episode 5
V.
STRATEGIA
E' finita, è andata. Ce l'ho fatta.
La cruda esultanza che la colmava interamente, rendendo però
il suo
corpo piacevolmente leggero ed energico, urlava e si dimenava contro la
sua pelle. Era difficile, per Light, impedirle di manifestarsi nei suoi
gesti e movimenti. Però indispensabile, perciò
cercò in ogni modo di
appesantire e frenare il suo passo baldanzoso, di dipingersi in volto
lo stordimento e l'incapacità di realizzare l'accaduto come
ogni altro
passeggero. Al suo fianco, Yuji gracchiava "cazzo" e fissava un punto
imprecisato sul terreno, con occhi svuotati dall'angoscia. Light non
sopportava tanta debolezza d'animo, tanta instabilità di
nervi.
Determinava spietata un individuo troppo fragile per la brusca rudezza
di sangue del mondo.
E' andata, ci sono
riuscita. E andato tutto bene. Ho vinto. L'euforia
era inebriante, ma si affrettò a correggersi con severa
prudenza. No,
non aveva vinto, nonostante tutte le carte a sua disposizione. L era
ancora alle sue tracce, famelicamente affamato della sua prima
distrazione: la preda è davvero perduta solo quando si
convince di non
essere più braccata. Mai abbassare la guardia. La sua vita
era divenuta
una giungla in cui sopravvivere, in cui vigevano quindi le stesse
leggi. Gli errori non erano tollerati, la mente del suo avversario le
era sconosciuta e avrebbe potuto rivelarsi un'arma molto peggiore di
quanto temesse. Proprio quella mancanza di conoscenza la inquietava,
quel vuoto senza etichetta, da cui non sapeva come difendersi. Fare il
suo meglio erano le sole barriere che per ora poteva erigere contro di
lui.
Ormai la strada era sfollata, poichè i soccorsi avevano
delimitato la zona con dei nastri a strisce e i passeggeri dell'autobus
si erano affrettati a dileguarsi, nella speranza di dimenticare tutto.
La ragazza serrò gli occhi, disturbata dal pallore slavato
di un cielo scolorito.
-Scusa.- Una voce maschile le giunse alla sua destra, cortese ed
esitante. Pensò che intuire ciò che avrebbe
chiesto era
talmente semplice che non c'era nemmeno il gusto della
curiosità.
-Sì?- Si voltò, fingendo impeccabile la
precipitazione di
chi viene riscosso dai suoi pensieri. Nelle iridi castane
ingenuità, ma misurata.
Raye Penber parlò in fretta, a bassa voce. -A dire il vero,
mi
trovo in Giappone per svolgere delle indagini top secret. Nemmeno la
polizia giapponese ne è al corrente, quindi...-
Incerto, si arrestò. Il tono non riuscì ad
assestarsi,
impedito dalla consapevolezza di stare per chiedere qualcosa di
inusuale, che suonava quasi sbagliato.
Light sorrise costringendo le labbra, senza che gli occhi impassibili
ne fossero contagiati.
-Ho capito. Non dirò a nessuno di averla incontrata, nemmeno
a mio padre.-
Raye Penber indugiò qualche istante a fissarla, incapace di
ringraziarla o dare ulteriori spiegazioni. Era così
evidentemente a disagio che la ragazza s'incredulì, nel
vedere
quanta poca abilità nel mascherare sè stesso
avesse un
agente dell'FBI.
-Bene. Allora vado.- Accennò una corsa, seguito dallo
svolazzare
del suo cappotto grigio. Light lo seguì con lo sguardo,
divertita ed impietosita insieme nel vedere quell'uomo impacciato
già finito. Un morto che camminava.
Era andato tutto perfettamente, come un atto di teatro orchestrato da
lei stessa. Era ovvio che non sarebbe stato prudente fare
sapere alla polizia che era stata su quell'autobus... L lo
sarebbe
venuto a sapere, altrimenti, e avrebbe notato la non troppo casuale
coincidenza.
L'agente non nutriva sospetti nei suoi confronti, quasi sicuramente, e
non avrebbe avuto comunque alcuna prova, sicuramente e basta. E come
ricollegare una morte per incidente stradale a Kira?
Si permise un sorriso sornione e ferocemente soddisfatto. Sottile,
però, semplice da cancellare. Non era ancora scoccata l'ora
di
sorridere.
-Vieni, andiamo.- Light si accorse che Yuji era sceso dall'autobus,
quasi barcollante. Non sembrava del tutto sicuro sulle gambe ed era
bianco come un lenzuolo. Patetico.
Immaginò le avrebbe chiesto cosa le aveva detto
l'agente dell'FBI, invece si limitò a deglutire. -Tutto
okay?-
-Tu non molto! Forse è meglio se ti accompagno a casa.-
Annoiata, dimenticato ogni interesse per quell'alibi che era stata
costretta ad affibbiarsi, fermò un taxi di passaggio e vi
infilò dentro Yuji. Il suo era il comportamento di un
bambino
stufo del vecchio giocattolo, deciso a disfarsene alla svelta.
Morto che cammina,
pensò pigra. Ecco
cosa sei, Raye Penber.
Quando la maniglia scivolò in basso e la porta
s'aprì con
un arrendevole schiocco, Raye Penber riuscì ad avvertire una
sensazione di tenue sollievo. Tutta l'ansia del pomeriggio, che gli si
era raggrumata nel petto in un blocco d'insofferente paranoia, si
dileguò parzialmente mettendo a tecere l'impulso
irrefrenabile
di guardarsi le spalle.
Aveva sudato freddo, quel giorno, se l'era proprio vista brutta. Ma
tutto era andato per il meglio, nonostante l'inquietudine leggera che
rovinava la perfezione della sua serenità, insistendo nel
sussurrargli che era accaduto qualcosa di terribilmente sbagliato in
quell'orrendo quarto d'ora. Qualcosa di più sbagliato del
dirottamento di una autobus e la morte accidentale di un criminale.
-Bentornato.-
Non appena la porta si socchiuse, gli giunse un saluto allegro.
Naosuke,
seduto su un divano in una strana posizione rigida, aveva subito
sollevato gli occhi scuri dal giornale che stava leggendo. Il suo
sorriso era rinfrancante.
-Grazie...- sbuffò Raye. -Finalmente a casa.-
Le tende di pesante stoffa blu erano dischiuse, la luce del tramonto
fendeva con raggi pigri e indolenti il buio della stanza. Il
davanzale in granito, colpito in pieno, splendeva preziosamente
d'avorio. Nonostante quella radiosa intrusione la stanza d'albergo
rimaneva vittima d'una penombra poco riposante, quasi tormentata. Le
pareti turchesi ne erano ingrigite, il tavolino d'acciaio era obbligato
a riflettere il buio e appariva opaco. C'era qualcosa di tetro,
riflettè Raye.
Di sbagliato. Cacciò subito quell'idea dalla testa.
Distratto, gettò la giacca sul suo letto e il suo corpo su
una poltrona di fronte a quella di Naosuke.
-Accidenti, che sospiro.- Con il suo solito intuito, il ragazzo
sondò l'espressione stravolta di Raye. -E' successo
qualcosa?-
-Sì. Mi sono imbattuto nel dirottamento di un autobus.-
bofonchiò aggrottando le sopracciglia, mentre allentava il
nodo
della cravatta.
Prevedendo il desiderio dell'amico, Naosuke si alzò e
raggiunse il piano cottura. -Un dirottamento?! Davvero?!-
-Il tizio che due giorni fa a cercato di rapinare una banca, questa
volta ha dirottato un autobus. Ormai nemmeno il Giappone è
un
paese sicuro.- commentò con una smorfia di disappunto.
L'altro lo fissò in silenzio per qualche istante. -E tu...
eri su quell'autobus.-
-Sì. Ma alla fine il dirottatore è fuggito
spaventato, ed
è stato investito da un'auto.- spiegò Raye
laconico.
-Questo vuol dire... che è morto?- Naosuke rimaneva di
spalle, la
voce cauta. L'amico si chiese perplesso dove volesse arrivare,
visto che più che stupito appariva sospettoso. Quasi...
sì, quasi stesse per formulare un'ipotesi delle sue.
-Almeno così sembra.- Abbassò il capo. -Non ho
avuto il tempo di restare a verificare.-
-Senti, Raye.- Naosuke gli si avvicinò, con due bottiglie di
birra
stappate ancora avvolte dalla condensa, ma un tono così
vibrante
d'ansia che Raye non potè altro che sollevare la testa. -Sei
proprio sicuro che si sia trattato di un caso?- I suoi occhi grigi e
penetranti lo fissavano con una serietà allarmante.
-Che vuoi dire?- ribattè perplesso.
-Tu ti trovavi su quell'autobus perchè stavi pedinando
qualcuno,
giusto? E proprio lì è quasi certamente morto un
criminale. Non credi che forse...-
-Senti.- lo interruppe brusco. -So benissimo che in passato eri un
eccellente detective dell'FBI, ma ora non sei più un agente,
Naosuke.-
La sua voce suonava tagliente, quasi scortese. -Ho acconsentito a farti
venire con me solo per salutare i tuoi genitori. E a patto che non ti
intromettessi per nessun motivo nel caso Kira e non facessi nulla di
stupido.-
Il ragazzo annuì con la testa, quasi tristemente. -Lo so,
Raye. Scusa, è l'abitudine.-
Raye finalmente sorrise stanco, sciogliendo la tensione che gravava nei
suoi lineamenti. -No, scusami tu. Non è niente.- rispose con
più affabilità. -Dico così solo
perchè ti
sono affezionato, e ho promesso alla zia che non ti sarebbe accaduto
nulla di male... che non avresti corso rischi. Sono la tua guardia del
corpo, capisci?- scherzò.
Anche Naosuke sorrise flebilmente, nonostante l'inquietudine
ispiratogli dal
racconto di Raye non l'avesse abbandonato. C'era ancora lo strano
timore profetico d'un gatto che fiuta il temporale, nei suoi occhi.
-Se vuoi rimuginare su qualcosa, pensa a cosa possiamo procurarci per
cena.- Le risate dei cugini riempirono la stanza, illuminandola. -Ehi,
sto morendo di
fame!-
Il computer trillò, lo schermo prese vita nel buio.
-L.-
Strappò il suo volto alla prepotenza
dell'oscurità,
voltandosi verso la fonte di luce. Attese il messaggio ad occhi
socchiusi.
-Un altro detenuto ha lasciato un messaggio, prima di morire.-
Intrecci complessi di parole e sillabe inondarono la sua mente, in un
labirinto di segreti e indovinelli echeggianti di risatine di scherno.
-Mandami l'immagine.- L'ordine spirò nell'aria viziata.
Iniziava a fare caldo.
Sullo schermo comparve un pezzo di carta, l'ennesima sfida traboccante
di invisibile e lampante arroganza, l'ennesima risposta irriconducibile
a qualsiasi domanda che avrebbe potuto porre. Parole facili, nero su
bianco, in un'innocenza contaminata.
-Gli Shinigami.- sussurrò. Collegare, unire, completare. Un
puzzle da comporre senza sapere il soggetto. -L _ lo sai che_
gli
Shinigami.-
Gradino per raggiungere la verità o trappola per sprofondare
nella confusione di sentieri deserti.
-Kira, stai forse cercando di dirmi che esistono gli Shinigami?-
L'importante era divertirsi, inutile prendere Kira troppo sul serio.
Aprire la mente ed accettare ogni impulso.
-Ascolta, Watari. Dì alla polizia di tenere gli occhi
puntati
sulle prigioni, perchè potrebbero arrivare altri messaggi
dai
carcerati.-
-Ricevuto.-
Sorrise eccitata. Su,
avanti, vuoi tenermi sulle spine proprio alla fine della storia?
-Liiight! Ehi Light, ascoltami, accidentaccio!-
Ryuk tentava di tenere il passo della ragazza davanti a lui, senza
riuscirci granchè. -Ehi... mi vuoi ascoltare?!-
Light lasciava oscillare la borsa avanti ed indietro, camminando svelta
fra la folla, con un sorriso pensieroso in volto. I capelli erano
legati in una coda bassa, che le carezzava la schiena.
-Dimmi, caro Ryuk.-
Un giorno sono un
demente e quello dopo il caro Ryuk, pensò lo
Shinigami scuotendo il capo con disapprovazione. E' proprio vero ciò
che dicono: le donne sono lunatiche...
-Stamattina non hai detto che avresti ucciso quell'agente dell'FBI?-
chiese.
Light schivava con agilità le persone, insinuandosi in
quella
calca impossibile. Fu costretta a smettere di dondolare la borsa, per
paura di farla finire negli stinchi di qualcuno.
-Esattamente, ho detto così.- confermò allegra,
raggiungendo una parete di mattoni rossi e posizionandovisi davanti.
-Hai intenzione di ucciderlo qui? Con tutta questa gente?- si
sbalordì Ryuk, perplesso.
La ragazza fece cenno di diniego, soddisfatta. -Come al solito non hai
intuito i miei piani. Adesso vedrai.-
Certo che non li ho
intuiti! Ti inventi cose dell'altro mondo! stava per
ribattere il dio della morte, ma poi decise che forse era meglio
rimanere "il caro Ryuk" che tornare il demente.
-Posso farti un'altra domanda?-
Light alzò gli occhi al cielo. -E quando mai ti freni dal
farmele?!-
-Perchè ti sei fermata qui? Proprio qui?-
-Non c'è niente di specificatamente importante qui.- Lei
scrollò le spalle. -Devo aspettare che arrivi il tizio.-
Ryuk iniziava a non capirci più un tubo. -Vuol dire che
avete un appuntamento?-
Light lo guardò di storto. -Sì, certo! Una
sospettata che
invita il suo pedinatore sconosciuto a mangiare il gelato! Sei proprio
fissato, con questi appuntamenti.- commentò sbuffando.
-Sei sicura che arriverà?- domandò ancora lo
Shinigami,
guardando a destra e sinistra. -Sarà un'impresa vederlo, in
questo andirivieni.-
-Non preoccuparti.- lo rassicurò Light. -In fondo, ora, noi
siamo solo spettatori. Assistiamo alla realizzazione del mio
piano. Così ti divertirai, no?-
Il dio della morte taque, arrendendosi. Avrebbe dovuto aspettare
l'arrivo di Raye Penber per capire cosa aveva combinato la ragazza.
Sarebbe parso strano, a chiunque avesse avuto modo di notarlo, il fatto
che lei comunicasse con un interlocutore apparentemente inesistente.
Proprio per questo Light aveva ideato l'ennesima astuzia: tenere il
telefonino all'orecchio, così che sentirla parlare non
destasse
l'attenzione di nessuno. Ryuk era soddisfatto, perchè
così poteva chiacchierare quando gli pareva... lei invece si
stava già pentendo, dato che le toccava rovistare nella
borsa
alla ricerca del cellulare ogni dieci secondi (per comodità,
aveva optato per tenerlo nella tasca del giubbotto).
-Senti, Light...- iniziò Ryuk, titubante, ondeggiando.
Light strinse i denti, afferrando il telefono e sbattendoselo contro la
tempia. -Cosa, che c'è adesso?!-
-Se Raye Penber morirà in questa zona, rimanere nelle
vicinanze non è pericoloso per te?-
Accennò un sorriso. -Che affermazione arguta, Ryuk.-
Lo Shinigami ghignò compiaciuto. -Non posso credere che tu
non ci abbia pensato.-
-Hai ragione, infatti ci ho pensato.-
-Aargh. Uffa.- si lagnò il dio della morte, abbattuto. Light
sollevò il mento, inspirando appena l'odore di tabacco e
profumo
femminile di cui l'aria era impregnata.
-No, non è un rischio eccessivo... Non finchè non
ci
sarà nessuno disposto a notarmi o telecamere a riprendermi.
Tutto sotto controllo.-
-Come sempre.- concordò Ryuk vivacemente. E' proprio intenzionata a non
farsi mai prendere alla sprovvista, eh? Che caratterino...
Lo sguardo rapido e capace di Light intercettò
ciò
che stava cercando e ne seguì brevemente lo spostamento, per
accertarsi che davvero di lui si trattasse. Sgranò le
pupille,
pervasa da una scarica di adrenalina.
-Eccolo! Avanti, andiamo.- esclamò, riponendo il cellulare.
-Dove?- intervenne Ryuk impaziente. Lei si limitò ad
indirizzargli un discreto cenno di fare silenzio.
Light lasciò che la calca di gente la investisse e
travolgesse,
per poi seguire il flusso pronto a condurla sulle tracce di Raye
Penber.
-Pensa un po' che buffo: prima ti pedinava lui, ora è
pedinato
da te!- ridacchiò lo Shinigami, ricevendo solo indifferenza
risoluta.
La figura grigia dell'uomo si fermò davanti alle porte di un
treno, finchè non si aprirono e la folla non
affluì
all'interno. Anche Light vi entrò, senza fretta, evitando di
ostentare una determinata espressione e limitandosi a guardare
ciò che le si presentava davanti. Raye Penber aveva preso
posto
in fondo a sinistra, esattamente nel sedile su cui avrebbe dovuto
sedersi.
Esasperata dall'espressione di totale smarrimento di Ryuk, Light
estrasse dalla borsa un manuale di matematica e l'aprì con
discrezione. Sistemato all'interno, vi era il Death Note.
Il dio della morte si librò nell'aria, in alto, in modo da
potere leggere da sopra. Cominciò, ad alta voce.
-Raye Penber. Alle ore
2: 50 sale
sul treno della linea Yamanote, sedendosi nel sedile 47 del terzo
vagone. Dopo sette minuti, prende la busta che trova sotto il sedile.
Ne estrae il contenuto. Prende il primo foglio e scrive il nome del suo
superiore nella prima casella in alto. Uh, e sta facendo
quello che c'è scritto?- si stupì.
Light sorrise e lo indicò con il capo: l'agente dell'FBI si
chinò, come assalito da un'ispirazione, e la sua mano
trovò la busta. Prese il foglio, scarabocchiò un
nome.
Poi attese.
-Il foglio è del Death Note, vero?- chiese Ryuk ghignando.
Light prese una matita e scrisse, nel margine del libro di matematica.
"Sì, c'è un foglio sovrapposto a quello del
quaderno
della morte (con delle fessure) per nascondere le cause. E non
solo. Visto che Penber non può conoscere nome e
volto degli
altri agenti dell'FBI, ho scritto che il suo superiore
morirà
dopo aver inviato a tutti gli agenti un file con, appunto, nomi e
volti."
-Ahah, molto astuta come al solito, Light.- la lodò allegro.
Raye Penber aprì la tracolla che portava con sè,
a quel punto, e
accese il computer portatile al suo interno. S'udì un bip.
-Gli arriva una mail con
un documento
riguardante gli agenti dell'FBI in Giappone. Dopo aver guardato bene i
volti, scrive i loro nomi in successione nelle caselle rimaste.-
Raye Penber, alternando lo sguardo dallo schermo del pc al
foglio, pareva stare ubbidendo.
Light adorava quella sensazione di
potere, di padronanza della situazione; invece non sopportava perdere
il controllo della scacchiera, essere sopraffatta dalle mosse
dell'avversario. Temeva L, temeva il suo acume, e ciò la
rendeva
cauta fino all'ossessione. L'idea di una punizione la uccideva, le
consumava le ossa fino al midollo, le deteriorava le carni e ribolliva
il sangue: paura, semplice paura dell'inevitabilità. Non
avrebbe
potuto fuggire per sempre, per cui doveva convertire il mondo alla sua
religione. Al momento stava agendo nell'ombra, ma presto Kira avrebbe
occupato il trono che le spettava ormai di diritto.
Gli agenti dell'FBI erano innocenti, indubbiamente, ed ucciderli la
faceva stare male. Però non avrebbero dovuto intralciare la
sua
strada, opponendosi e dichiarandole apertamente ostilità.
Inoltre, la loro semplice esistenza la inquietava. Voleva sicurezza, e
se la sarebbe procurata.
Ecco, pensò Light con stizza. Adesso L avrebbe capito che
tipo di ragazza era la regina del nuovo mondo.
-Rimette il foglio nella
busta e la ripone sotto il sedile, com'era prima. Dopo altri
sette minuti, scende.-
Ryuk arrestò ancora la lettura, intento a
guardare l'uomo
con i tondi occhi rossastri. Raye Penber scrisse un nome in fondo al
foglio, poi lo infilò nella busta. La chiuse.
-Che malvagia, Light! L'hai spremuto come un limone.-
commentò
lo Shinigami. -Allora ecco perchè stamattina alle cinque sei
salita sulla metropolitana... per nascondere quella! Mah, io non so
come certe idee ti vengano in mente.- concluse, grattandosi il capo.
Light non rispose e chiuse il libro di matematica, prendendo invece una
rivista. L'aprì ad una pagina qualsiasi e vi
concentrò lo
sguardo, nonostante la sua attenzione svincolasse senza pace.
I sette minuti rintoccarono con fin troppa lentezza. Finalmente
l'orologio da polso di Light lasciò che la lancetta dei
minuti
scivolasse a segnare la fine della storia.
Raye Penber si alzò, con occhi vacui di volontà,
e le
porte scorrevoli non gli impedirono il passaggio. Non ebbe il tempo di
andare molto lontano, però: aveva fatto appena un passo,
quando
strabuzzò gli occhi e si portò una mano al petto,
il
volto deformato da un dolore improvviso e fatale.
-Muore per arresto
cardiaco alle 3: 10, tre secondi dopo essere sceso dal treno.- Ryuk
recitò l'ultima frase scritta sul Death Note, con un sorriso
ampio. -Incredibile: te la sei cavata anche questa volta.-
Light si alzò e raggiunse le porte in procinto di chiudersi.
Si
limitò a fissare gli occhi stravolti dell'agente,
già a
terra, con un sorriso dolce.
Raye Penber schiuse le labbra atterrito in un'ultima espressione
d'orrore. Forse aveva capito, forse no.
Ma Light non l'avrebbe scoperto mai. Mentre una folla si radunava
attorno all'ormai cadavere dell'uomo il treno ripartì con
uno
stridio prolungato, che echeggiò nella galleria come una
melodia
funebre.
-...morti tutti per arresto cardiaco. E' stato Kira, non c'è
altra spiegazione. Perdonami, L, ma a questo punto l'FBI abbandona le
indagini in Giappone.-
Bipbip. Il brusìo non accennava ad assopirsi.
-Ora è in linea la sovraintendente Yagami.-
annunciò Watari nervosamente.
-L, ho appena parlato con il capo dell'FBI. Mi ha detto che gli hai
chiesto di inviare degli agenti in Giappone a indagare su tutti coloro
che in qualche modo possano avere a che fare con noi del quartier
generale.-
Non sopportava, lei, tutto quell'affollarsi di voci e confusione
indistinta. Sembrava che ogni singola persona sulla faccia della Terra
avesse qualcosa da ridire su ciò che lei aveva detto o
fatto, e
ci tenesse particolarmente a renderglielo noto in quell'istante.
Rancore, sconfitta, fastidio: solo malumore insisteva nelle sue
orecchie.
-Esatto.- sillabò annoiata.
-Sospetti forse di noi?!- Nella voce della donna, una rabbia trattenuta
a stento.
-Ho ritenuto che fosse necessario per scoprire l'identità di
Kira.-
Forse era lei, ad essere di malumore. Più di tutto il mondo
intero messo insieme. Kira stava ridendo, da qualche parte nel Kanto.
Soltanto l'idea che fosse pervaso dall'allegria risultava sgradevole
come sale sulla lingua. Nauseante, oscena e sbagliata. Uomini morti,
pedine spezzate, potere ostentato.
Voleva vomitare.
La infastidiva, Kira, e molto. Provava così tanto fastidio
che magari avrebbe iniziato ad odiarlo.
-Non sono d'accordo.- Ancora quel ronzìo scomodo, quelle
lamentele imperterrite e così aspre. -Mettere delle spie
alle
nostre costole?! Non siamo forse alleati?!-
L sospirò. Parlare, parlare. Troppo semplice per non farlo a
sproposito.
Non capivano. Non capivano niente. Non capivano lei, e tanto bastava.
Però di una cosa era sicura: al quartier generale,
ci aveva
messo molto poco per smettere di essere la grande L. Anche meno di
quanto immaginasse.
Bipbip. Chi ancora voleva strepitare in quel piccolo microfono?
Annuncio di Watari. -C'è un'altra vittima che ha lasciato un
messaggio.-
La sua testa si voltò di scatto, con uno
scricchiolìo
minaccioso. Concitata si inginocchiò davanti al portatile,
intingendo le guance smagrite e ceree nella luce biancastra.
L_ lo sai che_ gli Shinigami
L, lo sai che gli
Shinigami...
_mangiano solo mele?
... mangiano solo mele?
Solo mele solo mele solo mele solo mele.
-Bastardo.- bofonchiò lei.
Sanzo, da sopra il suo gelato alla panna, lanciò un'occhiata
indagatrice alla donna seduta di fronte a lui.
-Cos’è questa storia della riunione di famiglia?-
Non era certo un'abitudine della famiglia Yagami, in effetti. Ogni
componente di essa era sempre stato troppo impegnato, e nessuno ne
sentiva il bisogno. Mantenevano, in un certo senso, un rigido contegno
quando si trattava delle rispettive vite, perciò non erano
abituati a discuterne insieme. Diciamo che ognuno tendeva a starsene
per
i fatti propri.
Invece quella sera aleggiava una strana atmosfera, tesa e
imprevedibile, quasi come se un cavo d'acciaio iniziasse a cigolare
minacciosamente e ad assottigliarsi.
La luce giallastra della cucina si infrangeva e spandeva a profusione
sul tavolo, schizzando le pareti e le guance dei presenti. La sera era
buia ed inquieta dietro le tende, un vento tagliente fischiava
sottovoce sfiorando i vetri.
Light fissava la così tanto insolita difficoltà
della
madre su quei lineamenti forti e rigidi, più che consapevole
di
cosa avrebbe dovuto dire e di che cosa la tratteneva. Ma i suoi occhi
erano vetro e non riflettevano nulla, se non quella luce gialla.
La sovraintendente Yagami sospirò leggermente, appoggiando i
gomiti sul tavolo. Non sapeva che reazioni avrebbe scatenato la notizia
in famiglia, ma quello di cui era certa era che non avrebbe avuto la
forza di sostenere ulteriori proteste.
-Inutile
nasconderlo, prima o poi lo scoprireste, quindi preferisco dirvelo. In
questo momento mi trovo io al comando del quartier generale per le
indagini sul caso Kira.- annunciò, quasi sfidando qualcuno a
ribattere. Sanzo battè le palpebre, ingenuamente stupito.
-Ma è incredibile! Complimenti, mamma! Sei veramente in
gamba.-
Un sorriso euforico e infantile si allargò sul suo viso. -E'
una
vera figata.-
La sovraintendente lo fulminò con lo sguardo per zittirlo,
un lampo sulle lenti degli occhiali.
-Non
sono ancora arrivata al punto.- Fece una pausa, osservando quei volti
in attesa, sospesi e curiosi e ancora inconsapevoli. Provò
la
tentazione devastante e prepotente, come un'onda anomala nella sua
mente razionale, di scappare da quella cucina e dimenticarsi del caso
per cui avrebbe potuto rimettere la vita. Ma le motivazioni e
gli
ideali che la incitavano ripresero il controllo su di lei. -Il fatto
è che ieri sono morti ben
dodici agenti dell’FBI, venuti in Giappone soltanto per
scovare
Kira.- ammise con amarezza, liberandosi in fretta (ma non senza
soffrire) di quel macigno.
Le espressioni mutarono e si distorsero in sconcertata
incredulità.
-E tu pensi che possa averli uccisi lui?- Al contrario degli altri due,
Light era l'unica a non essere ferita dalla notizia, capace di
mantenere una lucidità oggettiva e imperturbabile.
-Eh?!- Sanzo fissò sconvolto e spaurito la madre.
-Il
mio timore è che Kira uccida tutti coloro che in qualche
modo
tentano
di catturarlo. Si tratta di un criminale senza precedenti.- Yagami
lasciò scivolare il capo fra le mani, massaggiando poi le
tempie
con le dita. -Molti dei
miei uomini stanno abbandonando il caso.-
-E allora rinuncia! Non voglio che tu muoia!- Il figlio si
allungò sul tavolo e vi battè i palmi contro, con
energia. Una nota di stridulo panico storniva la sua voce.
Il marito prese una mano della moglie fra le sue. -Ha ragione, tesoro.
La vita è più importante della carriera. Non devi
essere
imprudente, pensa ai ragazzi...-
-No, non ho intenzione di abbandonare né ora né
mai
questo caso. Non mi piegherò di fronte al male.-
sbottò
la sovraintendente con ostinazione, sollevando il mento e lo sguardo
splendente.
-Ma… mamma…- balbettò Sanzo, senza
sapere cosa dire.
-Cara, ripensaci!- esordì il marito con decisione.
Light, dal canto suo, la guardò. Non una sola parola di
rimprovero o di cantilenante protesta uscì dalle sue labbra.
Si
alzò in piedi.
-Sono fiera di te, mamma. E se mai dovesse succederti qualcosa, ti
giuro che…- Si voltò, accostata allo stipite
della porta.
-...sarò io stessa a mandare Kira sulla forca.-
La sovraintendente si chiese quanto quella figlia d'acciaio, che le
assomigliava troppo, sarebbe stata scalfita dal destino a cui si era
promessa. La lasciò andare senza parlare.
La sovraintendente Yagami esaminò l'ufficio con sguardo
circospetto, quasi in cerca di qualcuno che potesse esserle sfuggito,
ma infine dovette arrendersi all'evidenza che le si presentava davanti.
Ogni volta che le capitava di sfiorarla con un'occhiata, Matsuda
sorrideva raggiante e sgaia nella sua direzione.
-Solo
cinque, dunque. Me compresa siamo in sei.- Abbassò gli occhi
sulla superficie della scrivania, sperando di avere nascosto bene la
sua delusione. -Pazienza, significa che ci sono ben sei uomini disposti
a rischiare la
vita per combattere il crimine.- concluse.
-Con un senso della giustizia forte come il vostro, non posso che avere
fiducia in voi.- La solita voce gracchiante si intromise nella
conversazione. Il computer di L era sistemato su un tavolo, la famosa
lettera gotica troneggiava sullo schermo. Di fianco sedeva la
silenziosa e composta figura di Watari, sempre avvolta da un
impermeabile e un largo cappello nero.
-Un momento, però.- Aizawa si alzò in piedi.
Aveva una
nuvola di vaporosi riccioli castani, la sua carnagione era appena
olivastra e gli occhi serrati in un'espressione sospettosa e ostile. -L
avrà anche fiducia in noi, ma adesso siamo noi che non ci
fidiamo di lui!-
-L,
noi qui presenti abbiamo deciso di catturare Kira a tutti i costi, e tu
dovresti sapere bene quanti rischi comporta la nostra scelta.- Un uomo
dai corti capelli neri e gli occhi accigliati, di nome Ide, parve
d'accordo.
-Eppure non fai altro che darci ordini, senza mai mostrarti in volto.-
rincarò Aizawa infastidita. -Come possiamo lavorare, e
soprattutto fidarci di una persona così?!-
La sovraintendente Yagami era esausta di quella situazione e, in un
certo senso, trovava ragionevoli le proteste dei colleghi.
-L…
ascoltami per favore. Se anche tu come noi intendi catturare Kira e
confidi in un’assoluta collaborazione, perchè non
vieni
qui con noi al
quartier generale?- propose.
-Come vi ho detto poco fa, io ho molta fiducia in voi.-
sussurrò la voce di L.
Sul computer iniziarono ad apparire caselle e documenti bianchi, su cui
venivano digitate poco per volta delle lettere. In breve, indirizzi ed
indicazioni presero forma.
Gli agenti della polizia giapponese fissarono basiti lo schermo,
rendendosi conto che quella era la chiave che L forniva loro per
raggiungerlo.
Era ormai sera, e fuori dal quartier generale della polizia il freddo
cominciava a farsi sentire, sempre più insistente.
-Perché
proprio adesso che siamo rimasti in sei…- mormorò
Ide,
nemmeno lui sicuro di starsi rivolgendo a qualcuno. - Se fino a questo
momento L è
riuscito a risolvere tutti quei casi da solo, potrebbe anche continuare
a fare a meno di noi. Voi li conoscete, i suoi trucchetti. E se ci
trovassimo davanti ad una persona che si spaccia per lui?-
ipotizzò freddamente.
Aizawa ci pensò su, le braccia conserte contro la giacca del
tailleur. -Un’altra persona… beh, può
darsi.-
ammise.
-Io… io però mi fido di lui.- Matsuda fece
timidamente un
passo avanti, intromettendosi nella conversazione, le trecce corvine a
dondolare avanti ed indietro. -E poi, secondo
me, abbiamo bisogno del suo aiuto per risolvere questo caso.-
-Anche secondo me.- annuì Mogi.
La sovraintendente si trovava di spalle, le braccia dietro la
schiena, guardava le stelle affogate nel cielo buio e mai
così lontano.
-L ha ammesso fin dall’inizio, che per risolvere questo caso
aveva
bisogno del sostegno della polizia. Vediamola in maniera diversa. E se
L avesse aspettato questo momento?-
-Che cosa? Questo momento?- Matsuda sgranò gli occhi, in
attesa di spiegazioni.
-Fin
dal principio, all’interno del quartier generale, stava gente
che
dubitava di lui. Poco alla volta molti di loro hanno dato le proprie
dimissioni. In una situazione del genere, come poteva L offrirci la
sua piena fiducia?- chiarì la donna, voltandosi verso i
colleghi.
-Quindi… aspettava che rimanessero solo gli
agenti disposti ad affrontare il crimine senza timore di morire e che
in più… si fidassero di lui?- si stupì
Matsuda,
felice di avere capito come erano andate le cose (e soprattutto un po'
compiaciuta di fare parte di questa cerchia di persone).
-Già.- confermò la sovraintendente.
-Comunque sia, se vi alleate con L, io me ne vado.- affermò
uno degli agenti, allontanandosi.
-Invece io mi fido di L, e farò il possibile per
collaborare.- ribattè Ukita, un agente di piccola statura.
Anche Aizawa era d'accordo. -Sì,
anch’io.-
Yagami annuì con la testa, abbracciando con lo sguardo
quella che sarebbe stata la sua nuova squadra.
La sua figura appariva quasi sbagliata -troppo buia e troppo storta- in
quella linda e graziosa camera d'albergo. I suoi piedi nudi erano
affondati in un tappeto giallo e rosa.
La grande vetrata spalancata sulla città in fermento la
rifletteva appena, con colori pallidi e leggeri.
Kira…
immagino che a questo punto ognuno di noi si sia avvicinato
all’altra
in egual misura. E va bene, per la prima volta
mostrerò ad altre
persone il mio volto.
Se in qualche modo tu dovessi venirlo a sapere,
sono sicuro che ti faresti avanti. E io non aspetto altro. Sorrise
alla sè nello specchio, quasi avessero un segreto che nessun
altro poteva sapere. Vieni
qui, Kira, vieni da me. Da bravo.
Se ti farai vedere, giocare insieme sarà ancora
più divertente. Fu
distratta da un rumore di passi all'esterno, nel corridoio: si
voltò, nuovamente seria, pronta ad incontrare i suoi ospiti.
Note dell'Autrice: Non so se avete idea di cosa sia stato scrivere
questo capitolo. E' enorme. ç.ç Però
non sono
riuscita a tagliare niente!
Inizialmente pensavo di tagliare tutta la storia
Naomi-Misora-e-compagnia-cantanti, ma poi ho capito che era troppo
importante. Già qui compare, infatti.
Sì, lo so, Naosuke è un nome proprio orribile, ma
cercavo
uno che assomigliasse a Naomi (che tra l'altro in Giappone
può
essere anche da maschio... però l'ho cambiato lo stesso).
Visto che ho lasciato Raye Penber uomo (altrimenti iniziano ad esserci
davvero troppe donne!) ho pensato di rendere Raye e Naosuke... cugini.
Se li guardate bene, si assomigliano fisicamente un sacco!
Per quanto riguarda la questione della morte di Penber, assolutamente
la Light ragazza non sarebbe andata lì a dirgli -Ehi sono
Kira,
fai quello che ti dico o ti ammazzo!-, lo trovo piuttosto imprudente.
Chissà perchè Light ragazzo non ha usato
direttamente il
quaderno, come ho scritto io qui. Sarebbe stato molto meno pericoloso,
no?
Se mi è sfuggita qualche regola del quaderno che impedisce
quanto ho scritto, chiedo venia.
Anche nel quartier generale ho mantenuto qualcuno di insignificante
uomo (tipo Ide... povero Ide! XD ) tanto perchè altrimenti
sarebbe poco credibile.
Fine! Nient'altro da aggiungere. Grazie mille per avere letto questo
capitolo infinito e spero recensirete!
Lucy
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