Sch chapter prolog
Huntington Beach, ottobre 1998
Stacey P.O.V.
-Allora…. ci siamo, eh? :D- Messaggio da Meggie, assurdo. Doveva
averci messo minimo sei ore per scriverlo. Sorrisi distrattamente e
risposi.
-Finalmente! Non vedevo l’ora! Sono mesi che aspetto di trasferirmi in California-
Rispose decisamente subito per i suoi standard: doveva essersi esercitata parecchio.
-Ohhh anche io! >.< ci sarà da divertirsi, posso assicurartelo-
-Cazzo si! xD-
-Miss Floor, non diventi scurrile v.v—
-Miss Window, i nostri nomi fanno cagare <3-
-Decisamente <3-
Tre ore. Mi aspettavano ancora tre ore di aereo e finalmente saremmo arrivati a Los Angeles.
Da lì, altri cinquanta minuti per una cittadina dal nome lungo e
strano (ovvero Huntington Beach) dove avrei vissuto almeno per i
prossimi cinque anni con i miei genitori. Un vero record per gli
standard di mio padre e il suo continuo viaggiare, non c’è
ché dire.
Fortunatamente avevo i Guns e un’altra trentina di band ad
accompagnarmi in quel lungo viaggio, visto che i miei genitori erano in
coma profondo, spaparanzati su i loro seggiolini.
C’è da dire che ad Orlando non mi lasciavo questo
granché. Si, avevo parecchi “amici”, uscivo sempre
ed ero popolare, ma non me ne fregava una beneamata mazza di quella
gente. Erano tutti…. sintetici. Puzzavano di finto da un
chilometro e io con loro mi ero comportata di conseguenza.
Poi, un bel giorno, la nostra brillante prof di scrittura creativa ebbe
la balzana idea di fare un esperimento con “pochi eletti”
scelti a caso dalla dea bendata. L’aveva definito “un
progetto interessante che vi farà crescere e conoscere nuove
persone alla vecchia maniera”: amici di penna.
Aveva vari indirizzi di varie persone da tutt’America e io,
essendo una degli “eletti” mi ero accaparrata quello di una
Californiana che rispondeva al nome di Margaret Window.
Questo progetto, iniziato il primo anno e finito in primo, io e lei
l’avevamo tirato avanti fino ad allora, ovvero terzo anno.
Cominciato un po’ come un obbligo per entrambe (e inizialmente
per me era tragica: Meggie ha una scrittura oscena) era diventata una
bella cosa ed eravamo diventate amiche.
Ci sentivamo spessissimo, soprattutto telefonicamente, ma continuavamo
a scriverci e mandarci cartoline, foto, di tutto. In estate ci era
anche capitato di incontrarci, un paio di volte, mettendoci
d’accordo e facendo i salti mortali e c’è da dire
che andavamo decisamente d’accordo pure “dal vivo”.
Quindi, quando all’inizio dell’estate mio padre mi aveva
annunciato che verso ottobre ci saremmo trasferiti in California, ero
stata più che felice. Inutile dire che Margaret era al settimo
cielo anch’essa. Si preannunciava un futuro interessante per me.
Mi rigirai distrattamente fra le dita uno dei lunghi boccoli castano
chiaro e guardai fuori dall’oblò, vedendo solo nuvole. Wow.
Ah! Comunque io sono Stacey Floor, sedici anni, Orlando High School fino a ieri.
Abbastanza alta, fisico asciutto, lunghi capelli ricci castano chiaro,
occhi gradi color cioccolato, labbra carnose (a detta di Meggie pure
troppo, soprattutto il labbro inferiore) e guardandomi, tutto si
potrebbe pensare tranne che ascolto musica metal, che fumo e che spesso
e volentieri alzo abbondantemente il gomito. Beh, l’abito non fa
il monaco, no? Fortunatamente, nel mio caso il mio aspetto copriva bene
la mia vera natura “ribellina” (ma che stronzata).
Buttai uno sguardo all’orologio. Non ce la facevo più a stare lì.
Cullata dalle note di Welcome to the Jungle, partii in coma e dormii per un bel po’.
Margaret P.O.V.
“Dai Jimmy! Avevi promesso che mi avresti accompagnato!”
sbottai inseguendolo per le scale che lui scendeva tre gradini alla
volta. Ma che razza di gambe aveva?
“Non rompere, Meggie, ho da fare” disse divertito,
tamburellando distrattamente con le bacchette sul corrimano,
continuando a scendere.
“Ti ricordo che mi devi tre birre: sei in debito con me”
“Facciamo che ti presto la macchina e in cambio mi annulli il
debito” “Andata!” Mi tirò le chiavi della
macchina e improvvisò un assolo sul corrimano.
Un batterista eccezionale, con quelle bacchette riusciva a far musica
anche con un bidone dell’immondizia (e posso assicurarvi che il
risultato non era niente male). Le portava dietro ovunque, sempre
pronte (pronte a cosa, poi, era un mistero).
“Prima però mi dai uno strappo da Matt?” chiese e io
alzai gli occhi al cielo, provocando una sua ennesima risata “Ok,
basta che ci diamo una mossa”
C’infilammo nella vecchia carretta del mio vicino di pianerottolo
e ci dirigemmo alla villetta dei genitori di quella montagna di Sanders.
Una volta arrivati, spinsi Jimmy fuori dalla vettura (se così
poteva chiamarsi quel trabiccolo che continuava a camminare grazie a
chissà quale divinità orientale).
Il garage era spalancato come al solito e si intravedevano Matt, Val e
un tipo con i capelli verde acido che proprio non mi ricordavo.
“Ehi Nessie! da quando rubi auto?” Ecco, lui proprio non lo avevo notato. Peccato.
“Haner! sei ancora vivo, eh?” si avvicinò alla
macchina col suo solito sorrisetto strafottente e si poggiò alla
carrozzeria, con fare figo. Seh vabbè….. meglio non
commentare.
“Così sembrerebbe… dispiaciuta?”
“Decisamente si, carciofo” fece una sorta di sorriso tirato
e batté un colpetto sul tettuccio della macchina. Osservai
distrattamente il suo braccio destro, su cui s’intravedeva il
solito e unico tatuaggio sulla metà superiore.
“Che ci fai nella vecchia carretta di Jim?” “Cazzi
miei a Los Angeles” risposi tranquilla “Tu hai davvero
qualcosa da fare a Los Angeles?” disse completamente allucinato
“Sai Bee, il mio mondo non gira attorno a voi quattro, non so se
mi spiego”
Fece una faccia strana, tirando le labbra in una “o”
minuscola e socchiudendo gli occhi. Ogni volta che mi rivolgeva la
parola, sentivo l’irrefrenabile desiderio di riempirlo di
schiaffi, ma desistevo semplicemente perchè gli volevo bene.
“Ma non mi dire…. qualche esemplare di specie maschile
talmente morto di figa da provarci con te?” “Parli per caso
di un tuo gemello con dei gusti migliori dei tuoi, Haner?”
“Non offenderei mai così un mio consanguineo” gli
feci una smorfia.
“Quando la pianterai di rompere così tanto il
cazzo?” “Ehi, rompere il cazzo al mostro di Loch Ness
è un privilegio” “Invece insultare un coglione del
tuo calibro è un’esperienza più unica che
rara” “Io non ci scommetterei” “La piantate voi
due?!” tuonò Matt nella nostra direzione, salutandomi con
un cenno della mano al quale risposi nello stesso modo.
La storia del mostro di Loch Ness risaliva ad una vacanza studio
risalente all’estate fra la terza media e il primo superiore in
cui, mia madre e Brian Haner sr., avevano avuto la brillante idea di
spedire entrambi fra le piovose e fredde Highlands scozzesi. Come se
una ventina di americanini senza arte né parte, fra gli undici e
i quattordici anni potessero trovare interessante un posto del genere.
Comunque, orribili gusti dei genitori a parte, in una visita guidata al
lago di Loch Ness, per via del sopraccitato coglione, finii in acqua e
qui arriva il bello: io non so nuotare.
Assurdo per una californiana, certo, ma io e l’acqua non eravamo
proprio compatibili. La storia finisce con sempre lo stesso coglione
che si butta in acqua e mi recupera. Ecco perché mi chiamava
Nessie (nome del mostro di Loch Ness).
Ma tranquilli, ho restituito il favore salvandogli a mia volta la vita,
un paio di estati prima: eravamo tutti al fiume, in aperta campagna.
C’era chi pescava, chi beveva, chi pescava e beveva. Haner, del
tutto sobrio era andato a recuperare legna e io stavo al tavolo a bere
una birra, quando lo vedo mollare tutta la legna e correre verso
“l’accampamento” reggendosi la mano.
Nel giro di una manciata di minuti, Haner era svenuto per terra, quasi
in shock anafilattico, dovuto alla puntura di un’ape, a cui lui
è allergico.
Resta da dire che l’unica nelle condizioni di poter guidare ero
io. E così, con solo tre lezioni di guida fatte da Jimmy,
completamente senza patente, avevo caricato Haner sul furgone di Matt e
avevo guidato fino al più vicino pronto soccorso. Grazie solo a
Jimi Hendrix sa chi, arrivammo sani e salvi, solo il furgone di Matt ne
risentì un po’ (una fiancata del tutto rigata, uno
specchietto perso per strada e un faro distrutto). Ecco perché
lo chiamavo Bee (ape).
“Ci si vede e occhio a te” dissi giocando appena col pedale
dell’acceleratore “Lo stesso vale per te” rispose lui
con un mezzo sorriso, facendomi l’occhiolino e prima che potesse
dire altro, sgommai via repentinamente (un gesto che Jimmy mi avrebbe
fatto pagare caro, ne ero certa).
Ok, questa sono io.
Margaret Window, sedici anni, studentessa della Huntington Beach High School.
Classe 1982, un metro e sessantatre di sarcasmo, cattiveria verso chi se la merita e amore incondizionato per i propri cari.
Fisico asciutto un pò troppo muscoloso, capelli castani
incasinati e con un taglio di capelli avanti di almeno dieci anni, con
un enorme ciuffone, castano ramata.
Occhi color cioccolato, sempre truccati pesantemente di nero per
sembrare più grandi e intensi, pelle simil- diafana, qualche
lentiggine sul naso, lineamenti del viso un tantino spigolosi che (a
detta di Jim) si addolcivano quando sorridevo, grazie a qualcosa come
sette-otto fossette che mi spuntavano sulle guance e sul mento un
po’ ovunque. Amica di una banda di metallari liceali con le idee
un tantino confuse fra ormoni, birra, erba e musica metal a palla.
Diretta a Los Angeles per salutare/dare il benvenuto ad una ragazza
della mai stessa età, rispondente al nome di Stacey Floor (si,
Floor e Window: ci manca solo Door), Orlando, Florida, in questo
momento su un aereo.
A quanto mi aveva spiegato per cellulare, sarebbe arrivata fra due ore,
avrei dovuto farcela egregiamente visto che Huntington- Los Angeles
sono più o meno cinquanta minuti.
Volevo partire bene, sarebbe dovuta stare ad Huntington per almeno i
prossimi cinque anni e io ero l’unica ragazza di sua conoscenza
(più o meno) per il momento. Volevo fare bella figura con la mia
amica di penna. (forse avrei fatto meglio a mettere qualcosa di diverso
da jeans da uomo strappati ovunque, maglietta striminzita dei Metallica
dello scorso secolo e camicia a quadri rossi e neri da
boscaiolo…. Mmm….).
Fortunatamente, grazie sempre al caro vecchio Hendrix sa chi, arrivai
in orario per un pelo: avevo trovato un traffico spaventoso che mi
aveva bloccato e invece di 50 minuti, avevo impiegato un ora e tre
quarti.
Parcheggiai davanti all’aeroporto e mi fiondai all’interno,
la camicia completamente aperta e calata su una spalla e i pantaloni un
po’ troppo enormi che minacciavano pericolosamente di cadere
(maledetta cintura che si era fregata Jimmy).
Dopo un paio di minuti, la vidi arrivare trascinandosi dietro un trolley e le andai incontro.
Stacey P.O.V.
Quando scendemmo dall’aereo non potevo crederci. Mi sembrava
strano ricominciare a camminare, ma dovetti darmi una mossa e andare a
recuperare i bagagli con i miei genitori.
Fortunatamente i nostri bagagli arrivarono vivi e vegeti e dopo averli
recuperati tutti, uscimmo per addentrarci nell’ingresso. Alzai
stancamente la testa, scrutandomi attorno e trovai quella testa
quadrata, con i capelli castani strani che mi sorrideva in un tripudio
di fossette.
“No….. oddio!” tirandomi un trolley le cui rotelle
minacciavano di abbandonarmi da un momento all’altro le
andai incontro, ma feci fare a lei il grosso del tragitto.
Mi abbracciò forte e io contraccambiai, mollando il trolley.
“Ahahah! che bello rivederti, canottona mia!” “Vale
lo stesso per me, nana” fece una mezza smorfia e si
separò, prendendo il trolley che si era gentilmente allungato
sul pavimento.
Dopo un paio di minuti ci raggiunsero anche i miei genitori.
“Salve signori Floor” “Oh, Margaret! quanto
tempo!” le disse sorridente mio padre mentre le stringeva la
mano. “Meggie, non sapevo saresti venuta” aggiunse mia
madre, abbracciandola. “In verità non era sicuro. Problemi
di trasporto, ma alla fine sono riuscita a recuperare un veicolo e sono
venuta” “Beh, allora credo che potresti darci un passaggio
fino ad Huntington, ancora non abbiamo chiamato un taxy” Meggie
sorrise tranquilla “Certo nessun problema, però non
spaventatevi per via del…. veicolo. Cammina che è una
bellezza anche se è un po’ fatiscente”
Strano ma vero, arrivammo ad Huntington dopo poco meno di due ore e Meggie si fece spiegare da mio padre dove avremmo vissuto.
Aveva parcheggiato e i miei erano già scesi, quando le
suonò il cellulare. Sentii chiaramente la voce maschile urlare
dall’altro capo del telefono.
“Jim…” “Dove cazzo sei e dov’è la
mia macchina?!?!?!?!??!” “Cazzo Jim te l’avevo detto
che dovevo scendere a Log Angeles! Comunque sono appena arrivata ad
Huntington” “Ok, dove sei” disse decisamente
più tranquillo, ma io lo sentivo lo stesso. Meggie si
guardò un attimo attorno e poi sorrise fra sé.
“Davanti alla casa del nano” Nano? la guardai interrogativa
e lei mi fece segno come a dire “ti spiego dopo” scrollai
le spalle e scesi dalla macchina.
Poco dopo mi seguì, ancora a telefono. “Se Jim, ok, arrivo
fra un’oretta, ok?” “Mi serve la macchina”
“Allora passati il pomeriggio da Johnny e quando ho finito ce ne
andiamo insieme” il tipo sbruffò chiaramente “Seh,
ok” “Ciao Jim” disse ridendo e rimise il cellulare in
tasca.
“Allora…serve una mano?” chiese poi sorridendo.
Il soggiorno era invaso da scatoloni di tutte le dimensioni possibili e c’era solo qualche mobile.
“Mi aiuti a portare la roba mia in camera?”
“Certo” “Mààà!”
“Si?” “Qual è la mia camera?”
“Secondo piano, a destra del bagno” “Ci entra
Rachel?” “Certo!” sbuffò mio padre.
Dopo aver studiato un po’ tutti gli scatoloni, identificai i miei e Meggie mi aiutò a portarli sopra.
“Ok, andiamo”
Dopo aver capito quale fosse il bagno, camera mia fu facile da scovare.
Pareti bianche con una strana greca viola e dei contorti motivi lilla
nella metà inferiore separata dalla greca. “Però,
figo” commentai osservando le pareti.
Oltre ai muri il resto era parecchio asettico: letto, armadio bello grande e scrivania, tutti bianchi con bordi viola e lilla.
Mollammo i primi scatoloni e poi cominciammo a fare su e giù per portarli tutti.
“Ehi, ma questa è tua, giusto?” disse Meggie indicando la custodia della grancassa della mia batteria.
“Si, porta pure quella, poi la montiamo”
Finiti scatoloni e pezzi di batteria, sistemai il mio tappeto a scacchi
fucsia e nero e cominciai a tirare fuori un pezzo alla volta di Rachel,
la batteria appunto.
Rachel era una Pearl a righe nere e bianche con gli infissi di metallo color piombo.
“Cazzarola! Non capisco un tubo di batterie, ma questa è
stupenda!” sorrisi soddisfatta “Meggie, ti presento
Rachel” “E’ un piacere. Qualche volta devo
presentarti Beast” “Bestia?” chiesi quasi allarmata.
“Si, la mia chitarra” “Magari! potremmo suonare
insieme qualche volta” “Assolutamente si! Tanto adesso
abbiamo tutto il tempo possibile, no?” scrollai le spalle e
sorrisi, mentre armeggiavo con il rullante.
“Direi di si”
Dopo aver svuotato qualche scatolone in camera mia e aver piazzato la
mia bellissima poltrona imbottita di polistirolo a forma di palla da
tennis (la notte era semifosforescente), Meggie venne chiamata di nuovo
dal fantomatico Jimmy e se ne dovette andare.
“Beh, allora ci vediamo domani, giusto? Vengo a darvi una
mano” “Oh, sei davvero gentile Meggie”
cincischiò mia madre “Si figuri, per me è un
piacere” fece l’ennesimo sorrisone e fece per avviarsi
all’uscita.
“Aspetta, ti accompagno”
Appena chiusa la porta, tuffò una mano in tasca e si mise fra le
labbra una sigaretta (Marlboro gold). Dopo un paio di tiri gliela
fregai.
“Meglio che vada, prima che Jimmy mi uccida” “Si,
vai” dissi restituendole la sigaretta “A
domani….” fece qualche passo e io feci lo stesso in
direzione del protone, quando mi chiamò.
“Stacey?” “Si?” “Welcome To The Fucking
Family!” urlò in modo teatrale prima di attraversare la
strada, correndo verso uno spilungone con i capelli biondi sparati come
a farne una corona e con gli occhiali affiancato da un nano che vicino
a lui sembrava ancora più basso.
Sorrisi fra me, oh si, ci sarebbe stato da divertirsi.
E genteeeeeee!
:D
Si,
Cactus è tornata con una nuova long fic v.v
Ammettiamola,
sono finita in un dannato cliché, ma m’ispirava troppo! >.<
Se
non li avete mai visti e v’interessa, avrei un po’ di foto dei sevenfold in età
scolare:D
Giusto per rendere di più l’idea v.v
Johnny:
http://media.tumblr.com/tumblr_lkndc5cnT61qf9aqw.jpg
Matt and Jimmy:
http://a8.sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-ash4/270652_164479293617735_5973480_n.jpg
Zack:
http://a7.sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-ash4/284533_173799916019006_3330125_n.jpg
e,
signore e signori, la foto più brutta esistente di Brian:
http://a7.sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc7/319215_214883301910667_1262644877_n.jpg
(dovrebbero
vedersi tutte e.e spero)
(ne metterò anche altr,e visto che la storia farà qualche balzo negli anni v.v)
Bene,
detto questo non mi resta granché da dire v.v
JD
vedi di recensire ho la prossima volta ti brucio il culo e volontariamente <3
Recensioni
sarebbero gradite :D
See you next time! (Dio se
odio ‘sta frase)
The Cactus Incident (Is Fucking
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