- Capitolo 4.
Un nuovo nome
-
- Sherlock
Holmes camminava lentamente, ora che la strada era stata finalmente
sgombrata
dalla neve, Londra si era nuovamente animata. Quel giorno Watson lo
affiancava
nuovamente, la sua andatura era ancora lenta, ma comunque in grado di
sostenere
quello sforzo. I due camminavano vicini, molto più vicini
del solito, si poteva
pensare che fosse a causa del freddo ancora pungente, ma non era
così. In quei
giorni di malattia in cui Watson era stato costretto a letto, entrambi
avevano
avuto modo di parlare del caso e alla fine, una volta che il dottore
ebbe avuto
modo di leggere le lettere, decisero entrambi che era arrivato il
momento di
far visita al mittente.
- Il
numero 17 di Swan Walk era una piccola ma carina villetta, color
caramello.
Sherlock Holmes bussò alla spessa porta color mogano e pochi
istanti dopo la
porta fu aperta da un piccolo ometto calvo. I due si presentarono e
chiesero di
vedere il proprietario della casa e l'omino, dopo averli fatti entrare
con un
inchino, li accompagnò per il corridoio e su per le scale,
aprì una grande
porta a due ante e li invitò ad entrare in quella che
entrambi riconobbero
essere la biblioteca. Non era un luogo molto grande; davanti al camino
si
trovavano un piccolo divanetto e un paio di poltrone, era traboccante
di libri
e scaffali. Il padrone di casa se ne stava seduto in poltrona intento a
fissare
i nuovi arrivati con aria corrucciata. Quando si alzò per
salutarli Watson poté
osservarlo con attenzione; era un giovane uomo, alto, distinto, con un
ciuffo
ribelle di capelli castani che gli ricadeva mollemente sul volto e due
occhi
color smeraldo che sembravano essere in grado di perforare una parete.
Sherlock
Holmes si presentò, così fece il dottor Watson e,
dopo che anche il padrone di
casa si fu presentato come il Conte Simon Bristol tutti e tre si
sedettero
davanti al caminetto e il piccolo maggiordomo fu mandato a prendere
qualcosa da
bere.
- «Mi
spiace disturbarla signor Bristol, ma come forse lei sa pochi giorni fa
è stato
ritrovato il cadavere del signor Court e, dopo aver trovato alcune
lettere con
sopra il vostro nome, in casa della moglie di Court, io e il mio
collega
abbiamo ritenuto saggio venire a farle visita.»
- Qualcosa
di indescrivibile attraversò per un attimo lo sguardo del
signor Bristol,
qualcosa di simile al dolore e alla rabbia, ma si riprese prontamente.
- «Sì,
ditemi pure, avendo letto quelle lettere sapete fin troppo bene che
tipo di
relazione c'era tra me e il signor Court, non vedo motivo di mentirvi
arrivati
a questo punto.»
- Sherlock
Holmes sorrise unendo le punte delle mani e lasciandosi sprofondare
maggiormente nella poltrona.
- «Bene,
ammetto che il quadro già così, mi è
abbastanza chiaro, anche se mancano
diversi punti per completare il tutto. Da lei vorrei solo sapere poche
cose.
Lei è il signor Court vi siete conosciuti nell'Ottobre di
sei anni fa, giusto?»
- «Giustissimo.»
- «E
da allora la vostra relazione tra di voi è sempre stata la
medesima?»
- «Certamente.»
- «È
a conoscenza del fatto che Court tre anni fa si era sposato?»
- Watson
vide il volto del signorotto colorarsi di rosso, i brillanti occhi
verdi non
riuscirono più a celare la rabbia, tuttavia
continuò a mantenere un tono calmo
e pacato di voce.
- «Purtroppo
sì.»
- «Ovviamente
tra lei e la signora Court non è mai corso buon
sangue.»
- «Non
l'ho mai nemmeno incontrata.»
- «Quindi
immagino non sappia nulla di lei o della sua vita precedente prima di
venire a
vivere qui a Londra.»
- Bristol
si accigliò per un attimo.
- «No,
in verità qualcosa lo so. Lei e la madre ci tengono
affinché nessuno lo sappia
ma è giusto che voi lo sappiate. La Strendson ha un
fratello, un fratello matto
per giunta! Quando Jeremy la incontrò a Parigi lei le tenne
nascosta la cosa,
convinta che mai il suo segreto potesse essere scoperto in quanto il
fratello
era stato rinchiuso tempo prima in manicomio. Purtroppo lo sventurato
riuscì a
scappare e a ritrovare la sorella qui a Londra, questo accadde
all'incirca un
anno fa. Le andò a bussare a casa il folle, le disse di
assumersi le sue
responsabilità e di aiutarlo, proteggendolo e sfamandolo.
Ella a quel punto fu
costretta a raccontare tutto a Jeremy il quale perdonò
questa menzogna e si
dichiarò disposto ad aiutarlo, a patto che non si
presentasse mai più in casa
sua. I due tennero nascosto il ritorno del fratello alla madre di lei,
perché
ella l'avrebbe sicuramente rispedito in manicomio e alla Strendson
stava molto
a cuore la sorte del folle.»
- Il
detective annuì distrattamente, poi all'improvviso,
sollevò il suo sguardo su
Watson e fece qualcosa che stupì molto il dottore: gli
sorrise dolcemente.
- Il
maggiordomo rientrò nella biblioteca e posò sul
piccolo tavolino rettangolare
un vassoio d'argento con sopra tre bicchieri di cristallo e una
bottiglia
contenente del liquore.
- «Mi
tolga una curiosità,» riprese Holmes una volta che
il servo fu uscito «voi
siete ricco, immensamente ricco, dunque perché vivere in
maniera
così...ristretta?»
- Il
conte Bristol sorrise tristemente.
- «I
miei genitori morirono quando ero molto piccolo, mio padre era nobile,
mia
madre la sua serva. Si innamorarono e scapparono insieme, i genitori di
mio
padre non approvarono, ovviamente, così quando loro morirono
io fui affidato
alle cure dei miei nonni materni, vivevamo in campagna e lì
crebbi apprezzando
le piccole cose, sapendo quanto era difficile ottenerle. Quando, anche
i miei
nonni paterni morirono il titolo e tutta l'eredita passarono a me, che
ero e
sono l'unico erede vivente del casato Bristol.»
- Watson
strinse le mani, provava un'infinita pena per quel conte
così giovane eppure
così sfortunato, la vita era stata crudele e ingiusta con
lui.
- «La
ringrazio Conte per le sue parole.»
- Disse
Sherlock Holmes alzandosi dalla poltrona ed allungandosi sopra il
tavolino per stringere
la mano al giovane, che si sollevò e gliela strinse con
fermezza.
- «Grazie
a lei per quel che sta facendo.»
- Mormorò
lui, era evidente che stava trattenendo a stento le lacrime e Watson
odiò
profondamente chiunque fosse stato l'artefice di una tale sofferenza.
- Usciti
dalla casa i due si riavviarono verso Baker Street, entrambi immersi
nei propri
pensieri.
- «Che
destino orribile!»
- Sbottò
alla fine Watson incapace di trattenersi, Holmes lo guardò
con occhi carichi di
amarezza ed annuì.
- «Un
giovane così perbene ed educato, caro Watson ti mentirei se
dicessi che ho
sospettato per un solo secondo che lui fosse l'artefice dell'omicidio.
Sin da
quando ho scovato le lettere ho capito che il ragazzo sarebbe stato
un'ottima
fonte di informazioni, ma non ho mai pensato che lui potesse entrarci
qualcosa
e, ora che l'ho conosciuto, i miei pensieri sono assolutamente
confermati.
Ovviamente tu mi conosci, caro John, sai bene che io quando indago su
un caso
non do mai nulla per scontato, tutti sono sospettati, tutti. Questo ti
dovrebbe
far capire quanto quel ragazzo mi stia a cuore.»
- Watson
si fermò improvvisamente, il bastone da passeggio sollevato
a mezz'aria.
Sentiva la temperatura del suo corpo in aumento e, per un attimo,
temette fosse
la febbre che tornava, ma poi al calore si unì un'altra
spiacevole sensazione
alla bocca dello stomaco e capì. Aveva già
provato una sensazione simile, una
volta, in passato.
- Anche
Sherlock si fermò per guardarlo, un'espressione
interrogativa impressa in
volto.
- John
chinò il capo e iniziò a respirare lentamente,
cercando di far rallentare il
battito del suo cuore. Il detective si avvicinò di qualche
passo e provò ad
allungare la mano per toccarlo, ma Watson si ritrasse bruscamente e, il
più
velocemente possibile, entrò in un vicolo al lato della
strada e continuò a
camminare.
- «John?»
- Sentì
la voce di Sherlock dietro di lui ma non si fermò, sapeva
che se l'altro
l'avesse visto in quelle condizioni avrebbe riso di lui, era uno
sciocco, lo sapeva
benissimo, eppure....
- Le
lunghe dita di Holmes si chiusero delicatamente sul suo polso,
costringendolo a
fermarsi.
- «Lasciami.»
- Sibilò
tra i denti senza nemmeno voltarsi.
- «Oh
John non dirmi che...»
- Watson
si liberò dalla presa con uno strattone e si
voltò verso Sherlock.
- «Sì
è vero, sentirti parlare così del conte mi ha
fatto ingelosire, contento? Cielo,
non mi sentivo così male dal tuo incontro con la Adler! Lo
so che è stupido, ma
non ci posso fare nulla, e non osare ridere di me!»
- Il
detective inizialmente parve shockato dalla notizia ma si riprese
rapidamente e
regalò a John il più bel sorriso che gli avesse
mai fatto. Il dottore abbassò
lo sguardo, sentendo le proprie guance imporporarsi.
- «Oh,
John.»
- Mormorò
Sherlock Holmes circondandolo con le proprie braccia e stringendoselo
al petto.
- «Scusami,
non volevo farti ingelosire con le mie parole.»
- Poi,
chinandosi maggiormente sul suo orecchio, continuò.
- «Io
amo solo te.»
- John
si sentì male, la testa iniziò a ronzargli e
girargli allo stesso tempo, non
sentiva più il terreno sotto i piedi e la vista gli veniva
offuscata dalle
lacrime.
- Sherlock
rise staccandosi da lui per poterlo vedere in faccia, si
guardò velocemente
attorno poi, veloce, si chinò sulle labbra del dottore e vi
depositò un leggero
bacio.
- «E
ora vieni,»
- Disse,
porgendogli la mano.
- «Torniamo
a casa.»
- Watson, sorridendo,
lasciò che le lacrime sgorgassero per qualche secondo, poi
in fretta le asciugo
e si affrettò ad afferrare la mano che Holmes gli porgeva.
Eh sì, ho aggiornato! Chi l'avrebbe mai detto? ._. E con
questo capitolo abbiamo scoperto un nuovo personaggio. Ora, che
relazione c'era tra lui e Jeremy? Più ovvio dell'ovvio
.____. come sono banale!
Vorrei farvi notare che il nome del conte, cioè Simon
Bristol, non l'ho scelto a caso. È un mio tributo (se pur
pessimo) al mio primo amore in versione cartacea. Mi ricordo che alle
medie, per farci amare i libri, ogni mese ci mandavano uno alla volta
nella biblioteca che avevamo nella scuola e noi dovevamo sceglierci un
libro da leggere durante il mese...Io prendevo sempre il solito e ogni
mese me lo rileggevo. Quando finì le medie ero quasi tentata
di tenermelo e non restituirglielo più (e per poco non lo
feci).
*fine momento ricordi idioti*
Alla fine chissà perché mi è venuto
più smelenso di come l'avevo immaginato :/ mha,
sarà che in questo periodo soffro di carenza di
coccole....sarà perché mi piace vederli che si
comportano da piccioncini che tubano, MHA!
Comunque non temete, conto di far finire *questo strazio* tra un paio
di capitoli, se non addirittura nel prossimo, devo vedere come
organizzare le cose.
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