Sono
una persona orribile :/
Vi
avevo promesso un capitolo per Mercoledì scorso, ma la valigia
aveva impiegato tutto
il
mio tempo e per questo motivo non ho scritto il capitolo che avrei
dovuto far postare
a
quel geniaccio di Hidden Writer. Se ve lo state chiedendo, però,
Barcellona era stupenda :)
Akakuro
Hybrid, la mia armigera, ha betato il capitolo ♥
Amatela! *sparge arcobaleni ovunque*
Dunque,
mi sono anche accorta di aver fatto un errore madornale, e vi chiedo
perdono ancora
prima
di dirvi che razza di errore sia xD
Ho
detto che il viaggio in treno delle due ragazze sarebbe durato dieci
ore, ma mi sono resa conto
or
ora che dieci ore è un tempo incredibilmente breve. Basti
pensare che, a giorno d'oggi,
attraversare
la Russia impiega OTTO GIORNI in treno, se contiamo che si parla del
1871..
Ho
deciso che dieci ore di treno saranno la prima parte del viaggio,
ossia quella che porterà i
passeggeri
da Chicago a Thunder Bay, una cittadina appena più a nord del
confine Canadese.
Da
lì, si vedrà :) Ho già provveduto a modificare i
capitoli precedenti :)
REVIEWS
MAKE CLOVER HAPPY :)
Ti
ritroverò.
Courtney
sedeva su una poltrona verde a righe color crema, che si poteva
definire comoda, al centro del salotto di una casetta assolutamente
deliziosa al centro di Vancouver. Le pareti richiamavano il crema
delle decorazioni geometriche sulla poltrona, al centro c'era un
divano realizzato con la stessa stoffa e al centro c'era un tappeto
verde. Su quest'ultimo, un tavolino in ebano faceva la sua figura,
sopra vi erano costantemente appoggiati un vassoio con dei bicchieri
di cristallo ed una brocca della stessa linea, quasi sempre vuoti.
Addossato al muro c'era un camino, che in quel momento era spento, ed
accanto una gran libreria piena di trattati e saggi ostentava la sua
importanza. In un angolo c'era anche un mobiletto pieno di alcolici,
ma era più per tenerli in bella vista perché
risultavano gradevoli nell'insieme estetico del salotto che per
scolarsene un bicchierino a sera.
La
pancia di lei era grande poiché era incinta del terzo figlio
all'incirca al quinto mese.
Accarezzò
dolcemente il bracciolo della poltrona mentre si concedeva di
guardare la sua vita ingrossata. I dolori degli altri due parti erano
solo fantasmi all'interno della sua mente, oramai ricordava solo la
gioia di tenere una creaturina appena venuta al mondo fra le braccia.
Si
stava quasi per assopire quando le si avvicinarono le altre due
bambine: Diana, uno scricciolo di sette anni con i capelli castani e
gli occhi azzurri, ed Ellie, una bimba di cinque anni mora e con gli
occhi castani. Una spruzzata di lentiggini al cioccolato figurava sui
entrambi i visini delle piccole e le rendeva solo un po' più
adorabili di quanto non fossero già.
Diana
tese una manina verso la madre, che l'afferrò immediatamente,
Ellie si sedette semplicemente a gambe incrociate ai piedi della
poltrona verde.
«Mamma,
c'è un problema.» disse la maggiore con uno sguardo che
sarebbe voluto essere serioso, ma che in realtà di severo non
aveva niente.
Courtney
si girò verso di lei e le lanciò un'occhiata
interrogativa, ansiosa di sapere quale fosse il fulcro della
conversazione.
Fu
Ellie a parlare.
«Papà
ha detto che sono finiti i biscotti al cioccolato.»
In
un'altra occasione, la donna sarebbe scoppiata a ridere in faccia
alle bambine, per poi portare una mano sulle loro guance in una
tenera carezza con un lieve retrogusto di maternità, ma quella
volta sbiancò.
Non
dovevano finire proprio in quel momento, quei dannatissimi biscotti.
Non
quando il suo corpo aveva deciso di farsi venire l'ennesima voglia,
stavolta di cioccolato.
E
quei biscotti erano l'unica traccia di cacao che avevano in casa. Ed
erano finiti.
Inspirò
lentamente, poi espirò.
Aprì
le labbra, mentre le piccole si portavano le manine alle orecchie
preparandosi all'urlo che sarebbe arrivato di lì a momenti.
«Duncan!»
esclamò Courtney.
In
poco più di dieci secondi, l'uomo era dinnanzi a lei e aveva
spalancato gli occhi cerulei come per domandare cosa ci fosse che non
andava.
Duncan
era diventato un architetto con una certa fama, era molto conosciuto
e stava progettando un altro importante quartiere residenziale,
insieme ad un'altra squadra di professionisti di cui lui, ovviamente,
era il migliore e il più efficiente.
Con
il tempo, si era rasato quell'orribile pizzetto per lasciare che la
sua faccia fosse liscia, si era tolto l'orecchino fatto anni prima
-anche se il buco non si era mai chiuso- ed aveva iniziato a vestire
in modo tutt'altro che indecente. Era diventato un marito modello e
Courtney ne era fiera.
«I
biscotti al cioccolato.» proferì lei.
L'uomo
la guardò con fare interrogativo.
«Sono
finiti.» continuò la donna.
«E
quindi?» chiese lui.
Oh,
no.
Pessima
mossa.
Davvero
pessima mossa.
Courtney
inorridì e gli puntò un dito contro.
«Le
voglie! Le mie voglie!»
Duncan
sembrava non capire.
«Le
tue voglie cosa?»
Fu
Diana a prendere parola.
«Papà,
mamma ti sta dicendo che vuole un biscotto, ma tu hai mangiato gli
ultimi quattro dieci minuti fa.»
La
piccola, esaltata com'era dal potersi immettere in una discussione da
grandi, non si era però accorta del padre, che le stava
facendo gesti a metà fra il supplicante e l'arrabbiato.
Evidentemente,
Duncan non voleva che si sapesse che i biscotti li aveva mangiati
lui.
«Tu...
Cosa?» Lei sgranò gli occhi.
«Sei
stato tu?» chiese.
Nel
preciso momento in cui Duncan aprì la bocca per tentare di
giustificarsi, la moglie iniziò a sbraitare su quanto fosse
stato egoista e meschino, e lo obbligò in quattro e
quattr'otto ad andare a comprarne un paio di nuovi pacchi.
L'uomo
annuì sconsolato e, dopo aver baciato sulla guancia le
bambine, si avviò verso la porta, chiedendo mestamente scusa
con gli occhi a Courtney.
«Signorina?»
Courtney
aprì gli occhi di botto, trovandosi Brick a pochi centimetri
da lei.
«Che
c'è?» chiese con la voce ancora impastata dal sonno.
Il
ragazzo le disse qualcosa, ma lei non lo ascoltò, in quanto
aveva appena deciso di concedersi di guardarsi attorno per capire in
che situazione fosse.
Si
mosse sul sedile. Non assomigliava per niente ad una comoda poltrona
verde a righe crema. Attorno a lei non c'era una possente libreria,
ma solo le pareti ferrose del treno, e dell'armadietto degli alcolici
nemmeno l'ombra.
Gwen
si era addormentata accanto a lei, mentre Jo teneva ancora lo sguardo
fisso in un punto inesistente e rifiutava qualsiasi contatto umano.
«Allora?»
La
voce di Brick la riscosse dall'oblio in cui stava candendo.
In
un attimo si rese conto di non aver sentito quello che lui le aveva
domandato e, rassegnata, gli chiese di ripetere ciò che aveva
detto poco prima.
«Stava
dormendo quando all'improvviso si è messa ad agitarsi nel
sonno. Qualche problema?» ripeté docile il ragazzo.
Courtney
scosse la testa e si voltò dall'altra parte.
Peccato
che fosse stato solamente un sogno.
Quella
mattina, Duncan notò con piacere che Trent, pur dormendo nel
suo stesso letto, non l'aveva abbracciato. Si alzò e si
diresse verso il bagno per potersi lavare e preparare.
Uscì
a petto scoperto, senza curarsi dell'altro ragazzo, che si era appena
svegliato e tirato su a sedere sulla sponda del materasso. Non appena
il moro si trovò Duncan davanti, sentì la salivazione
azzerarsi e tenne evidentemente lo sguardo sul ragazzo dinnanzi a lui
un secondo di troppo, visto che Duncan gli si avvicinò
lentamente fino a mettere entrambe le gambe fra le sue -in una
posizione tanto esplicita quanto inconveniente.
«Non
sai convivere con il mio fisico perfetto, eh musicante di Brema*?»
Il
moro strizzò gli occhi, mentre cercava di non pensare a quello
che gli aveva detto Duncan.
Si
sarebbe dovuto abituare a questi sbalzi d'umore -e di salivazione-,
visto che oramai scenette del genere capitavano giornalmente.
Trent
sbuffò sul progetto che aveva davanti, stringendo una matita
fra le mani fino a far diventare le nocche biancastre. Odiava il
fatto che non riuscisse a creare niente di accettabile, mentre Duncan
era già a metà della sua parte del progetto. Portò
le dita alle tempie per massaggiarsele e accasciò la testa
sulla scrivania di legno scuro.
«Problemi?»
chiese una voce amica.
Trent
riconobbe Zoey nella persona che gli stava accanto. Alzò lo
sguardo e le regalò un sorriso sincero.
«Se
mi venisse qualcosa in mente da scrivere, starei molto meglio.»
sospirò.
La
ragazza gli posò una mano sulla spalla.
«Scommetto
che non mi hai detto tutto.»
Il
moro sgranò gli occhi.
Come
diavolo aveva fatto a capire tutto?
Trent
ricordava che quando era piccolo aveva conosciuto una ragazzina
bionda e con gli occhi così chiari che sembravano scaglie del
più grande iceberg che avesse mai solcato i mari. Lei era in
grado di leggergli la mente come nessun altro mai aveva fatto.
Nemmeno Gwen l'aveva mai capito così tanto, ma forse era anche
per questo che la amava: gli piaceva raccontarle di sé, lei
faceva un'espressione tanto adorabile mentre parlavano di loro stessi
all'altro che lui si scioglieva ogni volta. Amava quella sensazione.
«Duncan.»
proclamò infine, arrendendosi allo sguardo penetrante della
rossa.
Zoey
aprì le palpebre ancor di più di quanto non fossero già
aperte.
«L'avete
capito, finalmente?»
Un
attimo.
Cos'era
che avrebbero dovuto aver capito?
Rivolse
quella stessa domanda alla ragazza, che sorrise ampiamente e rispose
«Che
siete l'uno il ragazzo eccezione dell'altro!»
Trent
spalancò gli occhi verdi, mentre le ciglia si aprivano e le
pupille si ristringevano.
Lui
e Duncan erano cosa?
All'improvviso,
il treno iniziò a tremolare. Non era un semplice movimento da
svincolo ai binari, e Jo e Gwen l'avevano capito immediatamente,
visto che la prima si era rizzata velocemente e la seconda aveva
afferrato il braccio di Courtney stringendolo.
Il
tremore continuò fino a che il treno non si fermò di
botto, frenando e facendo cedere tutti i passeggeri alla forza
d'inerzia, che li scaraventò qualche centimetro più
avanti.
Il
confine non era molto lontano, un cartello marrone molto grande
informava che mancavano pressapoco dieci miglia.
Passò
un uomo che aveva tutta l'aria di essere un inserviente. Aveva i
capelli ricci e neri, due occhi color miele molto grandi, espressivi
e con un ché di tenero che avrebbe di certo steso le ragazze
che lo stavano guardando, se non fosse stato per il terrore del treno
fermo; non era molto alto ma era piuttosto aggraziato nei movimenti.
«Che
succede?» domandò Brick in preda all'ansia.
«Un
guasto al treno. Sono assai spiacente, ma temo che sia opportuno
scendere ed aspettare che il problema venga risolto.» affermò
l'uomo. Aveva una voce sorprendentemente calda.
Molto
probabilmente l'avevano sentito tutti, all'interno del vagone, poiché
scoppiò una miriade di reazioni diverse. Ci fu chi pianse, chi
tremò, chi agitò le braccia e chi si alzò di
scatto.
Brick
si bagnò i pantaloni e Gwen e Courtney capirono il motivo per
cui Jo lo soprannominava spesso Capitan Piscina.
Dopo
qualche minuto di scompiglio totale, tutti i passeggeri presero i
loro bauli o le loro valigie e scesero dal treno. Courtney e Gwen si
sedettero sull'erba; Brick e Jo si accomodarono sotto un albero.
Per
fortuna non pioveva.
Brick
tremava -di freddo o di paura? In quella sera dell'Ottobre del 1871
non lo si sarebbe potuto dire-, ma Jo,
che era seduta accanto a lui, appena lo notò si alzò e
se ne andò.
Il
ragazzo che li aveva avvertiti del problema al treno lo vide
guardarla con un velo di tristezza negli occhi.
«Ti
ha lasciato?» domandò senza pensare di star violando una
sfera privata.
Brick
lo guardò.
«E
tu saresti..?» chiese, sorpreso da quella domanda.
«Everett.»
si presentò il ragazzo con gli occhi color miele.
Brick
lo guardò e sospirò.
Sì,
magari si sarebbe potuto aprire con lui: non l'avrebbe mai più
rivisto, dopotutto.
A/N Sono
in uno schifoso ritardo D:
Perdonatemi,
ve lo imploro dalla mia bassezza (LOL), ma non sono riuscita a
tenermi al passo :/
Volevo
chiedervi una cosa che mi ha un po' lasciata triste: come mai il
numero delle recensioni è calato così drasticamente?
Da nove ad otto e poi a tre. La mia domanda è semplice,
cosa ho sbagliato? Vi chiedo di farmi capire cosa c'è che non
va, poiché non mi riesco a spiegare come questi numeri siano
diminuiti così tanto.
Non
sto elemosinando recensioni, non fatevi strane idee, è solo
che.. Boh. Sono un po' mesta per questo motivo.
Passiamo
oltre, vi aspettano le Precisazioni, gli Spoilers e un altro Avviso
:)
PRECISAZIONI:
*
- Conoscete la storia dei Musicanti di Brema? È una fiaba, e
qui
potete trovarla :)
Oh,
questo lo dico di nuovo per la mia Faith: no, non è un caso
che l'inserviente sia così simile a Blaine :3 E non è
un caso nemmeno che si chiami Everett, che è il secondo nome
di Darren Criss. Per questo, però, c'è da ringraziare
Akakuro ♥
SPOILERS:
Ho
poco da dirvi, in realtà xD Vi anticipo solo una cosa:
siamo in Ottobre, nel 1871. Le due ragazze sono di Chicago.
Cosa
è successo a Chicago nell'Ottobre del 1871? *musica da
thriller*
AVVISO:
Miei
amati lettori, parto di nuovo e il computer nemmeno me lo porto :/
Avrete
il prossimo capitolo fra tre Mercoledì, ma vi prometto che
stavolta sarò puntuale ♥
CloClo
:)
|