Anime & Manga > Death Note
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Autore: MadLucy    05/08/2012    1 recensioni
Questa fanfiction è un esperimento, o almeno potremmo definirlo così. Guardate gli avvertimenti. Sapete che significa Gender Bender? Significa che i personaggi che in un manga/anime sono femmine diventano maschi, i maschi diventano femmine. Ed è esattamente quello che ho provato a fare. Riscrivere ogni episodio di Death Note... invertendo i sessi dei personaggi.
Quindi potrete trovare una Light fredda e brillante, determinata a divenire la padrona di un nuovo mondo, una L bizzarra e misteriosa che non ingrassa mai e... beh, se continuo così, cosa leggete a fare?
La storia non verrà modificata per quanto riguarda gli avvenimenti principali, ma di certo la trama verrà intrecciata diversamente. Questo, in definitiva, è un Death Note al femminile.
Buona lettura. ^-^
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Light/Raito, Mello, Near, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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episode 5 V. STRATEGIA




E' finita, è andata. Ce l'ho fatta
. La cruda esultanza che la colmava interamente, rendendo però il suo corpo piacevolmente leggero ed energico, urlava e si dimenava contro la sua pelle. Era difficile, per Light, impedirle di manifestarsi nei suoi gesti e movimenti. Però indispensabile, perciò cercò in ogni modo di appesantire e frenare il suo passo baldanzoso, di dipingersi in volto lo stordimento e l'incapacità di realizzare l'accaduto come ogni altro passeggero. Al suo fianco, Yuji gracchiava "cazzo" e fissava un punto imprecisato sul terreno, con occhi svuotati dall'angoscia. Light non sopportava tanta debolezza d'animo, tanta instabilità di nervi. Determinava spietata un individuo troppo fragile per la brusca rudezza di sangue del mondo.
E' andata, ci sono riuscita. E andato tutto bene. Ho vinto. L'euforia era inebriante, ma si affrettò a correggersi con severa prudenza. No, non aveva vinto, nonostante tutte le carte a sua disposizione. L era ancora alle sue tracce, famelicamente affamato della sua prima distrazione: la preda è davvero perduta solo quando si convince di non essere più braccata. Mai abbassare la guardia. La sua vita era divenuta una giungla in cui sopravvivere, in cui vigevano quindi le stesse leggi. Gli errori non erano tollerati, la mente del suo avversario le era sconosciuta e avrebbe potuto rivelarsi un'arma molto peggiore di quanto temesse. Proprio quella mancanza di conoscenza la inquietava, quel vuoto senza etichetta, da cui non sapeva come difendersi. Fare il suo meglio erano le sole barriere che per ora poteva erigere contro di lui.
Ormai la strada era sfollata, poichè i soccorsi avevano delimitato la zona con dei nastri a strisce e i passeggeri dell'autobus si erano affrettati a dileguarsi, nella speranza di dimenticare tutto.
La ragazza serrò gli occhi, disturbata dal pallore slavato di un cielo scolorito.
-Scusa.- Una voce maschile le giunse alla sua destra, cortese ed esitante. Pensò che intuire ciò che avrebbe chiesto era talmente semplice che non c'era nemmeno il gusto della curiosità.
-Sì?- Si voltò, fingendo impeccabile la precipitazione di chi viene riscosso dai suoi pensieri. Nelle iridi castane ingenuità, ma misurata.
Raye Penber parlò in fretta, a bassa voce. -A dire il vero, mi trovo in Giappone per svolgere delle indagini top secret. Nemmeno la polizia giapponese ne è al corrente, quindi...-
Incerto, si arrestò. Il tono non riuscì ad assestarsi, impedito dalla consapevolezza di stare per chiedere qualcosa di inusuale, che suonava quasi sbagliato.
Light sorrise costringendo le labbra, senza che gli occhi impassibili ne fossero contagiati.
-Ho capito. Non dirò a nessuno di averla incontrata, nemmeno a mio padre.-
Raye Penber indugiò qualche istante a fissarla, incapace di ringraziarla o dare ulteriori spiegazioni. Era così evidentemente a disagio che la ragazza s'incredulì, nel vedere quanta poca abilità nel mascherare sè stesso avesse un agente dell'FBI.
-Bene. Allora vado.- Accennò una corsa, seguito dallo svolazzare del suo cappotto grigio. Light lo seguì con lo sguardo, divertita ed impietosita insieme nel vedere quell'uomo impacciato già finito. Un morto che camminava.
Era andato tutto perfettamente, come un atto di teatro orchestrato da lei stessa. Era ovvio che non sarebbe stato prudente fare sapere alla polizia che era stata su quell'autobus... L lo sarebbe venuto a sapere, altrimenti, e avrebbe notato la non troppo casuale coincidenza.
L'agente non nutriva sospetti nei suoi confronti, quasi sicuramente, e non avrebbe avuto comunque alcuna prova, sicuramente e basta. E come ricollegare una morte per incidente stradale a Kira?
Si permise un sorriso sornione e ferocemente soddisfatto. Sottile, però, semplice da cancellare. Non era ancora scoccata l'ora di sorridere.
-Vieni, andiamo.- Light si accorse che Yuji era sceso dall'autobus, quasi barcollante. Non sembrava del tutto sicuro sulle gambe ed era bianco come un lenzuolo. Patetico.
Immaginò le avrebbe chiesto cosa le aveva detto l'agente dell'FBI, invece si limitò a deglutire. -Tutto okay?-
-Tu non molto! Forse è meglio se ti accompagno a casa.- Annoiata, dimenticato ogni interesse per quell'alibi che era stata costretta ad affibbiarsi, fermò un taxi di passaggio e vi infilò dentro Yuji. Il suo era il comportamento di un bambino stufo del vecchio giocattolo, deciso a disfarsene alla svelta.
Morto che cammina, pensò pigra. Ecco cosa sei, Raye Penber.


Quando la maniglia scivolò in basso e la porta s'aprì con un arrendevole schiocco, Raye Penber riuscì ad avvertire una sensazione di tenue sollievo. Tutta l'ansia del pomeriggio, che gli si era raggrumata nel petto in un blocco d'insofferente paranoia, si dileguò parzialmente mettendo a tecere l'impulso irrefrenabile di guardarsi le spalle.
Aveva sudato freddo, quel giorno, se l'era proprio vista brutta. Ma tutto era andato per il meglio, nonostante l'inquietudine leggera che rovinava la perfezione della sua serenità, insistendo nel sussurrargli che era accaduto qualcosa di terribilmente sbagliato in quell'orrendo quarto d'ora. Qualcosa di più sbagliato del dirottamento di una autobus e la morte accidentale di un criminale.
-Bentornato.-
Non appena la porta si socchiuse, gli giunse un saluto allegro. Naosuke, seduto su un divano in una strana posizione rigida, aveva subito sollevato gli occhi scuri dal giornale che stava leggendo. Il suo sorriso era rinfrancante.
-Grazie...- sbuffò Raye. -Finalmente a casa.-
Le tende di pesante stoffa blu erano dischiuse, la luce del tramonto fendeva con raggi pigri e indolenti il buio della stanza. Il davanzale in granito, colpito in pieno, splendeva preziosamente d'avorio. Nonostante quella radiosa intrusione la stanza d'albergo rimaneva vittima d'una penombra poco riposante, quasi tormentata. Le pareti turchesi ne erano ingrigite, il tavolino d'acciaio era obbligato a riflettere il buio e appariva opaco. C'era qualcosa di tetro, riflettè Raye.
Di sbagliato. Cacciò subito quell'idea dalla testa.
Distratto, gettò la giacca sul suo letto e il suo corpo su una poltrona di fronte a quella di Naosuke.
-Accidenti, che sospiro.- Con il suo solito intuito, il ragazzo sondò l'espressione stravolta di Raye. -E' successo qualcosa?-
-Sì. Mi sono imbattuto nel dirottamento di un autobus.- bofonchiò aggrottando le sopracciglia, mentre allentava il nodo della cravatta.
Prevedendo il desiderio dell'amico, Naosuke si alzò e raggiunse il piano cottura. -Un dirottamento?! Davvero?!-
-Il tizio che due giorni fa a cercato di rapinare una banca, questa volta ha dirottato un autobus. Ormai nemmeno il Giappone è un paese sicuro.- commentò con una smorfia di disappunto.
L'altro lo fissò in silenzio per qualche istante. -E tu... eri su quell'autobus.-
-Sì. Ma alla fine il dirottatore è fuggito spaventato, ed è stato investito da un'auto.- spiegò Raye laconico.
-Questo vuol dire... che è morto?- Naosuke rimaneva di spalle, la voce cauta. L'amico si chiese perplesso dove volesse arrivare, visto che più che stupito appariva sospettoso. Quasi... sì, quasi stesse per formulare un'ipotesi delle sue.
-Almeno così sembra.- Abbassò il capo. -Non ho avuto il tempo di restare a verificare.-
-Senti, Raye.- Naosuke gli si avvicinò, con due bottiglie di birra stappate ancora avvolte dalla condensa, ma un tono così vibrante d'ansia che Raye non potè altro che sollevare la testa. -Sei proprio sicuro che si sia trattato di un caso?- I suoi occhi grigi e penetranti lo fissavano con una serietà allarmante.
-Che vuoi dire?- ribattè perplesso.
-Tu ti trovavi su quell'autobus perchè stavi pedinando qualcuno, giusto? E proprio lì è quasi certamente morto un criminale. Non credi che forse...-
-Senti.- lo interruppe brusco. -So benissimo che in passato eri un eccellente detective dell'FBI, ma ora non sei più un agente, Naosuke.- La sua voce suonava tagliente, quasi scortese. -Ho acconsentito a farti venire con me solo per salutare i tuoi genitori. E a patto che non ti intromettessi per nessun motivo nel caso Kira e non facessi nulla di stupido.-
Il ragazzo annuì con la testa, quasi tristemente. -Lo so, Raye. Scusa, è l'abitudine.-
Raye finalmente sorrise stanco, sciogliendo la tensione che gravava nei suoi lineamenti. -No, scusami tu. Non è niente.- rispose con più affabilità. -Dico così solo perchè ti sono affezionato, e ho promesso alla zia che non ti sarebbe accaduto nulla di male... che non avresti corso rischi. Sono la tua guardia del corpo, capisci?- scherzò.
Anche Naosuke sorrise flebilmente, nonostante l'inquietudine ispiratogli dal racconto di Raye non l'avesse abbandonato. C'era ancora lo strano timore profetico d'un gatto che fiuta il temporale, nei suoi occhi.
-Se vuoi rimuginare su qualcosa, pensa a cosa possiamo procurarci per cena.- Le risate dei cugini riempirono la stanza, illuminandola. -Ehi, sto morendo di fame!-

Il computer trillò, lo schermo prese vita nel buio.
-L.-
Strappò il suo volto alla prepotenza dell'oscurità, voltandosi verso la fonte di luce. Attese il messaggio ad occhi socchiusi.
-Un altro detenuto ha lasciato un messaggio, prima di morire.-
Intrecci complessi di parole e sillabe inondarono la sua mente, in un labirinto di segreti e indovinelli echeggianti di risatine di scherno.
-Mandami l'immagine.- L'ordine spirò nell'aria viziata. Iniziava a fare caldo.
Sullo schermo comparve un pezzo di carta, l'ennesima sfida traboccante di invisibile e lampante arroganza, l'ennesima risposta irriconducibile a qualsiasi domanda che avrebbe potuto porre. Parole facili, nero su bianco, in un'innocenza contaminata.
-Gli Shinigami.- sussurrò. Collegare, unire, completare. Un puzzle da comporre senza sapere il soggetto.  -L _ lo sai che_ gli Shinigami.-
Gradino per raggiungere la verità o trappola per sprofondare nella confusione di sentieri deserti.  
-Kira, stai forse cercando di dirmi che esistono gli Shinigami?-
L'importante era divertirsi, inutile prendere Kira troppo sul serio. Aprire la mente ed accettare ogni impulso. 
-Ascolta, Watari. Dì alla polizia di tenere gli occhi puntati sulle prigioni, perchè potrebbero arrivare altri messaggi dai carcerati.-
-Ricevuto.-
Sorrise eccitata. Su, avanti, vuoi tenermi sulle spine proprio alla fine della storia?

-Liiight! Ehi Light, ascoltami, accidentaccio!-
Ryuk tentava di tenere il passo della ragazza davanti a lui, senza riuscirci granchè. -Ehi... mi vuoi ascoltare?!-
Light lasciava oscillare la borsa avanti ed indietro, camminando svelta fra la folla, con un sorriso pensieroso in volto. I capelli erano legati in una coda bassa, che le carezzava la schiena.
-Dimmi, caro Ryuk.-
Un giorno sono un demente e quello dopo il caro Ryuk, pensò lo Shinigami scuotendo il capo con disapprovazione. E' proprio vero ciò che dicono: le donne sono lunatiche...
-Stamattina non hai detto che avresti ucciso quell'agente dell'FBI?- chiese.
Light schivava con agilità le persone, insinuandosi in quella calca impossibile. Fu costretta a smettere di dondolare la borsa, per paura di farla finire negli stinchi di qualcuno.
-Esattamente, ho detto così.- confermò allegra, raggiungendo una parete di mattoni rossi e posizionandovisi davanti.
-Hai intenzione di ucciderlo qui? Con tutta questa gente?- si sbalordì Ryuk, perplesso.
La ragazza fece cenno di diniego, soddisfatta. -Come al solito non hai intuito i miei piani. Adesso vedrai.-
Certo che non li ho intuiti! Ti inventi cose dell'altro mondo! stava per ribattere il dio della morte, ma poi decise che forse era meglio rimanere "il caro Ryuk" che tornare il demente.
-Posso farti un'altra domanda?-
Light alzò gli occhi al cielo. -E quando mai ti freni dal farmele?!-
-Perchè ti sei fermata qui? Proprio qui?-
-Non c'è niente di specificatamente importante qui.- Lei scrollò le spalle. -Devo aspettare che arrivi il tizio.-
Ryuk iniziava a non capirci più un tubo. -Vuol dire che avete un appuntamento?-
Light lo guardò di storto. -Sì, certo! Una sospettata che invita il suo pedinatore sconosciuto a mangiare il gelato! Sei proprio fissato, con questi appuntamenti.- commentò sbuffando.
-Sei sicura che arriverà?- domandò ancora lo Shinigami, guardando a destra e sinistra. -Sarà un'impresa vederlo, in questo andirivieni.-
-Non preoccuparti.- lo rassicurò Light. -In fondo, ora, noi siamo solo spettatori. Assistiamo alla realizzazione del mio piano. Così ti divertirai, no?-
Il dio della morte taque, arrendendosi. Avrebbe dovuto aspettare l'arrivo di Raye Penber per capire cosa aveva combinato la ragazza.
Sarebbe parso strano, a chiunque avesse avuto modo di notarlo, il fatto che lei comunicasse con un interlocutore apparentemente inesistente. Proprio per questo Light aveva ideato l'ennesima astuzia: tenere il telefonino all'orecchio, così che sentirla parlare non destasse l'attenzione di nessuno. Ryuk era soddisfatto, perchè così poteva chiacchierare quando gli pareva... lei invece si stava già pentendo, dato che le toccava rovistare nella borsa alla ricerca del cellulare ogni dieci secondi (per comodità, aveva optato per tenerlo nella tasca del giubbotto).
-Senti, Light...- iniziò Ryuk, titubante, ondeggiando.
Light strinse i denti, afferrando il telefono e sbattendoselo contro la tempia. -Cosa, che c'è adesso?!-
-Se Raye Penber morirà in questa zona, rimanere nelle vicinanze non è pericoloso per te?-
Accennò un sorriso. -Che affermazione arguta, Ryuk.-
Lo Shinigami ghignò compiaciuto. -Non posso credere che tu non ci abbia pensato.-
-Hai ragione, infatti ci ho pensato.-
-Aargh. Uffa.- si lagnò il dio della morte, abbattuto. Light sollevò il mento, inspirando appena l'odore di tabacco e profumo femminile di cui l'aria era impregnata.
-No, non è un rischio eccessivo... Non finchè non ci sarà nessuno disposto a notarmi o telecamere a riprendermi. Tutto sotto controllo.-
-Come sempre.- concordò Ryuk vivacemente. E' proprio intenzionata a non farsi mai prendere alla sprovvista, eh? Che caratterino...
Lo sguardo rapido e capace di Light intercettò ciò che stava cercando e ne seguì brevemente lo spostamento, per accertarsi che davvero di lui si trattasse. Sgranò le pupille, pervasa da una scarica di adrenalina.
-Eccolo! Avanti, andiamo.- esclamò, riponendo il cellulare.
-Dove?- intervenne Ryuk impaziente. Lei si limitò ad indirizzargli un discreto cenno di fare silenzio.
Light lasciò che la calca di gente la investisse e travolgesse, per poi seguire il flusso pronto a condurla sulle tracce di Raye Penber.
-Pensa un po' che buffo: prima ti pedinava lui, ora è pedinato da te!- ridacchiò lo Shinigami, ricevendo solo indifferenza risoluta.
La figura grigia dell'uomo si fermò davanti alle porte di un treno, finchè non si aprirono e la folla non affluì all'interno. Anche Light vi entrò, senza fretta, evitando di ostentare una determinata espressione e limitandosi a guardare ciò che le si presentava davanti. Raye Penber aveva preso posto in fondo a sinistra, esattamente nel sedile su cui avrebbe dovuto sedersi.
Esasperata dall'espressione di totale smarrimento di Ryuk, Light estrasse dalla borsa un manuale di matematica e l'aprì con discrezione. Sistemato all'interno, vi era il Death Note.
Il dio della morte si librò nell'aria, in alto, in modo da potere leggere da sopra. Cominciò, ad alta voce.
-Raye Penber. Alle ore 2: 50  sale sul treno della linea Yamanote, sedendosi nel sedile 47 del terzo vagone. Dopo sette minuti, prende la busta che trova sotto il sedile. Ne estrae il contenuto. Prende il primo foglio e scrive il nome del suo superiore nella prima casella in alto. Uh, e sta facendo quello che c'è scritto?- si stupì.
Light sorrise e lo indicò con il capo: l'agente dell'FBI si chinò, come assalito da un'ispirazione, e la sua mano trovò la busta. Prese il foglio, scarabocchiò un nome. Poi attese.
-Il foglio è del Death Note, vero?- chiese Ryuk ghignando.
Light prese una matita e scrisse, nel margine del libro di matematica. "Sì, c'è un foglio sovrapposto a quello del quaderno della morte (con delle fessure) per nascondere le cause. E non solo. Visto che Penber non può conoscere nome e volto degli altri agenti dell'FBI, ho scritto che il suo superiore morirà dopo aver inviato a tutti gli agenti un file con, appunto, nomi e volti."
-Ahah, molto astuta come al solito, Light.- la lodò allegro.
Raye Penber aprì la tracolla che portava con sè, a quel punto, e accese il computer portatile al suo interno. S'udì un bip.
-Gli arriva una mail con un documento riguardante gli agenti dell'FBI in Giappone. Dopo aver guardato bene i volti, scrive i loro nomi in successione nelle caselle rimaste.-
Raye Penber, alternando lo sguardo dallo schermo del pc al foglio, pareva stare ubbidendo.
Light adorava quella sensazione di potere, di padronanza della situazione; invece non sopportava perdere il controllo della scacchiera, essere sopraffatta dalle mosse dell'avversario. Temeva L, temeva il suo acume, e ciò la rendeva cauta fino all'ossessione. L'idea di una punizione la uccideva, le consumava le ossa fino al midollo, le deteriorava le carni e ribolliva il sangue: paura, semplice paura dell'inevitabilità. Non avrebbe potuto fuggire per sempre, per cui doveva convertire il mondo alla sua religione. Al momento stava agendo nell'ombra, ma presto Kira avrebbe occupato il trono che le spettava ormai di diritto.
Gli agenti dell'FBI erano innocenti, indubbiamente, ed ucciderli la faceva stare male. Però non avrebbero dovuto intralciare la sua strada, opponendosi e dichiarandole apertamente ostilità.
Inoltre, la loro semplice esistenza la inquietava. Voleva sicurezza, e se la sarebbe procurata.
Ecco, pensò Light con stizza. Adesso L avrebbe capito che tipo di ragazza era la regina del nuovo mondo.
-Rimette il foglio nella busta e la ripone sotto il sedile, com'era prima. Dopo altri sette minuti, scende.-
Ryuk arrestò ancora la lettura, intento a guardare l'uomo con i tondi occhi rossastri. Raye Penber scrisse un nome in fondo al foglio, poi lo infilò nella busta. La chiuse.
-Che malvagia, Light! L'hai spremuto come un limone.- commentò lo Shinigami. -Allora ecco perchè stamattina alle cinque sei salita sulla metropolitana... per nascondere quella! Mah, io non so come certe idee ti vengano in mente.- concluse, grattandosi il capo.
Light non rispose e chiuse il libro di matematica, prendendo invece una rivista. L'aprì ad una pagina qualsiasi e vi concentrò lo sguardo, nonostante la sua attenzione svincolasse senza pace.
I sette minuti rintoccarono con fin troppa lentezza. Finalmente l'orologio da polso di Light lasciò che la lancetta dei minuti scivolasse a segnare la fine della storia.
Raye Penber si alzò, con occhi vacui di volontà, e le porte scorrevoli non gli impedirono il passaggio. Non ebbe il tempo di andare molto lontano, però: aveva fatto appena un passo, quando strabuzzò gli occhi e si portò una mano al petto, il volto deformato da un dolore improvviso e fatale.
-Muore per arresto cardiaco alle 3: 10, tre secondi dopo essere sceso dal treno.- Ryuk recitò l'ultima frase scritta sul Death Note, con un sorriso ampio. -Incredibile: te la sei cavata anche questa volta.-
Light si alzò e raggiunse le porte in procinto di chiudersi. Si limitò a fissare gli occhi stravolti dell'agente, già a terra, con un sorriso dolce.
Raye Penber schiuse le labbra atterrito in un'ultima espressione d'orrore. Forse aveva capito, forse no.
Ma Light non l'avrebbe scoperto mai. Mentre una folla si radunava attorno all'ormai cadavere dell'uomo il treno ripartì con uno stridio prolungato, che echeggiò nella galleria come una melodia funebre.


-...morti tutti per arresto cardiaco. E' stato Kira, non c'è altra spiegazione. Perdonami, L, ma a questo punto l'FBI abbandona le indagini in Giappone.-
Bipbip. Il brusìo non accennava ad assopirsi.
-Ora è in linea la sovraintendente Yagami.- annunciò Watari nervosamente.
-L, ho appena parlato con il capo dell'FBI. Mi ha detto che gli hai chiesto di inviare degli agenti in Giappone a indagare su tutti coloro che in qualche modo possano avere a che fare con noi del quartier generale.-
Non sopportava, lei, tutto quell'affollarsi di voci e confusione indistinta. Sembrava che ogni singola persona sulla faccia della Terra avesse qualcosa da ridire su ciò che lei aveva detto o fatto, e ci tenesse particolarmente a renderglielo noto in quell'istante. Rancore, sconfitta, fastidio: solo malumore insisteva nelle sue orecchie. 
-Esatto.- sillabò annoiata.
-Sospetti forse di noi?!- Nella voce della donna, una rabbia trattenuta a stento.
-Ho ritenuto che fosse necessario per scoprire l'identità di Kira.-
Forse era lei, ad essere di malumore. Più di tutto il mondo intero messo insieme. Kira stava ridendo, da qualche parte nel Kanto.
Soltanto l'idea che fosse pervaso dall'allegria risultava sgradevole come sale sulla lingua. Nauseante, oscena e sbagliata. Uomini morti, pedine spezzate, potere ostentato.
Voleva vomitare.
La infastidiva, Kira, e molto. Provava così tanto fastidio che magari avrebbe iniziato ad odiarlo.
-Non sono d'accordo.- Ancora quel ronzìo scomodo, quelle lamentele imperterrite e così aspre. -Mettere delle spie alle nostre costole?! Non siamo forse alleati?!-
L sospirò. Parlare, parlare. Troppo semplice per non farlo a sproposito.
Non capivano. Non capivano niente. Non capivano lei, e tanto bastava.
Però di una cosa era sicura: al quartier generale, ci aveva messo molto poco per smettere di essere la grande L. Anche meno di quanto immaginasse.
Bipbip. Chi ancora voleva strepitare in quel piccolo microfono?
Annuncio di Watari. -C'è un'altra vittima che ha lasciato un messaggio.-
La sua testa si voltò di scatto, con uno scricchiolìo minaccioso. Concitata si inginocchiò davanti al portatile, intingendo le guance smagrite e ceree nella luce biancastra.
L_ lo sai che_ gli Shinigami
L, lo sai che gli Shinigami...
_mangiano solo mele?
... mangiano solo mele?
Solo mele solo mele solo mele solo mele.
-Bastardo.- bofonchiò lei.


Sanzo, da sopra il suo gelato alla panna, lanciò un'occhiata indagatrice alla donna seduta di fronte a lui.
-Cos’è questa storia della riunione di famiglia?-
Non era certo un'abitudine della famiglia Yagami, in effetti. Ogni componente di essa era sempre stato troppo impegnato, e nessuno ne sentiva il bisogno. Mantenevano, in un certo senso, un rigido contegno quando si trattava delle rispettive vite, perciò non erano abituati a discuterne insieme. Diciamo che ognuno tendeva a starsene per i fatti propri.
Invece quella sera aleggiava una strana atmosfera, tesa e imprevedibile, quasi come se un cavo d'acciaio iniziasse a cigolare minacciosamente e ad assottigliarsi.
La luce giallastra della cucina si infrangeva e spandeva a profusione sul tavolo, schizzando le pareti e le guance dei presenti. La sera era buia ed inquieta dietro le tende, un vento tagliente fischiava sottovoce sfiorando i vetri.
Light fissava la così tanto insolita difficoltà della madre su quei lineamenti forti e rigidi, più che consapevole di cosa avrebbe dovuto dire e di che cosa la tratteneva. Ma i suoi occhi erano vetro e non riflettevano nulla, se non quella luce gialla.
La sovraintendente Yagami sospirò leggermente, appoggiando i gomiti sul tavolo. Non sapeva che reazioni avrebbe scatenato la notizia in famiglia, ma quello di cui era certa era che non avrebbe avuto la forza di sostenere ulteriori proteste.
-Inutile nasconderlo, prima o poi lo scoprireste, quindi preferisco dirvelo. In questo momento mi trovo io al comando del quartier generale per le indagini sul caso Kira.- annunciò, quasi sfidando qualcuno a ribattere. Sanzo battè le palpebre, ingenuamente stupito.
-Ma è incredibile! Complimenti, mamma! Sei veramente in gamba.- Un sorriso euforico e infantile si allargò sul suo viso. -E' una vera figata.-
La sovraintendente lo fulminò con lo sguardo per zittirlo, un lampo sulle lenti degli occhiali.
-Non sono ancora arrivata al punto.- Fece una pausa, osservando quei volti in attesa, sospesi e curiosi e ancora inconsapevoli. Provò la tentazione devastante e prepotente, come un'onda anomala nella sua mente razionale, di scappare da quella cucina e dimenticarsi del caso per cui avrebbe potuto rimettere la vita. Ma le motivazioni e gli ideali che la incitavano ripresero il controllo su di lei. -Il fatto è che ieri sono morti ben dodici agenti dell’FBI, venuti in Giappone soltanto per scovare Kira.- ammise con amarezza, liberandosi in fretta (ma non senza soffrire) di quel macigno.
Le espressioni mutarono e si distorsero in sconcertata incredulità.
-E tu pensi che possa averli uccisi lui?- Al contrario degli altri due, Light era l'unica a non essere ferita dalla notizia, capace di mantenere una lucidità oggettiva e imperturbabile.
-Eh?!- Sanzo fissò sconvolto e spaurito la madre.
-Il mio timore è che Kira uccida tutti coloro che in qualche modo tentano di catturarlo. Si tratta di un criminale senza precedenti.- Yagami lasciò scivolare il capo fra le mani, massaggiando poi le tempie con le dita. -Molti dei miei uomini stanno abbandonando il caso.-
-E allora rinuncia! Non voglio che tu muoia!- Il figlio si allungò sul tavolo e vi battè i palmi contro, con energia. Una nota di stridulo panico storniva la sua voce.
Il marito prese una mano della moglie fra le sue. -Ha ragione, tesoro. La vita è più importante della carriera. Non devi essere imprudente, pensa ai ragazzi...-
-No, non ho intenzione di abbandonare né ora né mai questo caso. Non mi piegherò di fronte al male.- sbottò la sovraintendente con ostinazione, sollevando il mento e lo sguardo splendente.
-Ma… mamma…- balbettò Sanzo, senza sapere cosa dire.
-Cara, ripensaci!- esordì il marito con decisione.
Light, dal canto suo, la guardò. Non una sola parola di rimprovero o di cantilenante protesta uscì dalle sue labbra. Si alzò in piedi.
-Sono fiera di te, mamma. E se mai dovesse succederti qualcosa, ti giuro che…- Si voltò, accostata allo stipite della porta. -...sarò io stessa a mandare Kira sulla forca.-
La sovraintendente si chiese quanto quella figlia d'acciaio, che le assomigliava troppo, sarebbe stata scalfita dal destino a cui si era promessa. La lasciò andare senza parlare.


La sovraintendente Yagami esaminò l'ufficio con sguardo circospetto, quasi in cerca di qualcuno che potesse esserle sfuggito, ma infine dovette arrendersi all'evidenza che le si presentava davanti. Ogni volta che le capitava di sfiorarla con un'occhiata, Matsuda sorrideva raggiante e sgaia nella sua direzione.
-Solo cinque, dunque. Me compresa siamo in sei.- Abbassò gli occhi sulla superficie della scrivania, sperando di avere nascosto bene la sua delusione. -Pazienza, significa che ci sono ben sei uomini disposti a rischiare la vita per combattere il crimine.- concluse.
-Con un senso della giustizia forte come il vostro, non posso che avere fiducia in voi.- La solita voce gracchiante si intromise nella conversazione. Il computer di L era sistemato su un tavolo, la famosa lettera gotica troneggiava sullo schermo. Di fianco sedeva la silenziosa e composta figura di Watari, sempre avvolta da un impermeabile e un largo cappello nero.
-Un momento, però.- Aizawa si alzò in piedi. Aveva una nuvola di vaporosi riccioli castani, la sua carnagione era appena olivastra e gli occhi serrati in un'espressione sospettosa e ostile. -L avrà anche fiducia in noi, ma adesso siamo noi che non ci fidiamo di lui!-
-L, noi qui presenti abbiamo deciso di catturare Kira a tutti i costi, e tu dovresti sapere bene quanti rischi comporta la nostra scelta.- Un uomo dai corti capelli neri e gli occhi accigliati, di nome Ide, parve d'accordo.
-Eppure non fai altro che darci ordini, senza mai mostrarti in volto.- rincarò Aizawa infastidita. -Come possiamo lavorare, e soprattutto fidarci di una persona così?!-
La sovraintendente Yagami era esausta di quella situazione e, in un certo senso, trovava ragionevoli le proteste dei colleghi. -L… ascoltami per favore. Se anche tu come noi intendi catturare Kira e confidi in un’assoluta collaborazione, perchè non vieni qui con noi al quartier generale?- propose.
-Come vi ho detto poco fa, io ho molta fiducia in voi.- sussurrò la voce di L.
Sul computer iniziarono ad apparire caselle e documenti bianchi, su cui venivano digitate poco per volta delle lettere. In breve, indirizzi ed indicazioni presero forma.
Gli agenti della polizia giapponese fissarono basiti lo schermo, rendendosi conto che quella era la chiave che L forniva loro per raggiungerlo.


Era ormai sera, e fuori dal quartier generale della polizia il freddo cominciava a farsi sentire, sempre più insistente.
-Perché proprio adesso che siamo rimasti in sei…- mormorò Ide, nemmeno lui sicuro di starsi rivolgendo a qualcuno. - Se fino a questo momento L è riuscito a risolvere tutti quei casi da solo, potrebbe anche continuare a fare a meno di noi. Voi li conoscete, i suoi trucchetti. E se ci trovassimo davanti ad una persona che si spaccia per lui?- ipotizzò freddamente.
Aizawa ci pensò su, le braccia conserte contro la giacca del tailleur. -Un’altra persona… beh, può darsi.- ammise.
-Io… io però mi fido di lui.- Matsuda fece timidamente un passo avanti, intromettendosi nella conversazione, le trecce corvine a dondolare avanti ed indietro. -E poi, secondo me, abbiamo bisogno del suo aiuto per risolvere questo caso.-
-Anche secondo me.- annuì Mogi.
La sovraintendente si trovava di spalle, le braccia dietro la schiena, guardava le stelle affogate nel cielo buio e mai così lontano.
-L ha ammesso fin dall’inizio, che per risolvere questo caso aveva bisogno del sostegno della polizia. Vediamola in maniera diversa. E se L avesse aspettato questo momento?-
-Che cosa? Questo momento?- Matsuda sgranò gli occhi, in attesa di spiegazioni.
-Fin dal principio, all’interno del quartier generale, stava gente che dubitava di lui. Poco alla volta molti di loro hanno dato le proprie dimissioni. In una situazione del genere, come poteva L offrirci la sua piena fiducia?- chiarì la donna, voltandosi verso i colleghi.
-Quindi… aspettava che rimanessero solo gli agenti disposti ad affrontare il crimine senza timore di morire e che in più… si fidassero di lui?- si stupì Matsuda, felice di avere capito come erano andate le cose (e soprattutto un po' compiaciuta di fare parte di questa cerchia di persone).
-Già.- confermò la sovraintendente.
-Comunque sia, se vi alleate con L, io me ne vado.- affermò uno degli agenti, allontanandosi.
-Invece io mi fido di L, e farò il possibile per collaborare.- ribattè Ukita, un agente di piccola statura.
Anche Aizawa era d'accordo. -Sì, anch’io.- 
Yagami annuì con la testa, abbracciando con lo sguardo quella che sarebbe stata la sua nuova squadra.


La sua figura appariva quasi sbagliata -troppo buia e troppo storta- in quella linda e graziosa camera d'albergo. I suoi piedi nudi erano affondati in un tappeto giallo e rosa.
La grande vetrata spalancata sulla città in fermento la rifletteva appena, con colori pallidi e leggeri.
Kira… immagino che a questo punto ognuno di noi si sia avvicinato all’altra in egual misura. E va bene, per la prima volta mostrerò ad altre persone il mio volto.
Se in qualche modo tu dovessi venirlo a sapere, sono sicuro che ti faresti avanti. E io non aspetto altro.
Sorrise alla sè nello specchio, quasi avessero un segreto che nessun altro poteva sapere. Vieni qui, Kira, vieni da me. Da bravo.
Se ti farai vedere, giocare insieme sarà ancora più divertente.
Fu distratta da un rumore di passi all'esterno, nel corridoio: si voltò, nuovamente seria, pronta ad incontrare i suoi ospiti.





































Note dell'Autrice: Non so se avete idea di cosa sia stato scrivere questo capitolo. E' enorme. ç.ç Però non sono riuscita a tagliare niente!
Inizialmente pensavo di tagliare tutta la storia Naomi-Misora-e-compagnia-cantanti, ma poi ho capito che era troppo importante. Già qui compare, infatti.
Sì, lo so, Naosuke è un nome proprio orribile, ma cercavo uno che assomigliasse a Naomi (che tra l'altro in Giappone può essere anche da maschio... però l'ho cambiato lo stesso).
Visto che ho lasciato Raye Penber uomo (altrimenti iniziano ad esserci davvero troppe donne!) ho pensato di rendere Raye e Naosuke... cugini. Se li guardate bene, si assomigliano fisicamente un sacco!
Per quanto riguarda la questione della morte di Penber, assolutamente la Light ragazza non sarebbe andata lì a dirgli -Ehi sono Kira, fai quello che ti dico o ti ammazzo!-, lo trovo piuttosto imprudente. Chissà perchè Light ragazzo non ha usato direttamente il quaderno, come ho scritto io qui. Sarebbe stato molto meno pericoloso, no?
Se mi è sfuggita qualche regola del quaderno che impedisce quanto ho scritto, chiedo venia.
Anche nel quartier generale ho mantenuto qualcuno di insignificante uomo (tipo Ide... povero Ide! XD ) tanto perchè altrimenti sarebbe poco credibile.
Fine! Nient'altro da aggiungere. Grazie mille per avere letto questo capitolo infinito e spero recensirete!
Lucy
  
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