Grazie Elychan x il commento! E aggiorniamo... Ah, oggi è San Valentino,
io sto abbastanza male e, come forse avevo preannunciato, ho scritto una sorta
di riflessioni sul mio sogno... quello molto simile a quello che state leggendo
qui... ma reale...
Se avete voglia e tempo, x favore, dateci un'occhiata... nelle originali, si
intitola Sverige...
Tack så mycket (che vuol dire grazie mille in svedese ;-))
Allen aprì un occhio, il rumore di qualcuno che bussava
alla porta lo aveva svegliato.
- Kagome! Svegliati! È lì con te Allen? –
la voce di John chiamava Kagome, ma stava cercando lui. Decise quindi di alzarsi
e di andare a vedere di cosa aveva bisogno il suo manager.
- Che vuoi? – chiese Allen, sbadigliando.
- Volevo proprio te. Ci eravamo dati appuntamento alle dieci nella hall per
parlare di alcune cose importanti, non ricordi? Lo sai benissimo che dovrete
cambiare la scaletta dei pezzi, e domani non avrete nemmeno il tempo di respirare.
Quindi alle dieci dovevamo parlarne. Ma tu come sempre la notte la passi con
qualche bella ragazza e poi la mattina non ti svegli mai in tempo! –
- No… Scusa… È che ieri sera… -
- Inutile che cerchi di giustificarti, so perfettamente perché questa
mattina ti sei svegliato qui. E nessuno ti vieta di fare quello che vuoi. Ma
mettiti in condizione di rispettare gli orari –
- Hai ragione, anche se non è successo quello che pensi –
- Non mi interessa se ci sei andato a letto o meno, a me interessa solo che
tu rispetti le regole e gli impegni del gruppo. Ora muoviti, gli altri sono
già di sotto –
Allen annuì, richiuse la porta e andò verso il
letto. Cominciò a baciare delicatamente il viso di Kagome, cercando di
svegliarla nel modo più dolce e piacevole che fosse possibile.
Lei stancamente aprì gli occhi, trovandosi il meraviglioso
viso di Allen a due millimetri dal suo. Sorrise e lo baciò.
- Io devo andare un attimo nella hall per parlare di un po’
di cose con gli altri… Poi vado in camera, mi do una sistemata, e se ti
va andiamo a fare un giro… Passerò a chiamarti tra un’oretta,
ok? – le sussurrò lui.
- Va bene… -
Allen le diede un altro bacio dolcissimo ed andò di corsa
nella hall.
Kagome si fece un bel bagno, in modo da rilassarsi un po’.
Non le sembrava vero… Quelle labbra così magnifiche l’avevano
baciata… Quant’era bello Allen… Era semplicemente perfetto.
E con lei si era dimostrato anche un ragazzo estremamente rispettoso
e gentile. Qualsiasi parola di lode sminuiva quello che lui era realmente.
Allen scese nella hall e venne assalito dalle battutine stupide
dei suoi amici. Poi tornò la calma e così i ragazzi si misero
a decidere i pezzi da eseguire il giorno seguente.
Quando ebbero finito, Allen corse in camera per prepararsi.
Era uno che ci teneva molto al suo aspetto. Il suo era un look apparentemente
trasandato, ma in realtà passava ore davanti allo specchio a scegliere
ogni capo d’abbigliamento con la massima cura. Passava interminabili decine
di minuti a spazzolare i capelli, dandogli infine un’aria apparentemente
spettinata, ma in realtà ogni ciocca era al posto in cui doveva stare.
Anche per questo motivo appariva così bello e allo stesso tempo selvaggio.
Come promesso a Kagome, dopo un’ora da quando era sceso
nella hall, bussò alla porta della camera della ragazza. Lei andò
ad aprire e rimase un attimo imbambolata a guardare quel ragazzo che ogni attimo
le sembrava più bello, perfetto. Lo fece entrare, e gli disse di accomodarsi
dove voleva, lei doveva finire di truccarsi!
Kagome tornò in bagno e riprese a farsi il trucco da
dove era rimasta. E nel frattempo pensava ad Allen, a come stava bene vestito
e pettinato così… lui indossava un paio di jeans strettissimi,
come sempre, di un azzurro molto chiaro. Uno strappo sul ginocchio e qualche
altro sparso.
Una maglietta nera, ampiamente scollata a “V”, che
lasciava vedere perfettamente quel bel fisico atletico, e il chiodo aperto sopra.
Quel che però colpì maggiormente Kagome erano innanzitutto gli
occhiali: ne indossava un paio piuttosto grossi, con le lenti di un colore marrone
più chiaro in fondo e più scuro in cima, con montatura sottilissima.
E poi… I capelli. Quegli stupendi capelli biondi li aveva
pettinati con la riga un po’ da una parte, in modo tanto naturale che
sembrava li avesse spostati lui con le mani, e gli ricadevano apparentemente
scompigliati sulle spalle.
Pensando ad Allen, Kagome finì di truccarsi. Uscì
dal bagno, prese alcuni vestiti, e vi ritornò. Indossò velocemente
la minigonna di jeans azzurra che aveva scelto, molto corta e con l’orlo
un po’ sgualcito, e un maglioncino nero a collo alto, sottile, molto aderente
e corto.
Uscì dal bagno ed indossò gli stivali. Era pronta.
Diede un bacio al suo stupendo Allen, si scusò per averlo fatto attendere,
ed insieme uscirono dalla stanza. Allen affittò una macchina, in modo
da poter andare in giro tutto il giorno senza preoccupazioni.
Allen conosceva bene quella città, e non aveva problemi
a girare per le strade più strane. Infine si fermarono e scesero dalla
macchina.
Kagome venne travolta dal caos, guardandosi intorno vide solamente
grattacieli. Allen la prese per mano.
- Vieni, se ci sono ti presento dei miei amici – le disse.
Lei annuì. Era un po’ spaesata. Grattacieli nella
sua città ve n’erano tanti, ma essere in uno spazio così
grande e così estraneo la disorientava. Fortuna che Allen era così
dolce con lei.
Dovevano essere in una delle vie principali… C’erano
un sacco di negozi, le strade affollatissime… era il periodo natalizio,
e tutti erano in giro a fare compere. Allen condusse Kagome in alcune stradine
laterali, fino ad arrivare in una specie di vicolo non esattamente pulito…
Allen guardò l’espressione della ragazza e sorrise.
- Sai, i miei amici hanno la sala prove qui… -
- Capisco… -
- Non ti preoccupare, ci sono io con te… So che questa non è una
zona bellissima, ma volevo solo passare un attimo a salutare degli amici…
-
- Non c’è alcun problema, e sono curiosa di conoscerli questi tuoi
amici… -
Arrivarono davanti a quello che probabilmente doveva essere
un vecchio magazzino. Allen spinse forte la porta cigolante, entrando insieme
a Kagome, tenendole stretta la mano.
Uno stretto e buio corridoio li condusse fino ad un ampio spazio
dove quattro ragazzi stavano strimpellando con basso, batteria, chitarra e voce.
Non appena i quattro videro avvicinarsi Allen e Kagome smisero di suonare, correndo
incontro al ragazzo.
- Ciao! Come va? Allora, domani sera ci sarete, vero? –
salutò e chiese Allen agli amici.
- Certo che ci saremo! Non ci perderemmo un tuo concerto per nulla al mondo!
– rispose uno dei quattro.
- Ma vedo che sei in dolce compagnia… - disse un altro, rivolto ad Allen,
alludendo a Kagome.
- Si… Lei è Kagome… La mia… Ragazza… - Kagome
strinse la mano ai quattro ragazzi, presentandosi.
Kagome notò distintamente le facce sbalordite degli amici,
all’affermazione di Allen. L’aveva definita infatti “la sua
ragazza”, cosa evidentemente non comune per il ragazzo, che, forse, era
abituato a cambiarne una al giorno.
Allen continuò a parlare con i suoi amici, e si mise
anche a cantare con loro, e Kagome, seduta su un divano impolverato, lo osservava.
Lui non faceva che guardarla mentre cantava, e lei pensava continuamente alle
parole che poco prima aveva detto il ragazzo agli amici.
L’aveva definita “la sua ragazza”. Kagome
si stava chiedendo se l’avesse definita così tanto per dire o se
invece quello era ciò che pensava di lei… Lei poteva considerarsi
la sua ragazza? Se così fosse stato, sarebbe stato davvero splendido.
Dopo aver cantato una canzone con i suoi amici, Allen andò
verso Kagome, e si accucciò davanti a lei.
- Ti stai annoiando vero? – le chiese lui, dispiaciuto.
- Io quando sento la tua voce non mi annoio mai… - ripose lei, sorridendogli.
- Andiamo, ho in mente di farti vedere tanti bei posti oggi… - così
dicendo, si alzò e la prese per mano. Salutarono gli amici e tornarono
dalla macchina.
- Dove andiamo? – chiese Kagome, curiosa.
- È una sorpresa – disse lui.
Kagome durante il viaggio, involontariamente, si mise a canticchiare
tra sé e sé una canzone che Allen conosceva molto bene: il titolo
era “Quicksand Jesus”, ed era una canzone dei Wild Children. Lui
istintivamente la guardò con la coda dell’occhio, sorridendo, e
si mise a cantare con lei.
Solo in quel momento Kagome si rese conto di cosa stava facendo…
E smise subito di cantare. Facendo così smettere anche lui.
- Perché non canti più? – le chiese lui.
- Lo sai… Non voglio che tu senta come canto male, soprattutto poi cantando
le tue canzoni –
- Ma a me piace sentirti cantare le nostre canzoni, e poi… Tu canti davvero
bene, non ti sottovalutare –
- Ma smettila! –
- Dico sul serio! Tu credi che ieri sera, se mi fossi reso conto che canti male,
ti avrei fatto cantare un pezzo con me davanti a tutta quella gente? Assolutamente
no! Se l’ho fatto è stato perché sono rimasto piacevolmente
colpito dalla tua voce! –
- Davvero? –
- Davvero! –
Poi tra loro tornò il silenzio. Kagome tornò a
pensare alle parole che aveva usato Allen per presentare lei ad i suoi amici.
Voleva sapere se aveva detto che lei era la sua ragazza perché era quello
che pensava o meno. Ma non poteva chiederglielo, in un caso sarebbe stata una
delusione per lui, perché avrebbe capito che, nonostante lei volesse
tanto considerarlo il suo ragazzo, non aveva ancora ben chiara la situazione.
E nell’altro caso ci avrebbe fatto la figura di quella che si illude dopo
appena qualche bacio.
Allen parchèggiò, ormai era ora di pranzo. Portò
Kagome in uno splendido ed elegante ristorante, un po’ isolato.
- Ti ho portata qui perché… Non per fare il presuntuoso,
ma il mio volto a Los Angeles è abbastanza conosciuto, e non ho voglia
di essere fermato da qualcuno che vuole autografi o foto… Oggi voglio
stare con te e basta – disse lui, dopo essersi seduti al tavolo.
Il locale era davvero molto elegante, camerieri e gestori sembravano
conoscere Allen. Consumarono un pasto leggero, e si rimisero in marcia.
Dopo una decina di chilometri si fermarono nuovamente. Erano
in un piccolo ma elegantissimo centro, pieno di negozi splendidi. Kagome si
sentiva in paradiso. Vestiti meravigliosi, ma anche cifre da capogiro.
- Voglio farti un regalo. Scegli quello che ti piace di più
– le disse Allen.
- No, non posso… Davvero… Ti ringrazio, ma non posso… - rispose
lei.
- Ma va! Te lo sto dicendo io… Non è che puoi, devi…! –
Kagome non disse nulla e guardò le vetrine. Allen diede
un’occhiata insieme a lei, qualora la ragazza avesse avuto bisogno di
un consiglio l’avrebbe aiutata, anche se lui aveva già le idee
chiare.
Dopo un po’ che guardavano le vetrine, infatti, Allen
propose a Kagome un vestito che secondo lui le sarebbe stato d’incanto.
Era di seta, nero, con profonda scollatura e gonna stretta e corta.
- Che ne dici di quello? Secondo me ti starebbe benissimo –
disse Allen, indicando il vestito in questione. Il prezzo non era esposto, ma
era un vestito firmato, e Kagome calcolò che in dollari un vestito così
sarebbe costato circa tra i 1500 e i 2000 $.
- Non posso accettare un regalo simile… Non potrei mai nemmeno farti un
regalo paragonabile a quello… - disse Kagome, imbarazzata.
Allen le cinse la vita con le braccia, guardandola negli occhi.
- Tu puoi fare molto di più. Stammi vicino, questo è
un regalo che vale molto più di qualsiasi vestito. E ora entriamo, vedrai
come starai bene –
Kagome annuì, lui le diede un bacio ed entrarono nel
negozio. Allen si comportava un po’ come se fosse a casa sua… Evidentemente
conosceva molto bene anche i padroni di quel negozio, che avevano anche abbigliamento
da uomo.
La commessa fece provare il vestito a Kagome. Quando uscì
dal camerino Allen rimase imbambolato a guardarla, senza parole. Sembrava fatto
apposta per lei. Era un vestito semplice ma bellissimo, esattamente come lei.
Acquistarono il vestito e un paio di scarpe abbinate ad esso,
e tornarono dalla macchina.
- Ora sei pronta a tuffarti nel casino? Ti porto in pieno centro
– chiese Allen a Kagome.
- Cosa? E quello di stamattina non era il centro? – chiese stupita la
ragazza.
- Ma va! Quello era solo il centro di un quartiere malfamato di periferia! Ma
scusa… Tu vivi a Tokyo… E non è mica più piccola,
anzi! – affermò Allen.
- Si ma… In quel quartiere c’era ancora più casino che a
Tokyo! – disse Kagome. poi cambiò discorso: - Allen… Non
potrò mai ringraziarti abbastanza per il regalo che mi hai fatto, ma
continuo a dirti che non era il caso… -
- Lo era, eccome. Quel vestito sembra essere stato fatto su misura per te. Ed
è una nullità rispetto a quello che la tua presenza riesce a farmi,
soprattutto sul palco –
Si trovarono ben presto nel pieno e caotico centro della città.
Allen non mollò nemmeno per un secondo la mano di Kagome, aveva il terrore
di perderla in mezzo alla folla.
Più volte vennero fermati, lungo la strada, dai fans
di Allen. Era inevitabile, erano nel centro di Los Angeles! E a Kagome non passarono
inosservati tutti gli sguardi che le ragazze lanciavano al ragazzo. Alcune lo
fermavano, riconoscendolo, altre no. E tra quelle che lo fermavano c’era
anche chi cercava di baciarlo ad ogni costo. Lui le allontanava sempre in modo
gentile, ma anche freddo. A Kagome davano un po’ fastidio tutte quelle
ragazze che lo assalivano, e si fece silenziosa.
- È quasi l’ora di tornare dalla macchina, voglio
farti vedere un ultima cosa prima di tornare in albergo – disse Allen,
sorridendole.
- Ok – rispose semplicemente Kagome. Non poteva certo prendersela con
lui, se le ragazze o assalivano, ma era ugualmente infastidita.
Si rimisero in marcia, e quando arrivarono Kagome non poteva
credere ai suoi occhi. Erano al mare, quelle stupende spiagge californiane che
aveva sempre visto solo nei film ora erano davanti a lei.
- Vieni – le disse Allen.
Lei lo seguì, ritrovandosi così in spiaggia, seduta
tra le gambe di lui. Erano abbracciati, e lo spettacolo stava per cominciare.
Il sole stava tramontando. Uno splendido tramonto sul mare,
lo spettacolo più bello che Allen le avesse mai potuto far vedere.
Il cielo assunse ogni tonalità di colore dal giallo,
al rosa, al rosso, ed infine al blu, sempre più intenso. Le stesse sfumature
vennero assunse dall’acqua che, limpida, rifletteva ciò che si
trovava sopra.
Lei appoggiò la schiena contro il petto di lui, e la
testa contro la sua spalla. Lui le cinse la vita e le diede piccoli e dolci
baci su guance e collo.
- Grazie, questo è davvero lo spettacolo più bello
che potessi farmi vedere… - lo ringraziò lei.
- Eh sì… Non capita tutti i giorni di vedere un tramonto così…
-
- Ma tu… Vivevi qui? –
- Diciamo di sì… Per un periodo ho vissuto anche qui. Io sono nato
nel New Jersey, poi sono andato a vivere in Canada, poi sono venuto a Los Angeles,
e ora in teoria la mia casa è a Miami, ma solo in teoria… Perché
sono sempre in giro… -
- Miami… Altra città bellissima… -
- Se un giorno ci capiteremo, ti ci porterò -
- Grazie! –
Kagome ancora avrebbe voluto sapere se lei per lui era davvero
la sua ragazza o meno. Si decise a chiederglielo nel modo che le sembrò
il migliore…
- Stamattina mi hai presentata ai tuoi amici come “la
tua ragazza”… - non finì la frase che Allen le rispose: -
Si, lo sei. Io ti considero la mia ragazza. Per questo motivo la notte scorsa
mi sono allontanato un po’ da te. So che io non sono certo quello che
ha la fama del ragazzo serio… Ma credimi, io voglio provare ad avere una
ragazza, e voglio che quella ragazza sia tu – le sussurrò Allen,
baciandola con dolcezza.
- Ora andiamo, è ora di cena, e non voglio fare tardi con gli altri…
- aggiunse lui.
- Ok –
I due ragazzi tornarono in albergo, Allen accompagnò
Kagome fino dalla porta della sua stanza. Si baciarono a lungo, poi si salutarono.
- Ci vediamo alle otto nella hall… Ah, ovviamente indossa
quel vestito… E quelle scarpe… Voglio proprio vedere come stai bene
– detto ciò, Allen sparì di corsa su per le scale.
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