botb 3 one more night to live
Therefore all seasons shall be sweet to thee,
Whether the summer clothe the general earth
With greenness, or the redbreast sit and sing
Betwixt the tufts of snow on the bare branch
Of mossy apple-tree, while the nigh thatch
Smokes in the sun-thaw; whether the eave-drops fall
Samuel Taylor Coleridge, Frost at Midnight
The Amaranth's Inn, Nether Stowey, 29 settembre 2001
Sto cercando informazioni su questa Christabel. Ormai sono curioso. E
no, per chi se lo stesse chiedendo: nessun incubo stanotte. Nessun
fantasma. Però, non sono riuscito a dormire molto bene tanto che alle
6.00 ero già nella sala comune dove ho incontrato il folletto pittore.
Era lì, tranquilla, che sorseggiava il suo the vicino alla finestra. Io
ho preso una tazza di caffè e ho tirato fuori la Moleskine e gli
appunti su Coleridge. Ogni tanto la guardavo e sembrava persa in un
sogno. Devo ammettere che l'atmosfera era talmente rarefatta e magica
che avevo quasi timore a respirare.
Credo che il folletto - no,
meglio fatina - mi piaccia. Però, ho deciso che rimanderò le tattiche
di conquista a quando avrò risolto il mistero di Christabel.
In
quel silenzio e nella luce soffusa, ho riletto quello che avevo scritto
sul Poeta e mi sono soffermato soprattutto sulla sua giovinezza. Samuel
mostrò da subito un'attinenza alla poesia e alla scrittura, divorando
quantità di libri superiori al suo peso. E soprattutto, la sua natura
sensibile non faceva che renderlo ancora più attento a determinate
tematiche come la spiritualità, la sfera emotiva e gli incubi.
Molto
mi ha colpito un suo verso "With unclosed lids, already had I dreamt/Of
my sweet birthplace"*. Probabilmente Bleeker aveva ragione: io e il
Poeta abbiamo più cose in comune di quanto pensassi. Però, lo
sottolineo, il mio preferito resta Whitman.
Riesco quasi a
immaginarmelo, Coleridge, a vederlo correre in giro per le brughiere del Devon
insieme ai suoi fratelli, lui, il più piccolo, e forse anche il più
coccolato. Correre contro il tempo e nel tempo, senza curarsi di nulla
visto che l'infanzia è un percorso senza misura, in cui si è
addirittura più saggi degli adulti.
Immagino anche i suo genitori
sulla porta che lo guardavano dolci e attenti, pensando al suo futuro,
all'uomo che sarebbe diventato. D'impulso, un appuntamento fisso negli
ultimi giorni, prendo la mia biro mangiucchiata in cima e scrivo:
"Safely away from the world
In a dream, timeless domain
A child, dreamy eyed,
Mother's mirror, father's pride"
Il
rumore di una tazza posata sul tavolo di fronte al mio mi distrae dalla
scrittura e mi fa alzare gli occhi, socchiusi in uno sguardo
inviperito, sul responsabile di simile distrazione emotiva. Peccato che
abbia fulminato proprio la fatina. Divento bordeaux.
<< Ehi, wolf's eyes, take it easy. It's just sound effects! >>
La fatina mi lancia queste parole ridendo e nonostante la sorpresa iniziale, mi aggiungo anch'io alla risata.
***
Chiesa di Saint Mary e annesso cimitero
Io mi aspettavo che qualcuno mi chiedesse un permesso o qualcosa,
invece, quando ho chiesto al Reverendo Potts di guardare nel vecchio
archivio (informazione ricevuta dai proprietari del Coleridge's
Cottege) mi è stato subito dato l'ok. Si vede che nessuno se li
fila questi documenti pieni di polvere che quando un'anima pia li
rivendica, sono più che felici di darli in lettura, così
ovviano anche alle spese di pulizia dei volumi. Questo perché ho
dovuto utilizzare almeno un pacchetto di kleenex e mezzo rotolo di
carta igienica per riuscire anche solo ad aprirli senza rischiare un
attacco allergico o l'attacco degli acari.
Prendo i documenti catastali delle nascite e mi metto subito alla
ricerca della famiglia Ashley. A quanto pare, anche l'ipotetica
Christabel aveva quel cognome, quindi, un problema in meno. Sfoglio le
carte avanti e indietro, passo ad altri documenti, ma niente, dopo
quasi cinque ore di lavoro, non ho trovato la minima traccia che possa
condurmi alla soluzione del mistero.
Decido di fare pausa, visto che sono quasi le due del pomeriggio e vado
a comprarmi un panino e una bibita dal supermercato più vicino.
Prima di tornare al lavoro, decido di fare un giro nel cimitero. Qui
sono sepolti i resti terreni degli abitanti di Nether Stowey sin dal
1700. Per questo dribblo la zona moderna e mi dirigo con passo deciso
nella parte più antica. Cammino tranquillo, senza alcuna fretta,
in questo luogo silenzioso e di pace. Ci sono tante lapidi una vicina
all'altra, ma nessun angelo guardiano, come ad indicare che nella morte
siamo tutti uguali e che la guida verso l'altro Regno è comune.
Decido di tornare indietro per continuare il mio lavoro da pseudo
archivista, quando, improvvisamente, un particolare colpisce la mia
attenzione. Una parte delle mura del cimitero è coperta da fitti
rampicanti di edera da cui fanno capolino delle rose. A colpirmi, nel
pallido sole pomeridiano, è il colore delle rose: rosso cupo
tendente al nero. Anche da questa distanza, le rose sembrano di
velluto, morbide e sensuali, e sembrano invogliare alla carezza. Le
vedo scendere verso la terra e capisco che, in un rituale macabro e
affascinante insieme, il concime della loro vita è stato dato
dal corpo che giace ai loro piedi, i cui unici resti alla conoscenza
umana e al ricordo, sono dati dalla piccola lapide in pietra
parzialmente ricoperta dalla vegetazione.
Mi avvicino cauto, attento a non disturbare l'eterno riposo di queste
anime, e mi chino ad osservare i fiori. E a toccarli. Sembrano davvero
petali di stoffa vellutata e il loro profumo è incantevole, un
misto di limone e ciliegia, oserei dire. Rimango un attimo deliziato
dal loro spettacolo e mi pento vivamente di non avere una macchina
fotografica e di non essere bravo nel disegno, o di certo, avrei fatto
un magnifico schizzo sulla mia moleskine. Questi fiori sono stati
piantati apposta qui, e hanno continuato a crescere nei secoli
indisturbati. Probabilmente, sto commettendo un atto sacrilego, ma con
mano ferma, scosto le foglie che coprono la visuale sulla lapide in
pietra, scoprendo così il nome della creatura che ha dato vita
ad un simile miracolo. La rivelazione è talmente forte che cado
seduto sull'erba morbida:
Sara Rose Derwent
18 May 1780 - 10 September 1798
Beloved daughter and friend.
"There is not wind enough to twirl
The one red leaf, the last of its clan,
That dances as often as dance it can,
Hanging so light, and hanging so high,
On the topmost twig that looks up at the sky."
(STC)
Rimango un attimo basito ed estraggo dallo zaino il libro che ho
comprato su Coleridge, girando svelto le pagine mentre un nodo di ansia
ed eccitazione mi stringe lo stomaco. Prima cosa, Coleridge nel 1798
era qui a Nether Stowey e a fine settembre venne portato via dall'amico
Wordsworth, poichè la sua depressione era aumentata a livelli
che lasciavano temere per la sua vita. Poi, due dei figli di Coleridge
si chiamavano Sara e Derwent. E l'epitaffio sulla lapide è
tratto dal poema incompiuto.
L'ho trovata.
Ho trovato Christabel.
***
Ritorno nell'archivio con ansia crescente, ma soprattutto con la
consapevolezza che c'è qualcosa di serio in tutta questa storia.
Insomma, ditemi quel che vi pare, ma nessuno chiama i propri figli con
il nome di un'altra donna, o soprattutto, permette che i propri versi
vengano utilizzati come epitaffio. E altro che Ashley! Ci credo che
brancolassi nel vuoto. Sara Rose Derwent doveva essere imparentata con
loro o non si spiegherebbe l'abbondanza di rose sulla sua tomba, ma non
portava il loro stesso cognome, il che fa pensare che i Derwent si
siano uniti in matrimonio agli Ashley in seguito.
Riapro tutti i documenti ed effettivamente, le mie ipotesi sono
più che giuste: la sorella di Sara, Mary Margareth ha sposato
tale William Ashley (fioraio) nel 1801. Benediciamo l'usanza di
testimoniare le nozze e soprattutto, il fatto che questi documenti
siano arrivati intatti a due secoli dopo. Il problema però
resta: come dimostro che Sara è Christabel e che conosceva
Coleridge? A conti fatti, le mie restano speculazioni.
Mi alzo in piedi nervoso, in cerca di altri documenti, quando un refolo
di vento gelido attraversa il mio corpo, lasciandomi tremante. I peli
mi si rizzano sulle braccia e alla base della nuca perché
ho la certezza di essere osservato. E non può essere il
Reverendo, visto che ogni volta che è venuto qui, ha sempre
bussato alla porta per far avvertire la sua presenza. Vedo la fiammella
di una candela accesa sotto un quadro votivo tremare leggermente e i
miei denti iniziano a battere.
Nell'aria si sparge un odore misto di incenso, rosa e limone, una
fraganza appassita. Sono sicuro di aver sentito ridere alle mie spalle.
Ho paura al pensiero di voltarmi ma so che devo farlo. E proprio nel
momento in cui mi sto per girare, la finestra decorata di fronte a me
si apre di scatto, lasciando entrare il vento fresco di fine settembre,
spegnendo la candela e lanciando in aria i fogli su cui stavo
lavorando. Mi volto di scatto, senza quasi pensarci e mi accorgo di
essere solo, in questo ambiente polveroso.
Mi passo una mano sulla fronte, mi sarò sicuramente suggestionato con questi ambienti à la Emily Brontë!
Cos'è quello?
Rimango immobile per dieci minuti buoni, prima di trovare la forza di
chinarmi e prendere tra le mani quello che si rivela essere un
foglietto arrotolato chiuso da un laccio scolorito. Il motivo per cui
non ho reagito subito è questo: il foglietto era circodato da
una decina di petali neri.
***
My dear (...)
How coud you leave me in this garden of pain? Why (...) your absence? When could I embrace you again, my beloved Christabel?
(...)
- cancellato- did you ever - macchiato e incomprensibile -
Thou give to me death in life. I should rejoin death to return to life - cancellato -, Christabel (...) you have left me. - macchiato - and I've lost myself.
- incomprensibile - punish you and reveal you as you are. Incomplete.
Like me, like ourselves. (...)
Never finding an end.
(...) - incomprensibile - the Beast will always be waiting for the Beauty.
Samuel Taylor Coleridge, NS 1798
***
Saluto il Reverendo come se avessi il diavolo alle calcagna. Gli
ho praticamente lanciato contro i documenti, non prima di averli
nuovamente sistemati. E sono corso fuori, in direzione del cimitero per
fare la cosa che mi sembra più giusta. Sono le cinque e un
quarto e la chiesa chiuderà verso le sei, costringendomi a
tornare domani mattina. Ma questo impegno non può aspettare un
minuto di più.
Dopo aver letto la lettera, sono rimasto fermo a fissare il vuoto. Mi
sentivo come svuotato e allo stesso tempo, riempito di una miriade di
sensazioni e immagini che avrebbero fatto impallidire Spielberg. Avrei
dovuto sentirmi come un ladro per aver letto quelle parole, ma non ci
riesco. Ho il cuore che mi scoppia per la tristezza, per un amore che
il fato ha troncato nel peggiore dei modi.
Mai, mai potremo conoscere la verità sulla loro storia, visto
che Christabel è stata spazzata via dal vento, come cenere. E
Coleridge non ha mai rivelato a nessuno il suo tormento, lasciando che
invece, fossero l'alcool e il laudano a parlare per lui, utilizzandoli
forse come strumenti per riavvicinarsi all'amore che gli era stato
portato via.
Non ricordo di aver visto la lettera tra i documenti che controllavo,
ma se è riapparsa per mano di Sara o di Samuel, non importa. Di
certo, quella lettera non è mai stata letta a Sara e forse lei
è morta senza sapere quanto era stata amata e venerata dal Poeta.
Credo che sia ora che queste due anime si ricongiungano per l'eternità.
Giungo davanti alla tomba di Christabel e con devozione scavo un
pò nella terra scura cercando di ricavare un posto in cui
inserire la lettera. Non sono parole per il mondo queste, e io altro
non sono che il mezzo per concludere una vicenda iniziata più di
duecento anni fa.
Leggo ancora una volta le parole d'amore del Poeta, a voce alta, e poi,
le seppellisco per sempre in mezzo ai petali neri della sua Christabel.
Mi siedo e guardo ancora una volta questo insieme decadente di rampicanti, rose e tombe per imprimermelo nella memoria.
E non resisto. Il mondo forse non conoscerà mai la
verità, ma io sì. E devo renderle giustizia. Devo darle speranza.
Alla mia
maniera.
Alla maniera di Tuomas Holopainen, compositore dei Nightwish.
"I wish I could come back to you
Once again feel the rain
Falling inside me
Cleaning all that I've become
My home is far but the rest it lies so close
With my long lost love under the black rose
You told I had the eyes of a wolf
Search them and find the beauty of the beast
All of my songs can only be composed of the greatest of pains
Every single verse can only be born of the greatest of wishes
I wish I had one more night to live."
E non so perchè, ma le parole della fatina si sono mischiate prepotentemente alle mie lyrics.
Note dell'autrice:
* verso tratto da Frost at Midnight di Samuel Taylor Coleridge
Repetita iuvant: la liason tra tale Sara Rose Derwent aka Christabel e Coleridge è frutto della mia immaginazione :)
Le rose nere sono state introdotte dal 1856 in poi. La rosa nera non
esiste in natura :) Quella presentata qui ha l'aspetto della Black
Baccara Rose e il profumo della Lois XIV (ebbene sì, mi sono
informata :P )
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono. La canzone citata è Beauty of the Beast dei Nightwish.
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