Beh,
eccomi di nuovo... Vi avevo promesso che avrei pubblicato non appena fossi
arrivata in fondo al capitolo e...
In
realtà speravo di finire prima e pubblicare in serata... Volevo tirare un po’
su di morale la mia Coccia, visto che oggi ( beh, ieri ormai... ) ha avuto una
giornataccia, così questo capitolo è tutto per lei...
Per chi
non ha idea di che cosa trattino le 5 pagine qui sotto, facciamo un piccolo
riassuntino:
avete
presente la storia di Lady Bracknell che ho iniziato a pubblicare poco tempo fa,
The Werewolf Who Stole Christmas?
No???
Beh, che fate ancora qui? Correte a leggerla!!
A parte
scherzi...
Qualche
giorno dopo aver pubblicato il primo capitolo tradotto, Lady Bracknell ha
iniziato a pubblicare una specie di prologo...
Il fatto
è, che a lei non cambia niente, visto che ha all’attivo 16 capitoli pubblicati,
mentre se io l’avessi saputo avei pubblicato il prologo ed il primo capitolo e
non viceversa...
O forse
no.
Comunque,
tralasciando le mie opinioni sui tempi di pubblicazioni della nostra amata
autrice, vi lascio leggere.
Forse
dai miei vaneggiamenti non si è capito, ma quello che segue è il prologo di
quella storia.
O almeno
il primo capitolo ( saranno al massimo tre ).
Mi farò
sentire presto.
Nonna
Minerva.
No
Time Like the Present
I regali
di Natale erano sempre stati per Remus un’impresa titanica.
A
Hogwarts, Sirius aveva sempre i soldi per regali esagerati. Nonostante i
rapporti tesi con la sua famiglia, i suoi genitori si assicuravano sempre che
avesse Galeoni a sufficienza per comprare regali costosi ai suoi amici –
desiderando che mantenesse almeno le apparenze – ed anche James non era mai a
corto di denaro, anche se per differenti motivi. Persino Peter a Natale
spendeva più di quello che poteva permettersi, e Remus si chiedeva spesso se
Peter temeva che gli altri l’avrebbero disprezzato se non avesse tenuto il
passo, quando in realtà non era affatto così.
Remus
non aveva mai avuto tutti quei soldi, ma non si era mai sentito a disagio per
quello. Saltava sempre fuori con cose che sperava ai suoi amici sarebbero
piaciute – cose che solo lui avrebbe potuto pensare di prendere per loro. Con
Lily aveva iniziato a prendere nota mentalmente di chi aveva detto che
desiderava cosa durante le uscite a Hogsmeade, di chi aveva visto qualcosa che
avrebbe voluto da Zonko, a chi si erano illuminati gli occhi al pensiero delle
Gomme Bollose ai gusti esotici, o ad un nuovo tipo di dolce. Spesso inventava
incantesimi o nuovi scherzi che sapeva loro avrebbero apprezzato, cose che
richiedevano più tempo ed applicazione che denaro.
Non
aveva mai avuto la sensazione che ciò che faceva non fosse abbastanza.
Fino ad
ora.
Era in
piedi di fronte alla vetrina della gioielleria, e squadrava la vasta selezione
di ciondoli disposti su elegante velluto blu, chiedendosi come mai le monete
che aveva in tasca apparissero improvvisamente così pesanti, ed allo stesso
tempo così leggere ed inconsistenti mentre fissava le targhette dei prezzi.
Gli era
sempre piaciuta Hogsmeade in inverno – gli alberi spogli si stagliavano neri
contro il cielo della sera, ma scintillavano di ghiaccio, apparendo troppo
magici per essere reali, nonostante sapesse che lo erano, e le strade
ghiacciate, spruzzate di neve fresca ed i tetti bianchi ed i negozi erano
idilliaci, come fossero appena usciti da una cartolina. Tuttavia tutta questa
atmosfera ora gli ricordava malignamente quanti giorni mancavano a Natale, e quanto
poco tempo gli fosse rimasto per trovare qualcosa che andasse bene, il regalo
perfetto che avrebbe fatto intuire a Tonks – indirettamente, ma senza lasciar
dubbi – quello che provava per lei.
Era
rimasto lì in piedi sul marciapiede ghiacciato per così tanto che aveva i piedi
intorpiditi e non riusciva più a sentirsi le dita. E ancora, non aveva deciso.
C’era un
articolo che avrebbe potuto permettersi...
Ma era
troppo fuori moda, troppo semplice, troppo... qualcosa.
Pensò
fugacemente che forse avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di Molly
e scriverle invece una poesia, ma la scartò immediatamente, perché era
semplicemente impossibile trovare qualcosa che facesse rima con ‘Tonks’ ed
avesse il giusto tono romantico. Si spostò di qualche passo sui piedi
ghiacciati, fissando un altro punto della vetrina sperando di trovarvi quello
che un minuto prima non c’era – il perfetto paio di orecchini, il braccialetto
perfetto, il perfetto qualcosa...
“Ehilà!”
Remus
fece un salto.
Si portò
una mano al cuore, scivolò leggermente sul marciapiede ghiacciato mentre
atterrava e due occhi scintillanti incrociavano i suoi.
Tonks
gli sorrideva allegramente da sotto un berretto verde acido, il collo avvolto
da una sciarpa dello stesso colore, il naso dello stesso rosa delle ciocche di
capelli che spuntavano da sotto il berretto.
“Shopping
Natalizio?” chiese.
“Mmh,”
mormorò, il cuore che gli batteva forte per la sorpresa e per qualcos’altro di
completamente differente.
“Visto
niente che ti piaccia?” gli domandò. “Sei lì da secoli. Riuscivo a vederti da
sopra la collina.”
Imbarazzato,
Remus spostò il peso da un piede all’altro, schiarendosi la gola. Di tutte le
persone che potevano sorprenderlo a fissare dentro la vetrina della
gioielleria...
“No,”
rispose, suonando molto più calmo di quanto in realtà si sentisse. “Non
ancora.”
“Sono
una frana in queste cose,” ammise Tonks, accigliandosi al pensiero. “Non so mai
cosa regalare alle persone.”
“No?”
chiese, era certo che chiunque avrebbe adorato un suo regalo, per il semplice
fatto che l’aveva preso lei.
“Credo
mi manchino un paio di geni femminili.” Affermò, sfregando le mani fra di loro.
“Quello dello shopping, e quello per riordinare le cose senza scatenare un
uragano.”
Remus ridacchiò e dalla sua bocca uscì una
nuvoletta azzurrina che fluttuò verso di lei. Tonks fece lo stesso e, per un
istante, condivisero un sorriso, i loro respiri che si mescolavano, gli sguardi
incatenati, senza rompere il contatto, trasmettendo qualcosa che lui non poteva
decifrare.
Oppure
poteva, ma non ne era certo.
Certe
volte, quando si erano attardati a chiacchierare la sera, oppure bloccati
insieme per una missione da qualche parte, aveva pensato che lei stesse
flirtando con lui – sedendosi un po’ più vicino a lui di quanto avrebbe fatto
un’amica, lasciando che la sua mano sfiorasse la sua nel passargli una tazza di
tè o nell’offrirgli un biscotto. A volte pensava che fosse soltanto una sua
impressione, che per nessun motivo una come Tonks avrebbe potuto essere
interessata ad una patetica anima in pena lamentosa come lui, ma quei dubbi
duravano fino a quando la vedeva di nuovo, e lei inciampava nel vederlo, oppure
nei suoi occhi brillava una scintilla quando incontravano i suoi, o si sedeva
più vicino a lui con un fare che era appena oltre l’amichevole, e lui si
convinceva che non era solo un’impressione, che qualcosa sarebbe avvero potuto
accadere.
Se ne
avesse avuto il coraggio.
Se
avesse trovato il regalo perfetto.
Se non
fosse morto assiderato prima di riuscire a comprare qualcosa.
Voleva
prenderle qualcosa di significativo, qualcosa che esprimesse più di quelle
serate a far tardi bevendo cioccolata e chiacchierando amichevolmente, qualcosa
che significasse davvero qualcosa per lei, ma ogni volta che cercava di coglierla
di sorpresa chiedendole cosa si aspettava di ricevere per Natale, lei si era
rivelata maledettamente evasiva, affermando che sarebbe stata felice di trovare
un dolcetto ed un topo di zucchero sotto l’albero, e nessuno di due gli
sembrava particolarmente romantico.
Tonks
accennò con la testa alla vetrina.
“Stai
cercando qualcosa di particolare?” chiese. “Sono una frana, ma se ti serve un
consiglio...”
“Oh,”
mormorò Remus, cercando di non suonare troppo scosso per il suggerimento.
“Ehm... sì. Stavo pensando ad un braccialetto con dei ciondoli...”
“Devi
fare un regalo ad un amico nudista calvo?” domandò e lui scosse la testa,
leggermente spiazzato riguardo al tipo di amici che lei credeva avesse. “Allora
me ne terrei alla larga.”
“Oh.”
“Magari
sono solo io,” spiegò, “Ma i ciondoli mi si impigliano sempre nei capelli o
nella manica e cose così.”
“Oh.
Grazie,” disse, eliminando il braccialetto dalla sua lista mentale. “Oppure
pensavo a degli orecchini, ma...” si interruppe con una scrollata di spalle, indicando
la vetrina, “Non so da dove iniziare.”
Tonks
gli sorrise brevemente e poi fece un passo avanti, appoggiando la fronte alla
vetrina del negozio e sbirciando dentro, il suo respiro che appannava il vetro.
Ispezionò gli oggetti esposti per un attimo, stringendo le labbra mentre
pensava ed i suoi occhi scorrevano lungo l’assortimento di gemme di ogni
colore, collane di ogni tipo, anelli di tutte le dimensioni e forme
immaginabili.
“L’antico
anello con zaffiro rosa è carino,” disse infine. “Li hai novecento Galeoni?”
Incrociò
il suo sguardo, sorridendo, e lui scosse la testa.
“Forse
dovrei fare un salto a Grimmauld Place e guardare sul divano.” Disse.
“Io non
lo farei,” lo avvertì, fingendo un tono serio. “C’è di tutto là dentro. Rischi
di perderci un dito.”
“Mmh,”
mormorò, mentre l’espressione compita di lei lasciava lentamente spazio ad un
sorriso che avrebbe definito timido, se non fosse che ‘timido’ era una parola
che difficilmente avrebbe associato a Tonks.
“Per chi
è, comunque?” gli chiese, inarcando un sopracciglio.
“Mia
madre,” rispose, leggermente sorpreso per quanto poco la sua mente ci avesse
messo a trovare una scusa.
“Oh,”
esclamò, sorpresa. “Non sapevo avessi una madre.”
Aveva a
malapena notato la sua gaffe, quando Tonks sussultò, arrossì violentemente, più
di quanto non lo fosse già per via del freddo, richiamando ancora più
attenzione su quello che aveva appena detto. “Voglio dire... è ovvio che tu hai una, perché, sai,
tutti ce l’hanno,” farfugliò velocemente, alzando gli occhi al cielo per la sua
stupidità in un modo che lui non poté fare a meno di trovare estremamente
attraente. “E’ solo... non ne parli mai.”
“Per un
attimo, poco fa,” le sussurrò avvicinandosi leggermente, ed abbassando la testa
in modo da guardarla attraverso un ciuffo di capelli scomposti, “Temevo che
sarei stato costretto a tirarti da una parte e mandare all’aria le tue
convinzioni, rivelandoti che i bambini non nascono dai cavoli.” Terminò, e lei
rise.
“Vuoi
dire che non è vero?” domandò , mettendo su un’espressione scioccata che era
davvero molto convincente.
“No,”
rispose. “Vedi, Tonks, quando due persone si amano davvero tanto...”
Lei
ridacchiò e gli diede un colpetto di avvertimento, ma facendo così perse
l’equilibrio e scivolò sul marciapiede ghiacciato, il sedere all’indietro e la
testa in avanti, rischiando di andare a sbattere contro Remus. Le mani di lui
scattarono di loro accordo, afferrandola per le braccia ed interrompendo la sua
caduta, tenendola ferma, stabile, sicura. L’espressione confusa di Tonks si
trasformò in qualcosa che poteva essere sollievo, ma non ne era sicuro,
incrociando lo sguardo di lui con speranzosa prudenza che faceva fare le
capriole al suo stomaco.
E per un
istante che sembrò un’eternità rimasero lì, semplicemente a guardarsi.
Lei si
morse il labbro.
Il cuore
di Remus accelerò i battiti.
Ringraziò
la sua stella fortunata per i marciapiedi ghiacciati.
“Grazie,”
mormorò, e la sua voce era meravigliosamente, deliziosamente, dolce.
“Tutto
bene?” le chiese, stabilizzandola e poi lasciando riluttante la presa.
Tonks
deglutì e annuì, e Remus si chiese se fosse tempo, il momento giusto per dirle
che gli piaceva; Che gli
piaceva
più di un’amica, una compagna di lavoro, qualcuno con cui fai quattro risate;
dirle che, se lei l’avesse voluto, lui sarebbe sempre stato al suo fianco nel
caso pavimenti ghiacciati avessero preso il sopravvento.
Lei
sorrise, e Remus dimenticò all’istante quello che stava pensando.
“La
spilla è carina,” disse infine, tornando a guardare la vetrina. “Si abbina con
sciarpe e cose del genere. Le starà molto bene se ha la tua stessa carnagione.”
“Pensavo
ti mancassero un paio di geni femminili
!” le
disse con dolcezza.
Tonks
rise brevemente scacciando le ultime tracce di gelo dal suo corpo infreddolito.
“Forse quello ce l’ho.” Scherzò con una scintilla negli occhi che fecero
accelerare il suo respiro.
L’orologio
dell’Ufficio Postale batté le ore e Tonks sussultò.
“Merlino,
sono in ritardo!” esclamò, tirandosi il cappello sulle orecchie. “Devo
incontrare un amico ai Tre Manici di Scopa,” aggiunse, con un sorriso di scusa
mentre indicava il pub in fondo alla strada. “Ma se vuoi resto a darti una
mano.”
“Facciamo
un’altra volta?” suggerì. “Ho ancora un paio di commissioni da fare prima di
Natale.”
“Mmh,”
acconsentì Tonks, sorridendogli in un modo che lo faceva vibrare di aspettativa
e speranza. “Sono certa che... beh... ci vedremo in giro.”
Lui
annuì, sperando di non mostrare troppo entusiasmo all’idea – che era difficile
quando il suo stomaco dentro di lui stava facendo un per nulla tranquillo
balletto.
“E’
meglio che vada.” Disse la ragazza.
“Certo.”
Lo
salutò calorosamente e quindi si incamminò verso i Tre Manici di Scopa,
lasciando Remus con i piedi insensibili per il freddo, ma completamente conscio
del sangue che gli pulsava nelle vene, del cuore che batteva forte, e di quella
bellissima sensazione allo stomaco.
."e quello ce
l'