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Autore: micRobs    18/06/2012    7 recensioni
Sebastian/Thad | Mini-Long | Slash/AU | Introspettivo/Romantico |
Se potessi rivivere lo stesso giorno all'infinito, cosa cambieresti?
Sebastian non lo sa, pensa solo che sia una gran scocciatura e che probabilmente il karma ha solo trovato un altro modo divertente e creativo per passare il tempo. Le cose però non sono mai come ci si aspetta e Sebastian si troverà presto a fare i conti con la stupidità umana (la sua) e con una serie di imprevisti che proprio non aveva preso in considerazione (i Warblers).
Dal capitolo 2 : "Vi era qualcosa che continuava a non tornare in tutta quella faccenda.
E Sebastian non si riferiva solo al fatto che sapeva esattamente quali domande sarebbero uscite al compito di biologia.
Voltò il foglio freneticamente, cercando un indizio che gli facesse iniziare a sperare di non essere completamente uscito di testa.
Vi era un’unica, ultima, speranza alla quale appellarsi."
...hope you like it!
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stuck epilogo Pairing: Sebastian/Thad
Genere: Sentimentale/Romantico/Generale/Introspettivo/Comemdia/Sovrannaturale (?)
Rating: Verde
Avvertimenti: Slash/Mini-Long/AU
Capitoli: 7/7
Note D’autore: Alla fine.
Note di Betaggio: L’intera storia è stata puntigliosamente betata dalla straordinaria Vale a cui vanno tutti i miei ringraziamenti!
Solito ringraziamento a SereILU per essere l’autrice del meraviglioso banner di questa storia!

                                  *o*


38 recensioni, 20 preferite, 3 ricordate, 33 seguite,
Grazie…


Epilogo.

Sebastian lo stava osservando da una decina di minuti.
Era carino, notò, con i capelli castani che gli cadevano spettinati sulla fronte e gli occhi che si illuminavano quando sorrideva. Sembrava anche messo bene fisicamente, poi. O almeno, così appariva dalla divisa dell’Accademia.
Aveva solo un piccolo, insignificante, fastidioso difetto. Stava parlando con Thad Harwood.
Sebastian non aveva idea da quanto tempo andasse avanti quel simpatico siparietto. Erano poggiati al bancone della caffetteria, ridacchiando e conversando amabilmente del più e del meno. E il tipo gli era troppo vicino. Troppo.
A guardarlo bene non era neanche così carino, poi. I suoi capelli erano troppo poco scuri e i suoi tratti troppo marcati per poter risultare interessanti. Anche se, c’è da dire, Sebastian dubitata che accanto a Thad qualcun altro sarebbe riuscito ad attirare la sua attenzione  per più di qualche minuto.
«Uh uh, qualcuno si sta godendo lo spettacolo.»
Sterling comparve al suo fianco senza che Sebastian potesse fare qualcosa di concreto per impedirglielo.
«Lascialo stare, Jeff, non vedi che è sul punto di esplodere?»
Altro lato, altra piaga.
«Signorine, vi pregherei di tenere i vostri nasi arcobalenosi fuori dalle questioni che non vi riguardano.»
Il biondo ridacchiò, sinceramente divertito e Sebastian si domandò quand’è che aveva permesso a quei due di gravitargli così vicino.
Ah, già. Era accaduto più o meno nello stesso istante in cui aveva permesso ad Harwood di entrare nella sua vita. E nel suo letto.
A quanto pare quei tre erano un pacchetto completo. Doveva essere la prima delle loro regolette da tredicenni amiche del cuore. Dove va una, vanno tutte.
Con gli opportuni limiti, ovviamente: Sebastian non aveva alcuna intenzione di fare entrare anche quei due nei suoi pantaloni.
«Stai per caricare?» Domandò Sterling.
«Ma figurati» obiettò Duvall, «Sebastian Smythe è un signore, non si abbasserebbe mai a scenate di gelosia così plateali.»
«Quindi convieni con me che si tratti di bruciante e corrosiva gelosia?» volle accertarsi l’altro, fingendo di pensarci su.
«Mi sembra logico, mio esimio collega, i sintomi ci sono tutti.»
Sebastian sbuffò, incrociando le braccia al petto, senza staccare gli occhi di dosso a Thad e al suo inopportuno amico.
«Duvall, ti conviene tacere se non vuoi essere tu quello ad avere tutti i sintomi. Di un trauma cranico, però.»
«Oh, siamo suscettibili! Nick, credo che tu abbia ragione.»
Ed era incredibile, perché voleva a tutti i costi liberarsi di quei due impiastri e fingere che la sua esistenza non fosse stata così tanto sconvolta, ma sapeva di non poterlo fare.
A quanto pareva, quei due erano troppo importanti per Thad e Sebastian voleva a tutti i costi evitare l’interminabile discussione che avrebbe seguito il “Nick e Jeff sono i miei migliori amici, che avevi per la testa?”. Si impose di non pensare al fatto che recentemente cercasse di evitare qualsiasi tipo di discussione con Thad, convenendo con sé stesso che sarebbe stato decisamente meglio se le dinamiche con cui quel paio di occhi scuri lo avevano scosso nel profondo fossero rimaste ignote.
Rimase un’altra manciata di secondi ad osservare Thad parlottare con quel tipo, ignorando le chiacchiere concitate di Sterling e Duvall e facendo violenza su sé stesso per non partire in quarta e andare a spaccare la faccia a quel moscerino.
Quando però il tipo in questione si sporse in avanti per sussurrargli qualcosa all’orecchio e Thad rise di rimando, Sebastian sentì distintamente il sangue ribollirgli nelle vene e il nodo al suo stomaco stringersi un po’ di più.
«Chi cazzo è?» Sibilò fra i denti, serrando il pugno e assottigliando gli occhi.
Percepì appena le risate scuotere il corpo di Jeff. Ci avrebbe pensato dopo, adesso aveva un problema più impellente da affrontare.
Sterling sembrava troppo impegnato a sbellicarsi dalle risate per rispondere, così fu Duvall a parlare. «Si chiama Alvaro, è del primo anno e credo sia tipo messicano o qualcosa del genere.»
Un essere inutile, insomma. Bene, cosa ci trovava Thad di così interessante?
«Oh, ci ho scambiato un paio di parole» intervenne Jeff, «è un tipo a posto, pare sia un fenomeno a giocare a scacchi e a suonare il violoncello.»
Sebastian si permise di rivolgere un’occhiata scettica ad entrambi. «State scherzando?»
Quelli scossero il capo, interdetti, e Sebastian si affrettò a spiegare. «Una persona sola non può essere così tanto noiosa! È contro natura.»
Duvall scrollò le spalle. «Mah» obiettò, «Thad sembra trovarlo piuttosto interessante.»
Ed era vero. Stavano ancora parlando di chissà quale argomento esaltante. Sebastian ingoiò il ringhio che gli era salito alla gola e si allontanò dal muro al quale era poggiato, intenzionato a porre fine a quella pagliacciata.
Era giunto il momento di combattere il fuoco con il fuoco. Dove con “fuoco” intendeva “Thad Harwood”.
Avanzò a grandi falcate, mentre il rumore delle loro chiacchiere aumentava e la sua pazienza raggiungeva i minimi storici.
Quando fu sufficientemente vicino, si appoggiò con nonchalance al legno scuro, dalla parte opposta rispetto a Thad, piazzandosi in faccia la sua miglior espressione da flirt.
«Albert» esordì con voce volutamente melliflua. Si chiamava così, sì?
Quello si voltò sconcertato. «Emm, Alvaro?» Lo corresse.
Sebastian ghignò. «Perdonami l’errore» sorrise , guardando Thad negli occhi. Quello sembrava essere leggermente a disagio e Sebastian se ne compiacque enormemente.
«Non credo abbiamo avuto il piacere di presentarci» proseguì, la voce provocante e lo sguardo di nuovo sul suo interlocutore. Quest’ultimo scosse il capo, non sicuro di ciò che stava accadendo.
Sebastian allungò una mano verso di lui. «Sebastian Smythe» si presentò. Il tipo la studiò titubante, prima di afferrarla e mormorare: «Alvaro De La Torre.»
In tutto ciò, Thad fissava la scena ammutolito, alternando lo sguardo dallo sconcerto di Alvaro al ghigno sul volto di Sebastian che non prometteva nulla di buono.
«Allora, Alfred-» iniziò.
«Alvaro» lo interruppe quello.
«Sì, come ti pare» lo assecondò Sebastian. «Cosa ti porta da queste parti?»
E sì, con “queste parti” voleva dire precisamente “così vicino a Thad, che non dovresti neanche guardare, figuriamoci pensare di parlarci” e che stava più o meno a significare “così pericolosamente prossimo all’amputazione di arti e attributi vari”.
Quello fece spallucce. «Prendevo un caffè con Thad» lo informò con tranquillità e con quel suo marcato e fastidioso accento spagnolo.
Bene, Arthur, risposta sbagliata.
Sebastian represse a stento l’impulso di farlo testa e bancone, per la sola colpa di aver osato pronunciare il suo nome come se fosse giusto così.
«Questo» scandì, tornando a fissare Thad, «lo vedo perfettamente» concluse con un sorriso tirato.
«Vuoi unirti a noi, Sebastian?» Provò Thad, incerto.
Sebastian piegò il capo di lato. «Mi pare di averlo già fatto» gli fece notare.
Il tipo lì si rendeva conto appena di quello che stava accadendo, continuava a sorseggiare il suo caffè come se quella non fosse altro che una piacevole alternativa ad un noioso pomeriggio di studio.
«Quindi» iniziò Sebastian con lascivia, tornando a rivolgersi a lui, «ho sentito che con il tuo cavallo fai magie
Quello lo fissò perplesso e, con la coda dell’occhio, Sebastian riuscì a notare l’imbarazzo di Harwood e le sue guance colorarsi di rosso.
Aveva iniziato lui, dopotutto.
Il tipo, comunque, annuì titubante e Sebastian ghignò di rimando. «Potrei mostrarti cosa sono capace di fare io con il mio alfiere» propose malizioso, «pare che io sia piuttosto bravo.»
E nulla, o il messicano era un idiota, oppure era uno di quelli che tendeva a vedere il buono in tutti, tant’è che annuì compiaciuto ed entusiasta a quella proposta.
«Alvaro» proruppe Thad, la voce più alta del normale e il viso sorprendentemente arrossato, «potresti scusarci un attimo?»
E così dicendo, sì alzò, afferrò Sebastian per un braccio e se lo trascinò dietro, allontanandosi dal ragazzo che lo salutò con un vivace «Ci vediamo dopo.»
 
Si fermarono qualche metro più in là. Thad incrociò le braccia al petto, voltandosi verso un Sebastian che, impassibile, si era accomodato sul bracciolo di un divano e lo fissava in attesa.
«Che ti è saltato in mente?» Lo apostrofò.
L’altro inarcò un sopracciglio. «Non ho idea di cosa tu stia parlando.»
Thad distolse lo sguardo, passandosi una mano fra i capelli.
«Lo stai tipo circuendo? Cosa avevi intenzione di fare?»
Sebastian si alzò in piedi, fronteggiandolo. «Pensavo ti facesse piacere» iniziò, «mi comportavo esattamente come te.»
Thad annuì, facendo schioccare la lingua. «Non stavo flirtando con lui, Sebastian» gli fece notare. «Stavamo solo parlando.»
L’altro ghignò di rimando. «Ti stai scusando di qualcosa di cui non ti ho accusato.»
Thad sbuffò. «Non pensavo che la nostra… relazione fosse esclusiva» ribatté, piccato.
Sebastian sbatté le palpebre un paio di volte, colto alla sprovvista da quell’affermazione.
Non pensava? Esclusiva? Relazione??
Ma a che gioco stava giocando?
Certo, Sebastian non era esattamente il tipo da passeggiate mano nella mano e sdolcinatezze varie, ma gli sembrava di essersi esposto con Thad più che con chiunque altro.
Possibile che questo non significasse nulla per lui?
Sebastian non riusciva a capire, era sicuro che Thad provasse qualcosa per lui, dal momento che glielo aveva detto chiaramente, e lui ci aveva messo settimane a scendere a patti con sé stesso e ad accettare il modo strano in cui si sentiva quando Thad gli era vicino. Perché adesso si tirava indietro?
D’accordo, non avevano mai parlato apertamente di alcun tipo di relazione, né si erano mai lasciati andare a pubbliche… manifestazioni d’affetto o cose del genere, ma Sebastian non pensava davvero di dover essere più esplicito di così.
«Credevo che il sesso di ieri pomeriggio» ribatté, «e quello di ieri mattina, e quello dell’altro ieri sera, e quello delle ultime settimane, fossero un indizio piuttosto chiaro circa l’esclusività della nostra relazione.»
«Quindi abbiamo una relazione?» Volle accertarsi Thad.
«Me lo chiedi, così se dico di no potrai tornare da Adrian?»
Thad roteò gli occhi. «Alvaro» lo corresse.
«È un nome idiota, è normale che non me lo ricordi.»
«Certo, come preferisci» lo assecondò.
«In ogni caso» iniziò Sebastian, alzandosi in piedi e avvicinandosi a lui, «se Alvaro prova a mettere di nuovo gli occhi su ciò che è mio, proverà nuovi, fantasiosi, modi per utilizzare i pezzi degli scacchi. Tutti e trentadue, una ad uno su per il-»
Ma ogni successivo turpiloquio fu messo a tacere dalle labbra di Thad che si posarono velocemente su quelle di Sebastian.
E poco importava che fossero nella caffetteria dell’Accademia e che vi fossero decine di studenti che li fissavano curiosi, o che con ogni probabilità Sterling e Duvall si stavano dando il cinque, festanti. Sebastian fece scivolare le mani sui fianchi di Thad, attirandolo a sé e prendendo possesso di quella bocca che lo faceva impazzire. Percepì l’intraprendenza di Thad e, contemporaneamente, avvertì il bisogno di sentirlo di più. Più vicino, più a fondo, più suo.
Ed era strano perché Sebastian non vi era abituato.
Non era abituato a quella voglia di averlo sempre addosso, a quel bisogno di cercarlo con lo sguardo, a quel fastidio procurato dalla sua assenza. Non era abituato alla consapevolezza di saperlo lì e di volerlo lì.
Thad si allontanò da lui, mordendosi un labbro e distogliendo lo sguardo. Eppure sorrideva. Era venerdì e Thad sorrideva e Sebastian pensò che, dopotutto, andava bene così.
«Senti» esordì dopo un attimo, «ti va di… boh, fare qualcosa?»
Sebastian inarcò un sopracciglio. «Tu ed io? Insieme?»
Thad fece una smorfia. «No, ognuno per i fatti suoi e poi stasera ci vediamo in camera e ci raccontiamo le rispettive giornate.»
Sebastian sbuffò. «Quanto sei noiosamente casalingo» commentò, avviandosi verso l’uscita.
«Potrei sempre andare a giocare a scacchi con Alvaro» propose Thad. «Lui era noioso quanto me.»
Sebastian ridacchiò. «A me sembrava ti piacesse abbastanza chiacchierare con lui» lo accusò velatamente.
La risata di Thad si perse nel tiepido venticello primaverile, quando attraversarono il portone della Dalton.
«In effetti, potrei tornare dentro da lui» ragionò Thad, puntando il pollice dietro di sé.
«Non provocarmi, Harwood» ribatté Sebastian. «Sai che sono di parola.»
Thad rise di gusto, salutando con la mano Nick e Jeff che si avvicinavano. «Mi stai consigliando di stargli lontano per il suo bene
L’altro scrollò le spalle. «Uno ad uno» ripeté.


The End.






Noticine carine carine.
No, non sono pronta. Sembra ieri che ho iniziato a scriverla e non riesco a credere che sono già giunta a postare l’epilogo.
Avrei talmente tante cose da dire e persone da menzionare che non so da dove iniziare perché l’unica cosa che mi viene da dire è GRAZIE.
Grazie ad ognuno di voi, a chi ha seguito, a chi ha preferito, a chi ha ricordato, a chi ha recensito e a chi ha letto silenziosamente. Grazie a tutti coloro che hanno trovato il modo di farmi sapere cosa ne pensavano, su Twitter o tramite messaggi privati e post in bacheca su Facebook. Grazie a chi ha sopportato i miei scleri e mi ha sostenuta fino alla fine di questo piccolo ma significativo viaggio.
Non mi aspettavo un feedback tanto positivo e vi assicuro che l’entusiasmo e il calore con cui avete seguito me e la mia storia sono stato il miglior stimolante possibile. Mille volte, grazie, ad ognuno di voi.
Io sono felice, dico davvero. Eccezion fatta per la Seblaine Week, non ho mai concluso nulla ed ora spuntare quella fantomatica casellina mi riempie di soddisfazione e malinconia.
È stata dura, ma ce l’ho fatta!
Gestire Sebastian è stato allucinante, lo sapete. Ho cercato di mantenerlo IC fino alla fine e ho provato a farmi rispettare in tutti i modi che conoscevo: alla fine, le volte in cui ha fatto di testa sua ci sono, ma spero di essere riuscita a concludere qualcosa di soddisfacente da questo punto di vista.
Stuck mi mancherà da morire. È la mia bimba, nonostante tutto, e ci sono affezionatissima. Ci ho messo dentro tanti pezzetti di me e sono davvero entusiasta di essere riuscita a trasmettervi qualcosa ogni volta.
Di fare un seguito, ovviamente, non se ne parla neanche: si perderebbe quella che è l’idea della storia in sé e non avrebbe molto senso. Mi sono lasciata abbastanza campo aperto da poter scrivere eventualmente qualche missing moment, ma non credo che lo farò. Per quanto mi faccia male ammetterlo, Stuck è questo: 7 capitoli di idiozie, fluff e un po’ di angst. Non me la sento davvero di aggiungerci altro.
Che io smetta di scrivere su Sebastian e Thad, però, è assolutamente fuori discussione: li amo troppo per abbandonarli così.
Non vi nascondo che ci sono già altre idee che mi frullano in mente e vi annuncio già che mi ritroverete presto con un’altra long su di loro – che probabilmente sarà l’esatto opposto di questa. Non mi va di anticiparvi nulla, se non che sarà un po’ più long, un po’ più angst, un po’ più incasinata e un po’ più a rating rosso… oltre ad essere esageratamente più cliché di questa. xD
In ogni caso, ancora non ho iniziato a scriverla, quindi credo ci vorrà un po’ prima che io inizi a postarla: probabilmente, però, la settimana prossima inizierò a pubblicare un’altra mini-cosa un po’ scema e un po’ demente – sempre su di loro - per tenervi compagnia mentre scrivo l’altra. Avrete presto mie notizie. xD

Spero vivamente che l’epilogo vi abbia soddisfatto. Ho lasciato intendere che si svolgesse qualche settimana dopo lo svolgimento dei fatti ed era mia intenzione scrivere una cosa leggera e tranquilla giusto per capire che, dopo la fine del capitolo scorso, Sebastian e Thad stanno realmente insieme. E poi, ammettiamolo, la voglia di scrivere di un Sebastian geloso e che marca il territorio era fin troppa!! Spero di non aver deluso nessuno, io mi sono divertita tantissimo a scriverlo.
Mi sto effettivamente rendendo conto di star prolungando la stesura di queste note perché non mi va di salutare definitivamente questa storia. Non vogliatemene: sono una mamma gelosa!
Ed io non so cos’altro dire, quindi credo che mi ritirerò in un angolino a piangere tutte le mie lacrime.

Vi ricordo, per l’ultima volta, eventuali luoghi ameni in cui trovarmi: Twitter e Faceook.
E ci siamo, quindi io la smetto di parlare e vi saluto, ringraziandovi ancora.
A presto, ve lo prometto,

Thalia <3
   
 
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