Walking corpses in a dead place
Pov Josh
"Diamine!" pensò prima di spalancare la porta di casa,
senza curarsi di salutare i propri genitori, era in ritardo!
Iniziò a correre verso la casa di Jen, già se la
immaginava fuori sugli scalini a guardare in cagnesco la via. Ma non
c'era. Suonò il campanello e comparve April, la madre di Jen. Le
assomigliava molto, avevano la stessa forma degli occhi, la stessa
consistenza capelli, il colore invece erano una fusione tra il castano
scuro della madre e qualche ciocca biondiccia del padre, queste ultime
si notavano di più in estate, perciò per tutte le altre
stagioni era un castano scuro-chiaro, quando era piccola Jen
gliel'aveva descritto "come il colore del vomito quando mangi una
banana ricoperta di cioccolato" e lui le aveva risposto " o della
cacca" e da quel giorno Jen aveva i capelli color cacca. Gli occhi
invece erano tutt'altra storia, lei sosteneva che non fossero marrone
normale,ma cervoni, ovvero alla luce del sole a volte diventavano verde
scuro. Josh l'aveva presa in giro, ma un giorno li vide, erano al parco
e c'era un sole accecante, lei si tolse gli occhiali da sole e gli
occhi erano verdastri, no il verde chiaro che si vede sulle modelle,
era il verde dell'erba scura mista al terreno, più reale,
comunque non le aveva detto nulla per non darle la soddisfazione di
avere ragione.
<< Josh! Sei puntuale, sicuro di stare bene? >>
April sorrise, ecco il sorriso era un'altra cosa che avevano in comune, e lo invitò ad entrare.
<< Sì! Non volevo che mi rimproverasse...>>
Sorrise anche lui, April gli era simpatica aveva un qualcosa di
diverso, era sempre solare e socievole, gli ricordava sua madre quando
non litigava con suo padre, ovvero raramente.
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Una voce alle sue spalle scimmiottò la sua, si girò
con un'espressione sarcastica e una risposta pronta, però
qualcosa lo trattenne. La giovane donna che gli si stava avvicinando
aveva i capelli sciolti , leggermente mossi le arrivavano alle
spalle, le gambe erano fasciate da jeans neri aderenti, una canotta
bianca le abbracciava il busto mettendo in risalto il seno, infine una
camicia nera a maniche corte le donava un tocco in più, un tocco
"alla Jen", sembrava più alta perciò guardò in
basso e vide che ai piedi non c'erano più le Vans, ma delle
scarpe con tacco, abbastanza alte da poterlo raggiungere senza alzarsi
in punta di piedi. La cosa che lo catturò di più del
resto era il volto, truccato delicatamente, gli occhi sembravano
verdastri anche senza la luce del sole a causa dell'ombretto scuro, di
uno strano colore tra il nero e il marrone, la matita nera sottolineava
la delicatezza degli occhi,quasi orientali pur non avendo nessun
parente proveniente da quella parte del modno, infine le labbra erano
rosse e carnose, in quel momento increspate da un sorriso per niente
ingenuo.
<< La prossima volta dimmi come ti vesti! Guardati, menomale che non indossi i tacchi! >>
Quelle parole lo costrinsero a osservarsi, bè in effetti
anche lui indossava dei jeans scuri, una maglietta bianca e una camicia
nera aperta, ai piedi aveva delle scarpe da ginnastica bianche. Lui
annuì, cercando di non osservarla più di tanto.
<< Jen, ricordati di portare le Vans insieme. Non vorrai rimanere seduta tutto il tempo. >>
Per fortuna April lo salvò, Jen corse verso camera sua e
Josh si chiese come riuscisse a correre con quegli affari ai piedi, lui
sarebbe caduto rompendosi una gamba. "Forse è una dote
femminile" pensò. La ragazza tornò e senza aggiungere
altro salutarono April e si diressero verso il pub, era vicino casa
perciò sarebbero potuti andare a piedi.
<< Pronta per la cena di fine anno? >>
Chiese Josh per rompere quel dannatissimo silenzio, la ragazza al
suo fianco sollevò lo sguardo disorientata come se avesse
interrotto un flusso di pensieri importanti.
<< Cosa?! Oh! Sì! Certo. Tu? >>
<< Sì, anch'io... >>
E l'odioso silenzio ritornò. Josh si chiedeva la causa di
quella timidezza istantanea, iniziò ad analizzare il
comportamento di Jen mentre camminavano, si spostava spesso la ciocca
dietro l'orecchio, le unghie erano ormai nulle e le dita stavano
iniziando a sanguinare. Doveva fare qualcosa per fermare
quell'autolesionismo.
<< Ok, che hai? >>
Le chiese fermandosi improvvisamente e catturando ogni suo
movimento. Lei lo guardò di rimando, come se non volesse essere
al centro delle sue attenzioni.
<< Niente...>>
Sussurrò riprendendo a camminare, ma Josh glielo impedì, le afferrò una spalla e la fece girare.
<< Sei nervosa. Che hai? >>
Lei assottigliò le palpebre, in quel modo che diceva " sto per darti un pugno".
<< Oh è arrivato Sherlock Holmes! Ma dai! Non l'avevo notato! "Sei nervosa!" Bla bla bla. >>
Fece per girarsi, ma la mano di Josh era sempre ferma sulla sua
spalla. Jen sospirò, era strana, davvero strana. Di solito non
era così nervosa nemmeno per il compito di matematica e non era
certo un genio in quella materia, bè nemmeno lui lo era.
<< Tu sei nervoso. >>
Questo era un'accusa bella e buona! Lui non era nervoso, certo gli
sudavano le mani e sentiva una cosa strana allo stomaco, però
non era nervoso.
<< E non dire che non lo sei! Lo so perché mi hai
rivolto la prima parola della serata poco fa, chiedendomi "come
stai?">>
L'ultima frase la disse scimmiottando la voce del ragazzo, la
quale attività era ormai diventata il suo hobby da quando
secondo lei Josh aveva acquisito una voce più "da uomo" e
quindi più profonda. Aveva ragione non le aveva parlato
perchè pensava che lei fosse nervosa, a sua volta lei non aveva
rotto il silenzio a causa del suo mutismo. Si domandò
perchè non le aveva parlato e non arrivò nessuna risposta
razionale. Oh, c'era il fatto che voleva ignorarla perchè quella
sera era proprio...."carina", no una bambina con le treccine è
carina, "affascinante" nemmeno, una signora è affascinante...lei
era ...ecco, non lo sapeva.
<< Scusa. Stai bene stasera...>>
Lasciò la presa e iniziò a camminare velocemente,
sentendo il rumore dei tacchi di Jen dietro di lui, il rumore
divenne più forte e frequente, si girò e lei era accanto
a lui.
<< Potresti rallentare, sai potrei cadere da un momento all'altro. >>
Arriciò il naso, disguastata da quella visione, le labbra
di Josh si curvarono involontariamente in un sorriso e iniziò a
camminare più lentamente.
<< Come mai ti sei messa "in tiro"? >>
Chiese con sguardo malizioso, come se volesse farla arrossire per avere una prova della sua colpevolezza.
<< Oh, bè. Io ... no aspetta! Non mi sono "messa in tiro". Forse un po'. Ho esagerato?>>
La voce da bambina con la quale pronunciò l'ultima domanda,
fece allargare il sorriso di Josh. Non aveva la minima idea
dell'effetto che faceva. Era indeciso tra il dire "no" e chiederle il
motivo, oppure "sì" e portarla a casa a cambiarsi.
"Perchè vorrei che si cambiasse?" chiese a se stesso. La sua
mente concretizzò le sue sensazioni in una parola: gelosia.
Diamine no, lui non era geloso!
<< Sì, però sei... wow! A cosa dobbiamo questa preparazione? >>
Con questa domanda mandò al diavolo il proprio cervello. Jen sorrise un po' imbarazzata e non aggiunse altro.
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Un moto quasi violento di curiosità lo pervase, voleva
saperlo a tutti i costi. Si chiese il motivo di tutto ciò. " Per
spaccargli la faccia" gli disse il cervello. Josh roteò gli
occhi, certo che no, voleva solo conoscerlo. Però se c'era un
ragazzo, quel ragazzo doveva appartenere alla classe, perchè se
no non si sarebbe vestita e truccata in quel modo proprio stasera. Mise
a rassegna i volti e le personalità di tutti i maschi della
classe e non trovò nessuno adatto a Jen.
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Fece la sua solita espressione da cucciolo indifeso, ma Jen non
abboccò, si limitò semplicemente a scuotere la testa e a
incrociare le braccia al petto.
<< Ehy! Ben arrivati! Con un quarto d'ora di ritardo!>>
Le urla dei loro compagni si potevano sentire anche a due
kilometri di distanza, ma stranamente Josh li aveva sentiti solo ora.
Adam,con i capelli mossi castani- un po' più chiari di quelli di
Jen- e gli occhi castano chiaro, gli si avvicinò e si salutarono
con la solita stretta di mano accompagnata da un semi abbraccio, poi
gli sorrise: ehi, era il suo migliore amico! Vide Alex, la migliore
amica di Jen, che le andava incontro e l'abbracciava, aveva i capelli
acconciati in modo tale da avere il viso scoperto e il resto dei
capelli marrone scuro dietro, come Jen aveva optato per una canotta
però la sua era rossa e tale colore era richiamato nell'ombretto
rosso scuro sugli occhi neri e infine indossava dei jeans corti, anche
lei aveva dei tacchi ma un po' più alti, Josh si chiese come
diamine facesse a camminare.Entrarono e trovarono tutti gli altri, si
sedettero e iniziarono a mangiare e a scherzare come al solito. Il
tempo passava veloce, mentre stava ballando con i suoi amici
controllò l'ora, mancava poco a mezzanotte doveva avvisare sua
madre che stava andando tutto bene, uscì e fuori trovò
Jen che parlava al telefono. Forse stava aspettando quel tipo, nella
mente di Josh si stava già creando una storia su di lei che
parlava con un tizio... il buio li pervase. Le luci si spensero, tutte
insieme, nessuna luce di emergenza si accese. Ad un tratto un rumore
assordante lo rese sordo, proveniva dall'alto, d'istinto
abbracciò Jen, la quale lo stava guardando un po' stranita. Dopo
ciò ci fu solo il caos. Bombe che esplodevano, persone che
urlavano, Jen che farneticava qualcosa ma lui non poteva ascoltarla,
senza nemmeno accorgersene iniziò a correre trascinandosi dietro
la ragazza. Gli urlava qualcosa, lui non capiva. Non era spaventata, o
impaurita, solo allarmata e furiosa con lui che non la capiva. <<
ALEX E ADAM >> mimò con le labbra. Giusto! Li avevano
lasciati lì. Si fermò di colpo facendo quasi cadere Jen e
si girò, da lontano si potevano vedere i contorni del locale
distrutto e non solo il locale tutto intorno a loro era distrutto.
Voleva ritornare indietro ma la mano gelida di Jen stretta alla sua lo
fermava, la guardò, lei indicò il cielo: delle nuove
bombe vennero scaraventate contro il locale. Una lacrima lenta e
ardente solcò la sua guancia. I loro amici erano morti. Adam.
Come quando nei film raccontano che quando una persona muore gli passa
tutta la vita davanti, lui ricordò tutti gli attimi, tutti i
sorrisi, le battute fatte con Adam. Il senso di "completezza" che aveva
quando era con lui. Era tutto finito. Ricacciò indietro quel
magone che tentava di soffocarlo, avrebbe pianto dopo, se ci fosse
stato il tempo. Si girò verso Jen, anche lei aveva lo sguardo
fisso sul locale, ma non piangeva si limitava a osservalo con gli occhi
spalancati. Josh pensò che non l'aveva mai vista piangere.
Dovevano correre! Dovevano andare dai propri genitori! La scosse e
senza che lui dicesse niente capì il filo dei suoi pensieri.
Iniziarono a correre verso le loro case.Una sensazione brutta, cattiva
si fece strada in lui come quando da piccolo sai che stai candendo
dall'altalena ma non puoi evitare di farti male. "Troppo tardi" disse
il cervello. Ogni briciola di lucidità andò via. Vide Jen
che si staccava da lui e correva verso casa sua, che si accasciava a
terra, tra le ceneri e sussurrava. Non piangeva. Non urlava. Stava per
andare lì e urlarle contro di piangere. Ma incrociò le
ceneri di una dimora famigliare, evitò di pensare che tra quelle
ceneri c'era la sua famiglia. Notò un vaso, brutto, sano, in
piedi e iniziò a ridere isterico. Sua madre gli aveva detto che
pur colpendolo quel brutto vaso sarebbe sopravvissuto anche alle bombe,
lui e sua sorella si erano guardati immaginando di avere un'arma a loro
disposizione per distruggerlo per quanto era brutto. Lui era lì.
Lui era sopravvisuto! Sua madre no! La sua adorata madre no! Sua
sorella nemmeno! E nemmeno suo padre...e adesso con chi si sarebbe
infuriato per le poche attenzioni?! Prese il vaso e iniziò a
riempirlo di botte, la risata si trasformò in degli strani
singhiozzi e si ritrovò a piangere. Una figura gli si
avvicinò, gli tolse il vaso ancora intatto dalle mani e lo
abbracciò.
<< E' ANCORA INTERO!>>
Urlò tra i singhiozzi, le mani fredde come quelle di un
morto gli acarezzavano i capelli e dei sussurri che non riusciva a
capire come una specie di cantilena gli arrivavano alle orecchie ,
cadde in ginocchio e lei con lui.
<< Devo distruggerlo, devo distruggerlo,devo...>>
Era la sua voce che sussurrava quella cantilena. Lei non parlava,
si limitava ad abbracciarlo e ad accarezzarlo come quando mamma arriva
e ti vede giù da quella maledetta altalena. Cercò di non
pensare al fatto che non sarebbe più arrivata. Che quegli occhi
celesti uguali ai suoi erano in quelle ceneri, con i capelli ricci, e
quel sorriso fatto di denti perfetti.
<< Non ho messo in ordine la camera. >>
Disse con una voce che non era la sua, era più...infantile.
Non la riconosceva. Jen scosse la testa come per dire "non importa".
Passarono ore, o forse solo pochi minuti interminabili. Lei si
alzò e gli porse la mano.
<< Dobbiamo andare.>>
Sussurrò, come se non volesse dirlo, come se avesse paura
che la sua voce andasse via dal corpo. Josh si alzò, le prese la
mano e iniziarono a cammianare insieme. Cadaveri ambulanti in un posto
ormai morto.
*Note dell'autrice*
Hello!
Bè questa è la terza parte del racconto che scrivo in
meno di ventiquattro ore,anche se non ve ne importa mi andava di dirlo.
Se avete delle idee, domande, cose che non vi piacciono...ditemelo, per
favore. Grazie per essere arrivati fino alla fine. Ciao! :)
P.S. ci sono quei dannatissimi "<>" che non riesco ad eliminare, perciò ignorateli.
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