Intanto,
a palazzo Capuleti,
tutto pareva
tranquillo, forse troppo.
Tebaldo,
dopo il duro allenamento giornaliero, esce per prendere un
po’ d’aria pulita.
Tutti gli
abitanti della sua abitazione sembravano scomparsi, al di fuori di
qualche
umile servo.
Camminando
per le illuminate strade della sua amata città, non
può non pensare al periodo
di pace che Verona stava passando: il conflitto con Padova era
felicemente
concluso; il raccolto era andato bene, e l’indomani si
sarebbe celebrato il
matrimonio tra la sua amata cugina, Giulietta, e Romeo Montecchi
Forse, l’indomani,
avrebbe trovato anch’egli una sposa.
Girando
l’angolo
per intraprendere la via per la taverna del vecchio Gerolamo, Tebaldo
si
accorge che, in meno d’un batter di ciglia, qualcuno,
urtandolo, lo scaraventa
a terra.
“Idiota, ma
che modi sono questi! Attenzione, per Dio”
“Perdonatemi,
signore. Mi affrettavo e…. Tebaldo?”
“Mercuzio?”
“Oh, bontà
divina! Presto, cercavo proprio voi, amico. Urge la vostra presenza,
non
crederete ai vostri occhi. E brandite la spada”
“Ma dove mi
portate, di grazia?”
“Piazza dei
Signori. Andiamo, meno parole e più gambe”
Tebaldo,
ancora sbigottito, segue l’amico senza esitare.
Al loro
arrivo nella maestosa piazza, la folla lascia loro la via per passare e
raggiungere il centro di essa.
La scena
raggela il sangue nelle vene del giovane Capuleti.
Tre
figure
occupano il centro dello spiazzo.
Romeo
Montecchi, scuro in volta, sta puntando la spada al collo di un altro
giovane,
che Tebaldo non riconosce immediatamente; ma lo colpisce la sua
posizione: egli
infatti sembra essersi posto nel mezzo della traiettoria
dell’arma di Romeo, a
proteggere una fanciulla alle sue spalle.
Tebaldo
diventa bianco in volto.
“Signore,
signore, riprendetevi, fra poco ci sarà bisogno di
noi!”
“E’
Mercuzio che lo scuote leggermente.
“Mercuzio,
è mia cugina la ragazza vero?”
“Doloroso
ma vero. E il giovane che la copre è Benvolio Montecchi
cugino del nostro Romeo”
“Cosa
sapete? Parlate”
"Ebbene,
sembra che vostra cugina
e Benvolio
siano amanti; e da tempo inenarrabile.
Pare che
anche Romeo avesse un’altra donna nel suo cuore, ma egli
sarebbe stato disposto
ad accettare il matrimonio con Giulietta. Ella però, proprio
quando sono venuto
a chiamarvi, era in procinto di fuggire con il suo amato, mandando a
monte il
matrimonio; Romeo, per fortuna (o sfortuna? Solo il cielo
può saperlo), li ha colti
sul fatto. Ed egli non sembra incline a trattative”
“Che
situazione s’è venuta a creare a nostra insaputa!
Ma temo che se
intervenissimo, qualcuno potrebbe agire in modo sconsiderato”
Romeo,
intanto, urla parole di scherno verso Benvolio.
“Canaglia,
impostore, mi avete ingannato! E anche voi signora! Dio vi maledica
entrambi”
“Come osate
appellarci così, quando siete voi, cugino, il primo a non
essere fedele alla
vostra futura moglie?”
“Io avrei
accettato queste nozze. Avrei amato
Giulietta Capuleti”
“Voi non mi
avreste MAI amata! Le vostre parole vi tradiscono; lasciateci
andare”
“Questo
mai. L’onta che voi e il mio(ahimè!) amato cugino
mi avete arrecato è
terribile, ed imperdonabile”
Romeo,
balzando indietro, si prepara all’attacco.
“Eh,
allora, sia la morte a decidere!”
Benvolio,
impugnata la spada, si scaglia contro Romeo.
Giulietta,
in lacrime, cerca disperato aiuto nella folla, che però
rimane immobile.
Ma d’altronde,
cosa avrebbero potuto fare?
Lasciando
scappare i due amanti, o parteggiando per uno dei due Montecchi,
avrebbero
rischiato l’ira di una delle loro nobili famiglie, se non di
entrambe.
Il
combattimento intanto continua.
Difficile
dire chi ha la meglio.
Tebaldo e
Mercuzio cercano infine di separare i due cugini, ma le guardie del
principe li
bloccano.
Nel mentre,
un boato pervade la folla e la piazza intera.
Romeo,
dopo
aver parato un affondo, inciampa su una pietruzza e cade a terra,
indietro.
“Pietà
cugino”
“Pietà?
Essere immondo, non ne sei degno! Per anni ho ascoltato le vostre
sofferenze, e
ben consigliato; avreste dovuto ascoltarmi anche voi! E avreste
compreso che il
mio sentimento verso di Giulietta è molto più
forte di tutti i vostri, se mai
ne avete alcuno.
Tutti vi
hanno sempre ammirato, ma per cosa? Per la vostra ricchezza, non per la
vostra
bontà.
Qualsiasi
ragazza a Verona vi avrebbe sposato, ma perché? Non per il
vostro amore.
E l’unica
donna che io abbia mai amato, l’unica amica che io abbia mai
avuto, la pretendete
per voi.
E con quali
diritti?
Non siete
degno neanche di un suo sguardo”
“I nostri
padri lo hanno deciso!”
“Ah!
Subordinate dunque le leggi scritte alle leggi del cuore.
Gente,
attenzione. Vi prego, ora, qui, guardate come muore un
debole!”
Queste
parole escono dalle labbra di Benvolio mentre, con un ultimo gesto di
coraggio,
affonda la spada nel petto e nel cuore di Romeo.
La
folla è
impietrita.
Tebaldo e
Mercuzio accorrono al fianco del loro amico, ormai esanime, e ascoltano
le
ultime parole di Benvolio:
“Romeo
Montecchi, cugino, vi ho amato.
Ma, sopra
ogni cosa, vi ho odiato”
La
piazza
precipita nel caos.
C’è chi
urla, chi invoca le guardie, chi i Montecchi e chi i Capuleti.
Benvolio,
montato a cavallo, carica Giulietta in sella, e si avvia, a tutta
velocità,
verso la porta est della città.
Verso
Mantova.
Tebaldo,
voltandosi, non fa in tempo che a vedere la cugina sparire
all’orizzonte.
Per sempre.
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