Una Vita all'Amore, una Vita all'Odio... di Steven Uchiha98 (/viewuser.php?uid=180740)
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Finalmente da Ade!
Una Vita all'Amore, una all'Odio...
Finalmente da Ade!
Un portone arruginito, disadorno, che non smentiva la fama del luogo,
confermò il nostro arrivo alla stanza dove avremmo finalmente
incontrato il Padrone di questo posto: Ade. Tutti
e tre facemmo forza e lo aprimmo per ritrovarci nell'ennesima grotta di
nuda pietra, stavolta affollata di anime intente per a maggior parte a
vagare senza sosta, mentre le rimanenti facevano ciò in cui
erano
impegnate prima di morire.Tutti umani, ma niente che facesse pensare al
Re dell'Oltretomba. Iniziai a guardarmi intorno, Ares e Atena fecero lo
stesso, inutilmente:
"Ricorda però" mi avvisò Pallade "Che Ade è detto
"invisibile" appunto per il suo elmo che permette di occultarsi; io
stessa una volta calzai il suo elmo per il medesimo scopo".
Perciò sarebbe potuto essere dovunque...dunque mi avvicinai ad
essa e m'informai sugli effetti dei proiettili e delle cose materiali
su quelle anime:
"I proiettili colpiscono senza provocare dolore".
Bene,
giusto ciò che mi occorreva: estrassi il fucile AEK dalla
tracolla dietro la schiena, lo caricai e iniziai a sparare
proiettili intorno a me. I proiettili colpirono piano piano le
presenze senza però che queste mostrassero
mutamenti...nell'animo. Intanto continuavo a far fuoco abbassando e alzando il fucile per essere sicuro di coprire
tutto o spazio della caverna. Una volta finito il giro gli unici
proiettili andati a segno erano quelli sulle anime umane,
perciò egli non poteva che essere...
Estrassi il coltello di scatto e mi voltai menandolo a mezz'aria: come
avevo previsto un proiettile si muoveva per aria come se godesse di
vita propria. Il nemico invisibile schivò il colpo e
indietreggiò, infine rassegnato annullò il suo potere e
si rese visibile. Aveva l'aspetto di un uomo sui vent'anni, dai
lunghi capelli che in fronte si aprivano in due lasciando spazio ad un
viso puro, oscurato da due occhi neri imperscrutabili che
però non davano l'impressione di essere malvagi. Come al solito
le apparenze ingannano. L'abbigliamento dava l'impressione di essere
appartenuto ad un essere umano: indossava infatti una tunica nera coi
bordi solari simile a quella dei sacerdoti cristiani, in un contrasto
quasi poetico. L'oscurità dell'elmo era pari solo a quella delle
pupille, ma in quel contesto il dio lo lasciò cadere senza
provocare rumore.
Sobbalzai sconvolto da quell'apparizione così radicalmente
diversa dal il ruolo del dio Ade in questo mondo, mentre i miei
compagni non si scomposero. Anche il mio avversario non proferì
parola: semplicemente sguainò una spada di cristallo nero, con
l'elsa a forma di aquila con una lacrima incastonata nel ventre, poi si
mise in guardia. Consapevole di ciò che sarebbe accaduto sfilai
dal fodero la mia arma, molto più semplice
dell'altra, e lo imitai: sembra che il duello sia una consuetudine in
questo mondo, come d'altronde in tutta l'epica antica e, nel caso
ancora ne esista, in quella moderna.
La contesa allora ebbe inizio,
diventando una delle più impegnative della mia vita:
diversamente da Ares, costui era molto più veloce e abile,
rispetto al gioco di forza del dio del furore più complicato
e provocante. Attaccava con piccole stoccate, fendenti rapidissimi che
mi misero presto in difficoltà. Teneva un ritmo preciso che quando compresi le
difficoltà diminuirono, ma il problema della
velocità restava comunque alquanto serio. Ad un certo punto
iniziò addirittura a conversare con me!
"Dunque sei tu, Marco Antonio, colui che mise in subbuglio la terra
natale e quella tanto odiata, al punto di scatenare una guerra tra
potenze, la quale giunse fino a noi, cosringendoci a prenderne parte
patteggiando per l'una o per l'altra. Al solito Zeus e Posidone, gli
eterni rivali, parteggiarono per le fazioni opposte, mentre io rimasi
neutrale.
Ma, venendo a te, com'è il tuo soggiorno qui? Sei
stato bene?"
Io rimasi allibito ma sempre teso: costui era peggio
di Marte! D'un tratto inciampai perdendo il ritmo dei suoi attacchi,
aiutandolo a penetrare nelle mie difese; il cristallo nero della sua
lama mi feriva la pelle quasi contemporaneamente a destra e a sinistra,
disegnando squarci nella mia divisa e nella pelle, colorando entrambi di rosso sangue.
Mentre cercavo disperatamente una via d'uscita, il Re
dell'Oltretomba mi ferì entrambe le gambe facendomi crollare in
ginocchio. Il dolore era immenso, ma ancora riuscivo a sopportarlo.
Dopo aver passato a fil di spada il mio corpo mirò al collo ma
stavolta sventai il suo attacco probabilmente mortale e ritrovando il
ritmo dei suoi assalti iniziai a rimettere in discussione l'esito dello
scontro, nonostante il corpo martoriato dai numerosi tagli.
Effettivamente lentamente le mie forze venivano meno, così come
la potenza dei miei attacchi (nei pochi momenti quando potevo portare a
termine un assalto). Così durante uno di essi Ade con la sua
spada venne alla mia mano recidendomi una vena, come usano i giovani
depressi per farla finita. Quella mano lasciò immediatamente la
spada mentre il mio nemico con un calcio mi fece crollare a pancia in
alto. Poi con la mia lama e il coltello mi immobilizzò
piantandomele ai bracci, e con la propria lama nera cominciò a
segnarmi le coscie di rosso, come volesse torturarmi: il suo piacere
era tale che poco ci mancò per toccarlo con mano. A quel punto
arrivò la solita azione del destino che salva gli eroi dei libri
e dei film.
Mentre Ade si preparò per il colpo di grazia, uno scudo argenteo
si parò ancora davanti al mio corpo, mentre Ares si parò
davanti a quest'altro per fronteggiare il comune nemico; intanto Atena
levò le armi dai miei arti e provò a fasciarli
strappandosi progressivamente dal peplo che la vestiva stracci di seta.
I risultati non furono soddisfacenti, un po' per le sue scarse
capacità mediche, un po' per la gravità delle mie ferite,
ma lei continuò. Improvvisamente si precipitò in
ginocchio continuando i suoi disperati tentativi di medicazione, mentre
io perdevo coscienza di me stesso e ne prendevo di lei:
"Uh-ah! Ares!" escamò Ade "Mi sorprendi: attacchi uno dei pochi
dei che ti considera tale, per di più proteggendo un mortale!
Che ha di tanto importante?"
"Fosse per me, caro dio" rispose l'interpellato "Quello sarebbe a far
compagnia a tutte le anime morte, quelle gagliarde morte per la guerra.
Evidentemente egli è speciale, come lo è per la mia cara
sorella Atena; anzi, per lei è anche peggio"
Ella effettivamente
continuava ossessivamente a tentare di fermare la mia emorragia, senza
successo: ormai la vena era recisa, erano arrivati tardi, eppure lei
inseguiva una speranza vana, fallace. D'improvviso le sfuggì una
lacrima dall'occhio destro, mentre la sua armatura si ossidò:
era il momento.
Cercai di mormorare qualcosa, ma sembrava che anche la
mia gola fosse stata recisa:
"E basta...fermati..non..non vedi che stai male....anche tu...? Per un
mortale...umano..." provai a prenderle la mano, lei la accolse e la
strinse forte, senza però che io avvertissi dolore. Poi
arrivò ciò che temevo: anche Ares fu battuto da Ade,
essendo troppo rapido per il mio compagno. Intanto Atena venne assalita
da una fitta allo stomaco, tale da farle sputare sangue, che si
riversò sui brandelli di peplo della divinità e sulla
vena recisa che lentamente si riunì all'altra metà nel
polso destro. Essa non vide molto, mentre io rimasi paralizzato dallo
stupore; poi cercai di prendere parola sempre con voce spezzata,
sussurrando poche parole alla volta:
"Mia dea, il vostro sangue..." alzai lo sguardo sul suo viso e lo vidi
lacrimare, davvero, ma non fu una sorpresa: per me era già
capitato di vederla così. La sua voce, ferma e al contempo
dolce, spezzò tutte le mie difese:
"Marco...! Io..." sì, ormai avevo capito, pur non
capacitandomene. A questo punto nulla era più utile, se non
ciò che seguì: con un grande sforzo e col poco sangue
rimastomi mi alzai alla sua altezza e finalmente avvicinai le mie
labbra a quelle della dea ancora sporche di vermiglio, trovando
finalmente la pace.
Tutto sprofondò in secondo piano: la guerra, Ade, persino
Minerva. Per una volta, solo io e lei. Nonostante la voluta
verginità, essa si volle offrire a me, essere umano, mentre io le
diedi tutto me stesso ; se prima pregandola e parlandole le
consegnavo la mia anima, ora era toccato al corpo. L'armatura si
ravvivò splendendo come appena uscita dalla fucina, in tutto il
suo argento puro. Dopo qualche istante la dea mi portò
giù sdraiandomi, non opposi resistenza: il dolore piano piano si
affievoliva lasciando spazio ad una gioia e ad una passione che, per
quanto illusoria, mi piaceva, finché sarebbe durata ne avrei
goduto. Era così calda, delicata
fino alla bocca, dove un rivolo di sangue passò alla mia,
facendomi comprendere finalmente il mio compito:
farmi carico.
Ade provò ad attaccarmi nuovamente, ma Ares lo contrastò maggiormente, mentre diceva:
"Di solito non parlo così, ma cazzo, finalmente!"
Mi sembrava così fuori luogo, che stesse succedendo mentre un
dio si sacrificava per lasciarmi fare, ma il dio della guerra sembrava
divertirsi e compiacersi del suo e del mio ruolo con sua sorella, alla
quale teneva alquanto. Per una volta lasciai finalmente perdere le
riflessioni e mi lasciai trasportare dai miei sentimenti: Atena piano
piano sfiorava con le sue candide mani le braccia, guarendomi le ferite
e insinuandomi un'agitazione non del tutto associata al dolore, della
quale però non mi vergognai. Non mi sarei mai stancato di
avvertire quel leggero tocco sulle braccia, tale da provocarmi quasi
uno spasmo di piacere, per poi passare dopo le braccia ai graffi sul
petto e all'addome allenato e stancato. I suoi lunghi capelli mi
avvolgevano a mezz'aria, mi sentivo catturato da essi, la dea avrebbe
potuto fare qualsiasi cosa, senza incontrare ostacoli. In eterno sarei
rimasto assaporandone le labbra ormai prive di sangue residuo, un
sentimento così divino e al contempo umano che mi possedeva, ma
destinato a non durare in eterno...per ora.
Infatti l'idillio dovette rompersi, poiché Ares, per quanto
contento, non riuscì completamente a sostenere l'assalto del
nemico, perciò Atena si staccò da me, afferrò la
spada e andò a dargli manforte, Gli stridii e le scintille che
scaturivano dalle lame metalliche iniziavano ad entrarmi nella testa
come gessi strisciati alla lavagna, ossessionandomi come in una sala di
torture americana o cinese, rumori e immagini da fermare, ora.
Ero sconvolto.
Da ormai più di mezz'ora gli dei combattevano con me o contro di
me, per me, ma i miei stavano per avere la peggio: mentre il dio
guerriero era inaspettatamente stanco, Ade non sembrava aver combattuto
a giudicare dalla forma fisica. Così corsi con la mano alla
pistola M1911, senza successo, scorgendola subito dopo nel lago di
sangue e brandelli di tessuto di Atena. Prima di mirare diedi uno
sguardo alle fascie ai polsi, poi feci fuoco.
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