Desclaimer:
nulla di quello che state per leggere è avvenuto nella
realtà, e io non ci guadagno neppure una fava sputata, in
ogni caso e blablabla. Le canzoni citate appartengono tutte ai
rispettivi proprietari - l'ascolto di ognuna di esse è
fortemente consigliato
Attenzione:
questa è una Larry Stylinson, ma non è canonica,
in quanto sono presenti anche scene Louis/Eleanor - quella che segue,
per esempio. Per di più qua Eleanor è tutto
tranne che bistrattata. Avvisate, eh? :D Ah, c'è anche un
po' di Angst e tantissima introspezione, oltre che multipli flashback.
Io ve l'ho detto.
Shattered
Capitolo Terzo
Eleanor.
It was not your fault
but mine/and it was your heart on the line/i really fucked it up this
time/didn't I, my dear?
Little Lion Man
– Mumford and Sons
È
di nuovo mattina, e a Louis sembra di rivivere il giorno precedente: si
sveglia nella stessa stanza, con la stessa, adorabile ragazza
– la sua - nuda accanto, e quel mal di testa incessante. Un
déjà-vus tradito da un solo particolare: la
sensazione che gli permea le ossa non è più di
disagio, ma di dolore acuto – come se lo avessero riempito di
botte, si sente indolenzito, fatica a muoversi e ad alzarsi dal letto.
Una morsa ferrea gli stringe le tempie, una ancora più
serrata lo stomaco: gli viene da vomitare e ha probabilmente la faccia
di uno che ha passato la nottata a non fare altro.
Sono
quasi le dieci e, in cucina, Eleanor sta preparando la colazione; Louis
la osserva, appoggiato allo stipite della porta, mentre, capelli tirati
su alla bell’e meglio con un mollettone e la solita maglietta
della Guinness addosso, fruga nella dispensa, alla ricerca dei cereali
che gli piacciono tanto. Per quanto si senta uno straccio – e
l’espressione tradita di Harry abbia tormentato i suoi sogni,
così come non abbandona i suoi pensieri -, Louis non riesce
a trattenersi dal sorridere: è un amore. Da ieri,
dall’esatto momento in cui si è presentato a casa
sua più sconvolto che mai, Eleanor non ha fatto altro che
prendersi cura di lui, senza chiedere spiegazioni, accogliendolo tra le
sue braccia in un rispettoso silenzio. Hanno passato il pomeriggio
guardandosi le repliche de “The Inbetweeners”,
abbracciati sul divano, fino al the delle cinque – lo
Yorkshire Tea, il preferito di Louis, che El è andata
appositamente a prendere al supermercato sotto casa, mentre lui,
stravolto, dormiva. Poi si sono fatti portare cinese take away dal
negozio all’angolo e, con immensa delicatezza, hanno fatto
l’amore – Eleanor gli ha asciugato le lacrime con
mille baci, senza una parola, e se lo è stretto a
sé per tutta la notte, da perfetta fidanzata qual
è.
Il
problema, però – e ammetterlo lo fa stare ancora
peggio, perché non è colpa sua, ma allo stesso
tempo è tutta, soltanto colpa sua - è che lei a
Louis non basta – e il bisogno fisico che ha di Harry si fa
minuto dopo minuto sempre più incalzante. Si sta comportando
da egoista bastardo, lo sa bene: da una parte ha Eleanor, che
è probabilmente la ragazza più meravigliosa che
abbia avuto la fortuna di incontrare, con la sua schiettezza e la sua
risata e le sue attenzioni – e stare con lei lo fa essere una
persona migliore. Dall’altra ha Harry, che è, in
sintesi, tutta la parte di mondo che lui stesso non è:
quando è con lui, Louis è se stesso
all’ennesima potenza, completo e libero e felice –
collimano alla perfezione e anche quelli che sono i piccoli screzi
quotidiani, li vivono come parte di un disegno più grande.
Nonostante
non sia sua intenzione farlo – anzi, non riesce proprio a
trattenersi dal provare quel casino nel cuore -, Louis sta tenendo il
piede in due scarpe. Non solo questo non è un atteggiamento
corretto, né nei confronti di Harry - che (se ci pensa, gli
vengono i brividi), conscio di quello che succede, sarà
distrutto -, né tantomeno nei confronti di Eleanor, che,
ignara, lo ama per quello che è; il punto è che
sta prendendo in giro due delle migliori persone che lui conosca
– e nessuno dei due se lo merita. Louis si fa schifo,
perché ieri sera, baciando Eleanor, ha iniziato a piangere
come un bambino, pensando a Harry. Louis si fa schifo,
perché tre giorni fa, accarezzando i ricci indomabili di
Styles, li ha confusi con i capelli setosi, per quanto ondulati, della
sua ragazza. Louis si fa ancora più schifo perché
non riesce a fingere, in quel momento, davanti al cipiglio preoccupato
di Eleanor, che vada tutto bene – e perché non
riesce neppure ad essere sincero.
Il
sorriso che gli rivolge, passandogli la tazza di cereali e il cartone
del latte, è troppo bello per essere vero –
confortante, affettuoso -, e a Louis l’incipit di quello che
sarà probabilmente il discorso più difficile
della sua vita sorge spontaneo dal cuore: “El, scusami, ti
prego; ti ho rovinato tutta la giornata, ieri, e non ti ho neppure
spiegato che cosa sia successo…” Eleanor rinnova
il sorriso, mentre alza la mano per interromperlo. “Non dire
stupidaggini, Lou, lo sai che non mi hai rovinato nulla. Sapendo che
stai così male, non vorrei essere da nessuna parte se non
vicino a te.”
Lo
sguardo di Louis s'illumina di gratitudine, nel mezzo del grigiore del
suo viso; poi però lui si schiarisce la voce e, raccogliendo
quel coraggio che, di solito, non gli manca, sillaba, piano:
“Ho litigato con Harry.”
Lo
dice tenendo il viso verso il basso – colpevole -, e non
riesce a esalare che un sussurro: ammetterlo ad alta voce, anche se
attraverso un mero eufemismo – non è che abbia
“litigato con Harry”: ha spezzato il cuore alla
persona più importante della sua vita –, lo rende
più consapevole di ciò che è accaduto;
se possibile, si fa ancora più schifo di prima. È
necessario che intervenga Eleanor, una mano delicata che si posa sulla
sua, per fargli alzare lo sguardo: gli occhi scuri di lei,
così caldi e rassicuranti, si fissano nei suoi, mentre gli
incisivi vanno a tormentare il labbro inferiore – e nella
mente di Louis alla sua bocca si sovrappone per un attimo di troppo
quella più rossa di Hazza -, in attesa.
“Dimmi
qualcosa che non avevo già capito.” È
il commento a mezza voce della ragazza; al che può darsi che
sopra la testa di Louis compaia un gigantesco punto interrogativo,
perché la sua espressione non potrebbe esprimere una
perplessità maggiore. “Come?”
Eleanor
sorride di nuovo, dolce: “Credo che lui sia l’unica
persona per cui ti permetteresti di distruggerti
così.” Gli accarezza la mano, per poi continuare:
“Sai, voi due siete un mistero; credo che nessuno vi
capirà mai fino in fondo – io di sicuro non ci
riesco neppure superficialmente. Quello che è certo
è che tu e Harry avete bisogno l’uno
dell’altro: mi è stato chiaro sin dalla prima
volta che vi ho visto insieme, la sera che ci siamo
conosciuti.”
Louis
si ricorda quella serata campale come fosse ieri; erano settimane che
Harry lo prendeva in giro, dicendogli che ormai era da talmente tanto
tempo che scopava soltanto con lui, che si era dimenticato come si
faceva con una ragazza. Poi, dopo un pomeriggio piuttosto interessante
trascorso sul divano di casa loro – durante il quale avevano
fatto di tutto, tranne guardare la televisione -, erano andati a
ballare con un gruppo di amici di Harry – e Louis aveva
incontrato Eleanor. Le prime due ore di conoscenza l’avevano
trascorse ridendo, ballando come due idioti a un lato della pista
– El aveva imparato subito il mitico “Stop the
traffic, let them through” e si erano divertiti a
impressionare il resto del locale con un passo a due improvvisato. Poi
avevano scoperto una comune passione per “The
Inbetweeners” e, sui divanetti, avevano cominciato a parlare.
“Scommetto che anche oggi vai in bianco, Boo.”
Aveva riso Harry, lo sguardo annebbiato dall’alcool e una
ragazza carina al braccio. Louis se li ricorda ancora, i lineamenti
induriti di Styles, quando gli aveva risposto. “E
chissenefrega.” Effettivamente, al contrario di Harry, Louis
aveva concluso la serata con un nulla di fatto, ma il numero di Eleanor
nella rubrica del cellulare era stato per lui una conquista sufficiente
– arrivato a casa, le aveva mandato un messaggio, sorridendo
come un ebete e ignorando i gemiti provenienti dalla stanza accanto.
Quando la “botta-e-via” di Hazza se ne era andata,
lui si era infilato nel letto di Louis, i suoi piedi gelidi incollati
ai polpacci dell’altro, le loro gambe intrecciate.
“Fammi spazio, Lou, che non riesco a dormire da solo, ho
freddo.” Gli aveva sussurrato all’orecchio,
appoggiando la testa al suo braccio; avevano dormito così,
Hazza su un fianco, aggrappato al suo pigiama, Tommo con una mano tra i
quei capelli ricci e il sorriso di Eleanor ancora impresso nella testa.
Una
serata davvero indimenticabile - l’inizio di qualcosa e la
frattura di qualcos’altro: il primissimo segnale della sua
ormai palese dicotomia –, per Louis, il quale, alle parole di
Eleanor, annuisce, senza però perdere
quell’espressione perplessa: “Ma di
cosa…?”
“Non
vi perdete mai di vista, l’uno sa sempre
dov’è l’altro e cosa sta facendo. Voi
non parlate, vi capite e basta.” Louis fa per interromperla,
cercando quasi di giustificarsi, ma lei glielo impedisce.
“All’inizio
pensavo fosse solo una forte amicizia, una simbiosi totale come quella
che ho io con Sana. Poi però io e te abbiamo iniziato a
frequentarci e, beh, ho conosciuto anche gli altri tuoi
amici.” Sospira, sfiorandosi una tempia scoperta con i
polpastrelli; è bellissima, con quell’espressione
malinconica, e Louis non riesce a staccarle gli occhi di dosso.
“Vedere il tipo di rapporto che hai con Liam, o con Stan, mi
ha fatto aprire gli occhi: non provi quel tipo
di…” si inumidisce le labbra, cercando la parola
adatta “devozione
per nessun altro. Tantomeno per me.” Sorride, con una punta
di amarezza, e Louis trattiene il respiro: esattamente come Harry,
Eleanor sa – e questo accresce soltanto il disgusto che prova
verso se stesso. L’espressione che ha sul viso deve tradire
il suo stato d’animo, perché lei sorride di nuovo,
mentre scuote piano la testa. “Non fare così: non
è colpa tua. Sai, subito dopo che l’ho capito, ci
sono stata male, e anche tanto. Hai presente quel weekend a marzo,
quando sono tornata a Manchester di sabato mattina, di tutta
fretta?” Eccome, se Louis ha presente. Venerdì
sera lui e Hazza avevano invitato un po’ di gente a casa
loro, giusto per fare un po’ di casino: c’erano i
ragazzi – Liam era diventato improvvisamente di cattivo
umore, sul divano accanto a Danielle, nel vedere lo schianto di ragazza
che era riuscito a rimorchiare Zayn. In realtà Malik aveva
bevuto tantissimo, quindi risultava quasi impossibile da avvicinare -
ruttava come un animale e puzzava di vomito – eppure era
riuscito nella straordinaria impresa di trovarsene una. E dire che era
ubriachissimo, persino più di Ed Sheeran, che, dopo un
doppio turno a Birra Pong contro Niall, era immobile nella stessa
posizione da circa mezz’ora, seduto al tavolo della cucina,
con la testa tra le mani: piuttosto inquietante, tanto che ogni dieci
minuti Louis si sentiva in dovere di controllare che non fosse morto
– non muoveva un muscolo. C’erano un bel
po’ di amici di Harry, con appresso uno stormo di
“amiche” di Harry, che facevano a gara a chi ci
provava di più con il padrone di casa: Louis si ricorda gli
sguardi maliziosi che Hazza gli lanciava, insieme a un sorriso un
po’ brillo, un po’ di sfida, con il braccio destro
intorno alla vita di una bionda. Louis si ricorda anche le fitte di
gelosia nel vederlo sistemare una ciocca di capelli dietro
l’orecchio di una ragazza, per poi avvicinarsi e sussurrarle
qualcosa: dopo questa scena, Tommo aveva tracannato a goccia quello che
rimaneva del suo drink.
Ovviamente,
c’era anche El; se Louis chiude gli occhi, riesce ancora a
visualizzarla, stupenda nel suo vestitino verde, con i capelli
raccolti, mentre scambia due parole con un Harry più
meraviglioso che mai, con la camicia blu scuro semiaperta e i ricci
scompigliati – Louis crede di non aver mai visto niente di
più bello di loro due insieme. Certo che ha presente:
guardarli chiacchierare, le sue due persone, anche se per poco, lo ha
reso più felice che mai – forse allora
è possibile. Poi però Eleanor se ne era andata,
dicendo che aveva ricevuto una telefonata dalla sua coinquilina e che
era urgentissimo e che non poteva aspettare fino a lunedì.
Aveva persino rifiutato un passaggio a casa da Louis, dicendogli di
aver già chiamato un taxi e di non preoccuparsi che andava
tutto bene. Il giorno dopo si erano sentiti per messaggio – e
la preoccupazione di Louis cresceva, mentre, seduto sul letto,
smanettava con il suo Blackberry – e Harry, da dietro, gli
baciava languido il collo. Quella domenica lei lo aveva chiamato e lo
aveva rassicurato, parlando di Tanya e di idraulici e tubi e di cose a
cui Louis non aveva prestato troppa attenzione, perché Hazza
gli sorrideva invitante dalla vasca da bagno: tutto si era sistemato, e
andava bene così, senza porre troppe domande, per evitare di
intuire la verità. Ovvio che se lo ricorda, Louis: uno dei
weekend di sesso migliori della sua vita. Così annuisce,
inorridendo al pensiero di quello che deve aver pianto El in quelle 48
ore che lui ha passato tra le lenzuola con Hazza – il
paradiso.
“Sai,
non è facile capire che il ragazzo che ami in
realtà ama un’altra persona.” La
malinconia negli occhi di Eleanor trabocca, e Louis non riesce
più a stare zitto. “El, ma io ti amo.”
Questa dichiarazione gli esce dalla bocca come un gemito, carico di
sofferenza.
El
distende le labbra in un sorriso sempre più triste, quando
gli dice: “No, Louis: sarai magari forse innamorato
di me, ma la verità è che ami Harry.”
Lo guarda seria negli occhi, e Louis sa che cosa intende: il fatto che
dipenda da Hazza nella quotidianità, che sia insopportabile
la sua assenza, che non varrebbe la pena alzarsi dal letto ogni
mattina, se poi non potesse tornare a casa la sera e raccontargli la
sua giornata. Eleanor è riuscita a cogliere molto
più di quanto Louis stesso abbia mai razionalizzato: lui non
esisterebbe, senza Harry, né tantomeno vorrebbe farlo. Non
solo ha capito, ma lo ha anche accettato, in quanto parte integrante di
cioè che Louis è. “Non te ne ho parlato
prima perché andava tutto bene: a me basta che tu sia felice
e finché io sono parte della tua felicità, mi sta
bene anche se non mi ami. Evidentemente, però, io posso solo
renderti meno triste; quindi basta storie e vai da lui,
adesso.”
Louis
fissa quegli occhi scuri che lo trapassano da parte a parte –
e lui non ha mai avuto così tanta voglia di baciarla come
adesso. Lo fa, in uno scatto che fa scontrare le loro bocche
– un bacio pieno di dolore. Quando si staccano – e
Louis deve riprendersi dalle farfalle che vorticano furiose nel suo
stomaco -, la sua fidanzata ripete: “Vai da lui, adesso. Vi
siete fatti del male abbastanza, è ora di risolvere le
cose.” Louis protesta piano: “Non è
così semplice…”
“Cazzate.” El è secca – lo sta
ancora fissando negli occhi, risoluta come non mai – e gli
stringe la mano. “Louis, dovete parlare, chiarirvi,
perché non potete permettervi di perdervi a vicenda: vi
distruggereste inutilmente, e poi a me toccherebbe raccoglierti con il
cucchiaino. Inoltre, se alla fine devo rinunciare a te, tu devi
promettermi di fare di tutto per essere felice con Harry.”
Me
lo devi – sottintende la sua espressione, più
determinata e dura di quanto Louis l’abbia mai vista. Per
quanto sappia di non meritarsela, bacia di nuovo la sua ragazza, il
petto gonfio di affetto, con più delicatezza, indugiando
sulle labbra – per imprimere quell’addio con
dolcezza tra le pieghe della sua pelle.
“Muoviti,
va’.” El ridacchia, guardandolo negli occhi
– e Louis sente quanto lei lo ami e non potrebbe esserle
più grato -, poi gli dà una spintarella:
“Dai, che poi va a finire che arrivi tardi come tuo solito e
non lo trovi.” Tommo non se lo fa ripetere due volte, e, una
doccia e un abbraccio lunghissimo dopo, esce da quella casa, diretto,
con il cuore in gola, verso Harry.
I'm
on the road/To who knows where?/Look ahead, not behind/I keep
saying/There's no place to go/Where you're not there
One Republic - Prodigal
“Dai,
cretino, rispondi al telefono, che lo so che mi stai ignorando
apposta.” Borbotta tra sé e sé Louis -
incapace di stare zitto anche quando è da solo -, mentre
schiaccia a caso tasti del Blackberry, cercando di chiamare Harry per
l’ennesima volta e, allo stesso tempo, di non schiantarsi con
la Porsche contro qualche bus di Londra. Di nuovo, sono solo le parole
gracchianti della segreteria telefonica a rispondergli: “Ehm,
sono Harry. Se avete qualcosa di importante da dirmi…
beh… fatelo dopo il beep. Ciao!”
Frustrato,
Louis lancia il cellulare sul sedile accanto al suo, in un gesto di
rabbia; non è soltanto l’impossibilità
di parlare con Harry a renderlo nervoso, contribuiscono anche i
semafori rossi – troppi, a separarlo da lui. E per di
più quella schifosa voce metallica, un’imitazione
fin troppo pallida dell’originale, non fa altro che
accrescere la sua voglia di parlargli, anche soltanto per sentire il
suo accento e quel tono profondo e il modo in cui scandisce le parole e
vaffanculo non riesce a non pensarci neppure per mezzo secondo. Si
passa una mano sulla fronte, togliendosi il cappello che gli ha messo
in testa El prima di lasciarlo uscire - “È di
Harry, vero? Ho sempre pensato stesse meglio a lui: devi
restituirglielo.” – e scagliandolo accanto al
Blackberry. Quello stupido orgoglioso di uno Styles, perché
non la pianta di far finta di nulla? Alla decima telefonata senza
risposta, uno potrebbe anche pensare, magari, che chi sta chiamando sia
una minima preoccupato, no? Evidentemente, o Harry non lo capisce, o se
ne sbatte del tutto. Più probabile la seconda. Come direbbe
Liam, Harry in questo momento è “uno spreco totale
di neuroni”. Louis ridacchia: quante volte si è
sentito appellare in quel modo! Quando è arrivato
un’ora e mezza in ritardo in studio registrazione, o quel
pomeriggio in cui ha dormito fino alle tre e mezza, dimenticandosi
dell’intervista che avrebbero dovuto tenere alle quattro. La
situazione era così grave – la suoneria del
cellulare non lo scalfiva neppure un millimetro - che era dovuto
intervenire Paul, scortato da uno sconsolato Liam, che sorrideva
scuotendo la testa: “Sei sempre il solito spreco di neuroni,
Tommo.” Un’ottima definizione, in effetti, anche se
ora i ruoli sembrano essersi invertiti – o almeno, lui si
sente un po’ Payne in quel momento, così
in fibrillazione: il proprio cipiglio che ha intravisto per un attimo
nello specchietto laterale era uguale a quello di Daddy Direction nel
suo massimo splendore di mamma preoccupata/incazzata nera. È
quel pensiero che gli fa scattare la molla nel cervello, a dimostrare
che, in realtà, le sue cellule cerebrali non sempre vanno
sprecate – perlomeno non del tutto: Liam.
Louis
agguanta il telefono e cerca il suo nome nella rubrica – un
paio di tuuu tuuu a vuoto, e poi eccolo lì, il suo monorene
preferito.
“Louis.”
Ed eccolo lì, il tono di rimprovero che si aspettava
– e, altrettanto previsto, il commento di Zayn in sottofondo,
con la sua sempre efficace sintesi. “È Tommo?
Mandalo a cagare da parte mia, che si è comportato da
schifo.”
Louis
non fa neppure in tempo a dire: “Ehi, Liam.” che
questo ha già attaccato a parlare, sciorinandogli una serie
di insulti in stile Payne – ovvero, tutti i modi per darti
del bastardo stronzo orribile senza cadere nel volgare e riuscendo
quindi ancora di più a farti sentire una pessima persona.
“Alla
buon ora, Louis, quanto ancora pensavi di aspettare prima di chiamare?
Sono passate più di ventiquattro ore da quando si
è presentato a casa mia, così sconvolto che
sembrava… sembrava…” si
ingarbuglia nelle parole, cercando un termine di paragone che renda
giustizia all’espressione tormentata e affranta di Harry.
Louis, nonostante le fitte al petto al pensare quanto dolore sia
riuscito a causare in appena una giornata – e la tristezza di
Eleanor questa mattina si aggiunge alla lista -, per poco non scoppia a
ridere, quando Liam completa la frase: “Sembrava un cucciolo
abbandonato!” – e l’immagine flash di
Harry in stile Gatto con gli Stivali di Shrek lo distrae per un attimo
dal discorso del suo amico. “ …mai visto in questo
stato, non ha detto praticamente mezza parola fino a stamattina, non ha
mangiato – se escludi un quintale di Haribo davanti alla
televisione – e ha voluto persino dormire con
Niall!” Louis aggrotta le sopracciglia nel sentire
l’ultima informazione: questo sì che è
grave. Nessuno vuole mai dormire con Niall, dato che è un
disastro: russa, scalcia e, soprattutto, sbava sul cuscino peggio di un
bulldog.
Liam
prende fiato e Louis ne approfitta per fermare la sua arringa:
“Liam, lo so, sono stato un codardo: non mi sono fatto
sentire perché avevo paura, ok?” Fatica a
pronunciare queste parole, che gli grattano la gola come carta vetrata,
facendogli istantaneamente inumidire gli occhi.
Nel
sentirlo così, Liam si addolcisce – Tommo lo
capisce dal modo in cui ha trattenuto il respiro, e può
quasi vedere le sue folte sopracciglia allungarsi verso il basso dal
dispiacere. Il rimprovero è sostituito dalla delicatezza,
nella sua voce, mentre gli chiede piano: “Paura di
cosa?”
Louis
fa un bel respiro, mentre la coda di macchine in cui si è
imbottigliato procede a passo d’uomo: “Gli ho fatto
male, Liam. Non sono stato del tutto sincero con lui, perché
ero confuso e perché c’erano troppe cose in ballo
e perché non capivo niente. Sentirlo ieri sera, o
stamattina, avrebbe significato soltanto sentire quanto sta soffrendo,
perché non sarei stato in grado di dargli spiegazioni o di
confortarlo. E non sarei riuscito a reggerlo. Avevo paura di toccare
con mano quanto sta di merda, perché è solo colpa
mia se sta di merda. Non volevo sentirmi più in colpa di
quanto già non mi sentissi.” Espira profondamente,
quasi si sia liberato di un peso, mentre qualche lacrima gli sfugge
dalle ciglia.
La
voce di Liam è ancora più calda e più
rassicurante di prima, mentre dice: “E allora
perché lo stai chiamando adesso? Cosa è cambiato,
Tommo?”
A
Louis scappa un sorriso triste: “Eleanor mi ha fatto capire
un paio di cose.” Ora sono sicuro di quello
che provo, omette,
perché sa che Payne non ha bisogno che lui lo confessi ad
alta voce.
A
Liam, invece, scappa un piccolo sospiro di sollievo, cogliendo
l’implicazione: “Meno male. Ora è a casa
vostra – visto che avevi chiamato per saperlo. Muoviti, se
vuoi riuscire a beccarlo prima che finisca di imballare la sua
roba.”
“Imballare…?”
Gli si congela l’aria nei polmoni: cosa?
Improvvisamente,
Zayn si intromette nella conversazione: “Scemo, se ne sta
andando. Vuole stare fuori di casa per un po’, capisci?
Quindi muovi il culo e cerca di raggiungerlo, prima che si trasferisca
da Niall.”
“Io
non…” Louis è shockato, non riesce a
collegare le parole di Zayn e dar loro un senso compiuto. Quando lo fa,
smette del tutto di respirare: non può essere. Hazza non
può non voler più vivere con lui, non condividere
con lui la colazione, il frigo, i vestiti, il letto, i baci, il sesso,
l’odore. Non può succedere.
“Louis?
Lou, sei ancora lì?” Liam, apprensivo, lo richiama
alla realtà.
“In
ogni caso, se ne è andato da appena un’oretta, per
cui dovresti fare in tempo. Dove sei?”
Louis
deglutisce, poi gracchia: “Sto
parcheggiando.” “Bene.”
Ed
è con l’abbraccio telefonico di Liam e il commento
motivazionale di Zayn che tira giù la serranda del garage e
corre verso l’ascensore del suo palazzo, pregando tutti i
santi di tutte le religioni che Harry non sia già uscito.
Chiedo
scusa per il terribile, tremendo, terrificante (ecc.) ritardo, ma mi
è successa, purtroppo, la maturità e sono
riuscita a riprendere la storia solo dopo giugno. Questo non giustifica
il fatto che siamo ad Agosto, quindi mi scuso immensamente :D In ogni
caso, beh, il capitolo è più lungo degli altri ed
è anche stato il più difficile da scrivere: la
parte di Eleanor, soprattutto, mi ha fatto sudare sangue, in quanto ho
cercato di farla sembrare plausibile. In parte è evidente
che io non ci sia riuscita - come direbbe la mia amica Ludovica, la
maggior parte della gente NON reagirebbe in quel modo -, ma io credo
che se si ama davvero qualcuno, si spera nella sua felicità,
non nella propria, e la mia Eleanor ama sinceramente Louis. Spero di
essere stata chiara all'interno del capitolo, e che le ragioni sia di
Eleanor che di Louis siano espresse bene.
Ah, Harry Styles tipo Gatto di Shrek mi è venuto in mente
guardando il mio gatto (che ha gli occhi verdi) mentre piangeva
disperato perché voleva mangiare... e Niall sbava veramente
nel sonno, lo ha ammesso lui stesso su Twitter tempo fa (ah quanto lo
amo! <3)
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, ed è
già in fase di elaborazione, anche se non sono sicura quando
riuscirò a postarlo: tra poco parto per le vacanze :)
Detto ciò - e ringraziata come al solito il mio angelo
personale, il mio Castiel in miniatura, Ludovica - , aspetto i vostri
pareri^^ Let me know!
Elena
Ps: per qualsiasi cosa, contattatemi se volete su Twitter: @stormofthoughts
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