NOTE: Eccomi tornata con un nuovo
capitolo, scusate la lunga assenza ma tra le vacanze e il lavoro
ripreso non ho avuto tempo di pubblicare, ma in mente ho molte idee ;)
, la storia continua e succederanno cose inaspettate, spero sia di
vostro gradimento!
P.S. Credo di aver scritto meglio dei capitoli precedenti, ma questo
dovete giudicarlo voi!! :D
Buona lettura amici di FF...
A.
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6:15 a.m.
Delicatamente si spostò qualche ciocca corvina che le
copriva il viso, tirò su il lato del lenzuolo che era finito
quasi ai piedi del letto, si strofinò gli occhi e mentre si
voltò a controllare quell’interminabile sveglia
che non smetteva di infastidirle i timpani pensò che un
nuovo giorno stava iniziando.
Un nuovo. Interminabile.
Giorno.
Si diresse in cucina e alzando le braccia si stirò i muscoli
che sentiva ancora indolenziti per via del troppo riposo di
quella notte appena trascorsa, la quale non era solita fare. Vide la caraffa di caffè piena per metà, lo
desiderava caldo ma si accontentò di quello che stava
lì da giorni senza perder tempo a doverlo rifare,
girò intorno al tavolo e si soffermò notando
l’innumerevole corrispondenza che le occupava il ripiano
accanto al frigorifero, Richard, il portiere, gliela consegnava ad ogni
suo rientro e lei, ad ogni suo rientro, l’abbandonava
lì pensando che l’avrebbe letta poi, quando
avrebbe trovato il tempo. Alzò la serranda permettendo alla
luce di entrare, notò che il cielo era grigio e che molto
probabilmente sarebbe scoppiato un diluvio a breve, lasciando
quell’inutile pensiero si diresse nel bagno, guardandosi allo
specchio pensò fino a che punto potesse ancora andare
avanti, distruggersi dentro, logorarsi l’anima fino a non
riconoscersi più, si passò le dita sotto gli
occhi andando ad accarezzare quelle occhiaie nere come se volesse farle
sparire con quel semplice gesto, sospirò e aprì
l’acqua facendola scorrere così forte che in un
attimo la stanza si riempì di vapore, fece scivolare la
sottoveste lasciandola sul tappeto ed entrò in doccia
sperando di lavarsi dallo sporco che le imprigionava la mente.
Con i capelli ancora bagnati si sedette sul letto vestita solo
dell’intimo, l’unico capo che secondo lei la
rendeva donna e sensuale, posò lo sguardo fermo sul
distintivo che si trovava sul comodino accanto alla pistola e in un
attimo lo squillare del telefonino la riportò sulla terra
ferma.
- Hoover.-
- Ehi! Buongiorno fabbrica
di whiskey.-
- Simpatico! Che c’è?- Hailey cercò di
liquidarlo pensando a ciò che aveva desiderato quella notte,
prima di addormentarsi.
- Sono qui fuori, caffè amaro e cornetto alla crema.-
Hoover sgranò gli occhi, era in intimo sul letto e Kane
fuori dalla sua porta di casa.
Si mise l’accappatoio e prima di aprire la porta si
fermò davanti lo specchio accanto alla credenza dei liquori
per sistemarsi i capelli.
- Ma che ci fai davanti la mia porta alle- si girò per
controllare l’ora che rifletteva sul microonde in cucina
-sette di mattina!?-
- Beh, sai, stavo leggendo il giornale e c’era un articolo
sulla borsa, è calata del 2%, sono venuto a discuterne.-
Hoover provò a trattenere una risata e le labbra si
curvarono all’insù. -Fammi capire, mi stai dicendo
che sei venuto da me a quest’ora con la colazione in mano per
discutere della borsa in calo?!- Kane mostrandogli la colazione sorrise
- Secondo me si discute meglio con un cornetto che riempie lo stomaco!-
- Dai entra!- si scostò dalla soglia per permettergli di
entrare e si richiuse la porta alle spalle pensando quanto era stato
premuroso, sapeva che si trovava lì solo per controllare se
quel giorno, stesse bene.
- Ti ringrazio per essere passato, e soprattutto per il
caffè, quello che mi attendeva avrebbe rovinato la mia
giornata!- indicando con un cenno del capo la caraffa che si trovava
sul tavolo della cucina, aggiungendo - anche se avere ospiti
all’alba non era il mio più grande desiderio!-
- Non ho chiuso occhio stanotte Hailey - ammise avvicinandosi a lei,
poggiando le mani sul tavolo. Hoover sentì un brivido
percorrerle la schiena.
- Come mai? C’è qualcosa che ti turba?-
- Ti ho pensata- confessò con tono basso fissando le nuvole
scure che coprivano il manto del mondo. Hailey rimase un attimo in
silenzio e capì di doversi togliere quel pensiero dalla
testa prima di commettere un errore che non si sarebbe perdonata.
Kane alzò lo sguardo e la fissò dritta negli
occhi - Non mi capacito di ciò che è successo
quel maledetto giorno, non doveva andare così - Hoover si
immobilizzò - Non è stata colpa tua - e
abbassando lo sguardo si portò una mano tra i capelli -
Dovevo proteggervi, sono il tuo partner! - replicò Kane
sbattendo entrambe le mani sul tavolo.
- Smettila, è andata così e non possiamo farci
nulla ormai, voglio solo impedire che quel bastardo faccia del male a
qualcun altro che non c’entra nulla- Kane si
avvicinò a lei e accarezzandole il mento le alzò
delicatamente la testa, Hailey si tirò indietro, lui rimase
per un attimo in silenzio e avvicinandosi alla finestra aggiunse -
Sarà meglio che vada ora, ci vediamo al Dipartimento -
Hoover non rispose e lo seguì con lo sguardo
finché non lo perse di vista uscendo dalla cucina.
- Agente Gavin.
- Agente Hoover.
Si salutarono solo per educazione ma entrambi avrebbero preferito
evitarsi, come del resto ogni giorno. - Abbiamo ricevuto questa- le
disse porgendogli una lettera senza mittente - da stasera avrai una
scorta sotto casa e non dovrai mai abbandonare l’appartamento
senza prima aver avvertito l’agente di turno - Hailey
aprì la busta e camminando fino alla sua scrivania lesse la
lettera senza dare ascoltò a ciò che le era
appena stato riferito.
Mia cara,
non mi sono dimenticato
di te come noti, come hai trascorso questo ultimo anno? Io ho
riflettuto tanto e ho avuto molte idee per i miei prossimi lavori.
Eri molto eccitante
stanotte con quella sottoveste rosa, avrei voluto strappartela di dosso
e assaporare il tuo sangue ma dormivi così bene che mi sono
limitato a fissare la tua carotide aspettando il momento adatto per
farla mia, sprofondare all’interno del tuo collo la mia arma
per poi affondarci le labbra e succhiare ciò che ti tiene in
vita fino a vederti impallidire, sentire il tuo respiro farsi
più lento fino a farti smettere di esistere lasciando tutto
per me solo Il tuo corpo con cui giocare, a breve avrai il tuo regalo
per questo giorno, diciamo, speciale.
Buon compleanno.. E
condoglianze.
N.
Le mani le tremavano, gli occhi si erano riempiti di lacrime e di
rabbia, era stato a casa sua quella notte, l’aveva fissata e
avrebbe voluto ucciderla.
- Cosa dice quella lettera?- le disse Kane notando la ragazza scossa da
ciò che aveva appena letto - L’ha fatto apposta un
anno fa e oggi non ha perso tempo per ricordarmelo -
- Vuole solo spaventarti e renderti fragile, questo è il suo
gioco, aspetta il momento in cui crollerai per farti sua ma tu sei
forte, non mollerai.-
- Oggi è un anno che è stata uccisa, ed
è anche il mio compleanno - disse rimettendo la lettera
nella busta e nascondendola nel cassetto con i documenti del caso.
- Lo so - si limitò a dirle Kane - Non aver paura, non sei
sola - ed avvicinandosi le mise una mano sulla spalla cercando il suo
sguardo purtroppo non ricambiato.
Nessuno poteva immaginare come si sentisse sola contro il mondo, quanto
volesse avere la sua vendetta per tutto il male che le aveva fatto,
senza un vero motivo.
Era seduta nel parco, le avevano lasciato il pomeriggio libero anche se
lei era decisa a non lasciare le indagini, tra le mani un libro, Che tu
sia per me il coltello, gli occhi fissi su quelle pagine quasi come se
volesse far parte di quella storia per scappare dalla sua
realtà, nell’aria l’odore della pioggia
faceva intuire che l’inverno ancora non voleva lasciar posto
alla primavera, si sistemò il cappotto chiudendo gli ultimi
bottoni per ripararsi dal vento freddo, avrebbe preferito tornarsene a
casa e leggere quel libro sul divano bevendo un po’ di
whiskey, ma non lo fece, anche se sapeva che prima o poi sarebbe dovuta
tornare a casa. Chiuse il libro e si accese una sigaretta, odiava
fumare mentre leggeva, non riusciva a godersi entrambe le cose
facendole contemporaneamente, pensò a sua madre, quella
meravigliosa donna che le aveva insegnato ad essere forte nei momenti
in cui il mondo sta per crollarti addosso, ripensò a quel
giorno, quando dovette telefonarle, le sembrava ancora di sentire le
sue lacrime e le sue urla di disperazione lacerarle il cuore.
Alzò lo sguardo al cielo, “E’ solo colpa
mia. E’ solo colpa mia se tu non sei più al mio
fianco, avrei dovuto proteggerti”, questo pensiero che non
l’abbandonava mai.
Mise il libro nella borsa e tirando fuori le chiavi si diresse verso la
macchina.
Mentre guidava cercava un modo per impegnare il tempo una volta
arrivata a casa e un pensiero le solleticò la mente , prese
il telefono e digitò il numero.
- Kane. - appena le rispose si blocco, stava facendo la cosa
giusta? - Pronto?-
- Si Kane, sono Hoover, novità sul caso?-
- No, abbiamo una pista ma senza certezze, il suo telefono ha
allacciato la cella della 34th oggi alle 2 p.m. -
- Bene, speriamo di trovarlo quel bastardo -
- Hailey, lo troveremo, tu riposa e stai attenta -
- Kane, ti andrebbe di essere stracciato a scacchi finito il turno?-
lui non sapeva bene quale fosse la risposta giusta ma seguì
l’istinto senza tirarsi indietro - Ehi, sarò io a
stracciarti.- e sorridendo aspettò la risposta di Hailey -
Beh, l’importante è esserne convinti.- e chiuse la
chiamata, capendo che forse era giunto il momento di farsi avanti.
Dentro era piena di dolore, ma non sai mai quando darai
l’ultimo respiro in questo universo.
Le tremavano così forte le gambe che quasi faceva fatica a
salire le scale che conducevano al suo appartamento, estrasse la
pistola dal cappotto in caso di eventuali sorprese e con passo lento
poco dopo si trovò dentro casa. - Fottuto bastardo, hai reso
inaffidabile anche l’unico posto sicuro che avevo! - rimise
la pistola al proprio posto e posò il cappotto sulla sedia
della cucina per poi lasciarsi cadere sul divano, cercò il
telecomando senza sapere bene dove fosse, quando lo trovò
fece zapping passando da un canale all’altro in
continuazione, cercò l’ora sul display, - le 7:45
p.m., muoviti Kane - era spaventata, non era più solo un
agente che indagava su questo caso, ma era anche una sua vittima.
Si alzò andando verso la cucina, aprì il frigo
sapendo di dover mettere qualcosa sotto i denti, ma quando
scrutò i ripiani per fare una selezione di ciò
che le andava di mangiare prese l’acqua e lo richiuse, aveva
lo stomaco a pezzi e mangiare controvoglia avrebbe peggiorato la
situazione.
Si accese una sigaretta e si avvicinò alla finestra, vide
l’agente che le avevano affidato come protezione fermo in
macchina parcheggiato vicino il vialetto, si sentì umiliata,
solo un anno prima era capo delle indagini, padrona di ogni decisione e
scelta, ed ora si trovava indifesa anche nel suo appartamento con un
ragazzetto forse poco esperto a farle da scorta.
Si fece mille domande, non riusciva ancora a capire perché
avesse preso di mira lei, perché volesse distruggerle la
carriera, la vita. Ormai faceva parte di ogni cosa.
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