Stuck epilogo
Pairing:
Sebastian/Thad
Genere:
Sentimentale/Romantico/Generale/Introspettivo/Comemdia/Sovrannaturale
(?)
Rating: Verde
Avvertimenti:
Slash/Mini-Long/AU
Capitoli: 7/7
Note D’autore: Alla
fine.
Note di Betaggio:
L’intera storia è stata puntigliosamente betata
dalla straordinaria Vale a cui vanno tutti i miei ringraziamenti!
Solito ringraziamento a SereILU per essere l’autrice del
meraviglioso banner di questa storia!
38 recensioni, 20 preferite, 3
ricordate, 33 seguite,
Grazie…
Epilogo.
Sebastian lo stava osservando da una decina di minuti.
Era carino, notò, con i capelli castani che gli cadevano
spettinati sulla fronte e gli occhi che si illuminavano quando
sorrideva. Sembrava anche messo bene fisicamente, poi. O almeno,
così appariva dalla divisa dell’Accademia.
Aveva solo un piccolo, insignificante, fastidioso difetto. Stava
parlando con Thad Harwood.
Sebastian non aveva idea da quanto tempo andasse avanti quel simpatico
siparietto. Erano poggiati al bancone della caffetteria, ridacchiando e
conversando amabilmente del più e del meno. E il tipo gli
era troppo vicino. Troppo.
A guardarlo bene non era neanche così carino, poi. I suoi
capelli erano troppo poco scuri e i suoi tratti troppo marcati per
poter risultare interessanti. Anche se, c’è da
dire, Sebastian dubitata che accanto a Thad qualcun altro sarebbe
riuscito ad attirare la sua attenzione per più di
qualche minuto.
«Uh uh, qualcuno si sta godendo lo spettacolo.»
Sterling comparve al suo fianco senza che Sebastian potesse fare
qualcosa di concreto per impedirglielo.
«Lascialo stare, Jeff, non vedi che è sul punto di
esplodere?»
Altro lato, altra piaga.
«Signorine, vi pregherei di tenere i vostri nasi arcobalenosi
fuori dalle questioni che non vi riguardano.»
Il biondo ridacchiò, sinceramente divertito e Sebastian si
domandò quand’è che aveva permesso a
quei due di gravitargli così vicino.
Ah, già. Era accaduto più o meno nello stesso
istante in cui aveva permesso ad Harwood di entrare nella sua vita. E
nel suo letto.
A quanto pare quei tre erano un pacchetto completo. Doveva essere la
prima delle loro regolette da tredicenni amiche del cuore. Dove va una, vanno tutte.
Con gli opportuni limiti, ovviamente: Sebastian non aveva alcuna
intenzione di fare entrare anche quei due nei suoi pantaloni.
«Stai per caricare?» Domandò Sterling.
«Ma figurati» obiettò Duvall,
«Sebastian Smythe è un signore, non si
abbasserebbe mai a scenate di gelosia così
plateali.»
«Quindi convieni con me che si tratti di bruciante e
corrosiva gelosia?» volle accertarsi l’altro,
fingendo di pensarci su.
«Mi sembra logico, mio esimio collega, i sintomi ci sono
tutti.»
Sebastian sbuffò, incrociando le braccia al petto, senza
staccare gli occhi di dosso a Thad e al suo inopportuno amico.
«Duvall, ti conviene tacere se non vuoi essere tu quello ad
avere tutti i sintomi. Di un trauma cranico, però.»
«Oh, siamo suscettibili! Nick, credo che tu abbia
ragione.»
Ed era incredibile, perché voleva a tutti i costi liberarsi
di quei due impiastri e fingere che la sua esistenza non fosse stata
così tanto sconvolta, ma sapeva di non poterlo fare.
A quanto pareva, quei due erano troppo importanti per Thad e Sebastian
voleva a tutti i costi evitare l’interminabile discussione
che avrebbe seguito il “Nick e Jeff sono i miei migliori
amici, che avevi per la testa?”. Si impose di non pensare al
fatto che recentemente cercasse di evitare qualsiasi tipo di
discussione con Thad, convenendo con sé stesso che sarebbe
stato decisamente meglio se le dinamiche con cui quel paio di occhi
scuri lo avevano scosso nel profondo fossero rimaste ignote.
Rimase un’altra manciata di secondi ad osservare Thad
parlottare con quel tipo, ignorando le chiacchiere concitate di
Sterling e Duvall e facendo violenza su sé stesso per non
partire in quarta e andare a spaccare la faccia a quel moscerino.
Quando però il tipo in questione si sporse in avanti per
sussurrargli qualcosa all’orecchio e Thad rise di rimando,
Sebastian sentì distintamente il sangue ribollirgli nelle
vene e il nodo al suo stomaco stringersi un po’ di
più.
«Chi cazzo è?» Sibilò fra i
denti, serrando il pugno e assottigliando gli occhi.
Percepì appena le risate scuotere il corpo di Jeff. Ci
avrebbe pensato dopo, adesso aveva un problema più
impellente da affrontare.
Sterling sembrava troppo impegnato a sbellicarsi dalle risate per
rispondere, così fu Duvall a parlare. «Si chiama
Alvaro, è del primo anno e credo sia tipo messicano o
qualcosa del genere.»
Un essere inutile, insomma. Bene, cosa ci trovava Thad di
così interessante?
«Oh, ci ho scambiato un paio di parole» intervenne
Jeff, «è un tipo a posto, pare sia un fenomeno a
giocare a scacchi e a suonare il violoncello.»
Sebastian si permise di rivolgere un’occhiata scettica ad
entrambi. «State scherzando?»
Quelli scossero il capo, interdetti, e Sebastian si affrettò
a spiegare. «Una persona sola non può essere così tanto
noiosa! È contro natura.»
Duvall scrollò le spalle. «Mah»
obiettò, «Thad sembra trovarlo piuttosto
interessante.»
Ed era vero. Stavano ancora parlando di chissà quale
argomento esaltante. Sebastian ingoiò il ringhio che gli era
salito alla gola e si allontanò dal muro al quale era
poggiato, intenzionato a porre fine a quella pagliacciata.
Era giunto il momento di combattere il fuoco con il fuoco. Dove con
“fuoco” intendeva “Thad
Harwood”.
Avanzò a grandi falcate, mentre il rumore delle loro
chiacchiere aumentava e la sua pazienza raggiungeva i minimi storici.
Quando fu sufficientemente vicino, si appoggiò con
nonchalance al legno scuro, dalla parte opposta rispetto a Thad,
piazzandosi in faccia la sua miglior espressione da flirt.
«Albert» esordì con voce volutamente
melliflua. Si chiamava
così, sì?
Quello si voltò sconcertato. «Emm,
Alvaro?» Lo corresse.
Sebastian ghignò. «Perdonami
l’errore» sorrise , guardando Thad negli occhi.
Quello sembrava essere leggermente a disagio e Sebastian se ne
compiacque enormemente.
«Non credo abbiamo avuto il piacere di
presentarci» proseguì, la voce provocante e lo
sguardo di nuovo sul suo interlocutore. Quest’ultimo scosse
il capo, non sicuro di ciò che stava accadendo.
Sebastian allungò una mano verso di lui.
«Sebastian Smythe» si presentò. Il tipo
la studiò titubante, prima di afferrarla e mormorare:
«Alvaro De La Torre.»
In tutto ciò, Thad fissava la scena ammutolito, alternando
lo sguardo dallo sconcerto di Alvaro al ghigno sul volto di Sebastian
che non prometteva nulla di buono.
«Allora, Alfred-» iniziò.
«Alvaro» lo interruppe quello.
«Sì, come ti pare» lo
assecondò Sebastian. «Cosa ti porta da queste
parti?»
E sì, con “queste parti” voleva dire
precisamente “così vicino a Thad, che non dovresti
neanche guardare, figuriamoci pensare di parlarci” e che
stava più o meno a significare “così
pericolosamente prossimo all’amputazione di arti e attributi
vari”.
Quello fece spallucce. «Prendevo un caffè con
Thad» lo informò con tranquillità e con
quel suo marcato e fastidioso accento spagnolo.
Bene, Arthur, risposta
sbagliata.
Sebastian represse a stento l’impulso di farlo testa e
bancone, per la sola colpa di aver osato pronunciare il suo nome come
se fosse giusto così.
«Questo» scandì, tornando a fissare
Thad, «lo vedo perfettamente» concluse con un
sorriso tirato.
«Vuoi unirti a noi, Sebastian?» Provò
Thad, incerto.
Sebastian piegò il capo di lato. «Mi pare di
averlo già fatto» gli fece notare.
Il tipo lì si rendeva conto appena di quello che stava
accadendo, continuava a sorseggiare il suo caffè come se
quella non fosse altro che una piacevole alternativa ad un noioso
pomeriggio di studio.
«Quindi» iniziò Sebastian con lascivia,
tornando a rivolgersi a lui, «ho sentito che con il tuo
cavallo fai magie.»
Quello lo fissò perplesso e, con la coda
dell’occhio, Sebastian riuscì a notare
l’imbarazzo di Harwood e le sue guance colorarsi di rosso.
Aveva iniziato lui, dopotutto.
Il tipo, comunque, annuì titubante e Sebastian
ghignò di rimando. «Potrei mostrarti cosa sono
capace di fare io con il mio alfiere» propose malizioso,
«pare che io sia piuttosto bravo.»
E nulla, o il messicano era un idiota, oppure era uno di quelli che
tendeva a vedere il buono in tutti, tant’è che
annuì compiaciuto ed entusiasta a quella proposta.
«Alvaro» proruppe Thad, la voce più alta
del normale e il viso sorprendentemente arrossato, «potresti
scusarci un attimo?»
E così dicendo, sì alzò,
afferrò Sebastian per un braccio e se lo trascinò
dietro, allontanandosi dal ragazzo che lo salutò con un
vivace «Ci vediamo dopo.»
Si fermarono qualche metro più in là. Thad
incrociò le braccia al petto, voltandosi verso un Sebastian
che, impassibile, si era accomodato sul bracciolo di un divano e lo
fissava in attesa.
«Che ti è saltato in mente?» Lo
apostrofò.
L’altro inarcò un sopracciglio. «Non ho
idea di cosa tu stia parlando.»
Thad distolse lo sguardo, passandosi una mano fra i capelli.
«Lo stai tipo circuendo? Cosa avevi intenzione di
fare?»
Sebastian si alzò in piedi, fronteggiandolo.
«Pensavo ti facesse piacere» iniziò,
«mi comportavo esattamente come te.»
Thad annuì, facendo schioccare la lingua. «Non
stavo flirtando con lui, Sebastian» gli fece notare.
«Stavamo solo parlando.»
L’altro ghignò di rimando. «Ti stai
scusando di qualcosa di cui non ti ho accusato.»
Thad sbuffò. «Non pensavo che la
nostra… relazione
fosse esclusiva» ribatté, piccato.
Sebastian sbatté le palpebre un paio di volte, colto alla
sprovvista da quell’affermazione.
Non pensava? Esclusiva? Relazione??
Ma a che gioco stava giocando?
Certo, Sebastian non era esattamente il tipo da passeggiate mano nella
mano e sdolcinatezze varie, ma gli sembrava di essersi esposto con Thad
più che con chiunque altro.
Possibile che questo non significasse nulla per lui?
Sebastian non riusciva a capire, era sicuro che Thad provasse qualcosa
per lui, dal momento che glielo aveva detto chiaramente, e lui ci aveva
messo settimane a scendere a patti con sé stesso e ad
accettare il modo strano in cui si sentiva quando Thad gli era vicino.
Perché adesso si tirava indietro?
D’accordo, non avevano mai parlato apertamente di alcun tipo
di relazione, né si erano mai lasciati andare a
pubbliche… manifestazioni d’affetto o cose del
genere, ma Sebastian non pensava davvero di dover essere più
esplicito di così.
«Credevo che il sesso di ieri pomeriggio»
ribatté, «e quello di ieri mattina, e quello
dell’altro ieri sera, e quello delle ultime settimane,
fossero un indizio piuttosto chiaro circa
l’esclusività della nostra relazione.»
«Quindi abbiamo una relazione?»
Volle accertarsi Thad.
«Me lo chiedi, così se dico di no potrai tornare
da Adrian?»
Thad roteò gli occhi. «Alvaro» lo
corresse.
«È un nome idiota, è normale che non me
lo ricordi.»
«Certo, come preferisci» lo assecondò.
«In ogni caso» iniziò Sebastian,
alzandosi in piedi e avvicinandosi a lui, «se Alvaro prova a
mettere di nuovo gli occhi su ciò che è mio,
proverà nuovi, fantasiosi, modi per utilizzare i pezzi degli
scacchi. Tutti e trentadue, una ad uno su per il-»
Ma ogni successivo turpiloquio fu messo a tacere dalle labbra di Thad
che si posarono velocemente su quelle di Sebastian.
E poco importava che fossero nella caffetteria dell’Accademia
e che vi fossero decine di studenti che li fissavano curiosi, o che con
ogni probabilità Sterling e Duvall si stavano dando il
cinque, festanti. Sebastian fece scivolare le mani sui fianchi di Thad,
attirandolo a sé e prendendo possesso di quella bocca che lo
faceva impazzire. Percepì l’intraprendenza di Thad
e, contemporaneamente, avvertì il bisogno di sentirlo di
più. Più vicino, più a fondo,
più suo.
Ed era strano perché Sebastian non vi era abituato.
Non era abituato a quella voglia di averlo sempre addosso, a quel
bisogno di cercarlo con lo sguardo, a quel fastidio procurato dalla sua
assenza. Non era abituato alla consapevolezza di saperlo lì
e di volerlo lì.
Thad si allontanò da lui, mordendosi un labbro e
distogliendo lo sguardo. Eppure sorrideva. Era venerdì e
Thad sorrideva e Sebastian pensò che, dopotutto, andava bene
così.
«Senti» esordì dopo un attimo,
«ti va di… boh, fare qualcosa?»
Sebastian inarcò un sopracciglio. «Tu ed io?
Insieme?»
Thad fece una smorfia. «No, ognuno per i fatti suoi e poi
stasera ci vediamo in camera e ci raccontiamo le rispettive
giornate.»
Sebastian sbuffò. «Quanto sei noiosamente
casalingo» commentò, avviandosi verso
l’uscita.
«Potrei sempre andare a giocare a scacchi con
Alvaro» propose Thad. «Lui era noioso quanto
me.»
Sebastian ridacchiò. «A me sembrava ti piacesse
abbastanza chiacchierare con lui» lo accusò
velatamente.
La risata di Thad si perse nel tiepido venticello primaverile, quando
attraversarono il portone della Dalton.
«In effetti, potrei tornare dentro da lui»
ragionò Thad, puntando il pollice dietro di sé.
«Non provocarmi, Harwood» ribatté
Sebastian. «Sai che sono di parola.»
Thad rise di gusto, salutando con la mano Nick e Jeff che si
avvicinavano. «Mi stai consigliando di stargli lontano per il suo bene?»
L’altro scrollò le spalle. «Uno ad
uno» ripeté.
The
End.
Noticine carine carine.
No, non sono pronta. Sembra ieri che ho iniziato a scriverla e non
riesco a credere che sono già giunta a postare
l’epilogo.
Avrei talmente tante cose da dire e persone da menzionare che non so da
dove iniziare perché l’unica cosa che mi viene da
dire è GRAZIE.
Grazie ad ognuno di voi, a chi ha seguito, a chi ha preferito, a chi ha
ricordato, a chi ha recensito e a chi ha letto silenziosamente. Grazie
a tutti coloro che hanno trovato il modo di farmi sapere cosa ne
pensavano, su Twitter o tramite messaggi privati e post in bacheca su
Facebook. Grazie a chi ha sopportato i miei scleri e mi ha sostenuta
fino alla fine di questo piccolo ma significativo viaggio.
Non mi aspettavo un feedback tanto positivo e vi assicuro che
l’entusiasmo e il calore con cui avete seguito me e la mia
storia sono stato il miglior stimolante possibile. Mille volte, grazie,
ad ognuno di voi.
Io sono felice, dico davvero. Eccezion fatta per la Seblaine Week, non
ho mai concluso nulla ed ora spuntare quella fantomatica casellina mi
riempie di soddisfazione e malinconia.
È stata dura, ma ce l’ho fatta!
Gestire Sebastian è stato allucinante, lo sapete. Ho cercato
di mantenerlo IC fino alla fine e ho provato a farmi rispettare in
tutti i modi che conoscevo: alla fine, le volte in cui ha fatto di
testa sua ci sono, ma spero di essere riuscita a concludere qualcosa di
soddisfacente da questo punto di vista.
Stuck mi mancherà da morire. È la mia bimba,
nonostante tutto, e ci sono affezionatissima. Ci ho messo dentro tanti
pezzetti di me e sono davvero entusiasta di essere riuscita a
trasmettervi qualcosa ogni volta.
Di fare un seguito, ovviamente, non se ne parla neanche: si perderebbe
quella che è l’idea della storia in sé
e non avrebbe molto senso. Mi sono lasciata abbastanza campo aperto da
poter scrivere eventualmente qualche missing moment, ma non credo che
lo farò. Per quanto mi faccia male ammetterlo, Stuck
è questo: 7 capitoli di idiozie, fluff e un po’ di
angst. Non me la sento davvero di aggiungerci altro.
Che io smetta di scrivere su Sebastian e Thad, però,
è assolutamente fuori discussione: li amo troppo per
abbandonarli così.
Non vi nascondo che ci sono già altre idee che mi frullano
in mente e vi annuncio già che mi ritroverete presto con
un’altra long su di loro – che probabilmente
sarà l’esatto opposto di questa. Non mi va di
anticiparvi nulla, se non che sarà un po’
più long, un po’ più angst, un
po’ più incasinata e un po’
più a rating rosso… oltre ad essere
esageratamente più cliché di questa. xD
In ogni caso, ancora non ho iniziato a scriverla, quindi credo ci
vorrà un po’ prima che io inizi a postarla:
probabilmente, però, la settimana prossima
inizierò a pubblicare un’altra mini-cosa un
po’ scema e un po’ demente – sempre su di
loro - per tenervi compagnia mentre scrivo l’altra. Avrete
presto mie notizie. xD
Spero vivamente che l’epilogo vi abbia soddisfatto. Ho
lasciato intendere che si svolgesse qualche settimana dopo lo
svolgimento dei fatti ed era mia intenzione scrivere una cosa leggera e
tranquilla giusto per capire che, dopo la fine del capitolo scorso,
Sebastian e Thad stanno realmente insieme. E poi, ammettiamolo, la
voglia di scrivere di un Sebastian geloso e che marca il territorio era
fin troppa!! Spero di non aver deluso nessuno, io mi sono divertita
tantissimo a scriverlo.
Mi sto effettivamente rendendo conto di star prolungando la stesura di
queste note perché non mi va di salutare definitivamente
questa storia. Non vogliatemene: sono una mamma gelosa!
Ed io non so cos’altro dire, quindi credo che mi
ritirerò in un angolino a piangere tutte le mie lacrime.
Vi ricordo, per l’ultima volta, eventuali luoghi ameni in cui
trovarmi: Twitter
e Faceook.
E ci siamo, quindi io la smetto di parlare e vi saluto, ringraziandovi
ancora.
A presto, ve lo prometto,
Thalia <3
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