. Non doveva accadergli niente, non a causa mia. Doveva solo essere felice, sempre e comunque. Posai la testa sul suo petto e la sentii ondeggiare prima verso l'alto poi verso il basso, con movimenti costanti e rilassati, e mi sentii immediatamente meglio. Aveva un petto magro e riuscivo chiaramente a sentire le ossa sotto la sua pelle, ma ormai ci avevo fatto l'abitudine vedendolo senza maglietta sul palco. Eppure mangiava, eccome se mangiava! Aveva un metabolismo da paura, dovevo ammetterlo, e certe volte glielo invidiavo pure, anche se avevo paura che un giorno questa sua magrezza me l'avrebbe portato via prematuramente. Per la serie, pensieri allegri a gogo. Comunque rimasi alzato a lungo dopo che il ragazzo si era addormentato, a farmi domande sul diario, su come procedere e sul cosa avrei detto alle ragazze. Dopotutto erano passati anni dall'ultima volta che le avevo viste e Gwen era stata la mia più grande cotta fin dai tempi della materna, quindi mi avrebbe messo di sicuro in soggezione; contando anche che non ci eravamo più scritti, chiamati o chessò io. Ero lentamente scomparso dalle loro vite e loro dalla mia, anche se ogni tanto le pensavo; e nel farmi nuovi amici mi sentivo sempre un po' in colpa nei loro confronti, immaginandomele qui, sole, a pensare e ad aspettare un mio ritorno che non sarebbe arrivato mai. In effetti, facevo bene ad avere i sensi di colpa, ma non avevo mai potuto far niente per tornare indietro e la mia famiglia non aveva più voluto vedere questo posto, anche se aveva continuato a pagarne regolarmente l'affitto. Ogni anno era un "dai, andiamo al mare", ma poi non lo facevamo mai e finivamo in montagna, invece, giusto per il gusto di buttar soldi inutili per una camera d'albergo e lezioni di sci a cui non partecipavamo mai in ogni caso. Ora, invece, avevo finalmente potuto far ritorno alla mia terra d'origine e una parte di me non la finiva di gioire e ringraziarmi per questa scelta, anche se era stata più casuale che altro. L'unica vera scelta che avevo fatto era stato il portarmi dietro Jack e nessun altro, e fin'ora si era dimostrata la cosa migliore degli ultimi tempi. Da quando avevo rotto con la mia ragazza lui era sempre stato lì per me, in ogni momento, pronto a farmi ridere o sentir bene con anche solo una parola. Era un ragazzo d'oro, ammettiamolo, e quella che l'avrebbe sposato sarebbe stata una donna davvero fortunata, sotto ogni punto di vista. Sorrisi, mi appoggiai meglio a lui e chiusi gli occhi, facendomi cullare dal suo respiro. Era caldo, sembrava quasi scottare, ma probabilmente era solo una mia impressione visto che mi sudava tremendamente la mano. Me ne fregai altamente e rimasi lì accanto a lui, mentre il ritmo dei suoi respiri si faceva sempre più lontano e il mondo dei sogni sempre più vicino e ammaliante.
   
 
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