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Autore: DarkGiully    31/08/2012    1 recensioni
Una ragazza, un terribile segreto che neanche lei sa. Salve, questa storia parla di me, Elena. Sono una semplice ninja di Konoha, la "tranquilla" cittadina in mezzo alle foreste del paese del Fuoco. Ora ho 20 anni e sono sposata, però al mia storia inizia moolti anni indietro... la mia storia inizia con i miei 7 anni...
Vi prego... abbiate pietà di una povera autrice che non ha niente da fare che scrivere ciò che sogna...
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ecco la seconda parte del secondo capitolo.. spero vi piaccia :)

Devo essere a Suna…” conclusi mentre mi avvicinavo timorosa a quelle due guardie che sembravano voler squartare chiunque si avvicinasse e chiesi il permesso di entrare nel villaggio perché mi ero persa e dopo pochi minuti di consultazione tra loro, mi fecero entrare. Ringraziai e mi avviai per i viali della cittadina costruita interamente in sabbia. “Qui fanno tutto con la sabbia… però…”
Contemplando i palazzi mi persi in quelle vie e non mi accorsi nemmeno di dove andassi. Un urlo mi riportò alla realtà: proveniva da dietro alcune abitazioni. Sentii la voce di un ragazzino urlare :
-Vi prego… non andatevene.. io voglio solo giocare con voi…
-NO!! NO!! QUESTO CI VUOLE UCCIDERE, SCAPPIAMO!!
Mi avvicinai alla scena e vidi un ragazzino che aveva più o meno la mia età, con i capelli rossi e ribelli, aveva in mano una palla e tendeva l’altra verso un gruppetto di ragazzini, i quali tentavano di scappare, ma qualcosa li trascinava verso il ragazzino dai capelli rossi. Quel qualcosa era sabbia. Sembrava avesse vita propria: li stringeva alle caviglie e li trascinava mentre quelli gridavano e si divincolavano… una scena raccapricciante e triste allo stesso tempo. Poi, arrivò un uomo sulla trentina, che intuii essere un parente di uno dei ragazzi intrappolati nella sabbia e prese a calci il ragazzino con i capelli rossi e gli urlò di smetterla di far male agli altri bambini, e che era solo un mostro. “Anche lui…” pensai mentre osservavo la scena nascosta dietro a un cassonetto. Al primo calcio la sabbia si fermò, lasciando andare le caviglie, ormai sanguinanti, dei ragazzini, che corsero via urlando seguiti dall’uomo, lasciando il ragazzino con i capelli rossi piangente e a terra. Quando furono abbastanza lontani, mi avvicinai piano al ragazzino e sorridendo lo salutai con dolcezza.
Il rosso sussultò, e con voce scossa dal pianto rispose al mio saluto, chiedendomi se volevo punirlo anche io.
- Perché mai dovrei punirti, scusa? Non hai fatto niente di male.. su, dai. Ora alzati. –lo incoraggiai
Il ragazzino si alzò, eravamo alti uguali, nonostante fossi più giovane di lui, e lo osservai meglio.
Aveva due grandi occhi di colore azzurro chiaro come il ghiaccio, privi di pupilla, con le palpebre superiori e inferiori completamente nere, che facevano risaltare ancora di più la trasparenza ialina dello sguardo, tenero, sconcertato, intimorito; la pelle era diafana, nonostante il sole che batte incessante sul villaggio e non dava segni di imperfezioni, neanche un ematoma, nonostante avesse appena preso dei calci davanti ai miei occhi. Gli chiesi se fosse ferito, dato che avevo assistito alla scena, e lui rispose, sempre con voce cauta, che il primo calcio lo aveva colpito, ma per gli altri era stato difeso dalla sabbia, e si alzò una gamba dei pantaloni per mostrarmi la ferita appena sopra il ginocchio.
- Tu governi la sabbia? – chiesi incuriosita
- Beh, si.. lo faccio fa quando sono nato.. mio padre dice che è un dono..
- Foorte.. vorrei avere anche io un potere così..
- Non è un granchè quando la gente ha paura di te per quel potere..
- Bah… la gente ha comunque paura di me, quindi.. potere in più, potere in meno.. – dissi abbassando lo sguardo e calciando una pietra.
Credo capì che non volevo parlare della mia vita sociale, perché cambiò argomento:
- Comunque, chi sei? Non ti ho mai vista da queste parti…
- Beh.. perché non sono di questo villaggio
- Oh, allora sei qui per una vacanza. Ti hanno accompagnata i tuoi genitori?
Abbassai di nuovo lo sguardo.
- No..Non ce li ho…
- Mi..mi dispiace.. non lo sapevo
- Non importa…
- Allora.. chi ti ha accompagnata qui?
- Non  mi hanno accompagnata … se ti dico come sono arrivata qui, mi prenderesti in giro…
Il ragazzino mi sorrise incoraggiante, ma io continuai a guardare le mie scarpe.
Allora mi propose di giocare a palla con lui, e io acconsentii.
Giocammo per un po’, poi non capii bene cosa accadde. Forse lanciai la palla troppo forte, o feci una mossa strana, fatto sta che vidi la sabbia venirmi incontro e circondarmi completamente. Per quanto gridassi, non accennava a mollare la presa. In sottofondo sentivo il ragazzino urlare, forse alla sabbia, di lasciarmi andare, ma sembrava non ascoltarlo. D’un tratto cominciò a stringere, stringere sempre più forte e mi iniziò a  mancare l’aria, e l’unico modo per uscirne viva era quella maledetta tecnica che mi aveva fatto finire in quella città. Riuscivo a malapena a muovermi, però in qualche modo eseguii tutti e cinque i sigilli per la tecnica della sostituzione.
Di nuovo il buio. Focalizzai il viso del ragazzino dai capelli rossi. Volevo tornare là. Per avvisarlo che stavo bene e che non mi aveva uccisa. E funzionò. Mi ritrovai alle spalle del ragazzino, ormai inginocchiato sulla sabbia che balbettava :
- L-l-l-l‘ho f-fatto di nu-nuovo…
- Fatto cosa? – chiesi io con voce innocente sporgendomi dalla sua spalla.
Il rosso sussultò, e vedendomi sbiancò, cioè.. diventò più bianco di quello che era, e, indicandomi, mi chiese se fossi un fantasma.
- Un fantasma? Ma che dici??
- Ti ho vista morire ora, davanti ai miei occhi… -rispose iniziando a tremare
- Ehi, sono viva, sono qui. Non mi hai uccisa, vedi? – gli presi le mani e le appoggiai al mio petto – riesci a toccarmi senza trapassarmi e senti il mio cuore battere.
A quella dimostrazione sembrò calmarsi un po’, e mi chiese come avessi fatto a sopravvivere alla morsa della sabbia, quindi io gli raccontai della tecnica e, di conseguenza, del motivo del mio arrivo a suna.
Lo vidi portarsi una mano alla bocca per trattenere una risata e lo fulminai con lo sguardo.
- Ehm… mi hanno detto che quella è una tecnica che insegnano all’accademia.. come hai fatto a impararla?
- E due… me l’ha chiesto anche mio nonno, e, come ho detto a lui, non lo so…
- Tuo nonno?
- Si… L’hokage
- Potevi dirlo prima.. mio padre è il kazekage! Ti potrà dare una mano…
- Davvero?
- Certo! Mio padre potrebbe mandare una lettera a tuo nonno, così un ninja verrà a riprenderti tra 3 giorni!
- Beh, allora cosa aspettiamo? andiamo!
- No, dai… che fretta c’è? Sai…. È la prima volta che riesco a parlare con qualcuno che non sia mio padre..
- Effettivamente è la prima volta anche per me, al massimo parlo con il figlio dei vicini per poco tempo prima che lui vada a scuola..
- Allora che ti va di fare?
- Mi fai fare un giro della città?
- Non saprei.. qua tutti hanno paura di me…
- Allora… c’è qualche parco giochi qui vicino? Almeno giochiamo di nuovo insieme
- Si.. ne conosco uno dove non va mai nessuno..
- Vada per quello, allora – dissi con un sorriso
- Bene.. è da questa parte.. – iniziò lui correndo verso la direzione indicata
- Aspetta! – urlai mentre lo raggiungevo – non andare troppo veloce, se no non ti vedo più...
- Scusa… - rispose lui rallentando e io, in risposta, gli presi la mano e la strinsi, suscitando uno sguardo interrogativo
- Così tu non perdi me, no? – risposi sorridendo e quando vidi un sorriso nascere dalle sue labbra capii che quell’amicizia che stava nascendo non si sarebbe intaccata facilmente.
Raggiungemmo il parchetto abbastanza in fretta e iniziammo a dondolarci sulle altalene.
-A proposito… io sono Elena. –  mi presentai io porgendogli la mano
-Piacere, io sono..
-DEMONIEEETTTOO? DOVE SEEII??
-oh, no.. arriva mia sorella…
Nel parchetto comparve un uragano biondo, poco più grande del ragazzino, con i capelli raccolti in due ciuccetti che iniziò a sgridare il rosso per essersi allontanato senza avvisare.
- .. e non provare mai più ad allontanarti senza avvisa… chi è lei? – chiese notando, finalmente, la mia presenza
- Lei è Elena.. e..
Non lo lasciò finire che mi venne incontro e iniziò a scannerizzarmi.
- Com’è che vai dietro a mio fratello?
-Eh?
- sei la prima ragazzina che non scappa in sua presenza, come mai?
- Veramente io..
- Non ti ho mai vista da queste parti, da dove vieni?
- Io..
- Com’è che il demonietto non a ancora tentato di ucciderti?
- Ma che cos’è? Un terzo grado?
- No, ma ci è molto vicino.
- Andiamo, sorellona, lasciala stare..
- Finchè non mi risponde io non la mollo.
Allora iniziai a raccontare come fossi finita a Suna e che mi serviva una mano dal Kazekage.
- E io dovrei credere a una storia del genere? Le ragazzine della tua età non sanno usare il chakra.
- Ma l’ho visto con i miei occhi! La stavo per stritolare con la sabbia ma ha usato una tecnica e è sopravvissuta! – disse deciso il rosso
- Nessuno ti ha interpellato Ga..
- Che succede qui? – una voce profonda bloccò le parole della ragazzina.
- Papà! – fu il coro dei due ragazzini
- Tem, non avevo detto di stare dietro a tuo fratello?
- Guarda che è qua..
- Io intendevo l’altro..
- … OH MIO DIO! MI SONO SCORDATA DI… - non riuscii a sentire il nome perché “Tem” è corsa via dal parco, così io e il ragazzino rimanemmo soli con suo padre.
- Papà… lei è Elena.. viene dal villaggio della foglia si è persa.. - Il padre alzò gli occhi - .. è la nipote dell’Hokage – il viso dell’uomo si illuminò
- Potevi dirlo prima! Dai, vieni, ti trovo un posto per questa notte e poi manderò una lettera a Konoha.
- La ringrazio, Quarto Kazekage.
- Oh.. non è me che devi ringraziare..
Riuscii solo a vedere un ghigno formarsi sul viso del Kazekage poi si girò e imboccò l’uscita del parchetto. Il ragazzino mi prese la mano e mi sorrise, e quel gesto mi fece dimenticare ogni dubbio. Ci incamminammo all’uscita del parco ridendo e scherzando. Credo che quel ragazzino sia il mio primo amico.
  
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