Arrivarono all’alba, e Rie si
pentì immediatamente di non aver prestato attenzione al
paesaggio che avevano attraversato durante la notte.
Quel paesaggio ricorreva nei suoi incubi da dieci anni.
Come aveva potuto portarla lì?
E lei, come aveva potuto essere così disattenta da cascarci?
La collina su cui si erano arrampicati discese improvvisamente,
formando una piccola conca verde, in cui tutto era esattamente come Rie
si ricordava.
La scogliera si spalancava di fronte ad un largo spiazzo
d’erba, con la grossa quercia che troneggiava sovrana, unico
albero in mezzo al verde.
La casa, o meglio, ciò che ne restava, era l’unica
nota stonata in quel luogo che niente aveva perso della sua bellezza
naturale: un ammasso di assi carbonizzate, col tetto crollato quasi del
tutto, circondata da un largo circolo di terra bruciata.
La ragazza fermò il cavallo, sentendosi mancare il fiato, ma
Link si voltò e le fece cenno di seguirlo, lanciando poi il
cavallo a tutta velocità lungo la discesa.
Rie prese un respiro profondo.
“Fidati di lui. Servirà a proteggerla”
si disse, pensando a Rei, poi spronò il cavallo al galoppo.
Fu come immergersi in una doccia fredda. Una scossa gelida le
attraversò le membra, facendola sussultare e rischiando di
far imbizzarrire il cavallo. Rei si svegliò di soprassalto
–cos’era?- chiese allarmata, gli occhi spalancati.
Rie recuperò fiato –una barriera. Ecco
perché Howard ci ha por…- le parole le si
mozzarono in gola.
Non c’era più traccia del rudere bruciato che fino
a pochi secondi prima campeggiava nel mezzo della conca: era stato
sostituito dalla stessa casa, ricostruita, evidentemente, esattamente
com’era prima di bruciare.
Rie si avvicinò cautamente e vide Link tracciare simboli
nell’aria, estraendo un talismano dopo l’altro. La
ragazza ne vide molti piazzati attorno alla costruzione.
“Un vero e proprio baluardo” pensò
mesta, smontando da cavallo e prendendo in braccio Rei.
Una volta finita l’opera, il biondo tirò un
sospiro di sollievo e si scoprì il capo, sorridendo.
Buffo, pensò Rie, da quando l’aveva incontrato era
la prima volta che lo vedeva sorridere.
-Dovrebbe bastare. Non ci troveranno, qui- disse sicuro, poi
afferrò le briglie dei cavalli e li condusse dentro un
capanno.
Rie si riscosse e fissò la casa come inebetita: era proprio
tutto come allora. Le stesse porte, le stesse tende, le stesse pietre
color grigio chiaro che rivestivano i muri.
Immaginò che anche l’interno fosse identico a
quando l’aveva lasciato, e rabbrividì.
-Stai bene?- la voce limpida di Rei la riscosse: già, era
per lei che doveva farlo, per lei e per se stessa. Se le avessero
trovate, sarebbe stata la fine.
Sorrise, cercando di dissimulare l’angoscia –si,
tranquilla. Sono solo un po’ stanca- la bimba la
fissò ancora per qualche istante, pensierosa, poi seguirono
Link dentro la casa.
Per Rie fu come entrare allo stesso tempo nel suo sogno più
bello e nel suo incubo peggiore.
Era tutto terribilmente uguale: la stessa scalinata, gli stessi mobili
nella stessa posizione, le stesse stanze.
Si sentì girare la testa e dovette aggrapparsi al bordo del
tavolo.
-Pensavo che Rei potrebbe stare nella…- iniziò
Link.
-…stanza al piano di sopra, vero?- Rie finì per
lui, con una voce così tetra che sembrava uscita
dall’oltretomba. Il biondo si girò di scatto a
guardarla e quasi si spaventò: negli occhi di Rie
c’era un dolore immenso, che altro non faceva che acuire la
sensazione di aver fatto uno sbaglio gigantesco a portarla
lì.
-Rie, che cos’hai?- la voce della bimba era preoccupata, ma
la ragazza le strinse una mano e le si accucciò di fronte
–Rei, adesso ti porto a vedere la tua camera. Ti
piacerà, c’è molta luce- disse
sorridendo, ma quelle parole lasciarono Link agghiacciato.
Erano le stesse che James aveva detto a Rie quando l’aveva
portata lì, parola per parola, pausa per pausa. La ragazza
accompagnò la bambina su per le scale, lasciandolo solo.
Che cos’aveva messo in moto?
Poco dopo sentì i passi di Rie scendere giù per
le scale in fretta, e si preparò al peggio. La ragazza si
fermò davanti a lui, scrutandolo con aria truce.
-Io, tu, fuori. Adesso- sibilò, uscendo precipitosamente in
giardino.
Link la seguì, mesto e pienamente consapevole di quanto si
sarebbe meritato tutto ciò che gli avrebbe detto.
Rie camminò più veloce che potè,
arrivando fino al limitare della scogliera, fissando il mare che si
infrangeva svariate decine di metri più in basso, sollevando
spruzzi bianchi ed un gran fragore.
Respirò quell’aria salmastra, rendendosi
improvvisamente conto di quanto le fosse mancata, beneficiando
dell’orizzonte che si estendeva infinito, dopo la sensazione
di trovarsi in gabbia che aveva provato ad entrare in quella casa.
-Rie- sentì la voce di Howard alle sue spalle, ma non gli
diede neanche il tempo di parlare.
-Giurami soltanto che servirà a proteggere Rei-
mormorò con la voce che le tremava. Credeva che lui in un
certo senso avesse capito quanto lei avesse sofferto in quegli anni,
quanto i ricordi le avessero fatto male, ma evidentemente si era
sbagliata.
Howard guardò il viso della ragazza: i suoi lineamenti non
esprimevano alcuna emozione, ma i suoi occhi erano tristi e
incredibilmente stanchi.
-Servirà. Nessuno può arrivare in questo posto, a
meno che non lo conosca- la ragazza chiuse le palpebre un paio di
volte, una lacrima le scivolò lungo la guancia.
-Rie…- ritentò lui, ma la bionda alzò
una mano, fissandolo, per la prima volta, negli occhi.
-Non dire niente, Howard, non c’è niente da dire-
mormorò.
Fece per tornare verso casa, oltrepassandolo, ma la voce del biondo la
bloccò.
-E invece si- Rie sentì la vibrazione di rabbia repressa in
quelle parole –si che c’è qualcosa da
dire, Rie- l’afferrò per un polso, voltandola
bruscamente.
La ragazza sentì il cuore batterle furiosamente in petto,
terrorizzata dalla somiglianza fra quella scena e quella dei suoi
ricordi; sentì le gambe tremarle.
Link dovette accorgersi del suo spavento, perché
allentò subito la presa ed addolcì
l’espressione, ma sul suo viso rimaneva stampata la
sofferenza.
-Credi che io non abbia sofferto?- chiese in un sussurro
–credi che per me questo posto non sia pieno di ricordi, come
lo è per te? Forse ne ho anche di più-
mormorò. La ragazza abbassò lo sguardo.
Lo sapeva, sapeva che era stata colpa sua, se tutto quello che Howard
aveva amato in quel luogo era andato distrutto.
-Ti ho cercata per dieci anni-
Era arrivato il momento di dirglielo. Quella guerra continuava a
sottrarre loro ogni attimo di serenità, ogni barlume di vita
normale, era come vivere costantemente appesi a un filo. Non
c’era tempo per lasciare dubbi irrisolti o colpe senza
ragione.
Si era illuso di poter fare le cose con calma, di poter far
sì che Rie si abituasse di nuovo alla sua presenza, di poter
far ritornare il loro un rapporto normale, e poi parlare di tutto. Ma
non c’era tempo: quegli anni gliene avevano portato via
troppo.
-Mi hanno portato via di qui altri esponenti dell’Ordine,
della sede centrale. Mi sono unito a loro soltanto per trovarti, Rie-
la vide spalancare gli occhi. Certo, dopo dieci anni passati a credere
che lui la odiasse a morte non doveva essere facile scoprire che invece
era stato l’esatto opposto.
-In tutti questi anni non ho fatto che andare a caccia di Cross, non
appena ho scoperto che ti aveva presa in custodia, ma non sono mai
riuscito ad avvicinarmi a te quanto bastava- continuò. Lei
lo ascoltava in silenzio, immobile. –Sapevo che stavi
scappando. L’unica cosa di cui ero capace di accertarmi era
che tu fossi ancora viva, e pur di saperne di più avrei
continuato a leccare i piedi di Lvellie per altri dieci anni, se fosse
stato necessario- rafforzò la presa sul suo polso e
l’avvicinò a sé, tanto che i loro corpi
quasi si sfioravano, poi le sollevò il mento e
piantò i suoi occhi grigi in quelli di Rie, azzurri e lucidi.
Rimasero a fissarsi per degli istanti che sembrarono lunghissimi,
eppure avrebbero voluto che non finissero mai.
La ragazza si riscosse all’improvviso, sfuggendo alla sua
stretta.
Non riusciva a parlare, o meglio, non sapeva cosa dire.
Era sempre stata convinta che lui la odiasse, che non
l’avrebbe mai perdonata per aver ucciso suo fratello,
l’unica famiglia che gli fosse rimasta, che sparire dalla sua
vita e cercare di non lasciare alcuna traccia sarebbe stata la cosa
migliore da fare.
E invece, adesso saltava fuori che Howard l’aveva cercata,
sempre, fino a diventare uno degli sgherri più disprezzati
delle alte cariche dell’Ordine, per lei.
Era felice, certo, ma anche confusa. Avrebbe voluto che qualcuno le
dicesse finalmente cosa doveva fare.
Sentiva chiaramente, per la prima volta in grado di ammetterlo con se
stessa, quanto le fosse mancato, e quanto avesse sperato di sentirsi
dire quelle parole, ma il dolore continuava a bloccarla.
Com’era possibile che potesse svanire tutto in una bolla di
sapone?
-Non serve che tu dica niente, adesso. A me basta che tu sappia- la
voce di Howard si intromise nei suoi pensieri riprendendone come sempre
il filo, un’abilità che gli anni avevano lasciato
inalterata, a quanto pareva.
Rie annuì bruscamente, lasciandosi scivolare i capelli sul
viso, e si diresse verso la casa, dandogli le spalle.
Non avrebbe voluto lasciarlo a quel modo, dopo tutto ciò che
le aveva detto, ma aveva bisogno di riflettere, di capire.
Note dell'Autrice:
Uff che fatica aggiornare con gli esami di mezzo T_T vi preannuncio
già che a luglio farò una pausa parecchio lunga,
dovuta al fatto che sarò in Germania e -ahimè-
senza pc T_T mi farò perdonare postando mille capitoli
quando tornerò! Intanto spero che vi sia piaciuto questo e
gli altri che cercherò di pubblicare da qui alla mia
partenza ;)
Rispondo ai commenti:
rose princess: per
i momenti romantici migliori di questi due ci sarà ancora da
aspettare un po'... lo so, questi capitoli sono un patema D: ma
arriverà anche un po' d'azione, lo giuro XDXD comunque
LAVELLO è la cosa migliore che abbia mai sentito.
Comincerò ad usarlo anche io *-*
Ciao a tutti, scappo a studiare (sigh ç__ç)
Bethan <3
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