Fuga
Rea pensava e ripensava a
soluzioni possibili per evitare di dover fuggire, ma non ne trovava: ormai aveva
detto a Laura e Emma che stava a casa per motivi di salute, anche se non sapeva
proprio come loro avessero potuto berla visto che lei non aveva MAI il mal di
gola. O aveva avuto una fortuna sfacciata o loro non le avevano creduto e le
avevano detto di sì solo perché le volevano bene.
Era ancora sovrappensiero quando
Johan si sedette sul suo banco, facendola sobbalzare.
“Ehilà, come va?” le chiese sorridendo. Se
rifletteva su ciò che stava facendo su commissione delle sorelle Stevens gli
veniva il magone, quindi preferiva non farlo.
Rea sorrise stanca.
“Bene,
per il momento tutto ok. Tu?” rispose. Lui alzò le spalle.
“Come
al solito: scuola, casa, videogames… conosci benissimo i miei ritmi” le
ricordò.
“Già,
non hai una vita privata particolarmente proficua” lo prese in giro.
Johan le dette una piccola spinta.
“Tu,
invece, sei molto attiva sul piano sentimentale, ho notato” disse,
buttando l’esca. La ragazza arrossì.
“Fidati,
non è proprio vero” gli assicurò, guardando altrove. Lui notò che il suo
sguardo si era leggermente rattristato e la fece girare verso di sé.
“Ehi,
qual è il problema?” domandò. Rea fu tentata di dirglielo, ma vide Fabio
rientrare in classe in quel momento e cambiò idea.
“Nessun
problema, sono solo stanca. Ho un po’ di mal di testa, non mi sento troppo
bene” lo tranquillizzò. Sapeva di mentire e sapeva che lui lo aveva
capito, ma pregò dentro di sé che non dicesse niente.
“Va
bene, se ne vorrai parlare io ci sarò” le promise, tornando al suo
posto.
Jason entrò in classe e iniziò a
scrivere alla lavagna gli esercizi in preparazione al compito, ma lei non lo
ascoltava: si sentiva in colpa nei confronti del suo migliore amico.
Controllò che il suo compagno di
banco non le prestasse attenzione e scrisse un messaggio su un biglietto.
“Alle quattro,
tieniti il cellulare vicino. NON far leggere il messaggio a Emma e Laura o giuro
che ti prendo a calci nelle chiappe!”
“Qui parla la
segreteria telefonica del più bel ragazzo della città. Chi è?”
“Ma devi
avere una risposta sempre più deficiente ogni volta che ti chiamo?”
“Sono un ragazzo
creativo”
“Avrei
usato la parola pirla, ma come vuoi”
“Ah-ha,
simpatica. Allora?”
“Allora
cosa?”
“Mi hai detto
che mi avresti chiamato, quindi devi dirmi qualcosa,
no?”
“Ah, sì,
giusto. Prima, però, ho bisogno di fare un patto”
“Uff,il
solito?”
“Bravo,
sei perspicace”
“Va bene, un
segreto per un segreto: tu mi dici una cosa tua e io te ne dico una
mia”
“Perfetto, ora possiamo parlare senza problemi. Almeno credo.
Aspetta, guardo se le mie sorelle sono qui fuori ad ascoltare, è un discorso
problematico”
“Che è, un
segreto di stato?”
“Quasi!
No, non c’è nessuno, via libera. Anche se… sai una cosa? Sarebbe meglio parlarne
a voce!”
“Non me lo dire,
ti prego non…”
“Quanto
ci metti a venire qui e entrare dalla finestra?”
“Fai
piano, dannazione!”
“Rea,
non è così semplice! Mi sto infilando in camera tua di nascosto, già questo è
terribile. Perché non posso passare dalla porta come tutti?”
“Te lo
spiego tra un minuto, tu entra e stai zitto” la ragazza tirò Johan nella
sua stanza e poi socchiuse leggermente la porta per essere sicura che Emma e
Laura non fossero intorno.
“Tutto
bene, sono a prepararsi per uscire con te stasera” gli assicurò.
“Guarda che per me non ci sono problemi, io sarei entrato
dall’ingresso” le fece presente. Lei sbuffò e li chiuse dentro a
chiave.
“Loro
non devono sapere! Hanno già scoperto della musica, non posso farmi scoprire
un’altra volta” disse tristemente.
“Ok,
ora mi sono perso ufficialmente” esclamò il ragazzo, confuso.
Rea prese un enorme respiro e lo
fissò.
“Hai
promesso: un segreto per un segreto, ricordi?” chiese. Lui annuì.
“Beh, il
fatto è che…” la ragazza si mise a spiegare dall’inizio: canto, Fabio,
litigata, libri, soldi, quaderno e ricatto. Johan non disse una parola fino a
quando non fu sicuro che le avesse finito, poi aprì la bocca. Ma la richiuse un
attimo dopo.
“Dì
qualcosa!” lo spronò l’amica.
“Non
so, mi sembra una cosa stupida da nascondere” commentò.
“Scherzi? Sarebbe terribile se qualcuno ne venisse a
conoscenza” esclamò, tremando alla sola idea.
“E
perché?” le chiese.
“Perché
sono i miei segreti: nei romanzi che scrivo ci metto quello che sento
profondamente, le paure che ho e le mie insicurezze. Se si sapesse… oddio, non
voglio pensarci!”
“Vuoi
nasconderti per tutta la vita?”
“No,
solo fino a quando non sarò sul letto di morte”
“Ah,
certamente” la assecondò. Rimasero entrambi zitti, come succedeva spesso
quando c’era un problema che nessuno dei due sapeva come risolvere.
“Tocca a
te” esordì Rea a un certo punto.
“Cosa?”
“Segreto
per segreto. Cosa mi nascondi?” indagò. In realtà non pensava che lui
avesse qualcosa da nascondere sul serio, ma lo capì quando distolse lo sguardo e
arrossì.
“Oddio,
ma c’è davvero qualcosa che non mi hai detto? Parla, parla, parla!” lo
incalzò, sedendosi sul letto con le gambe incrociate.
“N-non
è niente, è solo un pensiero che mi ronza in testa ultimamente” minimizzò
Johan.
“Allora
esprimi il pensiero”
“Beh,
c’è… c’è una persona che negli ultimi mesi mi… insomma…” balbettò.
“Ti
interessa?” lo aiutò Rea. Il ragazzo annuì.
“E chi
è?”
“E’…” ma non le disse niente, perché qualcuno bussò
alla porta della sua camera e lei sobbalzò.
“Chi
è?” chiese, facendo cenno all’amico di stare zitto.
“Ma
che domande idiote fai? Siamo noi!” rispose Emma. Lei mimò un “Ma porca di quella…”
“Arrivo,
un attimo!” esclamò. In tutta fretta fece nascondere Johan sotto al
letto, cercando di fare meno rumore possibile.
“Oh,
ci sei?” la chiamò Laura.
“Sì, ero
sotto le lenzuola che mi riposavo, un secondo!” rispose. Mise le coperte
in modo che nascondessero la visuale del pavimento, poi aprì la porta.
“Eccomi!” disse, sorridendo e cercando di sembrare più
stanca possibile.
“Come
stai?” le chiese la mora, entrando.
“Meglio,
ma ho mal di testa e non riesco quasi a stare in piedi”
“Quindi stasera non verrai?”
“No, non
voglio rischiare di ammalarmi sul serio” spiegò, tossendo per finta.
“Peccato, la signorina qui voleva chiederti se parlavi con
Johan” rise Emma. Laura arrossì.
“Smettila! Lo sai che odio questi giochi stupidi!”
le ricordò.
“Quanto la fai lunga! Rea è la migliore amica del ragazzo
che ti piace, che male c’è se gli fa un paio di domande?” domandò
retoricamente.
La rossa, nel frattempo, si mordeva la lingua e cercava di
pensare a un modo per zittirle.
“Preferisco che le cose vadano avanti da sole. Se gli
piaccio la situazione si evolverà da sé” affermò soddisfatta la
bionda.
“Va
bene, poi ci parlerò. Non è che potreste lasciarmi da sola, adesso? Ho sonno e
sono stanca, mi sa che ho anche un po’ di febbre” le implorò, spingendole
verso la porta.
“Ok,
noi tra poco andiamo a chiamare il principe azzurro. Riposati, va bene? A
domani” la salutò Emma.
“Buon
riposo” le augurò Laura.
Rea chiuse a chiave la porta,
aspettando di sentire i passi sparire nel corridoio, poi si abbassò sotto al
letto e fece uscire Johan.
“Simpatiche le tue sorelle” commentò,
sorridendo.
“No,
senti tu devi far finta di niente…”
“Starai scherzando, spero!” la bloccò lui, sgranando
gli occhi. Lei gli prese la faccia tra le mani e lo costrinse a fissarla negli
occhi.
“Johan,
non ti azzardare a fare lo stronzo con mia sorella!” lo minacciò.
“Che
cosa? Ma non voglio fare…”
“Promettimelo: promettimi che non farai niente di male e che
non dirai niente di quello che hai sentito un minuto fa” ordinò.
“Perché dovrei?” le domandò spostandosi.
“Perché
lei se lo tiene dentro da anni e, se tu le dicessi che non è ricambiata,
morirebbe!” spiegò.
“Appunto, quindi fammi spiegare e…”
“Stalle
lontano!” esclamò.
“Rea,
tu dovresti ascoltarmi! Porca miseria, sto cercando di dirti che io sono
innamorato di Laura!” gridò.
“Shhhh!
Che diavolo urli?!” lo zittì, mettendogli una mano sulla bocca. Rimase
ferma ad ascoltare i suoni del corridoio.
“Ma sei
scemo? Sei qui come clandest… aspetta, aspetta, aspetta, ripeti!” disse,
guardandolo. Lui mugolò qualcosa, ancora bloccato dalla sua mano, che lei
prontamente tolse.
“Saresti la ragazza perfetta, se mi ascoltassi ed evitassi
di picchiarmi quando sbaglio qualcosa” ragionò Johan.
“A te
piace Laura?” gli chiese la ragazza, incredula.
“Beh,
non mi è indifferente, ecco” ammise lui. Rea gli si gettò al collo.
“Io ti
adoro” commentò, stringendolo felice.
Johan se ne andò mezz’ora dopo,
poco prima che anche Emma e Laura uscissero. Rea aspettò che in casa non ci
fosse nessuno, poi andò in camera a cambiarsi per la serata.
“Che mi
dovrei mettere? Sono costretta ad andare da Fabio anche se non voglio”
disse ad alta voce. Aprì l’armadio e prese una semplice camicia blu con un paio
di jeans.
“E gli
stivali bassi. Non vorrei cadere mettendomi i tacchi” parlava da sola
quando era nervosa. Ed ora era molto nervosa.
Aprì la porta di casa, poi si
fermò: se qualcuno l’avesse vista uscire di lì sarebbe stato un problema. Tornò
in camera e spalancò la finestra. Si sentì terribilmente in colpa mentre si
incamminava di soppiatto verso il luogo di incontro.