Brutte
notizie il primo dell’anno
Rea rientrò in casa camminando a
cinque centimetri da terra. Si chiuse la finestra alle spalle e si guardò allo
specchio: un gigantesco sorriso era stampato sul suo visino lentigginoso e la
faceva risplendere. Non si era mai sentita più a suo agio con sé stessa.
Si chiese se qualcuno avesse
notato la sua assenza, ma poi si rispose che no, probabilmente tutti stavano
ancora dormendo. Era tradizione fare le quattro del pomeriggio a letto il primo
gennaio.
Si spogliò e lasciò cadere a terra
il vestito e i pantacollant, poi si mise il pigiama e si scompigliò i capelli
per far vedere che si era appena alzata; infine uscì in corridoio cercando di
avere la faccia più assonnata possibile. Contro ogni previsione, trovò Emma e
Laura sedute a tavola con una tazza di cioccolata calda davanti e dei pasticcini
con la frutta messi su di un piatto. Con loro non doveva fingere, quindi smise
di sbadigliare e sorrise raggiante.
“Buongiorno raggi di sole!” le salutò. Loro si
voltarono a guardarla, sospettose.
“Scusa
come?” le chiese la mora.
“La vita
è proprio bella, vero?” disse sedendosi. Prese un po’ di latte scaldato
dal pentolino e lo mise in una tazza, aggiungendo la polvere di cacao.
“Per
caso ieri sera hai fumato qualcosa? Non so… Marijuana, Hashish… il tuo
cervello…” le domandò
l’altra, guardandola stralunata. Non capitava mai che Rea fosse così allegra. Di
buon umore, certo, ma felice mai!
“No,
ieri sera ero impegnata” rispose. Le ragazze adesso iniziarono a
capire.
“A far
che? Non sei stata in casa?” esclamarono all’unisono, finte sorprese.
“Fino a
mezzanotte meno un quarto sì, poi sono uscita” spiegò.
“Raccontaci!” le ordinò Emma, adesso davvero
curiosa. Lei si sistemò meglio sulla sedia e guardò che i genitori non
arrivassero, poi sorrise raggiante.
“Fabio
mi ha rapita” iniziò. Ci mise venti minuti a spiegare tutto, da quando le
aveva bussato alla finestra a quando, quella mattina, si erano fatti sorprendere
dai genitori di lui. E, per la prima volta, non nascose nessun dettaglio.
“Porca miseria, Rea! Hai fatto scintille stanotte!”
esclamò Laura. La mora, intanto, si era messa a ridere e aveva alzato il
cinque.
“Batti
qui, sorella! Non potrei essere più fiera di te” disse.
“Grazie,
grazie, troppo gentili” rispose lei, ridendo con loro. Il suo stomaco
brontolò un po’, e prese un pasticcino infilandolo in bocca
“Ma
quindi ora siete fidanzati?” le chiese la bionda. Lei si incupì
leggermente.
“Non lo
so. Non gliel’ho chiesto, quindi non saprei proprio che dirti. Credo di sì, ma
non ne sono sicura, ecco” spiegò, sospirando.
“Ma
come non ne sei sicura? Uff, ecco che torna la Rea di sempre” ribatté
Emma, sconsolata.
“Mi
sembrava brutto domandarglielo, scusami! Avrei rotto l’incanto che si era
creato”
“Ma
quale incanto! Non è che gli chiedevi chissà che, era solo una
precisazione” la sgridò. La rossa si fece piccola, piccola sotto lo
sguardo infuocato della sorella.
“Scusami. Lo farò più tardi, quando mi chiamerà. Così va
bene?”
“Direi
di sì” accettò la mora, tornando alla sua cioccolata.
“Comunque non ti facevo il tipo che fa sesso col primo
venuto” commentò Laura, innocentemente.
Rea quasi si strozzò con la
bevanda a quelle parole, tossendo imbarazzata.
“Ma
veramente io non ho fatto sesso col primo venuto!” ribatté.
“Sì
invece. Io non l’avrei fatto, ma va beh” disse la bionda. Perché aveva
sempre in faccia quell’espressione piatta ed era sempre così pessimista? Mai una
volta che la sorreggesse, cavoli!
“Scusami, tu e Johan non l’avete fatto?” s’informò.
Lei arrossì lievemente e si mise a bere.
“Laura?” la chiamò, cominciando a capire.
“Dimmi”
“Non hai
ancora fatto l’amore con il tuo ragazzo?” chiese, trattenendo una
risata.
“N-noi… beh, ecco, diciamo che… sì, non è una mancanza,
insomma… ehm…” sua sorella iniziò a impappinarsi con le parole e questo
significava che la rossa ci aveva azzeccato. Nel sentire ciò, Emma si
rianimò.
“Sul
serio? Cioè, state insieme da quanto? Tre mesi più o meno? E vi siete solo
baciati?” domandò stupita (e anche piuttosto schifata).
“Non
sono mica come te” si arrabbiò la bionda, mettendo il broncio.
“Ma
cavolo, abbiamo diciotto anni e gli ormoni a mille e tu lo baci e basta? Cosa
fai nel resto del tempo? Giochi a Indovina chi?”
“Fatevi gli affari vostri! Se non voglio fare l’amore con
Johan saranno problemi miei?”
“Ecco,
hai utilizzato la parola giusta: problemi. Perché i tuoi non possono
essere che problemi per rifiutare il sesso” ragionò la mora ad alta
voce.
“Che
palle! Potrò fare come voglio? Se stamani hai intenzione di fare della mia vita
sessuale una questione di stato io me ne vado. Siete proprio due
rompicoglioni” sbottò Laura, alzandosi e uscendo dalla cucina. Rea e Emma
si guardarono stupite.
“Ma c’è
qualche problema?” chiese la rossa.
“Non
che io sappia” rispose l’altra.
In quel momento entrarono i loro
genitori nella stanza e loro si zittirono.
“Pronto?”
“Ciao
lentiggine”
“Oh
mamma, ancora con questo soprannome? Come sei noioso”
“Che vuoi farci? A
me piace”
“A me
non troppo, ma sorvoliamo per questa volta”
“Gentile. Senti,
devo parlarti di una questione importante, non è che possiamo
vederci?”
“Certo,
quando?”
“Ti direi subito,
ma i miei mi hanno messo in punizione, quindi stasera verso le dieci. Io dirò
che vado a dormire e uscirò di nascosto, in qualche
modo”
“Ahahahah! Piccolo, lui, è in punizione come i
bambini”
“Non sfottere,
lentiggine”
“Un po’
per uno, scusa! Comunque va bene, dove ci troviamo?”
“Alle dieci e mezzo
a casa tua. Fammi entrare dalla finestra”
Toc-toc. Rea alzò gli occhi dal
libro che stava leggendo e si tolse gli occhiali da vista che portava ogni tanto
(giusto quelle poche volte che se ne ricordava).
Fabio le faceva cenno di aprirgli
e quella situazione le dette un senso di dèjà vu.
“Sai che
l’ultima volta che ho fatto entrare qualcuno dalla finestra, nascondendolo in
camera mia, non è finita molto bene?” gli chiese.
“Stai
parlando di ieri sera?”
“No, sto
parlando di quando ho chiamato Johan per venire da me ed è andata a finire con
lui sotto al letto nascosto da Emma e Laura”
“Che
bella prospettiva” commentò il ragazzo ridendo. Si chiuse alle spalle le
persiane e fissò la ragazza.
“Buonasera” la salutò, avvicinandosi a baciarla. Rea
rimase ferma e si godette quel momento problem free con gli occhi chiusi.
“Anche a
te” ricambiò sussurrando.
Fabio si sedette sul letto e si
irrigidì leggermente, nervoso tutto d’un tratto. Lei si rese conto di quel
cambiamento repentino e si avvicinò.
“C’è
qualche problema?” chiese preoccupata. Il ragazzo si schiarì la voce e
poi la guardò, imbarazzato.
“Forse
uno” rispose.
“Cioè?” s’informò, rimanendo per qualche motivo in
piedi.
“Ecco,
ieri… ieri sera, quando abbiamo… sì, insomma, quando è successo…”
“Quando
abbiamo fatto sesso” lo aiutò.
“Esatto.
C’è stato un piccolo, piccolissimo particolare a cui io, preso dal momento, non
ho fatto caso. Una scemenza che può rivelarsi pericolosa” iniziò. Rea
attese in silenzio.
“Praticamente non ragionavo e mi sono dimenticato di…
di…”
“Di?”
“Di fare
in modo che fossimo pro… pro… credevo sarebbe stato più facile dirtelo… uff, non
ho messo precauzioni” ammise tutto d’un fiato. La ragazza rimase a
fissarlo, poi chiuse gli occhi, fece un grosso respiro, li riaprì e deglutì.
“Forse
facevo meglio a sedermi” commentò, andando a prendere la sedia che teneva
alla scrivania. Rimase zitta, immobile, fino a che non fu riuscita a incanalare
l’informazione.
“Tu mi
stai dicendo che io potrei… oh cielo!” esclamò, mettendosi una mano sulla
bocca.
“Ecco
perché sono in punizione. Mia mamma ha svuotato il cestino in camera mia e non
ha trovato nulla”
“Intendi
dire nessun preservativo?”
“Esatto.
Immagino che tu non prenda la pillola, giusto?”
“Già”
“Appunto.
E i miei si sono arrabbiati. Erano disposti anche ad andare da un dottore, ma
oggi è festa e quindi non ce ne sono”
“Merda” commentò Rea. Entrambi rimasero in silenzio,
preoccupati e imbarazzati.
“E
quindi che si fa? Come ne usciamo?” chiese alla fine la ragazza. Fabio
scosse la testa.
“Non ne
ho idea, non saprei proprio che inventarmi. Da quanto abbiamo studiato l’anno
scorso, per sapere per certo se sei… incinta –questa parola praticamente
la sputò fuori- dobbiamo aspettare un paio di
settimane, o che ti venga il ciclo” ragionò.
“Se
stiamo qui ad aspettare le mie
mestruazioni ci diventiamo vecchi. Non sono mai stata puntuale, rischiamo di
farci venire paura per niente” lo contraddisse.
“Perfetto, aggiungiamo la beffa al danno. Mi sa che ho
combinato un casino” si disperò il ragazzo, abbandonandosi sul letto.
“Abbiamo” lo corresse lei, andandogli accanto. Si
stese e lo fissò.
“Siamo
in due, no?” gli chiese, sorridendo.
“Sì, ma è
colpa mia. Se non ti avessi portata da me e non ti avessi sfidata,
ora…”
“Non
avrei passato l’ultimo dell’anno migliore della mia vita, né avrei mai abbattuto
le mie difese. Quindi mi hai solo fatto del bene. E se ne è venuto fuori un
piccolo imprevisto, ci penseremo quando sarà il momento. Fino ad allora non ci
pensiamo” lo tranquillizzò, baciandolo dolcemente sulle labbra.
“Sai
benissimo che non riuscirò a non pensarci, vero?” le chiese, con un mezzo
sorriso sul viso.
“Sì, ma
credo che sia meglio. Se ci stiamo a rodere troppo il fegato probabilmente non
ne usciremo vivi. Sii felice e vivi la vita!” lo spronò.
“Tutta
questa positività da dove ti viene, scusami? Fino a ieri piangevi come una
matta” la punzecchiò. Si morse la lingua un attimo dopo.
“Scusa” disse.
“E per
cosa? Lo so che hai ragione. Ma ora è il mio turno di far star bene te, quindi
su con la vita e sorridi” gli ordinò. Fabio esitò.
“Andrà
tutto bene?” le chiese impaurito. Rea gli prese le mani e lo fissò
intensamente.
“Qualsiasi cosa succeda andrà tutto bene” promise.
Vi metto il link dell'ultima canzone di Rea che ho pubblicato ieri! Ma lei non deve saperlo!Tanto non ci viene mai a rivedere i capitoli...
http://www.youtube.com/watch?v=xRAAcxHs_KI&feature=plcp
Emma