Capitolo 11
Angolo
dell’autrice.
Scusate l’attesa estenuante, ma gli impegni
universitari e alcuni problemi di salute, non mi hanno permesso di dedicarmi
alla storia in maniera adeguata! Ma ora, sono tornata e tenterò di aggiornare
in maniera più regolare, nel week-end! ;D Ringrazio tutti quelli che continuano
a seguirmi in maniera così assidua. Il vostro appoggio è la mia forza.
Ora vi lascio al capitolo, che è molto lungo e ricco
di particolari. Leggetelo attentamente, vi servirà in futuro. ;D A presto! Vi
adoro! <3
Bella
Il soprabito nero gocciolante per la pioggia, un cappello
stile Casablanca sul capo, l’orlo della visiera a nascondere parte del viso
squadrato, gli angoli della bocca rossa e dischiusa, tesi a preannunciare un
sorriso, l’alta e scura figura del vampiro appena entrato, oscurò come una nube
densa di terrore l’atmosfera serena e pacifica di Villa Stuart.
Jack non smetteva di dardeggiare con gli occhi ambrati il
vampiro e le scale, come terrificato all’idea di vedervi spuntare, da un
momento all’altro, Jenna e Chris, mentre il braccio destro era teso verso
Suzanne, come per proteggerla. Heather e, accanto a lei, un braccio stretto
saldamente intorno alla sua vita, Kayle erano entrambi molto vicini al padre,
che con la mano sinistra a palmo aperto, fece arretrare di un passo dietro di
lui il figlio. Era come se, in qualche
modo, con il suo solo corpo, volesse fare da scudo all’intera famiglia.
Come in una sorta di sottile risonanza nei gesti, Carlisle
lo imitò, ponendosi davanti a tutti noi Cullen. Edward mi strinse più forte a
sé, attendendo una qualsiasi mossa da parte dello sconosciuto.
Con tutta calma, lo vidi togliersi il soprabito e il
cappello, attaccando entrambi sull’appendiabiti in legno classico vicino alla
soglia, mostrandoci le spalle, del tutto rilassato e, notai, incosciente, vista
la tensione nervosa che aveva scatenato in tutti noi.
A quel punto, pensavo che Jack sarebbe stato il primo a
bloccarlo contro la porta, ma, sorprendendomi, non lo fece, preferendo
mantenere la sua posizione di difesa. Come Edward, attese paziente che si
voltasse.
Quando finalmente lo fece, lo osservai incuriosita. Non
nascosi la mia delusione, alla vista di un semplice giovane di appena ventisei
o ventotto anni, il viso angoloso, la bocca pronunciata e carnosa, gli occhi di
ghepardo di un acceso color ocra, i capelli corti e indisciplinati in semplici
onde castano scuro. Era discretamente alto, dal fisico asciutto e magro, anche
se i muscoli delle braccia e delle gambe erano visibili al di sotto del
completo in giacca e cravatta, classico e rigorosamente nero.
Ad una prima occhiata, non mi sembrava così pericoloso. Era
convinta, che sarebbe bastato l’attacco combinato di Jasper ed Emmett per
renderlo innocuo. Tuttavia, data la preoccupazione che leggevo negli occhi di
Carlisle, la tensione palpabile che proveniva da Jack e la calma vigilanza di
Edward, rimasi all’erta, lo scudo istintivamente attivo.
“ Jackson!”
Esclamò all’improvviso il vampiro, assordandomi con la sua
voce vigorosa da tenore.
Era chiaro che si stesse riferendo a Jack, che gli rispose
guardingo.
“ Charles.”
Il vampiro di nome Charles sorrise. Era un sorriso a metà,
uno di quelli prodotti solo dall’arcuarsi di un solo angolo della bocca. Un
sorriso fin troppo breve, per arrivare agli occhi, che rimasero freddi e
innaturali.
Non mi piacque, non mi piacque per niente e di riflesso, il
mio scudo si staccò da me di appena due millimetri.
“ Sai, è davvero curioso… i casi della vita… non ci ho mai
creduto, ma ora mi sorprendo a ricredermi.”
Continuò Charles, incurante del gelo che gli regnava
intorno. Per niente turbato dalla fredda accoglienza ricevuta, iniziò a
blaterale con tono di voce morbido e suadente, una sequela di parole illogiche,
i classici preludi fra amici di vecchia data, che non s’incontrano da molto
tempo e che, una volta rivisti, sciolgono il ghiaccio con discorsi banali.
Come se fosse a casa propria, iniziò a percorrere il
soggiorno a grandi passi, guardandosi intorno, deliziandosi di particolari di
poco conto, come il colore delle tende, quello delle pareti, i soprammobili sul
camino in marmo pregiato… fino a sedersi su una poltrona, accavallando le gambe
e assumendo una posa aristocratica.
Prese fra le mani un pacchetto di sigarette lasciato lì, per
caso, da Kayle, facendolo ruotare leggero fra le dita, aprendolo e annusandone
il tabacco, sempre sorridente e sotto gli sguardi indagatori di tutti.
“ Come mai sei qui, Charles?”
Charles non gli rispose subito, osservandolo da sopra il
pacchetto, per poi gettarlo sul tavolino in vetro raffinato, con un gesto
svogliato.
“ Sono stato ad un funerale. Una donna è morta ieri sera. Causa
della morte: dose eccessiva di psicofarmaci. Era depressa da più di tre mesi,
ormai. Suo marito era morto in un incidente stradale e lei non si è più ripresa
d’allora. Negli ultimi tempi, sembrava aver riacquistato un po’ di vita, grazie
all’appoggio indispensabile di un misterioso uomo dell’alta finanza, uno
straniero affascinante e… volitivo.”
Di nuovo quel mezzo sorriso a distorcergli la bocca, lo
sguardo ironico puntato in quello di Jack, impassibile.
Si guardarono per pochi istanti. Sembrava che Charles
attendesse un commento di Jack, che non arrivò. Così, il vampiro continuò,
distogliendo lo sguardo dal suo.
“ Ho notato che i funerali non sono più quelli di una volta.
Si piange di più e si sparla di meno. Sembra quasi che gli umani si stiano
sensibilizzando maggiormente, nei riguardi del prossimo e che siano
sinceramente colpiti dalle tragedie altrui. Che sia un virus tragico-patetico,
ad influenzarli?”
Sembrò riflettere sulle sue parole per lunghi secondi, per
poi alzarsi dalla poltrona e dirigersi fin troppo lento al piano di Jenna. Si
sedette allo sgabello, alzando la copertura mentre proseguiva il discorso,
velocemente:
“ Anche i requiem non sono più quelli di una volta. Così
deboli, così melensi!”
Esclamò, con voce tonante e disgustata, iniziando a suonare
un triste e forte requiem.
“ Ah! Mozart! Non c’è suono più lugubre, non ti sembra?”
Disse, rivolto sempre a Jack, guardandolo negli occhi, solo
e soltanto lui, come se noi e il resto degli Stuart non esistessimo. Era molto
bravo a suonare il piano e c’era qualcosa in quelle note forzatamente
arrabbiate, che mi rammentò un’altra melodia, più rabbiosa e angosciata.
Rabbrividii, al ricordo delle musiche cariche di risentimento suonate da Jenna,
poche settimane fa, quando ancora credeva di odiare profondamente Chris. Il
modo in cui suonava Charles era spaventosamente simile a quello della vampira.
“ Queste sono le melodie giuste, da comporre per un
funerale. Anche quelli non ufficiali.”
Meditò sulla sua ultima frase, gli occhi fissi davanti a sé,
la bocca stretta, ora, in una linea dura.
“ Anche quando il corpo del defunto è spezzato in tanti
piccoli pezzi. Braccia… gambe… testa… dorso… busto…”
Ogni parola, era una nota più dura. Cominciai a rabbrividire
per la tensione.
“ E poi, naturalmente, bisogna deporre le parti in un
recipiente adeguato. Una cassa magari? In legno di frassino, possibilmente, con
intarsi alessandrini. Molto raffinata, molto costosa.”
Continuò il suo discorso macabro, facendomi agitare sul
posto, colta da un nervosismo improvviso, che cresceva sempre di più. Avrei
voluto che la smettesse subito con quel discorso. Avrei voluto che smettesse di
suonare quel corteo funebre. Avrei voluto che se ne andasse.
Sentii Kayle sibilare un ringhio acuto e le braccia di
Edward farsi più salde sulla mia vita, le dita ad accarezzarmi i fianchi, come
a tranquillizzarmi.
“ E poi, cosa farne? Ah, ma certo! Il fiume.”
Le dita si arrestarono sulla tastiera, componendo note
stridule e forti, che vibrarono nel silenzio pesante che era disceso fra tutti
i presenti. Smisi di ansimare agitata, quando quel suono orribile non cessò del
tutto.
“ Sento ancora il rumore di quelle acque fetide cozzare
contro il legno, spingerlo sulle rocce e frantumarlo. Quelle acque torride e
putride, con rane e rettili di ogni sorta ad infestarne il fondo.”
Mormorò con tono mortale, per poi voltarsi lentamente verso
Jack, per fulminarlo con lo sguardo.
Jack lo sostenne, ma non aspettò che fosse nuovamente lui a
rompere il silenzio. Sembrava quasi non volerlo per niente incoraggiare.
“ Sarai sorpreso di vedermi, vero Jack?”
Disse, sibilando il suo nome fra i denti.
“ In realtà, Charles, mi sorprendo che tu non sia venuto
prima a porgermi visita.”
Disse con flemma Jack, come se stesse parlando del tempo.
Le labbra di Charles, si curvarono nuovamente in quel mezzo
sorriso, quasi derisorio.
Si alzò finalmente dal piano, avanzando verso Jack, le mani
nelle tasche dei pantaloni, il passo misurato.
“ Sempre così garbato, Jack, mi compiaccio.”
Si risedette sulla poltrona, assumendo la stessa posa di
poco prima.
“ L’hai uccisa tu, non è così? Quella donna.”
Gli chiese Jack, facendolo sorridere, questa volta
apertamente.
“ Naturalmente.”
Confermò, per nulla turbato.
“ Sapevo che saresti venuto, prima o poi. Ho riconosciuto la
tua firma, in alcuni suicidi della cronaca nera, nelle ultime due settimane.
Vedo che hai abbandonato la tua predilezione per le bambine.”
Charles sorrise, giocando con la linguetta della cravatta
del suo completo, facendola scivolare fra le dita.
“ Mi ero stancato di ricoprire il ruolo di lupo cattivo. Le
Cappuccetto Rosso diciottenni davvero succulente, sono quasi del tutto estinte,
al giorno d’oggi.”
“ Quindi, sei passato a prede più mature.”
“ Esatto. Le vedove sono il mio piatto forte, ultimamente.
Ma anche le disperate, mi attraggono particolarmente. L’importante è che non
abusino di antidepressivi. Guastano tutto il sapore.”
Sembrava che Charles si divertisse a provocare Jack, assillandolo
con i racconti dei suoi omicidi, con dovizia di particolari.
Più lo osservavo e più cresceva, in me, il disgusto nei suoi
confronti. Era per i vampiri come lui, che Carlisle aveva preferito scegliere
una via alternativa a quella dell’assassino assetato di sangue umano, secoli
fa. Era per i sadici come lui, che provavano piacere ad uccidere, che Edward si
era ostinato così tanto a non trasformarmi, per tenermi lontano da quel tipo di
tentazione. Come se potessi cedere a quel peccaminoso, violento e contorto modo
di vivere!
Charles incarnava tutto ciò che noi Cullen non tolleravamo,
in quelli della nostra razza. Quello che mi stupiva, era come un tipo
equilibrato e buono d’animo come Jack, potesse conoscere uno come lui.
“ Dov’è?”
Chiese, improvvisamente, Charles, la bocca vibrante nascosta
sotto l’incrocio delle mani dalle dita lunghe intrecciate.
“ Dov’è chi?”
Controbatté Jack, sempre calmo, ma teso ed immobile nella
sua posizione.
“ Non fare il finto tonto. Non lo accetto. Non più.”
Gli rispose duramente Charles, abbandonando ogni ironia,
fulminandolo con lo sguardo affilato, con il nero acceso delle sue iridi, al di
sotto delle ciglia lunghe.
Jack non gli rispose, sostenendo il suo sguardo con fin
troppa calma. La mascella contratta mostrava fin troppo bene il suo nervosismo.
Charles sembrò accorgersene, tanto che ritornò sul suo volto
a dipingersi quell’odiato sorriso.
“ Di cosa hai paura, Jack? Mi hai già ucciso una volta,
ricordi?”
Per la prima volta, vidi sul volto di Jack accennarsi una
sfumatura di rabbia sul suo bel viso, sentimento che non avevo mai visto
possederlo, in quelle poche settimane passate insieme a lui e alla sua
famiglia. Mostrando la stessa fierezza di un giovane David che affronta senza
timore il crudele gigante Golia, lo sentii sibilare irritato, un ringhio
trattenuto fra le labbra serrate, un fischio acuto tra i denti stretti, mentre
con lo sguardo dalla fronte corrugata, seguii il movimento repentino di
Charles, l’attimo dopo essersi alzato nuovamente dalla poltrona.
Dopo aver vibrato nell’aria una risatina di scherno, Charles
si arrestò a pochi metri dal nostro gruppo compatto, che si strinse ancora di
più come di riflesso – Edward rafforzò la presa sul mio braccio destro e il suo
respiro tiepido mi solleticava la cute dietro l’orecchio destro, tanto eravamo
vicini – e, proprio di fronte a Jack, gli disse irrisorio:
“ Mi sorprendi! Dimmi, Jack: credevi davvero… no, sul serio…
che io potessi rimanere in disparte, mentre tu continuava a vivere la tua
esistenza, che io stesso, ironia del fato, ti avevo donato secoli orsono? Ah, e
naturalmente, dopo che tu hai cercato di uccidermi?”
Gli chiese, sempre con lo stesso tono leggero e sorridente.
Jack non rispose a nessuna delle sue domande, mentre l’odio
nei suoi occhi, screziati di pagliuzze nere nelle iridi ambrate, aumentava ad
ogni parola del vampiro.
“ Senza offesa, ma la tecnica dello smembramento, non ha
senso se tu non incendi le parti lese. Come vedi, non è servito a niente farmi
a pezzi e nascondermi in una cassa di legno, gettandola nel Mississippi. Quando
la cassa è finita sulle rive di una desolata campagna e una graziosa
contadinella ha avuto il delizioso riguardo di aprirlo nel chiuso della sua
stanzetta, è stato facile a quel punto, per me, ricompormi. E quale gioia è stata
per me, riavermi dal turbolento viaggio che mi avevi costretto a fare,
dissetandomi di quella dolce famigliola. Oh, non ti angustiare! Ho lasciato la
più piccola per ultima.”
“ Sei un mostro.”
Disse Kayle, con una tale carica d’odio nella voce profonda,
da farmi rabbrividire.
Charles perse ogni benevolenza nel volto, voltando il capo
verso di lui, in un movimento invisibile, gli occhi sanguinei e folli mentre lo
zittiva, con voce imperiosa e crudele:
“ Zitto, moccioso! I bambini tacciono, quando i grandi discutono!”
Kayle gli ringhiò contro, ma Jack lo fece tacere con una
mano alzata verso di lui, spostandolo con un braccio dietro di lui ancora di
più, lontano dallo sguardo scuro di Charles.
“ Piuttosto maleducati, i tuoi bambinetti.”
Disse Charles, sorridendo irrisorio ad un arrabbiato Kayle,
che dardeggiò con lo sguardo il padre, risentito.
Ma il mezzo sorriso scomparve subito dal volto di Charles,
tramutandosi in una maschera d’odio contro Jack. Subito dopo, con voce sommessa
e vibrante un antico risentimento, gli mormorò:
“ Credevi davvero che te l’avrei fatta passare liscia,
Jackson? Ma guardati, cosa sei diventato! Giochi a fare l’umano, nella tua
bella casa, con la tua famiglia, i tuoi marmocchi, con l’odore della tua
puttana attaccato sulla pelle.”
Jack ringhiò in maniera fragorosa, tanto che fu Carlisle a
fermarlo, trattenendolo con un braccio. Jack era acceso da un profondo odio
verso Charles, che rise sonoramente, divertito dal suo tentativo di attaccarlo.
“ Non insultare mia moglie! Bastardo!”
“ Calmati, Jack.”
Gli disse Carlisle, mantenendo il suo tono calmo.
“ Avrei dovuto ucciderti meglio, l’ultima volta!”
Continuò Jack, urlando fra un ringhio e un altro, mentre
Carlisle e Suzanne lo spingevano al suo posto. Kayle e Emmett sembravano
attendere un solo cenno da lui o da Carlisle, pronti a balzargli addosso in
qualunque momento. Si scambiavano sguardi complici, che non lasciavano nulla
all’immaginazione.
“ Basta, calmati Jack!”
Gli intimò perentorio Carlisle, lasciandolo solo quando i
suo spasmi di rabbia non furono cessati.
Nel frattempo, Charles si era accasciato sulla poltrona,
ridendo a crepapelle, talmente forte da trattenersi la pancia con le mani.
“ Così fai solo il suo gioco. Non lasciare che le sue parole
ti feriscano. Non ne vale la pena.”
Quando vidi Jasper, su invito silenzioso di Carlisle, farsi
più vicino a Jack, solo allora riacquistò la calma che gli era propria.
Ringraziò con un bisbiglio Carlisle e strinse la mano di Suzanne sul suo petto,
accennando un lieve sorriso.
Anche i fragori delle risate di Charles sembravano essere
cessati, ma sapevo che il potere di Jasper questa volta, non avevo meriti.
Per la prima volta, Charles osservò Carlisle, soppesandolo
con lo sguardo, un’analisi accurata a cui Carlisle non si sottrasse, il volto fiero
pronto a rispondere a qualsiasi sua mossa.
“ Ah, certo! Ora ricordo…tu sei il prete!”
“ Prego?”
Gli chiese Carlisle, arcuando un fine sopracciglio biondo.
Charles riservò soltanto a lui, quel mezzo sorriso irritante.
“ Ma si, il prete. Lo strano vampiro che mi ha portato via
Jackson.”
Disse, accostandosi a pochi metri da lui, il volto reclinato
da una parte, in un atteggiamento curioso.
“ Tu e le tue idee bislacche… il concetto del grande
vampiro, dell’anima conservata e un mucchio di sciocchezze di questo tipo.”
“ Sta lontano da lui. Carlisle non c’entra niente. La
questione è fra e te.”
Gli disse Jack, richiamando la sua attenzione. Ma Charles lo
ignorò, continuando ad osservare con una strana espressione neutra ed
insondabile Carlisle.
“ Avrei dovuto capirlo subito, che il tuo incontro con lui
lo avrebbe deviato e portato via dalla strada sicuramente più naturale, su cui
lo stavo guidando. Ma, per amore suo…”
Disse, indicando con la mano Jack, che l’osservò con un vago
senso di timore:
“ Ho lasciato correre. In fondo, io volevo solo la sua
felicità. Ma tu, non hai potuto esimerti dall’affondare i tuoi artigli su di
lui, più di quanto non avessi già fatto, non è vero?”
Gli chiese ancora, soave.
“ Smettila, adesso basta, Charles! Prenditela con me, non con
lui. Sono io quello che ha tentato di ucciderti, non Carlisle. Lascialo fuori
da questa storia.”
Gli disse Jack, con tono incalzante. Capii che la sua paura
non era dovuta nei riguardi della sua persona, ma in quello che Charles avrebbe
potuto fare a Carlisle. E il tono amichevole di Charles, era temibile più di
qualsiasi altro che avesse mai usato fin d’allora, perché era ricco di
sottintesi.
Questa volta, fu Edward a sibilare un ringhio fra i denti,
forse per qualcosa che aveva letto nella sua mente.
Charles gli sorrise, come se fosse cosciente del suo potere
mentale, per poi rivolgersi a Jack:
“ Quanto ardore, Jackson! Tieni così tanto al tuo amico del
cuore?”
Improvvisamente, il suo sguardo mutevole si fece triste,
quasi angosciato, un sentimento che non avrei mai creduto di vedere sul suo
volto così bello ma crudele:
“ Un tempo avresti difeso me, così ardentemente. Eravamo
così uniti, nessuno poteva separarci… così legati, così felici…”
Disse Charles, abbassando lo sguardo, quasi sul punto di
piangere. Ne rimasi colpita. Sembrava soffrire davvero di un dolore straziante.
Anche Jack trasalì di fronte a quell’espressione addolorata, sorpreso. Ma
l’attimo durò poco. Jack si voltò in un gesto repentino, ringhiando forte,
irato:
“ Ma tu, hai rovinato tutto! Tutto quello che avevamo
costruito, insieme! L’amicizia che ti ho sempre offerto, l’amore che ti ho
sempre dimostrato, non hanno contato più niente per te! Niente!”
Disse, urlando in maniera straziata, fuori di sé per
sentimenti indecifrabili.
Jack lo osservava, ora inespressivo.
“ E tutto per lei…”
Lei? In un primo
momento, pensai a Suzanne, che lo guardò con espressione corrugata. Ma le
parole successive di Charles, smentirono la mia ipotesi.
“ Quella piccola intrigante! Viziata, egocentrica, superba…
Jenna.”
Sputò il suo nome con rabbia, odio e disgusto insieme. Il
suono assunto dalla sua voce, in quel preciso istante, arrivò alle mie orecchie
in un’eco raccapricciante. Dietro di me sentii Edward irrigidirsi e, guardando
il suo sguardo attento e teso, capii che era quello il momento che stava
attendendo con tanto scrupolo. Il momento, in cui Charles avrebbe nominato
Jenna.
“ Accettai di trasformarla e di accoglierla fra di noi per
te, solo per te. Perché ci tenevi moltissimo, inspiegabilmente. Quella ragazzina
ti aveva toccato il cuore come io, ora soltanto me ne rendo conto, al sopraggiungere
dei fatti trascorsi, non ero riuscito a fare in tanti anni.”
Disse, quasi fra sé, per poi puntare il dito indice verso
Jack, che rimase ostinatamente impassibile, come prima non era riuscito a fare.
“ E’ per questo che lo hai fatto, vero? E’ per lei, solo ed
esclusivamente per lei che mi hai fatto a pezzi, in un momento di
vulnerabilità, messo in una cassa e gettato in quel dannato fiume, vero?”
Jack abbassò lo sguardo, corrugando la fronte per lo sforzo.
Ma Charles non si arrese:
“ Non è forse così, Jack? E’ per lei che mi hai lasciato
morire, vero?”
Lo incalzò, finché non esplose:
“ Rispondimi, Jackson Richard Stuart!”
“ Si!”
A quell’esclamazione, Charles si bloccò istantaneamente, la
bocca socchiusa, ansimante. Con la stessa velocità, si riprese, schiarendosi la
voce e sorridendo quasi lieto.
“ Bene. L’importante è ammetterlo, no? Ti era così
difficile, farlo?”
Jack non gli rispose, ma mi sembrò meno sicuro di sé, ora.
Mi dava l’impressone di sentirsi scoperto.
“ E tu hai gettato al vento anni di amicizia, solo per
quella femmina? Ti compiango, Jack, davvero. Non credevo fossi capace di cadere
così in basso. Tu, che eri la mia opera d’arte. Il migliore, persino di me.”
Disse, indicandosi, portandosi una mano al petto, lo sguardo
pieno di biasimo puntato su di lui.
Tutti quei suoi repentini cambi di umore, mi stavano facendo
impazzire. Era come stare dietro alle voglie di una donna incinta e bisbetica.
Bisognava rimanere pazienti, ma sempre irremovibili. Ma con Charles, era quasi
impossibili non lasciarsi trascinare dall’irritazione.
“ Tu non l’hai mai veramente accettata. Fingevi di amarla.
Ma in realtà, la odiavi con tutto te stesso.”
Disse Jack, lo sguardo lontano anni luce, immerso in ricordi
secolari.
“ Odiarla? No, al contrario. Io amavo, anzi, amo Jenna. Alla follia. Ciò che non
capisco è, perché non ammettere che la ami anche tu.”
“ Ma io la amo. Sempre.”
Disse Jack, accoratamente, osservando Charles, che gli disse,
quasi risentito:
“ Come tua amante.”
Jack scosse la testa, fermamente.
“ No. La mia gioia, il mio amore… la mia bambina. Mia
figlia.”
“ Nostra figlia.”
Rimarcò subito Charles, duramente.
“ Nostra. Mia e tua. Tu me l’hai tenuta lontana da troppo
tempo, ormai. E’ giunto il momento, che Jenna venga con me. E’ per questo che
sono qui.”
Ad ogni parola, il volto di Jack s’induriva e Charles
continuò, incurante del suo stato, specificando ancora:
“ E’ per questo che sono venuto a trovarti. Per portare
Jenna con me.”
Il suo sorriso, questa volta ampio, si fece velenoso e
crudele:
“ Per vivere insieme a lei, per il resto della sua vita.”
Jack s’innervosì nuovamente.
“ No. No, non te lo permetterò. Jenna… Jenna…”
“ Jenna non è come te.”
Quella frase sembrò colpire Jack, che rimase in silenzio. La
sua famiglia lo guardò stranita, inclusa io.
“ E lo sai anche tu. Lo ha dimostrato già da piccola e
immagino che lo abbia dimostrato anche ultimamente. Oh, ho colpito nel segno,
vedo!”
Disse, notando il turbamento sul volto di Jack. Charles gli
sorrise quasi comprensivo.
“ Dammi retta. Gli farà bene passare un po’ di tempo con me.
La rilasserà un po’. In fondo, le voglio bene, lo sai. Non farei mai nulla che
possa turbarla.”
Disse, sorridendo in modo carezzevole, tuttavia mi parve
soltanto sinistro il suo tentativo di riappacificazione. E la mia, non fu
un’impressione isolata, a giudicare dai visi increduli e irritati di tutti.
“ No?”
Chiese a Jack, che non gli rispose. Il suo diniego era
dipinto palesemente sul suo viso.
Charles si avvicinò a Jack, borbottando un:
“ Molto bene, ascoltami.”
Per poi iniziare ad aggiustargli i risvolti della camicia.
Notai che era pochi centimetri più basso di Jack, ma comunque non meno
temibile.
Kayle e Emmett si tesero di riflesso, i pugni stretti.
Edward trattenne Emmett per l’orlo della t-shirt, come ad intimarlo di
mantenere la calma.
“ Facciamo così. Tu, mi lasci parlare con Jenna. Vediamo
cosa ha da dire, ci facciamo una bella chiacchierata, rivanghiamo i vecchi
tempi, tu starei molto attento alle sue reazioni e quando capirei che è il
caso, per me, di ritirarmi perché non c’è nessuna speranza di convincerla…”
Trasse un profondo respiro, rifacendogli la cravatta blu
scuro del suo completo, tirando su con destrezza il nodo.
“ Me ne andrò.”
“ Te ne andrai?”
Gli chiese, scettico.
Charles fece spallucce.
“ Ovvio. Se incontro un muro, che motivo c’è di abbatterlo,
se la stanza che è al suo interno è vuota? E’ improduttivo.”
“ Va bene.”
Rispose un’altra voce, facendosi voltare tutti verso le scale.
Sul gradino più alto, c’era Jenna, con la mano destra stretta a quella di
Chris, saldamente, come se volesse trattenerlo. Quando sollevai lo sguardo
verso di lui, capii che era da un po’ che stava combattendo contro l’istinto di
scagliarsi contro Charles.
“ Vuoi parlare, Charles? Parliamo.”
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