5- l'accordo
La fissò stranito per attimi interi.
Sapeva che già una volta era rimasto coinvolto in una cosa
del genere, e le conseguenze di quella scelta passata se le sarebbe
portate dietro, forse per tutta la vita...sensazioni, lievi emozioni,
sentimenti che non credeva di poter provare, che credeva di non dover provare,
annegando la propria debolezza nei mari in cui aveva navigato, lasciandosi alle
spalle le uniche persone che avrebbe mai potuto amare...
- Puoi scordartelo-
- Perchè?-
- Non sai neanche chi sono, bambina-
- Non mi importa. Nulla, né il
passato, né il presente, e tanto meno il futuro...puoi
essere un serial killer per quello che mi riguarda-
E nuovamente l'uomo inarcò il sopracciglio, realizzando che lei, Elisabeth non scherzava.
Non come quella cara, dolce Lizzie
che tremava all'idea di affidare suo figlio, il suo mondo ad un forestiero del
mondo; questa si stava abbandonando completamente, infischiandosene dei rischi
in cui sarebbe potuta incorrere.
Dovette ammettere che aveva
fegato.
Quel carattere era affascinante, e si ritrovò a pensare
che se fosse stato di mentalità plastica come quella ragazzina, sarebbe vissuto
più serenamente...
- Perchè io? il molo era pieno di
gente-
- Ma tu eri solo...-
E gli lanciò uno sguardo
compassionevole con quei grandi occhi scuri le cui pupille sembravano essersi
dilatate fino ad assorbire le iridi di una tonalità appena più leggera.
L'uomo sbuffò, terminando il suo caffé e alzandosi.
- Grazie per il caffé, ragazzina. Ora me ne vado- frugò in tasca e aprì il portafoglio in cerca di denaro per
pagare il conto. Ripose una banconota sul piattino e fece per andarsene.
Una piccola foto scivolò quindi sul tavolo.
Elisabeth la osservò, i gomiti poggiati sulla superficie
solida, accennando un lieve sorriso, colmo di malinconia e una sottile
amarezza.
- E' tuo figlio?Che bello…come si chiama?-
Lui si voltò rapidamente, accorgendosi solo dopo di cosa
la bambina stesse parlando.
Recuperò la foto con un gesto e la fissò con uno sguardo
indecifrabile prima di riporla.
- Quanti anni ha?- proseguì Elisabeth, che non accennò a
muoversi dalla sua posizione, il mento poggiato con atteggiamento indagatore
sulle proprie dita intrecciate.
La squadrò per poi tornare a sedere, circospetto.
- Frankie...si chiama Frankie...ha compiuto tredici anni da poco...ma
non è mio figlio...-
Lo disse con amarezza, chinando in parte il volto senza però sfuggire gli occhi della giovane ragazza che non
lo mollavano un attimo.
- No? Eppure vi assomigliate...-
fece eco Elisabeth, mirando direttamente al taschino, dove la foto era stata
riposta con frettolosa cura.
- Lascia perdere- sbottò irritato
l'uomo, senza perdere la calma ma assumendo un atteggiamento ritroso.
- Frankie...deve essere contento
di avere una persona come te che gli vuole bene...-
lasciò vagare i suoi occhi sul
pavimento, per poi ritornare su di lui, che si era acceso una sigaretta.
Si ritrasse istintivamente, assumendo una smorfia
preoccupata.
- Potresti...?- facendogli cenno
di spegnere quella cicca.
- No...- e continuò a fumare, evitando però di asfissiarla
col suo respiro scuro e pesante, di piombo.
- Ti chiedo solo di far finta di essere
quello che sei per Frankie..solo per qualche giorno;
sono disposta a pagarti bene-
Far finta di essere quello che
era per Frankie...
Fingere di essere un falso padre, dunque?
Un suo surrogato?
Perchè una bambina si ritrovava a chiedere cose tanto
assurde?
Disposta a pagarlo, per giunta...
Come se una bambina come quella avesse
tanta liquidità...
- Duecento sterline al giorno,
spese escluse, fino a lunedì...che ne pensi?-
Lo straniero le scroccò un'occhiata
ironica, un sorrisetto sarcastico gli curvava
elegantemente le labbra.
- Tu non hai tanto denaro-
- Si invece!- esclamò lei con
aria di superiorità,- Sono brava a risparmiare, più di voi scozzesi se è per
questo-
Si osservarono per un istante.
Diceva sul serio?
Era davvero disposta a pagare tanto?
E lui...era disposto ad
accettare?
A mettersi nuovamente in gioco in quel modo?
- Duecento sterline...cosa c'è dietro?-
La ragazzina arretrò dal suo posto, sprofondando più
comodamente nella poltrona e soffermandosi con aria quasi vittoriosa eppure
stanca su quell'uomo che avrebbe potuto essere la sua
via di fuga.
- Sono malata-
- Non si direbbe- ribatté lui,
osservandola alla luce di quella rivelazione.
A parte un lieve pallore sul suo volto e una gracilità comunque caratteristica delle adolescenti, avrebbe giurato
che quella bambinetta fosse sana come un pesce, se
non di più.
- Nulla di troppo grave, ma sono comunque
ricoverata in una clinica, a Glasgow-
- E allora?-
Elisabeth sospirò.
- Non mi permettono di uscire...ecco! E' quasi un anno che
non esco dalla clinica...mio padre aveva promesso che sarebbe venuto e avremmo
passato qualche giorno insieme...ma stamattina mi ha chiamato e-
- Ti ha dato buca, indovinato?- scherzò lui, ma con tatto.
- Ehi!- protestò la ragazzina, per poi annuire con un sorrisetto lieve.
- Già...una bella buca...Comunque…se
mio padre non c'è, non potrò uscire...-
- Potresti avere pazienza- disse lui, spegnendo infine la
sua sigaretta consumata sul posa cenere al lato del
tavolo.
- Potrei…ma non voglio! Lunedì mi operano e...- indugiò,
corrugando la fronte in una smorfia impaziente, - non voglio aspettare una vita
prima di poter uscire di nuovo-
- E io cosa dovrei fare?-
Elisabeth parve illuminarsi.
Gli spiegò che sarebbe dovuto
semplicemente dovuto venire da lei in clinica e prenderla, accompagnarla in
giro per poi riportarla lì la sera.
Nulla di particolarmente difficile.
Lui scosse il capo.
- E non credi che qualche dottore
potrebbe riconoscermi?E' illegale...- domandò lui serio, tentando di
divincolarsi da quel compito relativamente facile.
- Mio padre non è mai venuto in ospedale, mai una
volta...sono sei anni che nessuno lo vede qui a Glasgow, non preoccuparti,
andrà tutto benissimo!-
Elisabeth era entusiasta, mentre analizzava con rinnovato
orgoglio l'individuo che aveva scelto...
Qualcun altro avrebbe potuto lasciarla, piantarla in asso
già al molo...invece questo sconosciuto la stava ascoltando...sembrava quasi
interessato.
- E la tua famiglia? Tua madre?-
- Mia madre è morta cinque anni fa, e qui in città c'è
solo mia zia...ma lei non viene mai a visitarmi...non
le piaccio, credo...quindi non ti preoccupare! Ho pensato a tutto!-
L'uomo parve perplesso.
Ammirava quella ragazzina che sembrava così vitale e
sorridente, nonostante la sua situazione fosse non disastrosa ma quasi...
Ma aiutarla...
Entrare nella sua vita...
Permetterle di entrare nella propria...
Era questo che voleva?
Era questo che volevano entrambi?
Era questo...ciò di cui avevano bisogno?
- D'accordo, ragazzina...affare fatto-
Aveva accettato.