Strazianti racconti interrotti da strazianti riflessioni.

di LadyProud
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ERA, TROPPO TARDI

 
La usarono come cavia da laboratorio.
Appena nata, la buttarono in una stanza e lì rimase per un lungo, infinito periodo.
Le diedero tutti i beni materiali del mondo, non le fecero mancare nulla; tranne l’amore, ovviamente.
Finché…

I giorni passavano, passavano le notti, e lei aveva finito le cose da dire. Aveva detto tutto, fatto tutto, chiusa dentro quella stanza. Aveva letto i libri che aveva a disposizione, trascritto le citazioni che l’avevano colpita. In quella stanza, però, non c’era un vocabolario o un dizionario, quindi le parole che non conosceva, per lei non esistevano e basta.
Aveva trascritto anche i testi di certe canzoni, che ascoltava da un cellulare. Erano sempre le stesse, perché in quella stanza c’era solo un cellulare.
Aveva riempito le pareti di poesie, di citazioni, di cose dette e fatte da altri e non da lei. Lì, dentro quella stanza, non c’era modo di farsi sentire da nessuno.
Una sera, quindi, si era accorta di aver finito le cose da dire. Conosceva quella stanza a memoria, specialmente le pareti, le cose non sue. Erano le cose che sapeva meglio.
Non sapeva come sentirsi, però –era contenta? Era spaventata? Era… Non lo sapeva, dentro quella stanza non si usavano troppe parole; solo quelle degli altri.
Allora, aveva deciso di uscire da quella prigione.
Non le era mai venuto in mente di farlo; il pavimento sarebbe crollato, o qualcosa del genere. Per quanto ne sapeva, esisteva solo lei, in quel posto. Alla fine aveva deciso di tentare, perché stando a quanto aveva letto, la vita finiva quando finivano le cose da fare.
Quindi, si era decisa ad aprire la porta e ad uscire.
Aveva scoperto, così, che c’erano molte altre stanze, e case, con altre stanze ancora, e strade senza stanze, e gente, che aveva parole, che faceva cose… Loro dicevano e facevano cose che appartenevano solo a loro!
Aveva anche scoperto che le parole che non conosceva, esistevano. Aveva compreso questo e molte altre cose, dopo aver trascorso un’esistenza non sua. Non poteva, non riusciva proprio ad abituarsi; sembrava impazzita, mentre cercava disperatamente di tornare nella beatitudine della propria ignoranza.
Alla fine, aveva scoperto anche che non era contenta, non era spaventata –semplicemente non era.
Era, troppo tardi. 




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