*canzone
presente nel testo “What lies beneath” dei Breaking
Benjamin.
-What
lies beneath-
“Dici
sul serio?”le chiese.
Alyssa
arrossì violentemente in volto, sentendo il calore divamparle
sulle gote e volgendo lo sguardo verso un punto alle spalle di Elle.
Il ragazzo restò seduto nella sua solita posizione sulla
poltrona di fronte a lei, con il braccio teso sopra il tavolino che
li divideva e stringendo tra le dita la testa della regina bianca.
Scrutò
con accurata premura il volto pallido della ragazza, rilevandone il
rossore malgrado il buio fitto che risiedeva nella stanza monitor
priva di luce.
“Lo
avevo detto che mi avresti preso in giro...” sbottò la
ragazza, stringendosi le braccia al petto e abbassando il viso, in
maniera che i suoi occhi si posassero sulle ginocchia tremanti. Non
riusciva a stare ferma, tamburellava con entrambi i piedi sul
pavimento e alzava e abbassava freneticamente una delle due
ginocchia. In realtà quel desiderio che considerava talmente
irrealizzabile da definirlo persino sogno, imbarazzava solamente lei
e non poco.
Perché
si sentiva masochista nell'aggrapparsi a qualcosa che faceva così
male.
Perché
si sentiva stupida nel sperare da una vita che si realizzasse.
Perché
sentiva ancora dentro di sé quella bambina che piangeva la
notte, perché non sapeva cosa fosse un abbraccio materno.
Quella bambina che chiamava la mamma attendendo che lei giungesse
accanto al suo letto ad asciugarle le lacrime.
Quella
mamma non era mai venuta però.
Elle
la guardò serio, senza pronunciare alcuna parola. Come se
sapesse che lei, nel silenzio, sarebbe riuscita ad affrontare la
paura costante che provava dentro, quella verso quel sogno che la
faceva sentire folle e stupida. “Io non ti sto prendendo in
giro.” disse poi, scuotendo lievemente la testa mentre
rimetteva al suo posto la regina, accanto al re ancora riverso sulla
scacchiera. “Dico solo che non capisco il motivo per cui sia
questo il tuo sogno. O meglio lo capisco, ovvio, ma non credo che tu
sia consapevole del vero motivo per cui hai questo sogno, secondo
me.”
Alyssa
sospirò, per un attimo il discorso che Elle le fece non fu
molto chiaro ma poi comprese.
Comprese
perché quegli occhi scuri stessero scavando in lei in quella
maniera, non per scoprire quella risposta ma bensì per
spingere lei a trovarla. Molto spesso la mente umana cela le vere
risposte che si cercano, nascondendole dietro nebbie di pensieri che
non permettevano di giungere all' unica, vera e semplice conclusione
di cui necessitiamo. Elle era un esperto nell'analizzare la mente
umana, e lei era un'esemplare così semplice che a lui non
risultava difficile studiarla e scoprirla.
Alyssa
alzò le spalle. “Penso che, prima di morire, merito un
perché.” disse con un filo di voce. “Perché
mi ha abbandonata, perché non mi ha amata...perché non
è potuta essere semplicemente la mia mamma.”
Elle
si soffermò sulle ultime tre parole, appurando nuovamente
l'aspetto infantile che la ragazza continuava sempre a possedere.
Perché, malgrado i suoi vent'anni suonati, Alyssa restava
sempre la bambina che non aveva sperimentato appieno un affetto di
cui nessuno dovrebbe essere privato.
Lei
voleva solo avere qualcuno che la proteggesse sempre, che fungesse da
scudo per la sua vulnerabilità.
“Vorresti
vederlo davvero realizzato questo sogno?” Elle riprese a
completare di mettere in ordine le pedine sulla scacchiera e lanciò
un'occhiata veloce verso la ragazza. Lei aveva finalmente trovato la
forza di alzare lo sguardo su di lui, lo guardò con evidente
stupore, come se sapesse che lui era già a conoscenza della
possibile risposta ma volesse solo vedere quanto lei riuscisse ad
affrontare, con sincerità, la questione.
Alyssa
si ritrovò a tentennare, ad alzare le spalle trattenendo il
respiro e, insieme ad esso, la risposta che sia lei che Elle
conoscevano ma che lei non voleva in alcun modo rivelare.
Poi
annuì. Con timidezza, con ingenuità, ma con forza allo
stesso tempo.
“Non
faccio sogni irrealizzabili..anche se quello di lavorare accanto a te
devo dire che è stato davvero il massimo dei miei sogni.”
Alyssa sorrise, rendendo più palpabile l'aspetto da bambina
che il suo viso delle volte assumeva. “Però incontrare
mia madre, guardarla in faccia e sapere...tutti i perché che
mi porto dietro da quando sono una mocciosa, penso che più che
un sogno sia una necessità.”
Elle
la guardò a lungo, ma non disse nulla.
Ciò
che vide negli occhi di Alyssa mentre pronunciava quelle parole gli
bastò come risposta.
E
quel sogno lui lo avrebbe realizzato, perché voleva vederla
sorridere per davvero e per la prima volta come mai aveva fatto
prima.
“Facciamo
un'altra partita.”propose. E pensò di lasciarla vincere.
*
* * *
All
in all
You're
not good
You
don't cry
Like
you should
Let
it go
If
you could
When
love dies in the end.
“Ti
somiglia parecchio.”
Allora
Alyssa si ricordò di non essere sola.
Ricordò
che la figura di sua madre non era l'unica cosa da guardare in quella
stanza e volse lo sguardo verso Matt accanto a sé. Si
trovavano nel piccolo cucinino della camera d'albergo in cui lui e
Mello risiedevano da giorni, il ragazzo stringeva tra le dita una
sigaretta accesa e lasciava cadere la cenere sul davanzale della
finestrella vicino a sé. Il vento invernale si faceva largo
dentro la stanza, muovendogli i capelli scuri e portando la scia di
fumo verso il volto di Alyssa. La ragazza la scacciò muovendo
la mano e tossendo.
“È
così evidente?” chiese.
In
effetti, Coraline era il suo ritratto sputato, almeno nell'aspetto
fisico: non era tanto più alta di lei, gli occhi erano dello
stesso colore e della stessa grandezza, con l'unica differenza che
quelli della donna erano circondati da delle piccole rughe dovute
all'età. Persino le labbra erano le stesse, grandi e rosse
come quelle di Alyssa. La più grande differenza era che
Coraline era la pura rappresentazione dell'eleganza e della
raffinatezza, Alyssa invece era tutt'altro: rude e mascolina. Proprio
come la definiva spesso Elle.
Perché
il suo ricordo era tornato così vivido quando quella donna era
riapparsa nella sua vita? Alyssa
trattenne a lungo il respiro, quando le sembrò di rivedere il
volto di Elle nella sua mente.
Matt
sospirò, si girò di spalle posando i gomiti sul
davanzale dietro sé e lanciando un'occhiata alla donna seduta
sul divano, con lo sguardo rivolto verso il televisore acceso su uno
dei soliti programmi pro-Kira.
Ogni
tanto muoveva la testa, lasciando ondulare i capelli a caschetto
accanto al viso mentre ascoltava con poco interesse la voce del
giornalista. Alyssa si morse il labbro nervosamente, desiderando con
tutta se stessa che quella donna potesse scomparire in quel
preciso istante.
“E
come ha fatto a trovarti?” chiese poi Matt, parlando a mezza
bocca per tenere le labbra strette in un angolo, sopra la sigaretta
ormai in procinto di terminare.
Alyssa
sospirò.“Il nostro piccolo ometto bianco pensa di aver
trovato il mio punto debole. Vuole proprio che mi tira fuori da
questa storia.” Schioccò la lingua e scosse la testa
ripensando a come Near fosse stato abile nel rintracciare sua madre,
nonostante quest'ultima usasse un nome fittizio da tempo ormai.
Proprio
come vi era riuscito Elle anni prima.
“Non
sa che, fino a quando non vedrò la testa di Kira su un piatto
d'argento, io non mi muovo di qui.” concluse la ragazza,
lanciando un'occhiata verso Matt che la osservava in silenzio,
soffiando nuvole di fumo. Alyssa tossì di nuovo e scacciò
quella nube grigiastra che le si schiantò sul viso.
Tacerono
poi entrambi, Matt non aveva più voglia di parlare e Alyssa
era troppo impegnata ad osservare sua madre, immobile e muta come una
statua perfetta. Si sentì pervadere da uno strano e familiare
senso che non era più solita conoscere e la cosa la
infastidiva non poco. Non poteva lasciarsi andare ad una sensazione
del genere, non poteva di nuovo sentirsi annegare nei ricordi,
non allora che aveva così poco spazio da dare alle
emozioni....
La
porta della loro stanza sbatté con violenza, segno che Mello
era appena rientrato.
Coraline
gli lanciò un'occhiata di sbieco, mentre lui la osservò
con fastidio, continuando a camminare per raggiungere i due nel
cucinino.
Alyssa
non si trattenne dallo alzare gli occhi al cielo, quando Mello
rivolse il suo sguardo duro e tagliente verso di lei. “Non
penserai davvero che faccia da babysitter a tua madre, vero?”
le domandò, indicando un punto dietro di sé e non
curandosi di abbassare la voce.
Coraline
ovviamente lo sentì, ma con assoluta eleganza fece finta di
nulla.
“Abbassa
la voce, simpaticone.” lo rimproverò Alyssa,
stringendosi le braccia al petto e guardandolo torva.
La
sua voce poi si ridusse ad un sussurro quasi impercettibile. “Non
mi fido di lei e non posso lasciarla sola a casa mia.”
“Ma
tu lo sai che qui stiamo lavorando oppure no?” Mello non si
trattenne nuovamente, ignorando i segni che la ragazza gli faceva per
pregarlo di abbassare i toni. Gesto che lui prese come
un'ottima scusante per fare tutto il contrario. Matt se ne tirò
fuori, gettò la sigaretta dalla finestra, la chiuse poi si
allontanò verso il salotto con aria disinteressata. Alyssa lo
seguì con lo sguardo, Mello non se ne curò e continuò
a fissare con rabbia il volto della ragazza. “Trovati un altro
posto dove scarrozzarla.” le disse poi.
“Io
penso che tu debba trovarti una ragazza, sei sempre nervoso.”
rispose ironica Alyssa, osservando con attenzione Matt che si buttava
a capofitto vicino a Coraline sul divano. I due si ignorarono
categoricamente. “Perché non provi con la bionda amica
di Near. Vi vedrei bene insieme.” Alzò le sopracciglia e
le sue labbra si allargarono in un sorriso sornione.
Mello
non mostrò alcun segno di divertimento. “Non sei
divertente.” le disse, scuotendo la testa.
Si
rese conto che la ragazza non aveva alcun interesse nell'affrontare
con serietà la questione, poiché troppo concentrata su
ciò che avrebbe fatto quella sera. Oppure sul contenere le
troppe emozioni che le stavano riaffiorando dentro, dopo l'incontro
con la madre.
Mello
non seppe dirlo, ma quando vide la ragazza cercare di superarlo, le
strinse con forza il braccio per impedirle di proseguire. Alyssa
rimase infastidita da quel gesto, guardò le dita di Mello
stringere con durezza sulla pelle e poi lo guardò negli occhi.
“Lasciami in pace...”
“Quindi
era davvero come credevo io...” Mello abbozzò un sorriso
provocatorio, appena vide quello di Alyssa spegnersi lentamente. La
ragazza capì subito di cosa lui stesse parlando, si morse il
labbro e lanciò un'occhiata a Coraline che, in quello stesso
frangente, si voltò verso di loro per osservarli. Il cuore
della ragazza sussultò nel petto. “Bretovic, il suo
sottoposto che hai fatto uccidere attraverso Nelson e il
quaderno...erano mafiosi che volevano la testa della tua mammina, non
ho ragione? Perciò hai fatto due più due e li hai fatti
uccidere per spianarti la strada verso la tua vendetta, proteggendo
così tua madre, giusto?” Mello la incalzò con le
sue domande, malgrado avesse già le risposte. Voleva solo
vedere fino a dove lei si sarebbe spinta con quella recita, quella
in cui lei era la donna senza scrupoli e senza vergogna disposta a
tutto pur di vendicarsi.
Quando,
in realtà, i suoi gesti ignobili nascevano da convinzioni che
potevano esser considerate positive.
Alyssa
non rispose, fissò la madre che guardava incuriosita Matt e
trattenne il fiato.
Di
nuovo quel flusso di emozioni. La ragazza ritrasse il braccio con
rudezza, lanciando un'occhiataccia verso Mello e tenendo le labbra
serrate. “Pensala come ti pare.” rispose solamente. “Tu
piuttosto stai tenendo d'occhio i due nuovi complici di Kira? E hai
un piano per incastrarlo prima che lo faccia Near, o no?”
“Non
fare l'autoritaria, quel ruolo non ti si addice né più
e né meno di quello della vedova nera che interpreti adesso.”
Mello la sfidò, portandosi una mano sul fianco mentre Alyssa
scuoteva la testa, divertita dalla battuta del ragazzo. “Comunque,
ho un piano in fase di elaborazione. Devo pensare solo se
coinvolgerti o meno, visto che mi sembra tu ti stia facendo di nuovo
prendere dai sentimentalismi...”
“Vai
all'inferno. Al piano prenderò parte anche io, che ti piaccia
o no.” Alyssa parlò con fermezza, il sorriso si spense
con estrema rapidità sul suo volto e puntò gli occhi in
direzione di Mello che non si lasciò intimidire.
La
vide prendere la sua giacca in pelle da una delle sedie attorno al
tavolo e portarsela sulle spalle.
Malgrado
dovesse andare a cena con Misa, non aveva indossato nulla di
particolare: un paio di jeans e una maglietta nera che copriva
completamente il tatuaggio. Quando lei si mosse verso la porta,
Coraline alzò velocemente lo sguardo nella sua direzione e la
ragazza fece finta di nulla.
Mello
la seguì. “Sei davvero sicura che questa rimpatriata con
la tua amica oca serva a qualcosa?” le domandò.
Alyssa
si girò verso lui, sistemandosi i capelli che erano rimasti
intrappolati sotto la giacca. “Non servirà a nulla.”
disse, passandosi poi ad aggiustarsi il tessuto sulle spalle. “Ma
se voglio continuare a fare il gioco “Non so che Kira sa che
io so.”, non potevo rinunciare ad una cenetta tra vecchie
amiche.”
Mello
scosse la testa, osservando il sorrisetto provocatore sulle labbra di
Alyssa. “Non preoccuparti biondo. Tornerò sobria.”
lo provocò poi.
“Delle
volte spero che tu crepa.” rispose il ragazzo, ricambiando
freddamente il suo sorriso divertito.
Alyssa
mise su un finto broncio. “Questa è la cosa più
carina che tu mi abbia mai detto.”
“Scusate..”
L'atmosfera
di solita tensione e provocazione che aleggiava su loro si dissolse,
quando una voce calda, carezzevole con un fortissimo accento russo
s'insinuò tra loro.
Alyssa
perse la sua espressione provocatoria, guardando alle spalle Mello e
quest'ultimo si voltò verso Coraline. La donna li guardava
quasi timidamente, stringendosi le braccia al maglione beige e
guardando dritto negli occhi sua figlia. Quest'ultima distolse lo
sguardo.
“Alyssa,
posso parlarti un attimo?” disse poi Coraline, parlando in
russo.
Mello
non comprese, lanciò un'occhiata seccata verso Alyssa che gli
stava suggerendo di allontanarsi con il suo semplice sguardo. “Quando
torni, te la porti a casa. Intesi?” gli disse con tono freddo e
autoritario.
Si
allontanò poi senza attendere una risposta, sapendo che in
ogni caso si sarebbe seguito il suo volere.
Alyssa
sospirò amareggiata, guardando le spalle del ragazzo farsi
sempre più lontane e desiderando, incredibilmente, che lui
fosse rimasto. Non riusciva a sopportare il fatto di restare di nuovo
sola con sua madre. Le due si guardarono a lungo, Coraline fece un
passo verso lei nel momento stesso in cui Alyssa strinse il pomello.
“Dove vai?”
“Non
sono affari tuoi.”
Calò
il silenzio. Alyssa non aveva mai fatto caso a quanto il suo tono
risultasse più concitato quando era arrabbiata e parlava in
russo. Rimase immobile con le spalle rivolte alla donna e sentendo il
respiro fermarsi in gola, umettandosi nervosamente le labbra e
accingendosi ad aprire la porta.
“Dovremmo
parlare prima o poi, lo sai?” chiese ancora Coraline.
“Beh
non ora, ho da fare.” Alyssa non volle più sentire
repliche, non sopportava più di sentire il peso dello sguardo
della donna sulle proprie spalle e di provare ancora quello
strano senso di appartenenza che non voleva affatto sentire.
Non
con quello che si era ripromessa di fare, non con ciò con cui
si era macchiata in passato.
“Ma
io...” Coraline azzardò un altro passo, ma Alyssa non
glielo permise.
Si
girò di scatto verso lei e la zittì con una semplice
occhiata. “Stai buona con quei due, ti terranno d'occhio.”
le disse, manco si rivolgesse ad una bambina. “Se vuoi fumarti
una sigaretta, chiedi a Matt. E stai lontana da Mello, lui morde.”
Detto
questo, si girò verso la porta e ne uscì.
Coraline
sobbalzò sul posto, quando la ragazza la richiuse con forza.
*
* * *
Un
gridolino acuto e fastidioso l'accolse.
Alyssa
non seppe come, ma riuscì a non portarsi le mani alle orecchie
per difendersi da quel suono molesto che tempo addietro era stato
quasi un incubo per lei.
Mantenne
così la sua compostezza, mentre Misa si dimenava battendo le
mani e sorridendole a più di trentadue denti. “Lysa-Lysa!”
esclamò gioiosamente.
A
differenza sua, la modella indossava un elegante abito nero che le
scopriva gran parte della schiena. I capelli biondi erano lisci sulle
spalle e il viso truccato in maniera a dir poco perfetta. Alyssa
trovò un secondo per sentire un colpo alla propria autostima.
Le
gettò le braccia al collo, sollevandosi in aria e gettandola
quasi a terra nell'impatto.
Alyssa
sorrise di fronte a quella dimostrazione di affetto, malgrado avesse
imposto a sé stessa di non rammentare l'amicizia che era corsa
tra loro. Tanto il loro era stato un rapporto fasullo, una delle
tante bugie a cui si era aggrappata anni prima, quando non avrebbe
mai creduto che gli attentatori alla loro felicità
fossero più vicini di quanto penasse. Mentre Misa ridacchiava
e parlava a vanvera, rimanendo aggrappata a lei, la ragazza posò
una mano sulla sua schiena nuda e riuscì a ricambiare
l'abbraccio unicamente con una pacca.
Una
bruciante sensazione di rabbia la pervase, incendiandole il petto per
poi salirle alla testa, annebbiando i suoi pensieri. Sentì
subito sopprimere quel senso di astio che nutriva nei confronti di
Misa, quando lei la guardò negli occhi con gioia e continuando
a battere le mani.
Misa
era succube di Light, era divenuta la sua marionetta pur di credersi
amata da lui ed era pronta ad eseguire qualsiasi compito lui le
rilasciasse, pur di vivere in quella menzogna. Quindi, non era lei
quella da odiare.
Alyssa
poi, d'altra parte, era così vittima di un amore perduto che
si sentiva vivere solo per poterlo vendicare. Poteva quindi dire che
entrambe, in un modo o nell'altro, erano vittime del demone
dell'amore.
Chiuse
gli occhi e annullò ogni pensiero, rendendosi conto che stava
quasi giustificando Misa e il suo operato.
Come
una sciocca. Come la vecchia Alyssa.
E
lei era lì solo per recitare.
“Oh
cielo.” Misa si mise a scrutarla con attenzione, cogliendola di
sorpresa con il suo improvviso cambio di tono. Lasciò scorrere
gli occhi sbarrati lungo il corpo di Alyssa, che restò
immobile senza capire cosa stesse succedendo. La bionda teneva la
bocca aperta a forma di “O” e continuò a fissare
ogni centimetro del suo corpo con attenzione. Sembrava non credere a
ciò che vedeva.
“Ma...sei
più magra di me! Prima eri una cicciona!” la ragazza
parlò con un pizzico di invidia, mentre Alyssa si trattenne
dal rivolgergli la prima cattiva parola del loro rincontro. Non era
mai stata grassa, nemmeno in passato, ma, per una modella come lei,
la taglia che Alyssa portava in passato poteva rasentare l'obesità.
La
mora serrò le labbra e alzò gli occhi al cielo. “Tu
invece sei sempre carina e gentile. E poco rumorosa sopratutto.”
le fece notare, riservandole un sorriso ironico.
Misa
rise e iniziò a battere le mani come una bambina. “Vieni,
entra.” le disse, aprendole la porta e facendole segno di
varcare la soglia.
Alyssa
entrò, sentendosi in leggero imbarazzo nel trovarsi nella tana
dell'assassino.
L'appartamento
era esattamente come lo si vedeva attraverso i monitor: perfetto. Una
vasta libreria occupava la parete sinistra della stanza, al centro vi
era un tappeto verde largo quanto il tavolo apparecchiato in mezzo
alla sala e i divani, dello stesso colore del tappeto, si trovavano a
pochi passi di distanza da loro, vicino all'enorme vetrata che si
affacciava sulla spettacolare vista della città e sul cielo
buio illuminato unicamente da qualche stella. Lasciò scorrere
poi lo sguardo attorno, chiedendosi dove Matt avesse potuto
nascondere le cimici e si accorse, con estremo piacere, che non le si
poteva notare da alcuna parte.
Quel
ragazzo era un genio.
Non
riuscì però a soffermarsi su nessun altro elemento
presente nell'appartamento, poiché la sua attenzione venne
completamente attirata dal tavolo su cui aveva pensato di cenare sola
con Misa.
Ma,
in realtà, quello era apparecchiato per tre persone.
Trattenne
a stento uno sospiro di puro fastidio, quando vide Light fare
capolino dalla piccola stanza che doveva essere la cucina. In mano
teneva una bottiglia di spumante e sulle labbra era disegnato un
fasullo sorriso di cortesia, a cui lei avrebbe tanto voluto
rispondere con un sonoro pugno sul naso.
“Light,
amore, hai visto che è venuta Lysa-Lysa!” Misa
continuava a saltellarle attorno, battendo le mani e puntando gli
occhi adoranti sul viso del ragazzo.
Light
si avvicinò a loro, sempre mantenendo quel sorriso sulle
labbra e i suoi occhi passarono subito ad Alyssa. A quest'ultima
parve di vedere il vero volto del ragazzo, di riuscire a scorgere i
tagli ai lati del viso, quelli da cui si poteva staccare via la
maschera che lo copriva, mostrando così al mondo la sua vera
natura. Capì perché aveva deciso anche lui di prendere
parte a quella cena, aveva colto la sfida che lei gli aveva lanciato
con il quaderno giorni prima.
Deglutì,
senza farsi vedere, e tenendo le mani affondate dentro le tasche
della giacca in pelle.
Odiò
con tutto il cuore sé stessa per non aver scoperto anni prima
quella maschera che ancora non riusciva a smettere di scrutare con
odio.
“Sono
felice che tu sia venuta, Alyssa.” Light tese la mano verso di
lei, per salutarla e la ragazza fu quasi tentata dal schiaffeggiarla.
Ma la recita doveva andare avanti e lei doveva fingere di apprezzare
quel finto sorriso che il ragazzo riusciva egregiamente a portare sul
volto. Allungò la mano lentamente e strinse quella di lui; la
mano del ragazzo era calda e le sue dita affusolate le circondarono
la pelle con decisione, ma senza troppa forza. I due continuarono a
sorridersi, malgrado i loro occhi, velati di inganno e menzogne,
sembravano dichiararsi silenziosamente guerra.
Misa
continuava a ridacchiare e ad emettere versi di gioia. “Su, su
basta con questi convenevoli e mangiamo!” esclamò,
prendendo Alyssa sotto braccio e conducendola verso il tavolo,
strappandola così dalla stretta di Light.
E
Alyssa accettò il fatto che avrebbe cenato con il suo peggior
nemico.
*
* * *
So
i'll find what lies beneath
Your
sick twisted smile
As
i lay underneath
Your
cold jaded eyed
Now
you turn the tide on me
'Cause
you're so unkind
I
will always be here
For
the rest of my life.
Light
doveva meritare un oscar per come stava mandando avanti quella cena
con quella finta grazia e cortesia.
Alyssa
pensò che si stesse davvero impegnando in quel ruolo,
mostrandosi gentile sia con lei e persino con Misa, che doveva aver
conosciuto ben poca gentilezza in quegli anni da chi aveva usato lei
e il suo amore.
“Vuoi
un po' di vino, Alyssa?” Light le mostrò la bottiglia
che teneva in mano, dopo averne versato un goccio ad un'esagitata
Misa.
La
ragazza alzò lo sguardo su di lui, seduto di fronte a sé.
Ignorò la voce della televisione alle sue spalle, accesa su un
telefilm poliziesco degli anni ottanta che nessuno stava guardando.
Osservò con attenzione il volto di Light e le sembrò di
scorgere il suo sorriso mutarsi in un ghigno di disprezzo.
Quella
domanda non era casuale, il ragazzo doveva aver fatto a casa i
compiti e aveva sicuramente scoperto il suo turbolento passato in
qualche maniera.
Posò
i gomiti sul tavolo e si protese verso lui, sorridendogli a sua
volta. “No grazie, non bevo.” disse.
Light
continuò a sorridere e a guardarla attentamente, sembrava
davvero le stesse lanciando una sfida attraverso quello sguardo. Misa
interruppe la linea invisibile di pura tensione che li stava legando
e allontanando dal mondo. Puntò i suoi occhi chiari su Alyssa,
sbattendo più volte le ciglia lunghe e piegò la testa
da un lato, tenendo però in una mano il calice. “Non è
che sei incinta, vero?” le domandò.
Alyssa
si voltò lentamente verso di lei, non credendo alle sue
parole.
Light
si lasciò sfuggire un'occhiataccia in direzione della
fidanzata e si portò il bicchiere alle labbra.
“No
Misa, non sono incinta.” rispose Alyssa sconvolta, chiedendosi
come fosse arrivata a quella conclusione.
La
bionda scoppiò a ridere, divertita dal modo in cui la ragazza
la stava guardando. Come ai vecchi tempi.
“Beh,
non può essere? Hai venticinque anni e dopo la morte di
Ryuzaki devi pur aver avuto altri...” si bloccò,
rendendosi conto di aver toccato un tasto ancora troppo delicato per
poter essere premuto.
L'espressione
sul viso di Alyssa mutò così lentamente, che lei si
rese conto solo troppo tardi che quel cambiamento non sarebbe potuto
sfuggire alla vista attenta di Light. Distolse lo sguardo da Misa e
lo volse verso lui, i suoi occhi erano diabolicamente puntati
sul volto di lei.
Alyssa
si morse il labbro e rimproverò se stessa per quel momento di
vulnerabilità. Misa si schiarì la voce, come per creare
una crepa in quel glaciale silenzio che li aveva avvolti, e bevve un
lunghissimo sorso del suo vino.
“Misa,
impara a stare zitta una volta tanto.” Light la rimproverò,
quasi il dolore che si era disegnato sul volto di Alyssa lo avesse in
qualche modo colpito. Bugiardo.
La
bionda, per tutta risposta, divenne rossa come un peperone e Alyssa
si sentì quasi di difenderla. “No, non fa niente.”
rispose, piegandosi ancora di più sul tavolo per potersi
sentire più vicina alla fiamma del nemico. “È
un lutto che sono riuscita a superare dopo tutto questo tempo, non mi
crea alcun problema...parlarne.”
Decise
di inserire quella tra le più grandi bugie che aveva detto nel
corso della sua vita. Il solo sentire il nome di Ryuzaki, Ryuga o di
tutti gli altri pseudonimi che lui aveva usato per coprire il
suo vero nome la faceva sentire troppo male.
Le
era sembrato di sentire una cascata di dolore ricaderle addosso,
quando Misa ebbe pronunciato il nome del ragazzo. “Tu piuttosto
Light? Come va dopo la morte di tuo padre?” gli domandò,
sentendo un brivido correrle dentro al ricordo del signor Yagami. Si
sentì anche un po' infima nel rivolgergli quella domanda, ma
non poteva nascondere il suo bisogno di giocare con il suo demone,
come lui stava facendo con lei.
Misa
guardò la finta espressione addolorata sul volto del ragazzo,
provò a far scivolare la mano verso quella di lui per dargli
conforto ma, appena le dita la sfiorarono, Light la ritrasse
lentamente, tenendo gli occhi fissi su Alyssa. La bionda fece finta
di nulla.
“Si va avanti.”
rispose il ragazzo. “Purtroppo il mio lavoro non mi consente di
piangere più del dovuto.”
Piangere.
Alyssa pensò che,
probabilmente, Light non lo aveva mai fatto per davvero nel corso
della sua vita.
Era
certa che lui non sapesse nemmeno il significato del dolore, della
voragine che si sente dentro quando si perde qualcuno che si ama. Non
aveva sofferto nemmeno per la morte del padre, per chi mai avrebbe
potuto sperimentare un sensazione così distruttiva allora?
Forse solo per sé stesso.
Alyssa
si sentì pervadere dalla rabbia e pensò di spingere
quel gioco un po'
oltre. Prese il calice pieno d'acqua di fronte al piatto vuoto e
mantenne lo sguardo fisso sul liquido che si muoveva all'interno.
“Soichiro Yagami era un brav'uomo, davvero. Avrei tanto voluto
che fosse stato lui a catturare Kira...” disse e si trattenne
dal ridere, quando vide l'espressione di Light farsi leggermente più
fredda. Leggermente colpito e affondato.
“Non
lo pensi anche tu Light? Tuo padre meritava di vedere la fine di
questo lungo caso e di vedere finalmente in faccia l'assassino che ha
cercato per tutto questo tempo...” disse ancora lei e si portò
di nuovo il bicchiere alla bocca, lasciando che il contenuto le
carezzasse le labbra.
Calò
un altro lungo e pesante silenzio, che sempre Misa decise di rompere,
prendendo il telecomando e cambiando canale sul televisore alle
spalle di Alyssa.
Gli
occhi di quest'ultima erano ancora fissi su quelli del suo assassino.
Light
annuì, ancora perso nel suo ruolo. “Beh, purtroppo Kira
non è l'unico demone da esorcizzare in questo mondo, visto che
mio padre è stato ucciso da altri..” disse, posando le
mani sulla tovaglia bianca e abbassando gli occhi. Non aveva bisogno
di guardare il suo obiettivo per assicurarsi che il colpo fosse
andato a segno, aveva già ben preso la mira poco prima.
Infatti,
Alyssa sentì il cuore sussultarle nel petto e abbassò
gli occhi sul bicchiere. Light conosceva troppo bene la vecchia parte
di lei, quella che aveva creduto nelle sue menzogne e quella che
aveva sempre pensato che non si potesse perdere tutto in così
pochi secondi.
Era
logico che sapesse premere su quel suo maledetto senso di
colpa.
“Vado
a preparare il resto della cena. Torno subito.” Light sorrise
cordialmente in direzione di Alyssa che, però, non riuscì
a mandare avanti la sua recita.
Si
limitò a seguirlo con lo sguardo, in assoluto silenzio, mentre
raggiungeva la cucina alla destra di lei.
La
ragazza strinse il pugno con forza, attorno al bicchiere, tanto che
quasi pensò di frantumarlo tra le dita.
Si
morse il labbro e trattenne la fiamma della rabbia che divampava in
lei, ripensando alle ultime parole che Light le aveva rivolto,
ovviamente indirizzate a lei e al suo senso di colpa.
“Che
odiosa sgualdrina!”
Alyssa
sussultò, ricordandosi di non essere sola con i suoi pensieri,
e volse lo sguardo verso Misa.
Lei
teneva gli occhi socchiusi, fissi sullo schermo del televisore dove
stava andando in onda il programma condotto da Kiyomi Takada, l'ex
compagna d'università di Light. Misa aveva mostrato segni di
nervosismo da quando aveva acceso su quel canale, mormorando insulti
nei confronti di quella ragazza tenendo i denti stretti.
Alyssa
riprese ad ignorarla, tenne nuovamente gli occhi puntati su Light
che, dalla cucina, continuava a darle le spalle. Aveva il capo
chinato su uno dei banconi sul muro e stava tagliando qualcosa che
avrebbe probabilmente servito come antipasto.
Kira
ai fornelli non si può vedere, pensò lei.
Si
portò il bicchiere pieno d'acqua alle labbra e allora si
decise a volgere lo sguardo verso Misa, ancora intenta a lanciare
insulti a vuoto mentre Takada parlava a nome di Kira e del suo
operato. Alyssa fu quasi tentata dal lanciare il telecomando contro
lo schermo.
“Tu
la trovi carina?” Le chiese Misa, ma non si voltò
nemmeno a guardarla.
Con
la mano, le indicò la bottiglia di spumante sul tovaglia
bianca, ormai ridotta a pochi sorsi, e Alyssa gliela passò.
“Tu sei più carina. Ma lei sarà sicuramente più
silenziosa.” rispose, posando nuovamente il bicchiere davanti
al piatto vuoto e continuando a lanciare occhiate verso Light, ancora
intento a giocare la parte del bravo uomo di casa.
La
bionda la guardò e nei suoi occhi qualcosa mutò, si
morse il labbro e abbassò gli occhi lucidi per il troppo
spumante. “Sul serio però volevo chiedertelo....Non hai
avuto altre relazioni dopo...” Non pronunciò il suo
nome, anche se quello fittizio, perché aveva appurato poco
prima cosa poteva scattare in Alyssa nel sentirlo.
Lo
sguardo della mora si perse nel vuoto quando le venne posta quella
domanda. Aveva sperato con tutto il cuore che non le venisse mai
rivolta alcuna questione riguardante Elle in quella cena, sopratutto
non due volte.
E
non da colei che aveva comunque preso parte all'assassinio di Elle
poi.
Alzò
lo sguardo su di lei e vide il volto di Misa preoccupato, come se
provasse empatia per il suo dolore passato ma mai finito. “Cambiamo
discorso.” rispose con un finto sorriso tranquillo sulle labbra
e allungando il braccio verso il calice pieno di acqua.
“Dev'essere
troppo difficile per te, Lysa.” Misa parlò con voce
profonda, malgrado dovesse avere la mente annebbiata dallo spumante
in cui si era affogata quella sera. La mano di Alyssa non raggiunse
mai il bicchiere, rimase sospesa tra lei e quell'oggetto in vetro
mentre il respiro le si bloccava in gola.
Gli
occhi si persero di nuovo nel vuoto, quando ricordi che aveva cercato
di relegare in un angolo del proprio cuore tornarono con violenza ad
invaderle la mente, aumentando così il battito del suo cuore.
La
mano si strinse in un pugno e Misa se ne accorse.
“Si
vede che lo ami ancora.” Misa si morse il labbro, quando vide
Alyssa voltare nuovamente lo sguardo verso di lei, girando il viso
nella sua direzione con una lentezza spettrale. “E...io ti
ammiro. Perché se dovesse succedere a me una cosa simile,
io..non ce la farei più a vivere. Mi toglierei la vita subito,
pur di non sopportare una perdita simile.”
Alyssa
sbatté le palpebre, colpita dall'animo con cui Misa le stava
rivolgendo quelle parole. C'era decisione nel suo sguardo e fermezza
nelle sue parole; si sarebbe davvero uccisa in caso Light fosse
morto.
E
lei, non seppe per quale assurdo motivo, ma non avrebbe mai voluto
che Misa compisse un gesto simile, sopratutto non per una persona a
cui non importava proprio nulla di lei e della sua vita.
Misa
abbassò gli occhi, come una bambina che aveva appena
confessato di aver combinato una marachella e Alyssa non smise mai di
guardarla. Dimenticò il motivo per cui era là,
dimenticò per un solo istante i suoi propositi di
vendetta e posò i gomiti sul tavolo, continuando a tenere lo
sguardo fisso sulla bionda.
“Sai..io
ci ho pensato, in realtà.”
Misa
alzò repentinamente lo sguardo su di lei, sbattendo più
volte le lunghe ciglia e non capendo. Doveva essersi persa nel suo
amore ossessivo per Light. “A cosa?”
“Al
suicidio.” Calò un profondo silenzio, rotto solo dalle
parole di Takada che si levarono nell'aria come se fossero fumo.
Abbassò gli occhi sulle sue dita intrecciate, provando
vergogna verso sé stessa nel confessare una debolezza del
genere e prese un lungo respiro. Si assicurò che Light fosse
ancora lontano da loro.
“Davvero?”
chiese Misa, anche se conosceva già la risposta.
Alyssa
non confermò, né negò. La risposta che la bionda
cercava era già nell'aria. “Ma sarebbe stato come
sputargli in faccia, no?” Tornò a guardarla e un
sorrisetto malinconico le si allargò sulle labbra. Ricordava
come Elle la pensava riguardo i suicidi, d'amore in particolar modo,
e per un attimo scoppiò a ridere d'imbarazzo per averci
seriamente pensato tempo prima. “La vita va avanti. Il mondo va
avanti. Tutti vanno avanti. E tu devi fare lo stesso, devi vivere per
coloro che non ci sono più. È il minimo che si possa
fare per mantenere vivo il loro ricordo.”
Si
arrestò improvvisamente, quando pensò che lei, per la
vendetta, aveva riempito la sua vita di errori.
Forse
quello non era stato il modo migliore per mantenere in vita lo
spirito di Elle e lei lo sapeva bene.
E
non riuscì nemmeno ad usare la storia della vendetta come
scusante a tutto ciò che aveva fatto.
Misa
non seppe cosa dire, rimase a fissare il volto duro della mora e
bevve un altro lungo sorso. Stava per dirle altro al riguardo, ma
Alyssa l'anticipò. “Tu devi vivere Misa.” le disse
in un sussurro, accertandosi di nuovo che Light fosse lontano. La
bionda la guardò senza capire e Alyssa tamburellò
nervosamente le dita sul tavolo, cercando la maniera migliore per
dirle ciò che voleva trasmettergli.
Ma
che le importava alla fine? Perché si preoccupava per Misa?
Avrebbe potuto lasciarla perdere, lasciare che continuasse a
dipendere dall'amore di qualcuno che la usava solamente e invece,
durante quella cena che doveva fungere ad altro, si ritrovò a
cercare di volerla far ragionare. In nome di cosa? Di una falsa
amicizia? “Qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa tu perda, tu
devi continuare a vivere. Non meriti che la tua vita venga segnata
dalle mani di altri e...non meriti di vivere un illusione. Dovresti
avere più amore per te stessa, perché non vali molto
più di quanto gli altri possano farti mai credere.”
Alyssa
fu certa che Misa non aveva capito molto del suo discorso. Aveva
cercato di sviare il vero fulcro del discorso più e più
volte, perché dirle chiaramente che non doveva amare quel
bastardo di Kira poteva risultare troppo pericoloso.
Misa
la guardò a lungo e parve mostrare stupore di fronte alle sue
parole.
Poi,
in un baleno, rise. Forse in preda all'alcool o forse perché
stava pensando che Alyssa fosse pazza.
“Dai,
non parliamo più di cose così tristi!” esclamò,
afferrò il telecomando vicino al gomito di Alyssa e cambiò
canale, accendendo su quello di musica. Alyssa chiuse un attimo gli
occhi, rendendosi conto che Misa, in realtà, non era stupida
da non capire: voleva semplicemente non accettare la realtà
dei fatti, perché quell'amore di carta che stava vivendo era
divenuto tutto ciò che la mandava avanti.
Alyssa
sospirò e indossò nuovamente la maschera fredda e
impassibile che aveva deciso di assumere in quella cena, pentendosi
di essersi preoccupata per Misa. “Vado ad aiutare Light.”
disse, con un sorrisetto forzato. Misa rispose con un cenno del capo
e lei si alzò in piedi con il bicchiere d'acqua in mano,
dirigendosi verso la cucina. Anche quella, malgrado fosse molto
piccola, era perfetta: le pareti erano bianche, i mobili erano in
legno di un color verde acqua, abbinato al resto dell'arredamento
della casa. In mezzo alla stanza vi era un tavolo in legno, su cui
erano posate diversi strumenti da cucina e alcuni piatti già
pronti.
Alyssa
si fermò sulla soglia, osservando quel cibo dall'aspetto
invitante ma sfornato dalle mani del diavolo.
“Non
pensavo sapessi cucinare.” disse, per attirare la sua
attenzione.
Light
alzò lo sguardo su di lei, asciugandosi la fronte con il palmo
della mano e sorridendole. I sorrisi finti erano la sua specialità,
riusciva a dispensarli con quella facilità per un'intera sera.
“Ci
sono tante cose che ho imparato a fare in questi anni.” disse,
tornando a concentrarsi sulla creazione di verdura che aveva di
fronte a sé.
Alyssa
si morse le labbra, posando la spalla destra sullo stipite della
porta e guardando la schiena del ragazzo. Si portò il
bicchiere alle labbra. “Certe cose però le hai nel
sangue...e non tutti le possono imparare.” disse, sempre con
quella punta di sfida che tanto le piacque usare nei confronti del
ragazzo.
Colpì
nel segno, quando lo vide arrestarsi per qualche istante e alzare la
testa. Rise silenziosamente, immaginandosi il volto di Light solcato
da rughe di espressione nate dalla rabbia. Ne gioì dentro la
sua mente.
Poi
si rese conto, che ci era andata giù troppo pesante con quella
frase.
“Parli
del ruolo...di secondo?” le chiese, asciugandosi le mani in un
panno e girandosi verso di lei.
Alyssa
fece spallucce, abbozzando un sorrisetto che avrebbe fatto scattare
anche il più pacato tra gli assassini. “Senza offesa, ma
sono cinque anni che brancolate nel buio e non avete ancora trovato
Kira. Lui era più vicino a scoprirlo di quanto
immaginate.” disse.
Ennesima
frecciatina di quella sera, si chiese se avrebbe mai visto Light
traballare almeno un pochino, ma seppe per certo che il suo sarebbe
rimasto un desiderio irrealizzabile.
Il
ragazzo era un bravissimo attore, sapeva mascherare tutto ciò
che provava e sostituirlo con altre emozioni che la situazione
richiedeva. Perciò non le avrebbe mai mostrato rabbia, se mai
ne avesse provata.
Light
abbozzò un sorriso, continuando a passare il panno sulle sue
mani umide. “Aly, lui è morto prima di riuscirci
purtroppo.” le disse, ma lo fece in una maniera che mandò
quasi in bestia la ragazza.
Sentì
il proprio volto tendersi in un espressione quasi furiosa, mentre
guardava quella luce di disprezzo accendersi negli occhi di Light. La
stava sfidando al suo stesso gioco, sapendo che l'emotività
della ragazza lo avrebbe fatto sicuramente vincere.
Alyssa
stava per rispondere che Elle era morto, solo perché più
persone avevano deciso di colpirlo alle spalle, usando poteri che non
si potevano affrontare sulla terra, sopratutto se lo si faceva nel
buio.
La
sua morte era stata segnata dalle mani di un vigliacco, che era
rimasto nascosto nell'ombra fino alla fine.
Preferì
portare il suo gioco verso un'altra direzione. “Vuoi una
mano?” gli chiese, indicando le varie posate che erano
sparpagliate sul tavolo.
Light
seguì la linea del suo sguardo. “Sei ospite, non devi
preoccuparti.” disse, scuotendo lentamente la testa.
“No,
no. Mi piace aiutare il prossimo.” Alyssa sorrise, lasciando il
bicchiere sopra il frigorifero sulla parete sinistra e avvicinandosi
al tavolo. Light abbozzò un altro sorriso, tornando a guardare
un punto sul lavandino nel momento stesso in cui Alyssa strinse il
manico di un coltellaccio da cucina.
Quando
le dita avvolsero la sua fredda plastica scura, sentì l'odio
crescerle dentro e diverse immagini si susseguirono nella sua mente.
Le
sarebbe tanto piaciuto, piantare quella lama nella schiena di Light e
ucciderlo in quello stesso istante.
Fece
un passo verso lui.
Immaginò
il sangue macchiargli la camicia bianca che indossava, si immaginò
le sue grida di dolore mentre strisciava a terra come un verme, dopo
essere stato colpito alle spalle in quel modo.
Fece
un altro passo e gli fu più vicina.
Immaginò
sé stessa sorridere, come lui doveva aver fatto alla morte di
Elle, mentre guardava il suo volto agonizzante e il corpo affogato in
una pozza di sangue. Avrebbe tanto voluto vedere i suoi occhi farsi
vitrei, sbarrati di fronte alla morte imminente, mentre cercava in
tutti i modi di combattere con la vita che gli stava scivolando via
dalle mani.
Un
altro passo, le spalle di Light furono davanti a lei, così
vicine da poterle colpire in quel preciso istante.
Allungò
la mano, alzando la lama e sentendo l'odio crescerle dentro sempre
più, assaporando il momento in cui quella avrebbe affondato
nella pelle del ragazzo.
La
lame fendette l'aria e Alyssa la fissò sprofondare in esso,
nel porta-coltelli in legno di accanto al braccio del ragazzo. Prese
un lungo respiro, resettando tutte le folli immagini che poco prima
avevano invaso la sua mente. “Avete tutti questi coltelli in
casa?” domandò, voltandosi verso il tavolo alle sue
spalle dove ve n'erano molti altri. Trovò allettante l'idea di
poco prima, quella di uccidere il ragazzo, cogliendolo di spalle.
Ma
poi lei sarebbe finita in galera a vita e Light magari sarebbe
passato anche per il martire della situazione.
No.
Preferiva attendere il momento
giusto, il momento in cui sarebbe stata la mano della giustizia a
fare il suo corso e non quello della sua personale vendetta. Inoltre,
pagare con quella morte così semplice sarebbe stato troppo
poco per punire Light di ciò che aveva fatto.
Il
ragazzo sorrise, voltandosi poi verso di lei e posando le mani sul
mobile alle sue spalle. Alyssa sentì i suoi occhi su di sé,
mentre raccoglieva in un palmo altri coltelli.
Cercò
di non mostrare segni di nervosismo, chiedendosi come sarebbe andato
avanti il loro gioco.
“Posso
farti una domanda, Aly?” chiese Light.
Alyssa
rimase con la schiena rivolta verso lui, aspettando che continuasse
il suo discorso.
Light
abbassò lo sguardo. “Come è possibile che
tu...non voglia vendetta? Hai perso tutto in una sola giornata e non
posso credere che tu non abbia nessunissima intenzione di trovare
Kira e fargliela pagare.” disse, con voce carica di
comprensione e afflizione, verso lo stato d'animo di una persona che
lui aveva fatto
soffrire in quella maniera. Alyssa non seppe dire cosa l'avesse
trattenuta dallo scoppiare in un impeto d'ira, ma ci riuscì
perfettamente, contando fino a dieci e sforzandosi di non lasciar
cadere la maschera con cui, tanto difficilmente, aveva coperto il suo
volto in quegli anni. Si morse il labbro, si girò verso lui e
alzò le spalle, ostentando una finta innocenza che ormai non
la riguardava più. “Beh, la vendetta non porta a nulla
di costruttivo, se non altro dolore e altra sofferenza.” disse,
stupendosi lei stessa di come fosse brava a mentire. “E poi, io
da sola non posso fermare Kira, no? Ci sono persone più adatte
di me.”
E
parlo di Mello e Near, non di te.
Calò
un profondo silenzio, Light ne assaporò ogni attimo quasi
stesse valutando con attenzione le parole di Alyssa. Aveva scoperto
la bugia celata in esse? Aveva certamente intuito che lei considerava
la sua vendetta logica in quel caso, perché a due innocenti
era stata strappata via la vita con l'inganno e quel qualcuno
che si rivestiva di giustizia,
quando era solo infamia, doveva pagare a caro prezzo la sofferenza
che aveva provocato.
Non
c'era niente di giusto nell'aver ucciso Elle e Wammy, ma lui era così
orgoglioso delle sue azioni che proprio non gliene importava. I due
si guardarono a lungo, intanto in lontananza Misa inveiva contro
un'altra giornalista che parlava di alta moda, definendola una totale
incompetente.
“Ora
sono io a farti una domanda, Light.” disse la ragazza,
avvicinandosi a lui.
Mantenne
comunque una debita distanza, come se avesse paura di bruciarsi
stando troppo vicina al suo nemico. Light alzò il mento,
apprestandosi ad ascoltare con vivo interesse ciò che la
ragazza stava per dirgli e
lei
si prese qualche istante prima di parlare, chiedendosi se era giusto
portare avanti quel gioco fino a tal punto. Ma tanto sapeva che lui
sospettava di lei e viceversa, il gioco poteva anche andare avanti
sotto mentite spoglie. “Perché secondo te Kira non mi ha
uccisa quel giorno?” gli domandò, ripensando a come lui
le aveva posto la domanda quando si erano rincontrati.
Alyssa
aveva pensato che Rem l'avesse risparmiata in qualche modo per
compassione, ma dubitava che lo shinigami aveva un cuore per un
essere umano che non fosse Misa. Light doveva aver messo in conto di
risparmiarla per qualche motivo a lei ignoto e che lei tanto avrebbe
voluto venire a scoprire prima di fargliela pagare cara. Light
abbassò lo sguardo pensieroso, malgrado fosse il primo ad
essere a conoscenza della verità. Si passò le dita
lungo il mento, poi si strinse le braccia al petto. “Sai, ci ho
pensato molto in questo tempo e sono arrivato a tre possibile
teorie.” disse, alzò lo sguardo su di lei.
Quando
i loro occhi entrarono in contatto, Alyssa provò una scarica
fredda attraversarle la schiena con forza e irruenza. Il cuore le
batté violentemente nel petto, mentre i pugni stretti vicino
alle gambe iniziarono a tremare.
Fino
a che punto sei disposto a mentire, Kira?
“Ho
pensato che forse quel dio della morte non ha fatto in tempo a
scrivere il tuo nome ed ucciderti, ma ne dubito...visto che è
riuscita a scrivere quelli di Ryuzaki e Watari in breve tempo.”
iniziò a dire Light, scuotendo la testa nel momento in cui
provò che la sua teoria era sbagliata.
Alyssa
ascoltò in silenzio, rimanendo immobile e rigida come una
statua di cera. Non si mosse nemmeno quando Light staccò la
schiena dal mobile alle sue spalle, per avvicinarsi poi a lei.
“Oppure, era Ryuzaki il vero nemico di Kira ed era interessato
unicamente ad uccidere lui e chi fosse stato in grado di aiutarlo. Tu
non eri il suo obbiettivo quindi.” disse ancora. Le ci mancò
poco, per chiudere gli occhi e avvertire quella bruciante ira
incendiarle il cervello. Riuscì a rimanere impassibile come
doveva essere, mentre Light si avvicinava a lei con passo lento e con
un'espressione seria sul viso.
Di
chi si mostra comprensivo, ma in realtà non vede l'ora di
ridersela sotto i baffi.
“O
ancora, un'altra ipotesi ma è la più azzardata e folle.
L'ho subito scartata.” Light si fermò a pochi centimetri
da lei e Alyssa fu costretta ad alzare la testa per poterlo guardare
in volto, quel volto di marmo talmente perfetto che riusciva a
nascondere fin troppo bene la mostruosità che vi era insita
sotto.
Light
tacque, di nuovo, come se nel silenzio volesse trovare l'arma giusta
per poterla colpire come solo lui era in grado di fare.
Alyssa
non ce la fece più a sopportare. “Quale?” domandò,
attendendo una risposta che sapeva avrebbe affondato nel suo cuore.
Perché Light era il perfido burattinaio che giocava con le
debolezze altrui per poter avere sempre in mano la vittoria e lei
sapeva metterle così bene in piazza i suoi sentimenti che lui
seppe usarli con estrema facilità.
Le
tecniche che Alyssa aveva usato in quegli anni per essere più
forte non le erano servite a granché.
“Magari
sei tu Kira.”
La
tensione nella stanza si fece più palpabile e Alyssa non seppe
cosa rispondere. Avvertì solo tutti i suoi pensieri spegnersi,
il cuore accelerare come impazzito i propri battiti, alimentato dal
fuoco dell'odio e della rabbia alla vista dell'assassino che buttava
le sue colpe su di lei. Il corpo tremò sotto i vestiti, spinto
quasi dalla voce dell'odio ad assalire e colpire il fulcro di tutti i
suoi dolori.
“Sei
l'unica sopravvissuta quel giorno e diciamo che, dal tuo passato, si
scaturisce tu abbia sofferto moltissimo per colpa di un assassino.
Hai sempre mostrato di essere in bilico tra la giustizia di Ryuzaki e
quella di Kira, magari perché era la tua.”
Come
la stava provocando. Voleva
vedere quanto fosse disposta a sostenere, quanto in là sarebbe
riuscita a mandare avanti la sua recita con calma e sangue freddo,
quanto fosse disposta ad attendere per mettere in atto la
sua vendetta. Alyssa ripensò a quando, poco prima, era stata
quasi tentata dal pugnalare Light alla schiena, come
lui aveva fatto con Elle. Pregustò di nuovo l'immagine di lui,
agonizzante e in fin di vita.
“Ma
poi...” Light parlò con più animo, un sorriso
divertito gli si disegnò sulle labbra e guardò Alyssa
come se volesse cancellare quell'espressione desolata dal suo volto.
Alla
ragazza parve mancare l'ossigeno, per quanto la rabbia ne stava
assorbendo per vivere in lei.
“Poi
ho pensato che tu amavi troppo Ryuzaki e che sei una persona troppo
buona per poterti macchiare di simili crimini. La mia era solo un
ipotesi assurda e che ho scartato prontamente, perché ti
conosco.” disse.
Ti
conosco? Oh sì, lui la
conosceva.
Conosceva
la ragazzina che si era fatta fregare da lui, che aveva creduto fosse
davvero innocente.
Ma,
in realtà, lui non conosceva più la ragazza che aveva
di fronte. Non per davvero almeno.
“Sai,
anche io ho pensato che tu potessi essere Kira.” Alyssa allargò
le labbra in un sorriso marcato dall'astio ma che assunse l'aspetto
di un'immagine provocatoria. Light alzò le sopracciglia,
fingendosi poco sorpreso da quella rivelazione. “Ma poi ho
pensato che tu fossi troppo giusto, leale e coraggioso per poter
uccidere Ryuzaki e Watari colpendoli in quel modo alle spalle. Kira è
troppo vigliacco e verme per essere te.”
Colpito
e affondato. Dubitava di essere
riuscita a smuovere un po' Light, dubitava di averlo fatto tremare di
rabbia come aveva fatto Elle quando lo aveva sfidato ad ucciderlo, la
prima volta che si “incontrarono”, oppure come era
riuscito a fare lui in quel momento con lei. Ma sapeva che Kira non
voleva essere giudicato in malo modo, perché lui si credeva
forte e giusto in un mondo di imperfetti e peccatori.
Qualcosa
in lui doveva essere stato colpito.
L'espressione
di Light restò impassibile, ma Alyssa notò qualcosa
spegnersi nei suoi occhi. Una vittoria certa.
Fece
spallucce e sorrise più ampiamente. “Siamo due idioti ad
esserci accusati a vicenda, non trovi?” gli chiese.
Light
non rispose subito e la guardò negli occhi con estrema
attenzione. Forse anche lui desiderò vederla morire in quel
momento, scrivere il suo nome sul quaderno e liberarsi dell'ennesimo
ostacolo che si era posto sulla sua strada. Invece sorrise. “Già,
che idioti che siamo....” disse solo.
Alyssa
preferì chiuderla in quel modo, tornando da Misa e riprendendo
la recita, perché sapeva di non riuscire più a
sopportare il peso della tensione che aleggiava su di loro.
Il
suo ruolo sarebbe stato presto smascherato, visto che lei non
ricordava più il suo copione.
“Aly?”
La
ragazza si fermò quando la voce di Light pronunciò il
suo nome, continuò a dargli le spalle e a guardare un punto
sul pavimento, sperando di non dover subire l'ennesima frecciatina da
lui. Non avrebbe resistito e sarebbe scoppiata. “Sì?”
Silenzio.
Light si prese, come al solito,
il suo tempo prima di formulare la propria frase, sapendo che in
quella maniera l'avrebbe colpita ancora più forte e con più
intensità. “Sai che mi piacevi anni fa?”
Alyssa
inarcò le sopracciglia incredula, si voltò verso di lui
e lo guardò con fare interrogativo. Doveva esserci qualcosa
sotto quella domanda, perché era assurdo che Light le ponesse
una questione talmente assurda. Doveva trattarsi di un'altra freccia,
pronta a scoccare quando meno lei se lo sarebbe aspettato e andandola
a colpire in un punto vitale. Estremamente vitale.
“Ah davvero? Non lo sapevo. E che ti piaceva di me?”
disse, ricordando poi il momento in cui lui l'aveva baciata per
dimostrarle che a qualcuno poteva
interessare.
Perché
non lo aveva preso a calci dove non batteva il sole quel giorno? Si
pentì di non averlo fatto.
Light
sorrise e Alyssa rabbrividì, sentendosi troppo vicina alla
vera natura del ragazzo, quella che le aveva tolto vita, anima e
respiro anni prima e che ora si stava mostrando a lei in tutta la sua
nuda perfidia.
Aveva
abbassato la maschera, per colpirla più a fondo, per farla
sanguinare sempre più.
“Perché
ti ho sempre sentita simile a me.” le
spiegò.
Il
colpo era partito. Alyssa arrivò
subito alla vera questione che si nascondeva dietro quelle parole:
lei non era poi tanto diversa
da lui, malgrado lo volesse consegnare alla giustizia.
Perché
aveva favorito la morte di Bretovic e di un suo sottoposto, credendo
di agire in nome della giustizia.
Perché
aveva coinvolto un'innocente nella sua intricata rete di vendetta,
causando così la morte di un uomo che meritava vivere.
Perché
anche lei aveva ucciso di
nuovo Elle, colpendolo alle spalle della giustizia.
La
mano si strinse sullo stipite della porta, si ricordò poi che
Light era lì e la stava attentamente guardando.
Si
era mostrata vulnerabile e lui, sotto quella finta espressione
rilassata, ne stava gioendo come non mai.
La
ragazza si mostrò tranquilla, malgrado dentro di lei mille
voci si accavallarono tra loro e mille e mille emozioni si diradarono
lungo le fibre del suo corpo, rendendolo completamente immobile e in
loro balia.
Non
seppe cosa rispondere, perciò abbozzò un sorriso
ironico. “Peccato che ti sbagli.” disse, sapendo di stare
mentendo. Si allontanò da lui, lasciando la stanza e
stringendo i pugni con forza.
Era
stanca di aspettare, Kira andava subito fermato.
*
* * *
Non
riusciva a smettere di guardare la neve, che con insistenza cadeva
fuori dalla finestra.
La
zona in cui Coraline abitava non era delle migliori: le strade erano
praticamente deserte e le mura delle case a schiera oltre quel vetro
erano state logorate dal freddo intenso e dalla neve che non doveva
mai dare tregua in inverno. In lontananza vi era un'enorme fabbrica
che emetteva una vasta nube di fumo nero, Alyssa la seguì con
lo sguardo mentre si levava verso il cielo, macchiandone il candore
con la sua oscurità.
“Tieni.”
Sobbalzò
e alzò rapidamente lo sguardo, destandosi dai suoi pensieri
appena Coraline la chiamò.
Erano
minuti che l'attendeva, restando seduta su quel tavolino vicino alla
finestra, ma si stupì lo stesso nel vederla tornare con una
tazza di latte caldo in mano. Le sorrideva radiosa, come se non si
trovasse di fronte alla bambina che aveva abbandonato anni prima, ma
nei suoi occhi verdi vi era comunque una punta di imbarazzo che non
sfuggì all'occhio attento della ragazza.
Non
sembrava cattiva come l'aveva dipinta...
Scosse
la testa, per scacciare quegli ultimi folli pensieri e prese la tazza
tra le mani. “Grazie.” le disse in russo, tornando a
guardare davanti a sé.
Coraline
le si sedette di fronte, con estrema eleganza nei movimenti e
puntando i suoi occhi smeraldo su di lei. Alyssa si sentì
avvampare, accorgendosi di non essere in grado di spiccicare parola
in sua presenza: nutriva troppo imbarazzo e troppa paura di
affrontare la sua figura.
Ma
doveva dire qualcosa, Elle aveva fatto tanto per trovarla anni prima
e sarebbe stato ingiusto non soddisfare il sogno che lui le aveva
fatto realizzare.
Deglutì,
mandando giù il groppo che aveva in gola e cercando di dare un
nome a quella sensazione che sembrava avvolgerle il cuore: una
stranissima emozione che non sentiva da tempo e che trovò
inverosimile provare per una persona che l'aveva abbandonata anni
prima e di cui non sapeva nulla, malgrado l'avesse messa al mondo.
Coraline
posò il mento sopra la mano e le sorrise. “Sei davvero
bellissima, sai?” le disse, lasciando scorrere i suoi occhi sul
volto pallido della ragazza. Lo trovò troppo smagrito e
riusciva a riconoscere un dolore troppo forte che lo aveva marcato,
ma preferì non dire nulla, vista la freddezza che Alyssa aveva
ripreso a mostrarle. La ragazza abbassò gli occhi, storcendo
la bocca e guardando la leggera scia di fumo che saliva verso l'alto,
accarezzandole il viso con dolcezza.
“Sono
qui solo perché una persona che non c'è più ha
voluto che io ti conoscessi. Non credere quindi che voglia cominciare
qualcosa con te.” La ragazza parlò con durezza, piegando
la testa da un lato e regalandole un'occhiata torva che però
non colpì Coraline.
Questa
rimase per un istante muta, poi scosse la testa. “Non potremmo
nemmeno volendo, quindi non preoccuparti.” rispose, tirandosi
indietro sulla sedia e guardandola tranquillamente.
Calò
un profondo silenzio, Alyssa sentì il cuore sussultarle nel
petto quando si rese conto che non avrebbe mai voluto sentire quella
risposta. Poi, nella mente, le balenò una domanda.
Perché
era lì allora?
Per
onorare la memoria di Elle accettando l'ultimo dono che le aveva
fatto?
In
realtà non era solo per quello, guardando il volto della madre
sentiva che non era solo per quello.
“Il
mio...desiderio...” iniziò a dire, non riuscendo a dare
così apertamente importanza alla figura di Coraline definendo
il loro incontro un sogno. “...era sapere perché tu mi
hai abbandonata. Poi sparirò dalla tua vita, come ho sempre
fatto.”
“Sei
venuta qui solo per questo?”Coraline non ci credette.
“Ti
ripeto che una persona troppo importante per me voleva che lo
facessi.” continuò a mentire Alyssa, lasciando la tazza
in un punto poco distante da sé sul tavolo e puntando gli
occhi spenti sul volto della madre.
Coraline
sospirò, si strinse le braccia al petto e posò lo
sguardo verso un punto dietro la ragazza, sul camino dove vi erano
posate diverse foto. Alyssa non se l'era fatte sfuggire quando era
entrata in quella casa e aveva scoperto, con poco stupore, che sua
madre si era rifatta un'altra vita con un altro uomo che non doveva
essere suo padre, dato che quest'ultimo era morto poco dopo la sua
nascita.
Ma
sembrava non aver concepito altri figli oltre lei. La cosa,
stranamente, la rincuorò.
“La
famiglia di tuo padre aveva contatti con un importante gruppo della
mafia russa.” iniziò a raccontare e l'inizio di quella
storia non stupì Alyssa, poiché già lo sapeva.
“Lui non ne era direttamente coinvolto, così come non lo
ero io. Ma quando tuo nonno divenne un pentito, siamo finiti pure noi
in mezzo alle vendette dei suoi avversari. Non sono tutt'ora al
sicuro, malgrado molti di questo gruppo siano finiti in galera o
sparsi in altri paesi lontani dalla Russia.”
Alyssa
la fissò in silenzio, attendendo il resto del racconto che,
però, giunse alla sua conclusione dentro la sua testa:
Coraline, o qualsiasi fosse stato il suo vero nome, l'aveva
abbandonata perché sapeva di non poterle dare un futuro. Lei,
invece, aveva sempre pensato il contrario perché solo quella
donna sembrava conoscere quella verità.
“Quindi,
volevi proteggermi?” le chiese e si domandò perché
volesse sentirsi dire una cosa simile.
Coraline
abbozzò un sorriso, divertita in parte dal modo in cui Alyssa
sembrava non poter credere a quella storia. “Per questo sei
stata cresciuta in un orfanotrofio così lontano da qui.”
disse. “Ma, in realtà, non ti ho abbandonata solo per
questo. Diciamo che, all'epoca, preferivo fare altre cose piuttosto
che occuparmi di una bambina. Avevo solo sedici anni, in fondo. E
occuparmi di te mi sembrava solo una scocciatura.”
Alyssa
restò interdetta da quelle parole, cercò in tutti i
modi di nascondere la voragine che aveva provato dentro di sé
sentendole ma dubitò di esserci riuscita.“Allora sei
davvero stronza come credevo, in parte.” Abbozzò un
sorriso provocatore, scuotendo la testa incredula e sentendosi poi
quasi soddisfatta nel aver scoperto che non aveva fatto propriamente
male a pensare che Coraline non fosse una santa.
Affilò
lo sguardo, posandolo su un punto sul pavimento, e chiedendosi perché
volesse credere in quel modo alla teoria peggiore. Trovò
subito la risposta, quando alzò nuovamente lo sguardo sulla
madre, incontrando i suoi occhi, il riflesso di quelli che possedeva
lei. Provò di nuovo quella strana sensazione, quella che
credeva di aver perso in tutto quel tempo e che non avrebbe mai
pensato di poter riprovare.
Coraline
abbassò gli occhi e si inumidì le labbra. “Ero
una ragazzaccia, Alyssa. E comunque era meglio così. Io non
ero la madre che volevi e non ti avrei mai dato la vita che
meritavi...come non posso dartela tutt'ora. Sono certa che la tua sia
nettamente migliore di quella che avresti mai potuto vivere con una
persona come me.” disse e alzò lo sguardo, ostentando
orgoglio, come se andasse fiera di averla lasciata sola per il
suo...cosa? Bene?
Alyssa
si sentì incendiare dalla rabbia; quella donna non sapeva che
vita lei aveva passato: aveva conosciuto la solitudine, la mancanza
di una famiglia, l'orrore che il mondo nascondeva nelle sue viscere
attraverso William...ma la vita l'aveva ripagata, donandole l'affetto
di Watari, l'amicizia di Elle e poi il suo amore.
Poi,
l'esistenza si era ricordata di averle dato troppo e si era ripresa
tutto in soli quaranta secondi.
E
lei era rimasta di nuovo sola.
Quindi
cosa poteva saperne quella donna della sua vita?
“Sappi
però che sono felice di averti incontrata, sono felice che
quella persona a cui tieni tanto mi abbia trovata...almeno mi sono
tolta un pensiero che mi porto dietro da un'intera vita.” disse
poi Coraline.
Alyssa
la guardò con rabbia, traducendo le sue parole come un modo
per liberarsi di lei e del senso di colpa che la sua vita doveva
averle, anche se poco, pesato sulle spalle.
“Quindi...ora
ti senti pulita solo perché mi hai rivelato la verità e
non perché non mi sei stata madre?” chiese
rabbiosamente, stringendo i pugni sul tavolo.
La
donna restò stupita dalla reazione della ragazza, così
in contrapposizione con la freddezza di poco prima. Giurò
anche che gli occhi di lei erano divenuti lucidi per via delle
lacrime, ma non poté dirlo con certezza poiché Alyssa
scattò in piedi. “Beh sappi che anche io mi sono tolta
un pensiero che mi porto dietro da un'intera vita: quello di essere
stata figlia di nessuno.” disse, indossando nuovamente la
pesante giacca e prendendo dal pavimento la borsa. “Ho
finalmente saputo la verità e posso finalmente andarmene. Mi
dispiace solo che lui abbia perso tempo a cercare una come te,
per colpa del mio stupido sentimentalismo!”
Si
voltò verso il corridoio che conduceva alla porta, sentendo le
lacrime salirle agli occhi e ignorando lo sguardo di sua madre e
quello di Elle che le sembrò di rivedere nella sua testa.
Chiuse
le palpebre, raggiungendo la porta, pregando la sua immagine di
abbandonarla e stringendo il pomello.
“Aspetta
Alyssa.” Coraline cercò di fermarla e la ragazza non si
lasciò sfuggire il tono di rammarico nella sua voce. Si
bloccò, dandole ancora le spalle e mordendosi le labbra con
forza, aspettando che il silenzio venisse riempito delle parole di
sua madre.
“Resta
ancora un po'. Devi essere stanca per il viaggio e...”
“No,
ho l'aereo tra un po' e non vedo perché debba rimanere qui.”
Alyssa rispose con tono duro, deciso, che non ammetteva repliche.
Aprì la porta velocemente e se la chiuse alle spalle,
sbattendola.
Coraline
sobbalzò sul posto e rimase sola.
*
* * *
Perché
era lì, in quel momento?
Maledetto
Light, l'aveva colpita così tanto.
Mantenne
gli occhi fissi verso il cielo buio. Spesse nuvole nere, più
scure della notte stessa, ne avevano ricoperto le stelle e la luna si
affacciava quasi timidamente attraverso quelle nubi.
Essere
in un cimitero, di notte, con quel tempo da lupi non era il massimo,
ma Alyssa non seppe nemmeno dire perché si trovasse là.
Aveva deciso di tornare da Mello dopo la cena, di incalzarlo ad
elaborare al più presto un piano per poter incastrare quel
bastardo di Kira e fargliela pagare una volta per tutte.
Era
furiosa per essere stata abbattuta in quella maniera.
Aveva
detto a sé stessa quelle parole, non dare retta alle
menzogne di Light e guarda avanti verso la vendetta.
E
guardando avanti non vedeva la vendetta, bensì la lapide in
onore di Elle. Una lapide a forma di croce, silenziosa e senza un
nome ma che solo Alyssa riusciva a leggere, marcato invisibile nella
pietra.
Si
morse il labbro, chiedendo a se stessa come mai i suoi piedi
l'avessero condotta là.
Perché
Light ha di nuovo vinto su di te, si
sentì rispondere dalla sua mente troppo stanca di essere messa
di nuovo da parte dalla voce del cuore.
E
Alyssa non seppe come replicare, perché non si poteva
contraddire la verità.
Light
l'aveva colpita, in ferite che lei stessa si era già procurata
da tempo e che non si sarebbero sanate con estrema facilità.
Sopratutto
se la vita non si degnava di smetterla a buttarvi sopra sale per
renderle più dolorose.
Deglutì,
guardando la lapide in silenzio e sentendosi pervadere da un profondo
ribrezzo che gettò su se stessa.
Era
vero che non era poi tanto diversa da Kira, viste le sue azioni.
Era
vero che Elle non sarebbe mai stato fiero di come lei si era ridotta
e di come agiva.
Era
vero che Elle non sarebbe mai tornato, nemmeno una volta vendicato.
Ed
era quella la cosa che ancora non riusciva ad accettare, malgrado
l'ovvietà dei fatti.
Per
questo si sentiva di nuovo morire, perché le sembrò di
aver riaperto gli occhi dopo troppo tempo e di aver trovato un nuovo
riflesso di se stessa che non conosceva. E che la spaventava.
“Per
favore.” Alyssa gettò la testa all'indietro, puntando
gli occhi verso il cielo, rivolgendosi ad esso, a Dio, o magari
proprio allo spirito di Elle. “Aiutami a trovare la forza per
non cadere di nuovo.”
“Quindi
è lui.”
Alyssa
sobbalzò quando sentì una voce alle sue spalle.
Coraline la guardava, rimanendo a pochi passi di distanza da lei e
con un sorriso caldo sulle labbra. La ragazza riusciva a scorgerlo
grazie alla luce del lampione che brillava diversi metri lontano da
loro. Il verso di un gufo rompeva ogni tanto il silenzio.
Alyssa
sospirò stancamente.
“Che diavolo ci
fai tu qui? Non puoi essere sfuggita da Mello.” le domandò
freddamente, tornando a voltarsi verso la lapide di Elle.
“I
tuoi...amici mi hanno lasciata uscire. Quello con la cicatrice mi
considera un po' di intralcio mi sa.” Coraline fece un passo
verso lei e la ragazza la sentì troppo vicina alla sua spalla.
Cercò di rammentare a sé stessa di prendere a calci
Mello una volta che sarebbe tutto finito, così ci avrebbe
pensato due volte prima di essere sempre così rompiscatole.
“Allora?
È lui?” continuò la donna.
“Lui
non è nessuno che tu possa nominare.” Alyssa si mostrò
dura, più di quanto volesse risultare e non degnò la
madre nemmeno di uno sguardo. Sapeva di sbagliare, sapeva che
mostrarsi così tagliente nei confronti di quella donna non
sarebbe servito a riparare il male che si stava portando dentro, ma
sentì di prendersela con il mondo intero per non farlo con se
stessa.
Come
al solito, si ritrovò a scegliere la via più facile per
combattere tutto quel dolore.
Coraline
non si fece scalfire da quelle parole, restò accanto alla
propria figlia e fissò la pietra levigata di quella croce, che
pesava con troppa gravità sulle spalle della giovane da troppo
tempo. “Anche la tomba di tuo padre non ha nome. Di sicuro,
anche nella morte, i nemici della sua famiglia avrebbero potuto
oltraggiarlo.” sussurrò.
Alyssa
non disse nulla, rimase con il respiro sospeso e continuò a
fissare lo spettro della morte che prendeva forma in quella lapide.
Volse poi lo sguardo verso sua madre, sul suo volto che sembrava
essere la maschera di un dolore che anche lei portava su di sé
da davvero troppo tempo, per un tempo così vasto che la sua
vita non riusciva più a sopportarlo.
Per
la prima volta, o forse per l'ennesima, rivide sé stessa in
lei, più di quanto avrebbe mai voluto.
E
quella familiare sensazione ritornò a farsi largo tra i
battiti del suo cuore, riportando a galla ricordi che sembrarono
graffiare dentro con il loro dolore.
“Perché
sei qui?” le chiese in un sussurro, dimenticandosi tutte le
parole che vi erano state poco prima nell'aria. Coraline la guardò
confusa, pensando che lei le stesse chiedendo il motivo per cui si
trovasse in quel cimitero, cosa che le aveva già spiegato poco
prima.
Poi
capì a cosa si stava riferendo sua figlia, le stava chiedendo
perché fosse lì in Giappone, insieme alla
figlia a cui aveva dato vita anni prima e a cui aveva rinunciato di
prendere parte per ben due volte, alla nascita e quando si erano
rincontrate anni prima.
Anche
se Near l'aveva contattata per colpire Alyssa e farla desistere dalla
sua vendetta, lei avrebbe comunque potuto rifiutarsi di incontrarla.
Alzò
le spalle, scuotendo la testa come se la risposta a quella domanda
fosse troppo semplice. “Perché ho sbagliato e me ne
rendo conto.” rispose solo, lasciando poi che il silenzio
pesasse di nuovo su loro.
“Ora?
Mi spiace ma è un po' tardi per capirlo.” Alyssa decise
di spegnere l'emozioni che stavano nascendo velocemente in lei,
mentre si trovava al cospetto di ben due persone che
risvegliavano in lei la vecchia Alyssa.
E
quel suo desiderio di....
“Ma
non è troppo tardi per voler bene, no?” Coraline si girò
completamente verso lei, sperando di incontrare così il suo
sguardo ma Alyssa continuò a privarla dell'immagine del suo
viso. “Io non giustifico ciò che hai fatto, ma so che
sei coinvolta nella morte di Bretovic e di uno dei suoi uomini. So
che lo hai ucciso perché sapevi fosse un pericolo per me e la
mia famiglia. Questo vuol dire che non mi odi poi così tanto
come vuoi farmi credere.”
Alyssa
non rispose, ma la guardò con la coda dell'occhio. Voleva
precisare che la morte di Bretovic, il capo del gruppo che era a capo
dei nemici della famiglia di suo padre, le era servito solo come
punto di partenza per lei e Mello. Lo aveva trovato in un paesino
sperduto dell'America e lo aveva indicato a Mello per permettergli al
ragazzo di mettere su un gruppo pronto a sostenerlo, consegnando loro
la testa di uno dei tanti famosi mafiosi che nemmeno Kira era
riuscito ad uccidere.
Ma
poi si rese conto che era una menzogna più grande di lei, la
morte di Bretovic era stato un punto di inizio per dare inizio alla
sua vendetta, ma anche perché aveva provato lo stesso il
desiderio di proteggere sua madre.
“E
ora che cosa vuoi allora? Portarmi a casa, coccolarmi e dirmi che mi
vuoi bene? Mi spiace, ma non voglio.” Alyssa la freddò
con un'occhiata.
“Non
sono qui per farti desistere dal tuo desiderio di avere giustizia, il
motivo è altro.”
“Quale?”
Alyssa si voltò rapidamente verso lei, con una rabbia nei
movimenti che fece quasi sobbalzare la donna. “Io non ho
bisogno di te. Non ti voglio qui. Voglio solo restare...”
“Sola?”
Alyssa
sussultò, quando le labbra della madre si mossero in quella
dolorosa parola. Era incredibile quanto poche lettere
potessero uccidere in quella maniera, come stava succedendo a lei in
quel preciso momento.
Sentì
le ginocchia molli, le lacrime pungerle gli occhi, combattendo con la
sua volontà di trattenerle, le labbra che tremavano un po' per
rabbia, un po' perché avrebbe potuto scoppiare davvero a
piangere se non fosse stata forte abbastanza da trattenere il dolore.
Coraline
scosse la testa, quando scorse le crepe nella maschera sul volto di
Alyssa farsi sempre più spesse ed evidenti. “Non capisci
perché mi stai odiando così tanto, più di quanto
facessi prima di incontrarmi?” le domandò. “È
perché io ti ricordo cosa significa non essere soli, avere
qualcuno su cui contare come facevi prima che coloro che amavi ti
venissero portati via!”
“Non
è vero. Tu per me non conti nulla.” Alyssa rispose,
sibilando parole a denti stretti.
Negava,
ma sapeva che quella era la maledetta verità.
Quando
aveva visto sua madre, malgrado nutrisse astio per i suoi confronti,
non aveva pensato due volte ad unire la sua vendetta a quella che
Coraline non aveva mai portato a termine contro chi le aveva portato
via l'uomo che amava. Bretovic era morto e lei era più al
sicuro.
Per
non parlare di come lei la faceva sentire: Alyssa trovò
finalmente il nome più giusto per definire le contrastanti
emozioni che provava quando era con sua madre.
Senso
di appartenenza. Famiglia.
Sentiva
di appartenerle, di non essere sola...proprio com'era quando Wammy e
Elle erano tutto per lei.
Lei
pensò però di non meritare quell'affetto, non dopo aver
finalmente preso coscienza di quanto poca umanità aveva ormai
in se stessa. E trovò orribile il fatto che Kira le avesse
fatto capire una cosa simile.
“Potremmo
ricominciare insieme una volta che sia tutto finito, Alyssa. Potremmo
buttarci dietro tutto il nostro dolore e dare un nuovo inizio alle
nostre vite. Insieme.” Coraline le posò le mani
sulle spalle, come per trasmetterle l'affetto che nutriva nei suoi
confronti. “Io posso salvarti.”
E
Alyssa non resistette, perché sapeva di non meritare più
una cosa simile, qualcuno che la sostenesse e che le dicesse
“Andrà tutto bene, Alyssa.”. Si era
macchiata di così tanti crimini, che sapeva di non meritarlo
più.
“Andrà
tutto bene, non sei sola.” Coraline pronunciò quelle
parole e le lacrime scorsero lungo le guance della ragazza. Alyssa
serrò le labbra con forza per non lasciarsi andare ai
singhiozzi quando la donna l'abbracciò.
Allora,
anche se aveva sbagliato tutto, meritava davvero che qualcuno le
desse una seconda possibilità? Mentre posava il mento sulla
spalla della madre e ascoltava il rumore delle sue lacrime scorrerle
sulla pelle, si rese conto che tutto ciò di cui aveva davvero
bisogno era qualcuno che non la lasciasse più sola.
Prima
era Wammy, era Elle e, sempre grazie a quest'ultimo, ora era sua
madre.
Dimenticò
di nuovo i suoi propositi di vendetta, quando sentì
riaffiorare in lei la vecchia Alyssa, quella che voleva solo contare
per qualcuno e che amava con tutto il cuore l'uomo dai capelli
bianchi che le aveva insegnato cosa significava famiglia e lo
strampalato ragazzo che le aveva insegnato cosa fossero l'amore e
l'amicizia. E allora non era più sola.
Ricambiò
l'abbraccio di sua madre e lanciò un'occhiata alla lapide di
Elle.
Era
sempre tutto grazie a lui.
E
mai come allora sentì che lei doveva ripagarlo con la
giustizia.
*
* * *
L'indomani
Mello fece presente a lei e Matt il suo piano.
Terminato
di parlare, lasciò l'indice puntato su una strada di Tokyo,
dove tutto avrebbe avuto fine ed inizio.
“Tutto
chiaro o devo rispiegare qualcosa?” domandò ai due,
tenendo lo sguardo fisso sopratutto su Alyssa.
Matt
non rispose, lanciò un'occhiata complice alla ragazza che
sembrava trattenere il fiato, mentre analizzava scrupolosamente il
magnifico piano di Mello. Lei annuì, deglutendo e sentendo
finalmente che la fine era vicina. “Tutto chiaro. È ora
che la vera giustizia riprenda il suo corso.” disse.
Kira
aveva i giorni contati.
Ciao
a tutti! :D
Perdonate
il ritardo con cui aggiorno, ma questo è un periodo molto
impegnato e inoltre, come provano i vostri sbadigli xD, il capitolo è
lungo quanto tutti i libri di Harry Potter e quindi ho dovuto
impiegarci più del dovuto. Spero veramente che vi sia
piaciuto, ci ho sudato 700 camicie per scriverlo e, sinceramente, lo
reputo ancora come....bleah -.-''
Comunque,
in questo capitolo non sono certa di aver fatto uscire come volevo la
fragilità di Alyssa, ho provato a farla emergere pian piano
nel corso dei tre capitoli che hanno seguito la morte di L ma in
questo capitolo è praticamente venuta fuori tutta. Non so se
il personaggio di Coraline possa piacere o meno per ora e so che il
suo ruolo potrebbe sembrare futile al momento, ma diverrà
chiaro nel corso degli ultimi capitoli. Il prossimo sarà il
penultimo, poi ci sarà quello finale e l'epilogo che chiuderà
la storia.
Passo
ai ringraziamenti: ringrazio tutti coloro che continuano a leggere
questa storia, sia chi lo fa in silenzio e sia chi recensisce. Ripeto
e ribadisco che molti commenti mi sono stati davvero utili per
mandarla avanti!
Ringrazio
anche coloro che l'hanno inserita tra le preferite/ricordate e
seguite. Grazie di cuore. ^^
Alla
prossima e vi auguro un buon proseguimento di settimana!
Ciao
ciao ^^
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