La mia vita a Konoha - Storia di una ninja

di DarkGiully
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Ecco la seconda parte del secondo capitolo.. spero vi piaccia :)

Devo essere a Suna…” conclusi mentre mi avvicinavo timorosa a quelle due guardie che sembravano voler squartare chiunque si avvicinasse e chiesi il permesso di entrare nel villaggio perché mi ero persa e dopo pochi minuti di consultazione tra loro, mi fecero entrare. Ringraziai e mi avviai per i viali della cittadina costruita interamente in sabbia. “Qui fanno tutto con la sabbia… però…”
Contemplando i palazzi mi persi in quelle vie e non mi accorsi nemmeno di dove andassi. Un urlo mi riportò alla realtà: proveniva da dietro alcune abitazioni. Sentii la voce di un ragazzino urlare :
-Vi prego… non andatevene.. io voglio solo giocare con voi…
-NO!! NO!! QUESTO CI VUOLE UCCIDERE, SCAPPIAMO!!
Mi avvicinai alla scena e vidi un ragazzino che aveva più o meno la mia età, con i capelli rossi e ribelli, aveva in mano una palla e tendeva l’altra verso un gruppetto di ragazzini, i quali tentavano di scappare, ma qualcosa li trascinava verso il ragazzino dai capelli rossi. Quel qualcosa era sabbia. Sembrava avesse vita propria: li stringeva alle caviglie e li trascinava mentre quelli gridavano e si divincolavano… una scena raccapricciante e triste allo stesso tempo. Poi, arrivò un uomo sulla trentina, che intuii essere un parente di uno dei ragazzi intrappolati nella sabbia e prese a calci il ragazzino con i capelli rossi e gli urlò di smetterla di far male agli altri bambini, e che era solo un mostro. “Anche lui…” pensai mentre osservavo la scena nascosta dietro a un cassonetto. Al primo calcio la sabbia si fermò, lasciando andare le caviglie, ormai sanguinanti, dei ragazzini, che corsero via urlando seguiti dall’uomo, lasciando il ragazzino con i capelli rossi piangente e a terra. Quando furono abbastanza lontani, mi avvicinai piano al ragazzino e sorridendo lo salutai con dolcezza.
Il rosso sussultò, e con voce scossa dal pianto rispose al mio saluto, chiedendomi se volevo punirlo anche io.
- Perché mai dovrei punirti, scusa? Non hai fatto niente di male.. su, dai. Ora alzati. –lo incoraggiai
Il ragazzino si alzò, eravamo alti uguali, nonostante fossi più giovane di lui, e lo osservai meglio.
Aveva due grandi occhi di colore azzurro chiaro come il ghiaccio, privi di pupilla, con le palpebre superiori e inferiori completamente nere, che facevano risaltare ancora di più la trasparenza ialina dello sguardo, tenero, sconcertato, intimorito; la pelle era diafana, nonostante il sole che batte incessante sul villaggio e non dava segni di imperfezioni, neanche un ematoma, nonostante avesse appena preso dei calci davanti ai miei occhi. Gli chiesi se fosse ferito, dato che avevo assistito alla scena, e lui rispose, sempre con voce cauta, che il primo calcio lo aveva colpito, ma per gli altri era stato difeso dalla sabbia, e si alzò una gamba dei pantaloni per mostrarmi la ferita appena sopra il ginocchio.
- Tu governi la sabbia? – chiesi incuriosita
- Beh, si.. lo faccio fa quando sono nato.. mio padre dice che è un dono..
- Foorte.. vorrei avere anche io un potere così..
- Non è un granchè quando la gente ha paura di te per quel potere..
- Bah… la gente ha comunque paura di me, quindi.. potere in più, potere in meno.. – dissi abbassando lo sguardo e calciando una pietra.
Credo capì che non volevo parlare della mia vita sociale, perché cambiò argomento:
- Comunque, chi sei? Non ti ho mai vista da queste parti…
- Beh.. perché non sono di questo villaggio
- Oh, allora sei qui per una vacanza. Ti hanno accompagnata i tuoi genitori?
Abbassai di nuovo lo sguardo.
- No..Non ce li ho…
- Mi..mi dispiace.. non lo sapevo
- Non importa…
- Allora.. chi ti ha accompagnata qui?
- Non  mi hanno accompagnata … se ti dico come sono arrivata qui, mi prenderesti in giro…
Il ragazzino mi sorrise incoraggiante, ma io continuai a guardare le mie scarpe.
Allora mi propose di giocare a palla con lui, e io acconsentii.
Giocammo per un po’, poi non capii bene cosa accadde. Forse lanciai la palla troppo forte, o feci una mossa strana, fatto sta che vidi la sabbia venirmi incontro e circondarmi completamente. Per quanto gridassi, non accennava a mollare la presa. In sottofondo sentivo il ragazzino urlare, forse alla sabbia, di lasciarmi andare, ma sembrava non ascoltarlo. D’un tratto cominciò a stringere, stringere sempre più forte e mi iniziò a  mancare l’aria, e l’unico modo per uscirne viva era quella maledetta tecnica che mi aveva fatto finire in quella città. Riuscivo a malapena a muovermi, però in qualche modo eseguii tutti e cinque i sigilli per la tecnica della sostituzione.
Di nuovo il buio. Focalizzai il viso del ragazzino dai capelli rossi. Volevo tornare là. Per avvisarlo che stavo bene e che non mi aveva uccisa. E funzionò. Mi ritrovai alle spalle del ragazzino, ormai inginocchiato sulla sabbia che balbettava :
- L-l-l-l‘ho f-fatto di nu-nuovo…
- Fatto cosa? – chiesi io con voce innocente sporgendomi dalla sua spalla.
Il rosso sussultò, e vedendomi sbiancò, cioè.. diventò più bianco di quello che era, e, indicandomi, mi chiese se fossi un fantasma.
- Un fantasma? Ma che dici??
- Ti ho vista morire ora, davanti ai miei occhi… -rispose iniziando a tremare
- Ehi, sono viva, sono qui. Non mi hai uccisa, vedi? – gli presi le mani e le appoggiai al mio petto – riesci a toccarmi senza trapassarmi e senti il mio cuore battere.
A quella dimostrazione sembrò calmarsi un po’, e mi chiese come avessi fatto a sopravvivere alla morsa della sabbia, quindi io gli raccontai della tecnica e, di conseguenza, del motivo del mio arrivo a suna.
Lo vidi portarsi una mano alla bocca per trattenere una risata e lo fulminai con lo sguardo.
- Ehm… mi hanno detto che quella è una tecnica che insegnano all’accademia.. come hai fatto a impararla?
- E due… me l’ha chiesto anche mio nonno, e, come ho detto a lui, non lo so…
- Tuo nonno?
- Si… L’hokage
- Potevi dirlo prima.. mio padre è il kazekage! Ti potrà dare una mano…
- Davvero?
- Certo! Mio padre potrebbe mandare una lettera a tuo nonno, così un ninja verrà a riprenderti tra 3 giorni!
- Beh, allora cosa aspettiamo? andiamo!
- No, dai… che fretta c’è? Sai…. È la prima volta che riesco a parlare con qualcuno che non sia mio padre..
- Effettivamente è la prima volta anche per me, al massimo parlo con il figlio dei vicini per poco tempo prima che lui vada a scuola..
- Allora che ti va di fare?
- Mi fai fare un giro della città?
- Non saprei.. qua tutti hanno paura di me…
- Allora… c’è qualche parco giochi qui vicino? Almeno giochiamo di nuovo insieme
- Si.. ne conosco uno dove non va mai nessuno..
- Vada per quello, allora – dissi con un sorriso
- Bene.. è da questa parte.. – iniziò lui correndo verso la direzione indicata
- Aspetta! – urlai mentre lo raggiungevo – non andare troppo veloce, se no non ti vedo più...
- Scusa… - rispose lui rallentando e io, in risposta, gli presi la mano e la strinsi, suscitando uno sguardo interrogativo
- Così tu non perdi me, no? – risposi sorridendo e quando vidi un sorriso nascere dalle sue labbra capii che quell’amicizia che stava nascendo non si sarebbe intaccata facilmente.
Raggiungemmo il parchetto abbastanza in fretta e iniziammo a dondolarci sulle altalene.
-A proposito… io sono Elena. –  mi presentai io porgendogli la mano
-Piacere, io sono..
-DEMONIEEETTTOO? DOVE SEEII??
-oh, no.. arriva mia sorella…
Nel parchetto comparve un uragano biondo, poco più grande del ragazzino, con i capelli raccolti in due ciuccetti che iniziò a sgridare il rosso per essersi allontanato senza avvisare.
- .. e non provare mai più ad allontanarti senza avvisa… chi è lei? – chiese notando, finalmente, la mia presenza
- Lei è Elena.. e..
Non lo lasciò finire che mi venne incontro e iniziò a scannerizzarmi.
- Com’è che vai dietro a mio fratello?
-Eh?
- sei la prima ragazzina che non scappa in sua presenza, come mai?
- Veramente io..
- Non ti ho mai vista da queste parti, da dove vieni?
- Io..
- Com’è che il demonietto non a ancora tentato di ucciderti?
- Ma che cos’è? Un terzo grado?
- No, ma ci è molto vicino.
- Andiamo, sorellona, lasciala stare..
- Finchè non mi risponde io non la mollo.
Allora iniziai a raccontare come fossi finita a Suna e che mi serviva una mano dal Kazekage.
- E io dovrei credere a una storia del genere? Le ragazzine della tua età non sanno usare il chakra.
- Ma l’ho visto con i miei occhi! La stavo per stritolare con la sabbia ma ha usato una tecnica e è sopravvissuta! – disse deciso il rosso
- Nessuno ti ha interpellato Ga..
- Che succede qui? – una voce profonda bloccò le parole della ragazzina.
- Papà! – fu il coro dei due ragazzini
- Tem, non avevo detto di stare dietro a tuo fratello?
- Guarda che è qua..
- Io intendevo l’altro..
- … OH MIO DIO! MI SONO SCORDATA DI… - non riuscii a sentire il nome perché “Tem” è corsa via dal parco, così io e il ragazzino rimanemmo soli con suo padre.
- Papà… lei è Elena.. viene dal villaggio della foglia si è persa.. - Il padre alzò gli occhi - .. è la nipote dell’Hokage – il viso dell’uomo si illuminò
- Potevi dirlo prima! Dai, vieni, ti trovo un posto per questa notte e poi manderò una lettera a Konoha.
- La ringrazio, Quarto Kazekage.
- Oh.. non è me che devi ringraziare..
Riuscii solo a vedere un ghigno formarsi sul viso del Kazekage poi si girò e imboccò l’uscita del parchetto. Il ragazzino mi prese la mano e mi sorrise, e quel gesto mi fece dimenticare ogni dubbio. Ci incamminammo all’uscita del parco ridendo e scherzando. Credo che quel ragazzino sia il mio primo amico.




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