All in All
Note
di inizio capitolo: Holaa!
Eccomi tornata con il secondo capitolo.
Purtroppo
ormai
far coincidere la mia versione delle cose con quella del telefilm
sarà alquanto impossibile dati gli spoiler usciti (Klainers,
li
conoscete, vero?) ma spero comunque di poter fare un buon lavoro e
chissà, magari azzeccare su qualche futuro cambiamento per
le
varie coppie.
Inutile
dirvi
che questi giorni ho consumato pacchetti e pacchetti di fazzoletti e
non sono molto sicura di volere il 4 ottobre, ma per adesso provo a
resistere. Vi assicuro che scrivere è dannatamente
liberatorio
in questi casi!
Il
capitolo è betato da nessie_sun, ed ora vi auguro una buona
lettura ;)
Chapter
2: All in All
"Things
don't stop and the others announced they're moving on
Salt
& tears in the minds in the mouths of a bad decision
Too
late for another mistake it's bringing me down
With
all your faults it isn't your fault
what's
going on
All
in all it's just another day now
You're
falling down
What
you gonna do
Standing
on top of the world tonight
No
ones looking back at you"
Quando Kurt
aprì gli occhi il
giorno seguente, quasi non si ricordò di essere a New York.
Aveva sognato di essere a Lima, con Burt, Carole e Blaine, ma
risvegliarsi in una stanza diversa e più piccola lo aveva
riportato immediatamente nella realtà.
Si passò una
mano sul volto,
portandosi indietro i capelli ed alzandosi piano piano, scostando le
coperte. Rimase seduto nel suo letto a fissare la luce che passava
dalla finestra ancora chiusa. Sospirò. Era un nuovo giorno
in
una nuova città, non avrebbe dovuto sentirsi il cuore
così pesante: non era giusto, l’indomani avrebbe
avuto il
suo primo giorno da stagista e doveva essere emozionato, non intimorito
o depresso: che figura avrebbe fatto?
Prese il cellulare e lo
accese.
Rimase per qualche secondo in attesa di qualcosa, qualsiasi cosa: un
messaggio, una chiamata persa, qualche e-mail, ma la verità
fu
una soltanto: non arrivò niente, nemmeno uno straccio di
notifica se non un messaggio da parte di Carole che gli chiedeva come
si sentiva.
Kurt non aveva detto a
nessuno di
ciò che era successo con Blaine, se non a Rachel e Santana,
gli
altri li aveva salutati tutti prima che Blaine lo prendesse da parte e
gli dicesse che sì, lo stava mollando senza
possibilità
di replica. Per questo, nessuno gli aveva chiesto come stava o fatto
domande inopportune; in un certo senso ne era felice, doveva
risparmiarsi un sacco di spiegazioni inutili che avrebbe preferito non
dare.
Scese dal letto ed
afferrò i
pantaloni del pigiama che si era tolto per il caldo, infilandoseli per
andare in cucina, non sapendo se vi avrebbe già trovato
Rachel e
Santana.
Entrò nel
soggiorno e vide
che tutte le luci erano spente, le sue due compagne di appartamento
probabilmente stavano ancora riposando; meglio, pensò tra
sé e sé. Parlare di primo mattino non era una
cosa che lo
metteva di buon umore.
Accese la macchinetta
del
caffè e prese dal frigo un po’ di latte,
versandoselo in
una tazza con noncuranza: normalmente preferiva cucinarsi una colazione
con i fiocchi, ma era così stanco da non aver voglia di fare
nemmeno quello.
Si sedette al tavolo e
cominciò a mangiucchiare un paio di biscotti con il latte,
mentre aspettava che la macchinetta finisse di fare il caffè.
Si sentiva un
po’ deluso da se
stesso. Era sempre stato una persona entusiasta del proprio futuro e
ritrovarsi così depresso gli sembrava paradossale: andare a
New
York era ciò che aveva sempre sognato; affacciarsi alla
finestra, vedere una città piena di palazzi.
Lima gli era sempre
stata stretta e non era un mistero per nessuno, ma Lima significava
casa e casa significava Blaine.
Sospirò,
pregando se stesso
di smettere di pensare a lui. Rimuginarci su non avrebbe di certo
aiutato la situazione o cancellato il problema in qualche modo.
“Già
sveglio?” una voce lo fece sussultare e lo costrinse a
voltarsi, Kurt sorrise.
“Non riuscivo
a dormire oltre e tu?”
Rachel si strinse nelle
spalle.
“Mi sveglio
sempre presto, beh sai, i rituali mattutini e gli
allenamenti.”
“Già,
dovevo ricordare
la tua routine,” Kurt sorseggiò il suo latte e
caffè – che aveva aggiunto poco prima.
“Ferrea come
sempre!” esclamò la ragazza, prendendo dei cereali
da uno scaffale.
Kurt si
fermò ad osservarla
con un sorriso stirato sulle labbra, tipico di quanto in
realtà
stava pensando a qualcosa.
“Senti Rachel
ma tu… tu con Finn
com’è…”
La ragazza gli rivolse
uno sguardo triste, apparentemente ferito.
“Non ci
sentiamo da mesi, ormai,” disse, un po’ secca.
“Oh…”
“Blaine ti ha
lasciato per lo stesso motivo?”
Kurt fece le spallucce.
“Più
o meno, anche se non è andata proprio…
uguale.”
Rachel si sedette,
rilassandosi su una sedia.
“Ci si fa
l’abitudine, sai?”
“Ad essere
soli?”
“No…
non proprio, si
cambia pagina e si vede oltre. Attualmente sono talmente concentrata
sulla NYADA che non faccio molto caso all’amore. Senza
contare
che sono piena di rivali e devo cercare di competere ogni giorno. Sono
sicura che molto presto non penserai troppo a
Blaine…”
Kurt annuì,
ma nel suo
consenso non c’era una vera convinzione: sapeva benissimo che
l’amore che provava per Blaine era differente da quello che
provava Rachel per Finn. Senza screditarla, ma a volte dubitava che si
amassero veramente.
Certo lei era pronta a
rinunciare a
New York per lui, ma Kurt sapeva che Rachel sarebbe stata un anno in
lutto a piangersi addosso per un’occasione mancata.
Perché in
fondo Rachel era un
po’ così, un po’ viscida ed egoista, ma
Kurt non
poteva certo fargliene una colpa: era il suo carattere. Ed in fondo
erano amici, forse perché per i loro interessi non erano poi
tanto differenti.
Ma ciò che
infastidiva Kurt,
essenzialmente, era che loro non erano ‘I Finchel’
e che
quel genere di cosa – lasciarsi prima di partire –
faceva
terribilmente… Finchel.
“Probabilmente
hai
ragione,” disse, posando la sua tazza, “mi
passerà… sarà così bello
scoprire New York,
andare a lavoro…”
Rachel lo
guardò con
insicurezza. Non era molto convinta delle affermazioni di Kurt, ma
sperava vivamente che si riprendesse. Nel suo sguardo c’era
una
nota di pena e Kurt l’aveva colta immediatamente.
“Non
guardarmi così Rachel, penso sia solo una questione di
tempo, tranquilla…”
La ragazza si
versò una tazza
di latte e lo vide scomparire verso la camera, rivolgendo un breve
cenno a Santana che si era appena svegliata.
“Ummh, non
dirmi che è ancora depresso,” disse, strusciandosi
una mano sugli occhi.
“Non gli
passerà tanto in fretta, Santana, lascialo
stare…”
La ragazza prese un
bicchiere e ci versò della spremuta d’arancia.
“Beh,
dovrà pur riprendersi, se deve stare qua in queste
condizioni tanto vale che torni a Lima.”
“San, prova a
pensare cinque minuti a come sei stata l’ultima volta che hai
visto Brittany.”
La ragazza fece un
passo indietro e finì di prepararsi la colazione in completo
silenzio.
***
Blaine non poteva far a
meno di
chiedersi cosa stesse facendo Kurt. Se fosse solo, se stesse facendo
colazione, se avesse dormito bene.
Magari aveva
già conosciuto
qualcuno, un bell’imbusto a New York che lo aveva portato a
visitare la città la sera prima, magari anche in un bel
ristorante di lusso.
Provò
immediatamente un senso
di bruciante gelosia solo al pensiero. Lo sentiva ardere dentro come
fuoco, prendergli lo stomaco e strapparlo in qualche modo; ma Kurt non
era più suo, perciò non aveva diritto di parola.
Si erano lasciati con
una promessa ma, fondamentalmente, era liberissimo di fare
ciò che più desiderava.
Strinse il cellulare
tra le mani e
chiuse gli occhi: s’immaginò un ragazzo, magari
biondo,
alto, dagli occhi chiari e l’aria gentile e discreta, ed
immaginò Kurt così timido e tutto ben vestito
sedersi al
tavolo.
Li immaginò
conversare, li immaginò mangiare assieme e guardarsi con
occhi dolci.
Che effetto faceva? Era
peggio di prendere una fiala di cianuro.
Magari poi lo avrebbe
anche portato
a casa, su una macchina lussuosa, lo avrebbe fatto entrare e gli
avrebbe offerto un drink analcolico – era così che
si
faceva, no? E Kurt non sopportava l’alcol, - o magari avrebbe
sbagliato perché quel tipo non conosceva abbastanza Kurt e
non
poteva sapere che non ama gli alcolici.
Solo lui lo conosceva e
solo con lui poteva stare.
Strinse ancora di
più il
cellulare e si morse il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.
Provava rabbia, rabbia per se stesso perché non era stato
sincero, perché lo aveva stupidamente lasciato e gli aveva
spezzato il cuore.
Si sentiva uno schifo
perché
non aveva nemmeno il coraggio di mandargli un messaggio, considerando
che la sua paura più grande era quella di non ricevere una
risposta.
Non voleva realmente
pensarci, ma
non riusciva a fare niente di utile. Si voltava e pensava a quante
volte Kurt era stato lì, steso accanto a lui con il suo
respiro
caldo ed il suo sorriso.
Ricordò per
qualche secondo
anche la loro prima volta, ma la scacciò subito dalla mente:
non
voleva farsi poi troppo male.
Lo aveva lasciato
andare, era stata
una sua scelta: lo amava da morire e per questo aveva deciso di non
volergli essere d’intralcio: Kurt poteva diventare una grande
persona e lui non aveva intenzione di mettergli i bastoni tra le ruote,
di tenerlo vincolato a sé.
Non ne aveva alcun
diritto.
Si
addormentò pensando e con una mano sull’addome,
provando un vago senso di fastidio.
L’indomani
avrebbe dovuto essere tranquillo e splendido, il perfetto e
l’intoccabile pseudo-leader del Glee Club.
***
Kurt uscì a
prendere una
boccata d’aria quella mattina: in fondo era a New York e come
diceva anche Rachel, prima o poi avrebbe dovuto ricominciare a vivere.
Perché non da quel giorno, allora?
New York era caotica,
immensa. Non
era Lima, di Lima non aveva nemmeno la metà delle cose:
certo
era sempre America, ma era sorprendente quanto, talvolta, le cose
potessero cambiare di luogo in luogo e se da un lato era rassicurante,
dall’altro era totalmente spiazzante.
Rachel era andata alla
NYADA,
perciò non aveva potuto far affidamento su di lei e Santana
era
andata agli allenamenti di cheerleader nella sua università.
Aveva un ultimo giorno
libero prima di andare a presentarsi allo studio di Vogue e voleva
sfruttarlo al meglio.
Passò per i
negozi più
alla moda di New York ammirandone ogni vetrina, sentendosi felice ed
esaltato: era un nuovo mondo, un mondo dove passava per le strade con i
suoi abiti eccentrici e non veniva guardato come se fosse stato un
alieno.
Qualcosa dentro di lui
tremò, avrebbe praticamente potuto commuoversi.
Entrò da
Starbucks e si
guardò intorno con un mezzo sorriso malinconico: ovviamente
non
era la prima volta che entrava in uno Starbucks, ma tutte le
caffetterie sembravano estranee e diverse dal Lima Bean, protagonista
di così tanti ricordi.
Ma era l’ora
di lasciare
indietro i ricordi e cominciare una vita nuova, ovviamente mantenendo
quelle piccole cose piacevoli nel suo cuore – tra le quali
anche
Blaine.
I suoi pensieri furono
immediatamente interrotti da una ragazza che si avvicinò a
lui
con fare guardingo e con due enormi occhi azzurri.
“Quella che
stai indossando
è una sciarpa di Alexander McQueen!”
esclamò,
entusiasta e prendendo posto al tavolo con lui senza nemmeno chiedere
il suo nome. Kurt spalancò gli occhi, sorpreso
dall’irruenza e dall’entusiasmo della ragazza. Poi
si
lasciò andare ad un sorriso, sembrava una ragazza carina ed
amichevole ed in fondo la moda era una passione comune –
senza
contare che si sentiva un po’ lusingato.
“Lo
è!” rispose,
“sono riuscito ad accaparrarmela in modi… diciamo
loschi,
sono un esperto nel cogliere le migliori occasioni quando si tratta di
moda!” esclamò con un ghignetto fiero.
La ragazza si
aggiustò per stare più comoda, mostrando la sua
borsetta di Luis Vuitton.
“Oh beh, la
moda è una
passione comune allora! Piacere, sono Kristine Jackson!”
disse
con gioia, parandogli la mano.
Kurt la strinse.
“Io sono Kurt
Hummel e… sono nuovo di New York.”
“Oh! Un
novizio! Non hai
nessuno che ti abbia aiutato a visitare la città?”
chiese,
sfiorandosi i capelli e riavviandoli.
“No, per il
momento ho…
visitato un po’ la città da solo,”
disse, facendo le
spallucce, “ma non è importante, ho un buon senso
dell’orientamento.”
Kristine sorrise.
“Sei venuto
da solo a New York?”
“Oh no, abito
con delle mie
vecchie amiche… avevo in programma di trasferirmi qualche
mese
fa se fossi entrato alla NYADA,” disse, un po’
intristito.
Kristine sorrise e poi
guardò l’orologio.
“Che sbadata!
Mi sono
ricordata ora di avere un appuntamento piuttosto importante! Devo
scappare, ma è stato davvero un piacere
conoscerti!”
“Anche per
me,” rispose, cortesemente.
“Ti andrebbe
di scambiarci i
numeri di cellulare? Così potresti chiamarmi nel caso tu
cercassi una guida per New York!” esclamò la
ragazza,
facendogli l’occhiolino.
Kurt rimase basito per
qualche
attimo, temendo il peggio: quella ragazza aveva forse…
intenzione di uscire con lui in quel senso?
Eppure era chiaro come
il sole che
era gay. Tuttavia, Kurt le dettò il numero di cellulare,
cercando di non pensare al peggio: forse era solo una ragazza che
desiderava avere un amico gay o magari amava la moda e voleva parlarne
con un ragazzo. Perché no, c’erano tante persone
come lei.
“A
presto!” esclamò poi, uscendo dal locale.
Kurt rimase con il
cellulare in mano
e l’aria perplessa. Girava per le strade con
un’insegna con
scritto “sono gay” praticamente stampata in fronte,
com’era possibile che una ragazza lo trovasse affascinante?
La cosa lo turbava, in
un certo qual senso.
Certo, anche Mercedes
anni prima
aveva avuto una cotta per lui, ma erano piccoli e… dei
ragazzini, era tutto più comprensibile.
Finì il
proprio cappuccino e
continuò la sua esplorazione di New York in solitaria,
gettandosi di negozio in negozio con aria entusiasta.
Tutto sommato, Kurt
poteva solo continuare a vivere la propria vita nel miglior modo
possibile.
Note
di fine capitolo:
Ebbene
ecco il secondo capitolo. Mi rendo conto che sono piuttosto corti, ma
spero non sia un problema per nessuno di voi.
Passiamo
alle note serie: la canzone citata e che da il titolo al capitolo
è All In All
dei Lifehouse *cliccami tutto*
e per la serie delle cose che non interessano a nessuno, è
stata
la loro prima canzone che io abbia mai sentito... la metterei ovunque.
LOL
A
parte questo,
spero di aggiornare quanto prima dato che sto già lavorando
al
terzo capitolo ed ho in mente un paio di punti focali che
amerò
scrivere. D'ora in poi l'angst dovrebbe essere molto ridotto e
diminuito, poiché questi due poveri cristi dovranno pur
andare
avanti con la loro vita.
Questo
è quanto! Nel caso vi andasse di tenervi in contatto con me,
ecco la mia pagina Facebook
*QUI* click sono
sempre molto disposta al dialogo ed a qualunque genere di commento
positivo o di critica!
Mi
farebbe
piacere sapere cosa ne pensate di questa fanfiction per poterne
discutere :) (insomma, voglio sapere le vostre teorie!)
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