Se
credevo di averti capito, mi sbagliavo.
Nonostante continui a vomitarti addosso fiumi di
parole inutili e offensive, rimani a fissarmi.
E così me ne vado io.
Sento che i tuoi occhi continuano a traforare la
mia schiena e cercano di costringermi a tornare da te.
No, non sarà così semplice.
Con te non ci sono vie di mezzo: o ti amo o ti
odio.
E ora ti odio.
Ma la cosa che odio di più è sapere che non
dipende da me.
Che, in un modo o nell'altro, tornerò ad
assaporare le note della tua anima. Che, in un modo o nell'altro, riuscirai a
intrappolare di nuovo le mie ali di farfalla nella tua tela sottile e
ingannevole di ragno.
Pozione letale, da bere in piccole dosi. Ecco ciò
che sei. Carico di controindicazioni, ma talmente attraente da produrre
dipendenza.
E ricomincio a cantare, trattenendo le parole che
mi escono fuori e accennando solo alla mia canzone preferita.
*
Senza destinazione, vago attraverso questra strada
grigia. Ed ecco che ti rivedo.
Sembra che non te ne freghi niente quando fai
così. La blocchi e la baci, cosciente di farti vedere da me.
Cosa vuoi che faccia? Che cada a terra e mi
arrenda? Spiecente, l'inferno è troppo in alto per essere raggiunto.
Guardami. Cosa vedi? La simmetria di un asse
perfettamente in equilibrio o un marchio indelebile, graffiato da mani troppo
grandi per contenere il mio cuore?
Non so mantenermi dritta su questo filo troppo
sottile, cado.
Continui a ridere con lei, e poi mi lanci solo un
breve sguardo.
Vaffanculo.
*
Molte volte la gente sbaglia e aspetta che siano le circostanze a
migliorare la situazione.
Tu invece, agisci solamente. Non ti importa sapere se il destino era
dalla tua parte o cosa sarebbe successo se avessi aspettato
ancora.
Guardi in faccia il presente e lo affronti.
Mi segui mentre scappo via e mi trattieni per un polso.
Non ho voglia di starti a sentire, né tanto meno stare a guardare come
inconsciamente cedo a te.
Accelero e mi blocchi ancora. Il corridoio è praticamente deserto, come
il resto della scuola.
La finestra dalla quale entra una flebile luce argentea si
appanna.
Cazzo, la pioggia no.
Non oggi.
Non adesso.
Te ne sei accorto anche tu, e sorridi. Ormai sono gli agenti atmosferici
a decidere per noi.
Al contrario del mondo, per noi la pioggia rappresenta uno scambio di
impulsi elettrici che si fondono insieme.
Mi dici che non ho motivo di essere arrabbiata.
Le goccie battono sul vetro e il tuo solito, fottutissimo sorriso, ti si
stampa sulle labbra.
Ti ripeto di lasciarmi stare. Non posso essere la
tua bambola di pezza per sempre.
In lontananza il cielo espolde in un tuono. La
pioggia aumenta, le nuvole grigie si diffondono a coprire qualsiasi spiraglio di
luce.
E in questa penombra respiriamo insieme. Ti
appoggi al muro, con aria strafottente, ma te lo leggo negli occhi che sei
davvero preoccupato.
Per una volta sono io ad avere il controllo del
gioco.
Insisto ad allontanarmi da te, facendoti provare
per una volta, ciò che accompagna la mia vita.
Mi chiedi di perdonarti e che questo è solo una
delle tante prove che io e te non possiamo considerarci un noi.
Sarebbe sofferenza. Sarebbe inquietudine. Sarebbe tu
che ti sbatti un'altra.
Forse un giorno riuscirò ad accettare queste strane
regole, e a capirne il perchè.
Per ora mi limito ad assecondarle.
Pioggia, tanta pioggia, come a volerci
smuovere.
Ed ecco che il gioco ricomincia.
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