We will run and scream, you will dance with me
We’ll fulfill our dreams and
we’ll be free
We will be who we are and we’ll heal
our scars
Sadness will be far away
(Learn me right, Mumford&Sons feat.
Birdie)
2 Gennaio 2024
Inghilterra,
Londra, Diagon Alley. Pomeriggio.
“Ordina un altro
caffè.”
“Piggie, se ne ordino un altro o finisci per saltare in aria
o corri in bagno.
È già il terzo che prendi.”
“Fatti i fatti tuoi!”
“Eh, appunto.”
Violet scoccò un’occhiata incendiaria a Dominique,
la quale per tutta risposta
si limitò a mostrarle la lingua.
“Arriverà.” Le assicurò con
certezza irritante.
“Vuoi calmarti e smetterla di agitarti come un
Billywig?”
“Come posso
calmarmi?” Replicò
rimestando cupamente con il cucchiaino nella tazza ormai vuota.
“Se il Signor Malfoy
non trova nulla nella camera blindata dei Goyle sarò
ufficialmente
nullatenente!”
Dominique bevve l’ultimo sorso della sua burrobirra
aromatizzata allo zenzero –
il sapore era disgustoso.
“E andare fuori di
testa ancor
prima di saperlo ti serve a…?”
“La fai facile
tu…” Borbottò.
Quella mattina a colazione Lord Malfoy le aveva annunciato che avrebbe
avuto
una risposta circa la sua situazione finanziaria. Avevano quindi
fissato un
appuntamento per quel pomeriggio nella caffetteria vicino alla Gringott
in cui
si trovava al momento in compagnia della sciroccata.
Non
so quanto Lord Malfoy sarà felice di sapere che mi
sono portata dietro Nicky, ma…
Non
era riuscita a non chiedere il suo
supporto e del resto l’altra non gliel’aveva
negato, acconsentendo in un giro
stretto di posta Gufica – Vianne, la sua aquila, era veloce
come un
fulmine.
Ad un occhio esterno la
Weasley
poteva sembrare fin troppo rilassata dato che si parlava di una
questione tanto
importante come il suo futuro. Eppure quell’atteggiamento
invece di
innervosirla – magari un pochino lo faceva comunque
– la distraeva. Chissà se
Nicky ne era consapevole?
Dubitava. Era una creatura
talmente incurante dell’effetto che faceva sugli altri che
non si era neppure
accorta di quanti, al Ballo del Ceppo, le erano ronzati attorno
finchè, vedendo
la MacFusty farsi un po’ troppo ardita nelle chiacchiere, non
aveva deciso di
requisirla e tenersela accanto per tutta la serata.
Vestita
decentemente, con i tatuaggi Disillusi e pettinata
sembrava quasi femminile … Quasi perché poi ha
rovinato tutto bevendo e
mangiando come un Battitore ungherese.
Il Ballo del Ceppo era stata
una grata parentesi in quel mare di incertezza e avrebbe ricordato per
anni il
proprio vestito perfetto, il ballo di apertura con Scorpius e
l’atmosfera
incantata.
Meglio
che me lo marchi a fuoco in mente perchè
probabilmente è stato l’ultimo ballo ufficiale a
cui ho partecipato.
“La
faccio facile perché lo è.”
L’altra la
riscosse dai suoi pensieri. “Non finirai in mezzo ad una
strada.” Si strinse
nelle spalle. “Né io né RaggiodiSole ti
lasceremo culo a terra.”
Violet inspirò.
“Non è questo
il punto.” Raccolse granelli di zucchero sparsi sul tavolo
con la punta delle
dita. “Non voglio … non voglio pesare sulle spalle
di nessuno, tantomeno sulle vostre!”
Dominique sbuffò
alzando gli
occhi al cielo. “Voi Sang-pur!
Ce
l’avete dentro l’esser melodrammatici …
Pensi che mi peserebbe più aiutarti che
saperti nei guai?”
“Nicky, non voglio
parlare di
questo.” Tagliò corto. Sua madre non si era fatta
sentire dal giorno della loro
lite. Era passato quasi un mese e si doveva esser sposata come doveva
esser
ormai prossimo il parto. Aveva tentato di mandarle dei Gufi, ma erano
tornati
tutti indietro comprensivi di timbro ‘Lettera
Rifiutata’. Ogni timbro era stata
una pugnalata, ma non aveva smesso di insistere.
È
mia madre. Le voglio bene, anche se pare non serva a
molto.
Sentì la mano di
Dominique
chiudersi sulla sua. Alzò lo sguardo e la vide guardarla in
silenzio, come al
solito parca di parole e rassicurazioni.
È
proprio questo che mi piace di lei. Non affoga gli
altri nei discorsi inutili.
“Sto
bene.” Le sorrise ricambiando
la stretta. “Grazie.” Le accarezzò il
dorso della mano con il pollice. Sentiva
le lacrime premere per uscire ergo
era necessario cambiare discorso. “Non mi hai raccontato
com’è andata
l’intervista al Profeta via camino. Era questa mattina,
vero?”
Dominique strinse una
risatina
trai denti. “Una pila di stronzate. Mi aspettavo mi
chiedessero roba tecnica
tipo la mia preparazione o le tabelle di marcia,
all’intervista per la Prima
Prova han fatto così. Invece stavolta metà delle
domande sono state da posta
del cuore. La giornalista però era diversa, era una
vecchiaccia con la
permanente.” Sbuffò esasperata. “Pensa
che si è fatta un film assurdo, dove io
mi impalmavo RaggioDiSole prima che mi tradisse per Rosie. Ti
pare?”
Violet sorrise appena di
rimando. “E tu cos’hai risposto? Le hai detto di
noi?”
Forse
un anno fa sarei andata nel panico all’idea. Ma
tanto, cosa può succedermi adesso? Che venga ripudiata?
Due
volte?
Dominique fece un
sorrisetto.
“Ho detto che erano cazzi miei. Anche se di quelli qua se ne
vedon pochi.”
“Nicky!” Esclamò trattenendo una risata.
“Non avrai detto così!”
“Pure di peggio!” Esclamò allegra.
“Sono una Campionessa del Tremaghi, che mi
chiedano cose inerenti al Torneo, non cosa faccio sotto le
lenzuola.”
“Quindi non hai
specificato?”
Dominique si strinse nelle
spalle. “Avrei dovuto? Non voglio che l’Inghilterra
intera si faccia i fatti
nostri.”
Insolitamente matura …
Sorrise. “Giusto, ma non hai paura che la fantasia
fervida di quella
giornalista finisca per accoppiarti con Luzhin?”
L’altra fece una
smorfia
inequivocabilmente schifata. “Lì sarebbe proprio
strafarsi di Bevanda della
Pace, Piggie. Solo a quella scema della Rossa può piacere un
tipo simile.” Si
appoggiò con i gomiti al tavolino e si sporse verso di lei.
“A me piace roba
diversa. Tanto per cominciare, deve essere una rompiboccini di prima
qualità.”
Violet la imitò;
dava una
strana ebbrezza percepire le occhiate delle persone scivolare loro
addosso e
potersene fregare. “Stai giocando con il fuoco, Weasley. Ti
ricordo che ho una
bacchetta.” La minacciò, divertendosi a vedere
come l’altra ne sembrasse
intrigata.
Razza
di matta…
“Senza
contare che devono assomigliare
ad un porcellino d’India.” Continuò
imperterrita. “Specie quando si arrabbiano
e arricciano il naso.”
“Hai oltrepassato
il segno.”
Esultò interiormente al brevissimo, ma presente, lampo
allarmato negli occhi
dell’altra, che era meno indolente di quanto non dimostrasse
all’universo
mondo. Poi si sporse e anche se odiò il sapore di Burrobirra
sulle labbra dell’altra
fu disposta a soprassedere.
Sentì un lieve
battere sul
legno del tavolo. Nocche. Alzò lo sguardo e con orrore si
accorse che Lord
Malfoy era di fronte a loro. Sperava non da molto anche se
l’aria scocciata era
piuttosto indicativa.
“Io …
mi scusi. Non…” Balbettò
incoerente, tirandosi via da Dominique in tutta fretta.
“Se eri altrimenti
impegnata,
avresti dovuto avvertire.” Le fece notare, grondando gelo.
“Ci stavamo
baciando, mica
facevamo sesso sul tavolino.” Replicò Nicky.
“Comunque abbiamo finito.”
Violet sentì
l’immediato
impulso di affogarsi nella prima superficie liquida disponibile.
Imbecille!
Stai parlando con il mago con il sangue più
puro d’Inghilterra!
… non che te ne fregherebbe qualcosa, ma
comunque…
L’avrebbe
presa a ceffoni su quella
zucca vuota, ma ormai le parole erano state allegramente pronunciate.
Lord
Malfoy fece una smorfia, come se si trovasse di fronte ad uno
spettacolo del tutto
desolante, ma si sedette nella sedia rimasta libera.
“Prende
…prende qualcosa?”
Aveva sempre provato soggezione verso l’uomo che stava loro
di fronte, sin da
quando era bambina. Era forse il suo essere alto e avere il viso sempre
atteggiato in un cipiglio giudicante, o forse il fatto che sua madre
l’avesse
terrorizzata a dovere su chi fosse e cosa avesse fatto durante la
Seconda
Guerra Magica. Forse entrambe le cose.
Questi scosse la testa.
“Ho
poco tempo. In questi giorni la situazione in ufficio è fin
troppo calda per
lasciarla nelle mani di conclamati incompetenti.”
“È per
via della faccenda dei Dissennatori?”
Chiese Dominique. “Dev’essere un bel macello per la
Cooperazione Magica
Internazionale!”
Lord Malfoy le lanciò una lunga occhiata penetrante alla
quale l’altra rispose
mantenendo lo sguardo. “Tu devi essere Dominique
Weasley.” Pronunciò le parole
come se dovesse metterle in guardia da qualche malattia rara ed
esotica.
“Se legge i
giornali, lo sa. Io
e suo figlio ci siamo ogni tre per due.” Replicò
l’altra. “Ma non faccia caso a
me, siamo qui per Violet.”
Violet?
Sentirsi chiamare per nome
di
battesimo dall’altra era sempre strano, ma forse dava la
misura di quanto
Dominique avesse compreso la serietà di
quell’incontro. Era confortante e
preoccupante al tempo stesso.
L’uomo non
rispose, dandole
però nuovamente attenzione. “Oggi ho avuto la
risposta dalla Gringott. Non è
stato semplice, dato che sulle camere altrui i Folletti sono
estremamente
riservati.”
“Avrei potuto accompagnarla…”
Tentò, prendendo coraggio. “Forse la presenza di
un membro della famiglia…”
“Tua madre sarebbe venuta a saperlo nel giro di poche ore e
ti avrebbe
interdetto l’accesso.” Replicò
infastidito, quasi fosse ovvio. Non lo era
affatto.
“Può
fare … può fare una cosa
del genere?”
“Ho avuto modo di
visionare il
testamento di Gregory, alla sua morte.” Giusto, suo padre si
chiamava Gregory.
“Una clausola spiegava in modo piuttosto esplicito che tutte
le proprietà dei
Goyle sarebbero passate sotto la tutela e supervisione della sua
vedova. Tu sei
solo una co-intestataria.” Di fronte alla sua aria perplessa
sospirò.
“Significa che per avere accesso alla camera è
necessaria la presenza fisica
tua e di tua madre. Viceversa, non è necessario.”
“Cioè in pratica la Vedova Nera può
mangiarsi il patrimonio tutta da sola e
Violet deve chiedere il permesso anche per prendere uno
Zellino?” Si inserì
Dominique.
Lord Malfoy le
scoccò
un’occhiataccia, ma poi annuì.
“Precisamente.”
Violet serrò le
labbra. Era
così dunque. Anche se era rimasto qualcosa non poteva avervi
accesso. Era
desolante, ma al tempo stesso sentiva una rabbia cocente scaldarle lo
stomaco e
il viso. Sua madre aveva sempre controllato la sua vita, e quella era
l’ennesima prova del fatto che la considerasse parte delle
sue proprietà.
Ad
una proprietà non serve certo avere il controllo…
Sentì la mano di
Dominique toccarle
la gamba. Non si era accorta che durante la conversazione si fosse
spostata
vicino a lei. Gliene fu grata. “Quindi cosa è
rimasto?”
“Non molto, ma
abbastanza da
poter essere utilizzato per condurre una vita dignitosa.
Sfortunatamente tua
madre ha sempre avuto talento nello sperpero. Non so quanto quella
somma
rimarrà invariata, nei prossimo anni … o
mesi.”
“Non
c’è proprio modo per
avervi accesso?” Insistette. Non poteva arrendersi al primo
ostacolo. Non con
la Weasley che la guardava perlomeno. “Sono una Goyle, mi
sembra impossibile…”
“Non ho detto che è impossibile.” La
interruppe quasi trovasse la sua mancanza
di ricettività insopportabile. “Tua madre non
prevedeva di doverti ripudiare.”
Doveva proprio sembrargli ottusa a giudicare dallo sbuffo impaziente.
“Se perdi
il cognome Parkinson e tutto ciò che comporta anche a
livello legale, divieni solo una
Goyle, come tu stessa hai
detto. Non rimane più nessuno di quel ramo della tua
famiglia. È esatto?” Violet
si limitò ad annuire. “Bene. Questo significa che
avrai un diritto di
prelazione sulla somma in quanto ultima
erede dei Goyle. È una scappatoia, e neppure delle
più geniali, ma bloccherà
le pretese di tua madre in maniera irreversibile.”
“Ma non mi ha
ancora
ripudiato…” Mormorò. “Credo
che dovrebbe arrivarmi notifica…”
Ne aveva parlato con Lady Andromeda. Con lei perché alla
fine aveva scoperto il
motivo di tanta empatia.
È
stata ripudiata dalla sua famiglia, i Black. Per
questo ci tiene tanto a dire che è una Tonks. Una Tonks come
l’uomo che ha
sposato attirandosi le ire della sua intera Casata.
Le aveva spiegato in modo
dettagliato cosa sarebbe successo e le era stata grata per non aver
tentato di
indorare la pillola.
“Non
è la fine del mondo, ragazzina. O meglio, è la
fine del mondo per come l’hai conosciuto fin’ora.
Farà schifo all’inizio, ti
sentirai togliere la terra sotto ai piedi ad ogni passo, ma poi
migliorerà. Se
hai accanto delle persone fidate sarà ancora meglio. Fanne
tesoro, perché
adesso sono loro la tua famiglia. E credimi, possono essere tanto
meglio.”
Lo
sono.
Guardò verso
Dominique che
ricambiò l’occhiata con un mezzo sorriso dei suoi.
“Se vuoi avere
quella somma, tua
madre deve ripudiarti.” Il mago la scrutò come un
ragazzino viziato avrebbe
dissezionato un Vermicolo. “Credo che tu non voglia passare
il resto della tua
vita a piangere dietro le gonne di mia moglie, o mi sbaglio?”
Violet avvampò,
ma
l’umiliazione fu breve perché dovette afferrare
per un polso alla propria
ragazza prima che scattasse in piedi, bacchetta alla mano.
“Nicky!” Sibilò.
“Giù!”
Lord Malfoy stirò
un
sorrisetto inequivocabilmente maligno. “Una cosa che non si
può contestare ad
uno Weasley è la sua fedeltà animale.”
“Stronzo…” Borbottò
Dominique, incerta tra lo scattare o lasciar correre. “Se
ti fa tanto schifo prenderti cura di Violet dillo. Ci penso io, a
lei!”
Violet sentì le
guance
scottare di un sentimento tutto diverso da quello precedente. Strinse
il polso
dell’altra con forza. “Non voglio approfittarmi
della gentilezza della vostra
famiglia ancora a lungo, no.” Replicò sostenendo
lo sguardo dell’uomo come
meglio poté.
“Bene,
perché hai preso una
decisione quando hai rifiutato il volere di tua madre.” Si
alzò in piedi,
aggiustandosi il ricco mantello. “Mio figlio e mia moglie
hanno simpatia per la
tua caparbietà. Ti chiederei dunque di non deludere le loro
aspettative e
continuare per la strada che ti sei scelta. Le mezze decisioni sono
sempre
pessime consigliere.”
Violet anche stavolta lesse le intenzioni dietro le parole. Sembrava
che Lord
Malfoy si esprimesse solo in quella maniera.
“Grazie.” Inspirò. “Le
farò sapere
se ci saranno aggiornamenti sulla mia situazione. Posso ritenere di
poter
contare sul suo aiuto dunque?”
L’uomo
arricciò le labbra.
“Temo che non sia nelle mie possibilità
rifiutarmi.” Detto questo le salutò con
un secco cenno della testa ed uscì dal locale in uno
svolazzare di vesti.
“Ma li fanno
stronzi in serie
o cosa?” Esplose Dominique, finalmente libera.
“Vaffanculo!”
“Devi leggere tra
le righe…”
Sospirò abbandonandosi sulla sedia. Non si era accorta di
essersi irrigidita
tanto. “Mi ha appena dato apertamente il suo
appoggio.”
“Apertamente un cazzo.” Borbottò
l’altra poco convita. “Io almeno non l’ho
percepita così. Anche se non parlo il purosanguese.”
Violet soffocò
una risatina,
scuotendo la testa. “Mi ha detto che è disposto a
darmi una mano, qualora
decida di prendere definitivamente le distanze da mia madre. Credo lo
faccia
soprattutto per farle dispetto, ma … rimane il
fatto.”
Dominique
aggrottò le
sopracciglia meditabonda. “Ma tu che vuoi fare?”
Violet sospirò.
La verità era
che non ne aveva la minima idea. Certo, le era chiaro che sua madre non
voleva
più avere
niente a che fare con lei.
Però
… non mi ha ancora ripudiato. Se facessi il primo
passo e le chiedessi di farlo…
Sarebbe come ammettere che io non
voglio più avere niente a che fare con
lei?
“Non voglio
perdere mia
madre.” Mormorò guardandosi le mani e non vi era
scritta nessuna soluzione, né
una risposta ai suoi dubbi. Erano solo mani. Mani che sua madre diceva
avesse
preso da lei – per fortuna, aggiungeva sempre.
Dominique
schioccò le labbra.
“Se non vuoi perderla, allora devi cercarla.”
“Non risponde alle
mie
lettere!”
“Alle lettere si
può anche non
rispondere, ma di persona è diverso. Devi parlarci faccia a
faccia Piggie.
Certa roba non si può affidarla ad una pergamena.”
Violet chiuse gli occhi,
mentre dietro le palpebre le sfilavano la cascata di
possibilità che un
incontro tra di loro avrebbe portato. “Se andassi a trovarla
potrebbe anche non
ricevermi … e se volesse, potrebbe finir male. Siamo su
posizioni troppo
diverse al momento.” Nascose il viso tra le mani.
“Se non faccio nulla rimango
in stallo, ma se forzo le cose rischio di esser ripudiata. Che razza di
situazione.”
Dominique le diede un
colpetto
con la gamba, più simile ad un calcio che altro. Le
scoccò un’occhiataccia e
quella sorrise disarmante. “Fa’ quel che ti senti.
In qualche modo troveremo una
soluzione.”
“Nicky, non funziona così…”
Si premette le dita sulle palpebre sentendole
pesanti, stanche. Tutta quella faccenda le stava succhiando
più energie di un
Dissennatore.
E
non parlo per metafore ma per esperienza diretta.
Dominique si strinse nelle
spalle. “Quello che ho detto a FacciaDaStitico lo intendo. Mi
prenderò cura di
te, quindi vai tranquilla.” Disse senza strani sogghigni o
ammiccamenti o prese
in giro. Quando era seria, lo era completamente.
“Non ho intenzione
di vivere
sulle tue spalle specie se per farlo devo andare a vivere in mezzo ai
draghi.”
Replicò per mantenere un minimo di controllo sulla sua
inadeguata voglia di
singhiozzare come una bambina tra le braccia dell’altra.
“E poi, possiamo
parlare del futuro quando ne avrò uno che valga la pena di
esser menzionato?”
Replicò innervosita. Non poteva mettersi a pensare anche
all’eventualità di un
loro rapporto a distanza una volta finita la scuola.
L’altra
annuì. “Come vuoi.
Però ricordati che t’ho detto.” Le
picchiettò il naso con un dito, facendoselo
poi schiaffeggiare via di buon grado. “Ricordatelo.”
“Sì.” Sorrise suo malgrado.
“Domani non sarò raggiungibile. Ci vedremo
direttamente ad Hogwarts.”
“Perché?”
“Perché
per una volta,
Weasley, hai ragione. Devo riuscire a parlare con mia madre.”
****
4
Gennaio 2024
Scozia,
Hogwarts. Carrozza di Beaux Batons.
Dominique si era stufata di
ascoltare il ciarlare infinito della giornalista di fronte a lei, la
quale tentava
di rimediare al fiasco della precedente intervista –
sì, era la stessa vecchia
insopportabile.
Del resto però
non poteva far
altro che ascoltare e smozzicare qualche risposta dato che Mael
vigilava
impietoso.
Lecchino
della Madame…
Gli rivolse una smorfia, al
quale il ragazzo ricambiò con un’occhiataccia.
La partenza per Durmstrang
era
imminente, questione di poche ore, e Violet non era ancora arrivata.
Non
è che sua madre l’ha rapita e rinchiusa in qualche
torre altissima?
Era partita per Parigi in
cerca di una riconciliazione, anche se non glielo aveva detto
apertamente.
Poteva capirlo, poteva persino se la madre in questione era una stronza
di rara
entità.
Il problema non era capire.
Era sopportare che Violet non
fosse
lì.
“I nostri lettori
si chiedono
cosa si nasconda nel cuore appassionato della Campionessa di
Durmstrang. È
stata ventilata l’ipotesi di un legame speciale con il
Campione di Hogwarts…”
Ancora?
“Devo mimarvelo?
Scorpius mi
fa lo stesso effetto di un tronco di legno!”
Sbottò scandagliando lo spazio
erboso di fronte alla carrozza. Quasi tutta la delegazione era ormai
arrivata,
persino la Lombard, forse convinta dalle pressioni della Preside a fare
marcia
indietro nel suo proposito di abbandonare il Torneo.
E
addio sesso.
“Qualche piccolo
indizio per i
tuoi fan?” La voce della giornalista sembrava disperata. La
ignorò.
“Dominique deve
finire di fare
i suoi bagagli.” Le venne in soccorso il cugino.
“Se non ha altre domande…”
Poi Violet
arrivò. La vide
scendere da una delle carrozze trainate dai Thestral che venivano usate
per
muoversi all’interno dei terreni della scuola. Indossava
già l’uniforme e il
mantello regolamentare della scuola e con un colpo di bacchetta fece in
modo
che i bagagli le levitassero dietro.
Piggie!
“Scriva
quel che le pare, tanto so che
già lo fate.” Liquidò la giornalista
prima di dirigersi verso la sua ragazza.
“Ehi!” L’apostrofò.
Violet batté le
palpebre, quasi
fosse sorpresa dalla sua presenza. Sembrava persa in pensieri tutti
suoi.
“Nicky.” Rispose. Poi
l’afferrò per il bavero della giacca
dell’uniforme. Per
un attimo Dominique pensò che l’avrebbe
schiaffeggiata data la furia con cui
l’aveva afferrata. Invece la fece abbassare e la
baciò.
Woh!
Violet era una gran
baciatrice, anche se nessuno l’avrebbe mai sospettato dietro
quell’aria inflessibile
e fredda. Grandiosa sì, ma soprattutto riservata.
Peccato
che qua siamo di fronte a tutta la delegazione,
la Preside e una giornalista del Profeta.
La strega in questione
infatti
emise una specie di esclamazione colorita, a giudicare da quel che
sentì nelle
retrovie. Forse era scattato anche qualche flash ma non era sicura. Non
che le
importasse granché.
Violet in compenso aveva gli
occhi enormi e l’aria furiosa. “Sai che mi hai
appena baciato, in linea
teorica, di fronte ad un’intera nazione?” Le parve
giusto notificare.
“Per quanto mi
importa, lo
posso fare anche di fronte a tutto il mondo Weasley.” Fu la
risposta.
Non
credo sia andata tanto bene. Non credo sia andata per niente.
“Spero che per te
non sia un
problema.” Aggiunse passandole le dita lungo lo stemma della
scuola.
“E quando mai.
Almeno quella
Megera avrà le sue risposte e smetterà di
rompermi l’anima.” Replicò perplessa.
“Ma vuoi parlarne?”
Violet si morse le labbra,
guardò oltre le sue spalle e evidentemente decise che se era
pronta per un
bacio spettacolare non era altrettanto pronta a rilasciare
dichiarazioni in
merito. “Prendi i miei bagagli.”
Dominique lanciò
un’occhiata a
Mael, intimandogli di sistemare le cose.
In
qualche modo. Oh, fatti suoi. Vuol far l’assistente?
Che assista!
Poi afferrò le
borse e seguì
la schiena rigida di Piggie all’interno della carrozza.
Essere di nuovo di fronte
alla
Weasley era stato come riprendere a respirare. Per questo quando se
l’era vista
correre incontro sorridente non aveva potuto fare a meno di baciarla.
Quando
sei in apnea fai di tutto per risalire in superficie,
no?
Dominique sistemò
i suoi
bagagli in un angolo della stanza e poi si sedette sul suo letto,
facendo cenno
di affiancarla. Violet acconsentì docilmente. “La
Gerard?”
“Lombard.”
La corresse con uno
sbuffo divertito quanto rassegnato. “È in stanza
dal suo ragazzo. Le ho detto
di starci il più possibile fuori dai piedi e l’ho
trovata d’accordissimo. Non
siamo le uniche a voler avere un po’ di privacy,
sai.”
“Ottimo.” Si lisciò le pieghe della
gonna – inesistenti, ne era consapevole, ma
era un movimento quasi rassicurante – e inspirò.
“Non è andata bene.”
“Fin qui c’ero arrivata. Ora però
spiega.”
“Non
c’è molto da spiegare…”
E non c’era.
Arrivare
a Parigi tramite Passaporta era stato
facilissimo. Al centro Ufficio Smistamento Passaporte era stata accolta
da un
funzionario, vecchio amico dei Malfoy, che l’aveva messa su
una carrozza
diretta al quartiere magico di Montparnasse.
Ovviamente
dopo aver annunciato la sua presenza agli
Elfi della casa aveva dovuto aspettare un’umiliante
mezz’ora fuori dal portone
principale, alla mercé degli sguardi dei pochi passanti,
tutti rigorosamente
maghi e dunque probabilmente informati circa la sua
identità. Era riuscita ad entrare
solo grazie a Sylvie, la sua vecchia Elfa, che contraddicendo agli
ordini
ricevuti – si colpiva in testa con un mestolo ad ogni
piè sospinto, tanto che
aveva dovuto strapparglielo di mano – l’aveva fatta
entrare dalla porta di
servizio.
Come una ladra…
“Sylvie,
dov’è mia madre?”
“Nella
nursery padroncina Violet.” Aveva emesso un
lamento sconfortato. “Oh, Sylvie non doveva dirglielo, Sylvie
non è una buona
Elfa!” E prima che potesse fermarla si era diretta a testa
bassa verso lo
spigolo di un mobile. L’aveva dovuta tirare su quasi di peso
e farla rinvenire
con un veloce Innerva.
“Falla finita, te l’ho chiesto io!” Si
era morsa le labbra quando aveva
realizzato che Sylvie non ne avrebbe tratto grande beneficio.
Del resto, non sono
più la sua
padrona. Se mi chiama ancora così è solo per
abitudine.
Poi
aveva registrato la seconda parola pronunciata
dall’Elfa.
Nursery…
“Mia
madre ha … partorito?”
“Sì
Padroncina Violet!” Il volto sdentato della
creaturina si era aperta in un sorriso estatico.
“È un bel maschietto!”
Violet
aveva sentito lo stomaco stringersi in una
morsa. Sua madre non era tornata sulle sue posizioni neppure per
annunciarle la
nascita del bambino. Aveva inspirato salendo le scale. Adesso il suo
obbiettivo
era cambiato. “Voglio che mi porti nella nursery.”
L’Elfa aveva tentennato, mormorando una serie di
‘cattiva Sylvie, brutto Elfo’
tanto che Violet si era sentita a disagio. “Sylvie,
è un ordine.” Aveva
ripetuto e l’Elfa aveva finito per annuire facendole cenno di
seguirla.
La
Nursery era un tripudio di azzurro e bianco,
completamente inondata di luce. L’odore acuto di latte e
talco per neonati la
riempiva completamente. La culla era all’esatto centro della
stanza, ed era
incisa con lo stemma di famiglia di Baffi Impomatati, quasi fosse una
sorta di
altare per celebrarne la virilità.
Coglione.
Si
era avvicinata, sentendo una strana sensazione di
smarrimento scuoterla. Il neonato riposava tra cuscini di seta e
ninnoli d’argento
e oro, di quelli che si regalavano ad ogni nascita Purosangue. Aveva
una
leggera lanugine nera sulla testolina altrimenti glabra e i pugnetti
stretti
alla coperta. Aveva sorriso, accarezzandogliene uno con la punta
dell’indice. A
sorpresa, il piccolo glielo aveva afferrato, stringendolo con
insospettabile
forza. Solo un riflesso condizionato, avrebbe detto qualcuno, tipico in
una
creaturina senza coscienza, eppure Violet aveva sentito le lacrime
pungerle gli
occhi.
“Sylvie
… come si chiama?” Aveva chiesto
all’Elfa che
era rimasta in religioso silenzio accanto a lei. “Come si
chiama mio fratello?”
Prima
che potesse aver risposta però qualcuno era
irrotto nella stanza. Era Baffi Impomatati, rosso in viso e con la
bacchetta in
pugno. Dall’espressione conseguentemente sorpresa che gli
vide addosso era
chiaro che non si aspettasse la sua presenza.
“E
tu che diavolo ci fai qui?” Era sbottato. “Chi ti
ha
fatto entrare?” Si era rivolto verso l’Elfa
tremante. “Sei stata tu?”
“Sono
entrata da sola.” Era intervenuta. “La sicurezza
in questo posto lascia alquanto a desiderare.”
“Quale
parte del fatto che non sei la benvenuta nella
mia casa non ti è chiara?”
“La parte in cui nessuno mi informa della nascita di mio
fratello.” Non sapeva
da dove le veniva quel coraggio e soprattutto, la risposta pronta.
Forse dal
disprezzo che provava per l’uomo che aveva sposato sua madre.
Forse dalla
rabbia che covava dentro.
Questa non è solo
la tua
famiglia, ma anche la mia. Me l’hai tolta. Se non mi
disprezzassi tanto avresti
capito che mia madre ha bisogno anche di me.
Il
mago aveva avuto il buongusto di sembrare
imbarazzato, prima di fare una smorfia. “Tua madre ha pensato
non fosse
necessario informarti, visto le tue ultime prese di
posizione.”
“Cosa c’entra quel che ho detto con la nascita di
…” Aveva boccheggiato
realizzando che non ne sapeva ancora il nome. “Non so neanche
come si chiama!”
“Sebastien. Sebastien Julius Marchande.” Aveva
proclamato rigido e non era
riuscito a nascondere la soddisfazione. La soddisfazione di aver dato
un
cognome al frutto del suo matrimonio.
Un cognome diverso dal mio.
“Non
dirò nulla a Pansy di questo tuo sgattaiolare
senza permesso nella nostra casa … L’addolorerebbe
moltissimo.” Aveva fatto un
sorrisetto. “Date le contingenze, posso anche non sporgere
denuncia al
Ministero. Adesso però sei pregata di andartene.”
Violet aveva sentito il viso infiammarsi di umiliazione. Aveva voglia
di
prendere la bacchetta e schiantare quell’idiota, ma non aveva
senso anche se
Morgana, sarebbe stato bello. Aveva lanciato un’occhiata alla
culla. “Me ne
vado quando avrò parlato con mia madre.”
“Non è nello stato d’animo adatto per
ricevere visite. Specie dalla causa del
suo dispiacere.”
Aveva
sorriso amaramente. “Già, lo immaginavo.
Può
comunque riferirle un messaggio.” Non aveva aspettato che
controbattesse. “Le
dica che qualunque decisione prenda verso di me rimarrà mia
madre e Sebastien
mio fratello. È stata lei a dirmi che il sangue non
è una cosa che si può
gettar via come una bacchetta rotta.” Si era complimentata
con se stessa per la
voce ferma. “Le dica che tuttavia non ho intenzione di
lasciare Dominique e che
per questo motivo può disporre come meglio le aggrada del
nostro patrimonio.
Non lo voglio, non se per averlo devo rinunciare a chi amo, che sia lei
o la
ragazza con cui ho deciso di stare.”
Sapeva
che sua madre stava ascoltando. L’aveva capito dalla
porta secondaria, quella da cui Baffi Impomatati non era entrato. Era
socchiusa
e avrebbe potuto giurare di vedervi delle ombre al di là
dello spiraglio di
luce.
“È
tutto?” Aveva replicato infastidito l’uomo.
“Perché
non vorrei che il sonno di Bastien venisse guasta…”
“Me ne vado.” L’aveva interrotto. Aveva
fatto un’ultima carezza alla testolina
del neonato e poi era uscita scortata da Sylvie.
“Quindi alla fine
non hai
visto tua madre.” Esordì Dominique. Aveva
ascoltato, si era fatta un’idea e
alla fine della faccenda aveva solo una gran voglia di maledire qualche
culo.
Possibilmente
quello dei due novelli e stronzi
genitori.
“No, ma ho visto
abbastanza
per capire che non ha intenzione di scendere a patti. Che mi abbia
ripudiato o
meno è ininfluente.” Sospirò
continuando a lisciare le pieghe del tutto
inesistenti della sua gonna. “Forse sa che se mi ripudiasse
mi lascerebbe anche
la camera dei Goyle. Non è mai stata una sprovveduta in
queste cose… Se ci ha
pensato Lord Malfoy può averci pensato anche lei.”
Fece una breve pausa.
Sembrava stanca come se avesse appena corso per chilometri su un
terreno
accidentato. “Non lo so Nicky. So solo che non mi ha neanche
scritto per dirmi
come si chiamava mio fratello. Non mi ha ripudiata … mi ha
semplicemente
lasciata indietro.” Mormorò abbassando lo sguardo.
Aveva le ciglia lunghissime
e scure e quando lo si poteva notare non era mai un buon segno.
Il
dolore è un paese solitario.
Si limitò quindi
a passarle un
braccio attorno alla vita. Non ci mise molto prima che Violet le
crollasse
addosso scoppiando in singhiozzi. Non disse nulla, preferendo
stringerla. Le
parole erano importanti e andavano dosate. Non ripetute,
perché altrimenti
perdevano efficacia. Un po’ come gli incantesimi.
****
7 Gennaio 2024
Norvegia, Durmstrang.
“Un’ultima foto ai
Campioni stranieri!”
Dominique ricambiò lo sguardo esasperato di Scorpius mentre
si apprestavano
all’ennesimo barbosissimo set di fotografie fatte dal
MagiFotografo del Brev Magiske, la
versione norvegese
della Gazzetta del Profeta.
Sia la sua delegazione che
quella scozzese erano entrate ufficialmente a far parte di Durmstrang:
Durmstrang la fortezza nera, Durmstrang un che avrebbe dovuto essere
traboccante di gioventù magica e invece era soltanto
inquietante. Gioventù che
peraltro era tutto fuorché vitale a giudicare dagli
smorzanti fallimenti che
aveva collezionato cercando di attaccar bottone con i cosiddetti allievi.
Ed
io che pensavo che fosse la loro delegazione ad
esser composta da stronzi muti come tombe…
Son
tutti così!
Era una scuola di stampo
militare, le aveva spiegato Mael, ed era naturale che la disciplina
fosse
importante e l’espressività invece ingabbiata.
Ho
capito, ma che problema hanno? E poi, domandona da
un milione di Galeoni… Perché Luzhin non si sta
facendo le foto con noi?
C’era roba strana
sul fuoco,
che puzzava, e non riusciva a capire se fosse l’unica ad
avvertirlo. Aveva
tentato di sondare l’umore dei cugini al banchetto di
benvenuto della sera
prima, ma aveva avuto l’impressione che le dessero poco
retta, soprattutto Al.
Comprensibile
… hanno imbarcato una clandestina niente
male. La Rossa. È un miracolo che Sissy, protettivo
com’è, non abbia la schiuma
alla bocca.
Quanto le era piaciuta
Hogwarts e quanto poco le stava piacendo Durmstrang! Non si riteneva
una tipa di
tante pretese, ma la neve perenne e l’architettura asfittica
contribuivano a
disorientarla, e questo non le piaceva. Affatto.
“Bene,
abbiamo finito!” Annunciò in tedesco il
Magifotografo. “Grazie per la vostra
pazienza ragazzi!”
Scorpius batté le
palpebre,
guardando verso Tom che pareva volersi confondere con la tappezzeria
scura
della stanza, a giudicare da come si era sganciato
dall’insieme di persone
presenti.
Tizio
tetro.
“Ha detto che
abbiamo finito.”
Tradusse dal tedesco con aria annoiata. “Andiamo o faremo
tardi a lezione.”
Aggiunse da bravo topo da biblioteca qual’era.
“Oh …
sì!” Si riscosse il
biondo, prendendo il proprio mantello e indossandolo.
“Merlino, che freddo!”
“Non dirlo a
me.” Sbuffò Mael
stringendosi nella loro sin troppo leggera uniforme.
“È un miracolo se alla
fine del Tremaghi non avrò contratto la
tubercolosi!”
“Che roba è? Malattia?” Si
informò confuso Scorpius. Si voltò verso Dursley
che
fissava scocciato l’orologio che aveva al polso.
“Turbercolosi! Ha un suono
carino però!”
“È mortale e fortunatamente debellata dai paesi
sviluppati. Muoviti.” Brontolò
questo impaziente.
Dominique fu presa da un
pensiero immediato e come le sempre le capitava quando
l’argomento riguardava
Violet sentì la necessità di notificarlo.
“Ci penso io ad accompagnare
RaggiodiSole alla sua lezione, Tommy. Tu va’ pure.”
“Sai dove devi andare?” Replicò con
sussiego. Ogni volta che apriva bocca,
Dominique sentiva l’urgenza di tirargli un calcio nel sedere.
Chissà se era
l’unica. Ne dubitava.
“Mi stai chiedendo
se ho senso
dell’orientamento o se sono scema?” Ritorse la
domanda con vaghi intenti
minacciosi. Lo spilungone la fissò seccato, poi
lasciò perdere e se ne andò
senza salutare.
Uh,
che novità. Ma come fa Sissy a sorbirselo da più
di
dieci anni?
“È un
bel tipo, ma che
carattere orrendo…” Commentò Mael
tirando su con il naso. “… Non che il suo
ragazzo sia meglio. Tutto sorrisi, ma poi sotto sotto è una
serpe.”
“Chi è
il suo ragazzo? Ha un
ragazzo?” Cascò dalle nuvole. Da quando poi quella
manciata di ossa era
abbastanza sociale da trovarsi qualcuno?
Oh,
no … Aspetta momento. Chi altri può essere se
non…
ma son cugini!
Ah,
no, vero. Il Tenebroso è stato adottato.
“Lui e mini-Potter
stanno
assieme. Insieme insieme. Non te ne
eri resa conto?” Replicò Scorpius sorpreso.
“Non è che lo nascondano. A parte
ai loro genitori, credo, ma mi chiedo come dato che non sono
esattamente
discreti.” Considerò meditabondo.
“Chissà
a chi piace far cosa,
sotto le lenzuola.” Commentò Mael con un
sorrisetto lascivo. “Secondo me,
dietro tutta quell’aria snob, sotto sotto a Dursley piace
esser sco…”
“Troppe informazioni!” Esclamò il biondo
tappandosi le orecchie con le mani e
strizzando gli occhi. “C’è anche gente
etero qui, non traumatizzatemi a vita grazie!”
Dominique
rifletté: di quante
cose non si era mai resa conto o non le era interessato farlo, prima
che Violet
irrompesse nella sua vita?
Un
bel po’.
“Comunque…”
Quest’ultimo riprese
le fila del discorso. “C’è qualcosa di
cui vuoi parlarmi? Liberarti di Dursley
è stato un escamotage piuttosto manifesto.”
“Sì.”
Guardò verso Mael e
questo prese un’aria offesa. “Scusa Ninfetto, ma si
tratta di roba delicata.”
“So tenere un
segreto!”
“Ciao
Ninfetto.” Ridacchiò quando lo vide andar via
oltraggiato, trotterellando
con grazia per quei corridoi infiniti e bui. Sperò che non
si perdesse.
Scorpius infilò
le mani nelle
tasche dell’uniforme sbuffando via una ciocca di capelli.
“Sono tutto per te
bionda!” Le sorrise. Si diceva che le camere di tutte le
streghette
d’Inghilterra – più di qualche strega
adulta - contenessero almeno un
ritaglio del Profeta
contenente una sua foto. Violet aveva commentato che nessuna di loro
aveva
compreso che dietro quell’aria spensierata e quei sorrisi da
conquistatore si
nascondeva uno dei cuori più leali del pianeta.
Ci
tiene a lui … Sono amici sul serio, non come era
amica con quelle due oche di Sophie e Jenny.
Se
non può aiutarmi lui…
Perché la sua
ragazza non
stava reagendo bene
all’ultima visita
alla sua famiglia. Nasconderle la nascita del fratello era stata una
carognata
da oscar e l’aveva ferita nel profondo. Non che glielo avesse
mai detto, ma lo
capiva da come piangeva la notte nascondendo la faccia nel cuscino per
non
farsi sentire.
Prima
o poi glielo devo dire che ho il sonno
super-leggero…
Si sentiva impotente e
l’aria
di Durmstrang non aiutava. Avrebbe voluto portarla via in qualche bel
posto.
Magari
pieno di fiori, quelli che piacciono a lei. Ma
primo non siamo in stagione, secondo ho questo cazzo di Tremaghi sulle
spalle.
Doveva vincerlo. Vincerlo
non
solo avrebbe portato prestigio al suo nome – cosa di cui le
importava poco o
nulla – ma le avrebbe dato accesso al premio di
mille¹ Galeoni. Se una
consistente parte l’avrebbe data comunque a suo zio per la
Riserva, aveva
deciso che un po’ ne avrebbe tenuti per sé.
Per
Piggie. Si taglierebbe un braccio piuttosto che
accettare i Galeoni dai Malfoy o dalla mia famiglia, ma magari
questi…
Magari
gliela imbastisco dicendo che mi ha aiutato a
conquistarli.
Disse tutto questo
all’altro.
Scorpius ascoltò tutto con calma e quando ebbe finito
Dominique si rese conto
che forse era la prima volta che aveva parlato così tanto
con qualcuno.
Questo
tizio le confessioni te le tira fuori solo standoti
davanti. Inquietante.
“Tieni molto a
lei.” Sorrise,
dopo una breve pausa in cui si era seduti su un paio di anonimi scalini
che
portavano chissà dove. “Sono contento, Violet se
lo merita.”
“Bastasse questo.” Fece una smorfia.
“È solo che…” Si
bloccò, irritata da tutto
quel suo tentennare. Non si era mai sentita tanto incapace. Era
frustrante e
strano. “Non so come aiutarla. Ci provo, ma sembra non
funzioni un cazzo. Parla
poco, mangia niente e dorme per modo di dire. È
così da quando è tornata.”
“L’aiuto che puoi darle già glielo dai,
e credimi, funziona. Solo, per vederne
i risultati ci vorrà un po’.” Fece un
sospiro divertito. “Ma tu sei una tipa da
tutto e subito, eh?”
“C’è
altro al mondo?” Replicò
con uno sbuffo. “Che cavolo posso inventarmi per farla stare
meglio?”
“Niente di
risolutivo.” Non
era la risposta che voleva ma ad intuito capì che era
l’unica che avrebbe
ottenuto. “Forse distrarla.” Soggiunse pensieroso.
“Quel discorso che ci hai
fatto ieri sul fatto che questo posto t’inquieta …
Magari parlale di questo.
Della terribile Durmstrang! C’è tanto che sta
accadendo, sai.” Spiegò
abbracciando con un gesto delle mani lo spazio di fronte a loro.
“La Piccola
Potter che si imbuca, Dursley e la sua storia familiare …
Distraila,
coinvolgila in qualche trama oscura.” Si strinse nelle
spalle. “Con me e Rosie
ha funzionato. Ci siamo innamorati in mezzo ai guai.”
“Se lo dici
tu…”
“Intanto mi muoverò anch’io, o meglio lo
farà la mia famiglia, perché come sai
sono un piccolo Lord viziato.” Ghignò.
“Mia madre adora Violet e persino mia
nonna e zia Dromeda l’hanno presa in simpatia. Credo la
considerino un po’ come
un gattino che si è smarrito sulle loro
proprietà.”
“Sarebbe
fantastico se Piggie
non fosse così determinata ad evitare l’aiuto di
chiunque, sarebbe capace di
dormire sotto un ponte piuttosto.” Sbuffò di
nuovo, passandosi le dita tra le
ciocche davanti, di nuovo lunghe. “Credo sia riuscita a
venire a patti con il
fatto che dovrà dipendere da voi o da me fino al diploma, ma
poi…” Tutto quel
riflettere, ponderare e pensare non era da lei. Non sapeva se stava
facendo la
cosa giusta, o se c’era una cosa giusta
da fare.
Non era preparata e faceva
schifo rendersene conto.
Scorpius le diede una pacca
sulla spalla. “Le cose si aggiusteranno.”
Proclamò con una sicurezza che una
volta avrebbe avuto anche lei. Doveva esser Durmstrang, ad ammosciarla
tanto.
“Sai come dicono i Babbani? Tutto andrà bene, alla
fine. Se non va bene, vuol
dire che non è ancora la fine².”
Dominique non
poté fare a meno
di sorridere. Si alzò dopo aver ricambiato la pacca.
“Raggio di Sole Malfoy …
nomignolo migliore, non m’è mai venuto in
mente!”
****
13
Gennaio 2024.
Norvegia,
Durmstrang.
Durmstrang era peggio di
Hogwarts.
Non era solo una questione
di
impatto iniziale, che era stato pessimo anche con la scuola scozzese;
ma mentre
quest’ultima alla fine si era rivelata accogliente, per
Violet l’Istituto non
brillava certo per capacità di mettere a proprio agio.
Si sentiva perennemente con
gli occhi addosso e non era una sensazione scatenata dalla sua attuale
situazione familiare, una sorta di psicosi dovuta al sapersi ormai
priva di
ogni protezione dovuta al proprio cognome. Non era quello o meglio, non
solo.
Aveva scoperto con una certa
sorpresa di non essere l’unica a provarla. Anche Dominique e
Mael provavano la
stessa inquietudine e quest’ultimo si era premurato di far
sapere loro che
tutta la loro delegazione non vedeva l’ora arrivasse la Terza
Prova per poter
tornare tra le assolate mura dell’Accademia.
Ne avevano persino parlato
con
i cugini inglesi della sua ragazza, per quanto avesse trovato
quest’ultima idea
poco sensata. Si era ricreduta solo quando aveva visto che dietro
quelle loro
apparenti arie scialbe e poco reattive si nascondevano perlomeno due
menti di
un certo livello – il ragazzino dai grandi occhi da cerbiatto
e il tall, dark and handsome che
rispondeva
al nome Babbano di Dursley.
(Del resto, erano
Serpeverde.)
Era preoccupata per
Dominique,
andava da sé: la sciroccata era a malapena capace di badare
a se stessa in un
ambiente sereno e controllato come Beaux Batons.
Ho
il terrore di scoprire in che guai possa cacciarsi
qui.
Le era grata, le era grata
ed
era sempre più spaventosamente innamorata. Era per questo
che in quegli ultimi
giorni aveva fatto carte false per tenerla a distanza.
…
Sì, detto così sembra abbia perso il senno.
La verità era che
non voleva
appoggiarsi troppo a lei. Aveva il terrore che il suo buon carattere e
la
tranquillità con cui si sciroppava le sue rispostacce prima
o poi sarebbero
svaniti.
Si
stancherà di me e mi lascerà, esattamente come ha
fatto mia madre. E da questo, no, da questo non potrei
riprendermi…
Il problema principale, era
ovvio, era il futuro.
Parola
terribile se chiedete a me.
Finita la scuola sarebbe
stata
priva di obbiettivi concreti quanto di un posto dove andare.
Aveva seriamente considerato
l’idea di lavorare, ma le uniche cose che era capace di fare
erano disporre i
fiori in maniera graziosa, strimpellare il piano e ricamare
orribilmente. Il
bagaglio culturale medio di una buona sposina Purosangue, la prendeva
sempre in
giro Nicky: ma era la verità.
Nella
società di oggi vuol dire non saper far nulla.
Varcò la porta
della
biblioteca di Durmstrang, ricordandosi improvvisamente che
c’era andata per
tentare di studiare prima di cena. A volte si rendeva conto di fare le
cose
meccanicamente, per inerzia.
Aveva
ragione mia madre … Ho sempre la testa per aria.
Senza concretezza, come potrò sopravvivere là
fuori?
Intravide Delacour seduto ad
uno dei tavoli e pur di non restare sola con i suoi pensieri gli si
avvicinò.
“È libero questo posto?” Chiese
più per posa, visto che attorno a loro
studiavano al massimo una manciata di persone. Mael inarcò
le sopracciglia, ma
si limitò a spostarsi per farle spazio. Sembrava averlo
colto in un momento di
pausa, a giudicare dal fatto che attorno a sé avesse sparso
vari opuscoli informativi
come ‘Lavorare al Ministero, si
può?’
oppure ‘Ami le pozioni e strano!
Anche la
gente? Vieni a studiare Medimagia!’
Violet
ricordava di averli visti all’inizio
dell’anno affissi alla bacheca centrale della scuola.
A
quanto pare non sono l’unica che si preoccupa di
sapere che fine farà dopo il diploma …
Si era stabilita una
singolare
tregua tra di loro. Non erano amici, ma non poteva più
definirlo un suo
detrattore. Alla fine della storia, poteva solo dire che gli era grata
per non
essersi arreso con lei e Dominique.
Non
che lo farò mai.
“Hai
già fatto il saggio di Storia
della Magia?” Le chiese mettendo via i dépliant.
“La bibliotecaria mi ha detto
che qualcuno ha già preso la loro unica copia del Clarel, e
penso che sia stato
uno dei nostri. Francamente dubito che qui sappiano leggere il
francese.”
Violet ridacchiò, tirandolo fuori dalla sua borsa.
“Sì, l’avevo preso io. Mi
sono stupita di trovarlo in catalogo.” Glielo spinse davanti.
“Puoi prenderlo,
non mi serve più.”
Mael la fissò per un momento in silenzio, prima di afferrare
il tomo e
sfogliarlo distratto. “Non trovi sia strano?”
Considerò. “Che io e te parliamo
civilmente, intendo.”
“Non
più strano di riuscire ad
avere un rapporto funzionale con Nicky.” Ricambiò.
“Sia ben chiaro Delacour,
continuo a considerarti un superficiale vanesio.”
“Ed io una stronza.” Proclamò
l’altro. “Ma finché rendi felice mia
cugina, non
ho niente da ridire.”
Violet affilò il suo pennino, intingendolo poi
nell’inchiostro. Pochi attimi
dopo si trovò di nuovo a parlare. “Devi davvero
volerle bene…”
L’altro si strinse nelle spalle. “È mia
cugina, siamo cresciuti assieme come
fratelli. Il più delle volte le tirerei una scarpa dietro,
ma lo stesso vale
per lei. È famiglia.” Dovette leggerle qualcosa in
viso, perché esitò. “Ho
saputo della faccenda di tua madre … Mi dispiace.”
“Ti confermi un impiccione.” Disse senza livore,
con stanchezza. Doveva proprio
essere irreversibile ormai, se la voce era già sulla bocca
di tutti.
“Anche mio padre
mi ha
ripudiato…” Esordì e fece un sorrisetto
alla sua aria sbalordita. “Beh, non
proprio ripudiato in senso magico, era un Babbano. Mia madre lo conobbe
ad una
festa sulla spiaggia in cui lei e alcune sue amiche si erano imbucate.
Nove
mesi dopo nacqui io e lui sarebbe stato anche disposto a restare se non
fosse che
mia madre trovò corretto dirgli la verità sul
nostro mondo. Non fu più disposto.”
“Vi abbandonò per questo?”
“Ci
abbandonò perché non ci
accettava. Suona familiare?” Sospirò, appoggiando
una mano sulla guancia e
guardandola. “Non sei la sola ad avere un genitore che non si
può definire tale,
Parkinson.”
“Ma tu hai la
famiglia di tua
madre…”
“Vero, ma la cosa bella di una famiglia è che puoi
creartene una, se vuoi. Puoi
fare un sacco di cose adesso, spero tu te ne sia resa conto.”
Violet annuì. Da
quando aveva
deciso di abbandonare il sentiero che sua madre aveva tracciato per lei
non
faceva che incontrare ostacoli. Ma anche scoprire persone lungo quel
nuovo
percorso.
“Posso farne
così tante che
non so neanche da dove cominciare.” Ironizzò, ma
neppure troppo. “Temo che le
possibilità siano molteplici, ma le mie capacità
ristrette.”
Mael arricciò il naso, quasi trovasse quella frase
insensata. “Mi pare di
ricordare che hai un cervello, Parkinson, e quando non lo usi per
sputare
veleno, funziona piuttosto bene, altrimenti non ti avrebbero portato
qui come
studentessa modello dell’Accademia.”
Tirò fuori gli opuscoli da sotto il caos
di pergamene e libri. “Se non vuoi finire a servire ai
tavoli, potresti
continuare a studiare. Molti di noi lo fanno, e nel mondo Babbano
è quasi
scontato.”
“Sì, e con quali soldi?”
“Esistono le borse di studio.”
Scandì con lentezza,
quasi parlasse ad una ritardata. In effetti Violet si trovò
nella scomoda
posizione di non sapere di che diavolo stesse parlando.
L’altro fu lesto a
spiegare. “Se non hai soldi, alcune scuole di preparazione ti
pagano la retta.
Sei come un investimento per loro.” Sbuffò.
“Purosangue, cascate sempre dalla
scopa!” Glieli spinse praticamente in mano.
“Prendili se vuoi, tanto questi li
ho già scartati.”
“Hai già deciso?”
“Ho già
fatto domanda per l’Accademia
Magica di Arti Drammatiche a Londra.” Scrollò le
spalle. “Non che l’Inghilterra
mi faccia impazzire, ma è la migliore d’Europa ed
io voglio diventare un attore.”
Di
certo ne hai la teatralità.
Violet ne sfogliò
alcuni. Non
le era mai passato per la mente di rimanere sui libri anche dopo il
diploma;
del resto era raro che i Purosangue continuassero a farlo dopo i sette
anni
canonici.
Se
continui a studiare di solito lo fai per accedere ad
una professione … e la maggior parte della gente che conosco
ricopre la
posizione che ricopre solo perché ha un certo
cognome.
Senza contare che una volta
sposata non avrebbe avuto più motivo di sgobbare,
secondo sua madre.
“Parlano tutti di
Londra.”
Notò perplessa. “Meno male che non ti piace
l’Inghilterra.”
Mael avvampò, ma non fece in tempo a capire il motivo del
suo rossore che le
ritorse contro una domanda. “Londra è migliore di
Parigi per la formazione
magica post-scolastica. Tu vuoi seguire Nicky in Romania
invece?”
Violet deglutì.
Di fronte a
quella marea di opuscoli e ad una serie di idee che le si erano
affacciate alla
mente come ancore di salvezza, quel problema assumeva improvvisamente
rilevanza.
Voglio
davvero seguirla in Romania?
Se le fosse andata bene
avrebbe finito per trasferirsi al massimo
in un paesino dei Carpazi per aspettare che l’altra tornasse
ogni sera dalle
montagne. Dominique infatti le aveva spiegato quanto Bucarest fosse
distante
dalla Riserva. Molto, troppo.
E
quando sarò lì che farò tutto il
giorno? La
mogliettina in attesa?
“Non lo
so…” Mormorò
guardandosi le mani. “Voglio
stare
con lei.” Inspirò.
“Ma…”
“Se io dovessi vivere in una catapecchia sui Carpazi
impazzirei.” La anticipò
l’altro senza troppi peli sulla lingua. “Ci sono
stato solo una volta quando
avevo sei anni. Sono posti assurdi.”
Violet fece una smorfia, sentendo una morsa stringerle lo stomaco.
“Grazie per
l’incoraggiamento.”
“Guarda che
neppure Dom si
aspetta che tu la segua.” Replicò.
“È il suo sogno, non il tuo.”
Violet sentì
milioni di
campanelli di allarme suonarle nella testa. Era solo paranoia, lo
sapeva. Eppure. “Te
l’ha detto lei? Che non si
aspetta che la segua? Che lasci perdere?” Lo
incalzò.
“Ohi, ehi,
frena!” Esclamò
Delacour sbalordito. “Non ha detto niente del genere! Solo sa
che la vita di un
Guardiano di draghi è insostenibile per la maggior parte
delle persone … Non ti
farebbe mai vivere alla Riserva.” Si strinse nelle spalle.
“Potreste avere un
rapporto a distanza. Per quanto mi ha detto, molti Guardiani hanno le
proprie
famiglie in altri…”
“No.” Lo
bloccò. La sola idea di
avere Dominique solo per periodi di tempo brevi le faceva venire il mal
di
stomaco. Era sua, quella bislacca scema. Sua da poter vedere ogni
giorno,
toccare, baciare a fare l’amore.
Siamo
state distanti per troppo, stupido tempo. Non
deve più succedere.
Mael le lanciò
un’occhiata
valutativa. “Allora mi sa che hai un problema.”
Violet non rispose,
preferendo
infilare gli opuscoli al sicuro nella sua borsa per dedicarsi ai
compiti.
Un
problema? Che novità.
****
19 Gennaio 2024
Norvegia, Durmstrang.
Piggie si comportava in modo
strambo
ormai da settimane. La parentesi depressa e poco comunicativa in cui
era
piombata dopo l’incontro con sua madre era passata, per
fortuna. Aveva smesso
di piangere durante la notte, parlava di più e aveva ripreso
appetito, ma non
era quello il punto.
Il punto è che si
comportava
in modo strambo.
Prima di tutto, aveva preso
ad
interagire con i suoi cugini, riuscendo persino a scherzare con Rose
anche se
quest’ultima rimaneva cauta non avendo ancora compreso come
funzionava l’ironia
dell’altra. Aveva persino dato una mano ad organizzare la
festa di compleanno
di Al!
Questo detto, il problema
era
con lei. Quando ne aveva parlato con Scorpius le aveva detto di non
saperne
niente e Mael facendo invece una faccia allarmata le aveva chiesto se
si fosse
allontanata.
No,
per niente.
Continuavano a stare assieme
la maggior parte del tempo, e Violet si stava candidando ad essere la
ragazza
ideale. Stava dando una mano a Mael nelle ricerche della seconda Prova
e dopo
gli allenamenti la trovava sempre al limitar del bosco fornita di
asciugamani e
thermos. Aveva praticamente smesso di riprenderla e a letto era una
bomba. Perfetto,
su carta.
Se
non fosse che non è la solita Piggie, lagnosa, snob
ed irritabile come un Ippogrifo con le emorroidi.
C’era qualcosa che
frullava nella
testa dell’altra, qualcosa che le faceva fissare il vuoto
quando pensava di non
esser vista, ma morisse se riusciva a farselo dire.
Tralasciando
l’atmosfera e il problema con sua madre
cos’altro c’è?
Era irritante fare certi
pensieri durante una festa, ma così era. La
guardò: era carina da matti mentre
chiacchierava in maniera pacifica con Malfoy e Rosie.
Dominique pensò
che era un
buon momento per parlarle di quello che lei
stava facendo per risolvere la situazione. Ci aveva speso un
bel po’ di
tempo, un sacco di riflessioni e un fiume di inchiostro.
E
speriamo che non se la prenda perché ho coinvolto
anche Mòr. Ma come facevo altrimenti?
La raggiunse e le
posò una
mano sulla spalla. “Ehi Piggie.”
L’apostrofò. “Chiacchiere?”
“Cosa pensi si
faccia ad ogni
festa, a parte bere come fai tu?”
L’apostrofò senza livore, appoggiandosi a contro
di lei e passandosi le sue mani attorno alla vita. Con suo sommo
divertimento Rose
guardò l’operazione come avrebbe guardato
un’alce entrare in un bar e chiedere
del sidro. “A proposito, questi cocktail sono terrificanti.
Quanto li hai
corretti?”
“Molto.”
Rispose. “Dai,
vieni.”
L’espressione allarmata sul volto dell’altra non se
l’era sognata. “Puoi
aspettare? Stavo parlando.” Proclamò infastidita,
ovvero nel panico più totale.
Ecco,
lo sapevo che c’era qualcosa che non andava!
“No,
adesso.” Replicò
tranquilla. “Ci metterò solo un attimo
… Poi potrai continuare a dimostrare a
Rosie quanto sei simpatica.” La prese per un polso e la
trascinò via senza
troppi problemi.
Con
lei bisogna far così, o ci si mette di più che a
recitare tutte le guerre dei Folletti in rima baciata.
“Nicky!”
La ignorò, uscendo
fuori dalla saletta che Durmstrang aveva offerto loro per la festa.
Facendolo
incrociarono Lily che tornava dentro in tutta fretta.
Rossa
… ma che combini?
Non le importava. La
riluttanza di Piggie le dava da pensare e non le piaceva pensare a quel modo.
Perché
non mi dici che hai? È tua madre? Ha fatto di
nuovo la stronza, magari per lettera?
Si trovarono così
nel buio del
corridoio, illuminato fiocamente dalle torce. Violet aveva le braccia
conserte
e l’aria corrucciata, una fotocopia perfetta della ragazzina
snob che era una
volta. “Cosa c’è di così
importante che non può aspettare?” La
apostrofò
irritata.
Non ci girò
attorno. “È da un
po’ che ti comporti in modo assurdo con me.” Ci
pensò un po’. “È come se non
volessi che sappia a che pensi.” Concluse infine.
Violet fece una smorfia divertita. “Non ti ci vedo, come
Legimante.” Vedendo
che non abboccava scosse la testa. “Te l’ho detto
tante volte, non ho niente. Dai
torniamo dentro, sto congelando.” Si voltò, ma lei
fu più svelta. Sbatté una
mano sul portone e la fermò dall’aprirlo.
“Nicky!”
“Non mi piace
quando ti
comporti da perfettina. L’hai fatto per anni, e ci ha fatto
stare come cani. Ad
entrambe.” Le cose andavano dette. Non che aspirasse a
diventare una logorroica
del calibro di Mael, ma aveva scoperto che chiarire non era mai un
male. “So
che stai passando, ma è come se ti sforzassi di
…” Esitò. “Cavolo ne so, di
dimostrarmi che va tutto alla grande tra di noi. Non serve! Lo so che
mi ami e
tutto il resto.”
Non aveva idea se quel
discorso aveva un briciolo di senso, ma evidentemente per
l’altra sì perché la
vide avvampare e fissarla con gli occhi lucidi.
Merda!
Che ho combinato?!
“Nicky…”
Abbassò la testa e
fece un profondo sospiro. “Non voglio
perderti…”
“E chi se ne va?!” Che idee si era messa in testa?
“Senti, a questo proposito…”
“… ma non voglio venire in Romania. Voglio
trasferirmi a Londra e continuare a
studiare, magari con una borsa di studio. So che non è
giusto e che non ti
posso imporre la mia decisione, ma non posso vivere in quei posti, non
lo
sopporterei e diventerei insopportabile e finiremo per detestarci. Di
nuovo.”
Lo disse tutto di un fiato, in sussurro contratto, quasi cavasse le
parole da
un pozzo profondo.
Ah.
Però.
“Sul serio vuoi
continuare a
studiare? Ma non ti sei stufata?”
“Diversamente da
te, c’è gente
a cui piace possedere una cultu…” Si
bloccò, alzando lo sguardo di colpo.
Sembrava furiosa. “Hai capito quel che ti ho detto?”
“Sì, non vuoi vivere in Romania.”
Ripeté perplessa. “Ma è perfetto,
perché
neppure io ci vado. Londrà ti andrebbe bene?”
“… Scusa?” La faccia sbalordita di
Piggie era quella che adorava di più – forse
no, quella che faceva quando erano in prossimità di un letto
era meglio.
Comunque le faceva venir voglia di ridere.
Anche un po’ per
il sollievo.
Era
questo a farla comportare in modo strano? Era
preoccupata che finita la scuola le dicessi ‘tanti saluti, me
ne vado in
Romania, vieni se ti va’?’
Merda, non è carino.
“Avevo capito che
non saresti
venuta con me.” Esordì e fu con una certa
soddisfazione per le sue capacità
intuitive e organizzative che continuò.
“Così ho pensato che Londra sarebbe
stata un buon posto per entrambe finita ‘sta baracca. So che
ti piace … mi hai
raccontato che le poche volte che sei stata a Diagon Alley ti sei
divertita.”
“Sì, ma … i tuoi
draghi…”
“Mica stanno solo
in Romania!”
Ridacchiò, divertita da tanta ignoranza. Ma poteva
perdonarla. “Ho parlato con
mio zio Charlie e con Angus MacFusty, il nonno di Mòr, il
loro capofamiglia,
cioè, ci ha parlato lei e poi mi ha riferito visto che non
parla con gli inlanders, come li
chiama lui, ma
comunque…” Vedendo che l’altra stava
perdendo il filo del discorso, tagliò
corto. “Posso fare il mio apprendistato come Guardiana anche
alla riserva delle
Ebridi. Dalla Skye per Londra ci sono almeno tre Passaporte al giorno,
senza
contare i traghetti che attraccano in un posto chiamato Victoria
Embankment³,
mi sono informata. Sarà una passeggiata tornare!”
“Hai
pensato…” Violet iniziò e
poi tacque. La guardava sperduta, come se si trovasse di fronte ad uno
spettacolo impensabile.
Io
che programmo qualcosa di più immediato della mia
giornata? Grazie, eh!
“Hai trovato una
soluzione.”
Concluse. “Per entrambe.”
“E che altro avrei
dovuto
fare?” Sbuffò un po’ spazientita. Si
sarebbe aspettata un po’ più di lodi.
“Ti
ho detto che mi sarei presa cura di te, e non posso farlo se ti fa
schifo il
posto in cui viviamo o non stiamo sotto lo stesso Ministero.”
“È
pazzesco.” Mormorò mentre
un lento sorriso le si formava sulle labbra. “È
perfetto.”
Dominique fece una smorfia:
la
prendeva forse in giro? “Certo che è perfetto. Ci
ho pensato i…” Non le lasciò
terminare la frase, perché le prese il viso tra le mani e le
diede un bacio che
se fosse continuato avrebbe mandato in apnea entrambe.
Oh,
beh. Non moriremo di certo.
Quando si staccarono Violet
la
graziò di un altro paio di languidi baci, guardandola come
se le avesse appena
scaricata davanti una pentola d’oro. Glielo fece notare, e
l’altra rise. “Sei
tu la mia pentola d’oro, Weasley.” Le
tirò indietro quella stupida frangia
ormai totalmente asimmetrica. “… ma sei sicura?
Lavorare con tuo zio era il tuo
sogno.”
“Diventare una Guardiana è il mio sogno. Che lo
faccia alle Ebridi o nei
Carpazi non cambia.” Precisò. “E poi non
è che non possa andare a trovarlo, no?
Mi dai il permesso?” Le diede un pizzicotto sul sedere al
quale l’altra reagì
con un urletto e un conseguente schiaffo sul braccio. Si sorrisero, e
Violet
appoggiò la fronte contro la sua spalla.
“Vivrai dai tuoi
nonni alla
Tana?” Mormorò. “O…”
“Come se tu
potessi vivere in
un posto come la Tana! Ti verrebbe una reazione allergica. No, ci
prenderemo
una casa o roba del genere. Quando vincerò il Tremaghi,
perché lo vincerò, avrò
anche i soldi che ci servono, meno quelli che ho già
promesso a zio Charlie,
ovvio.”
“Io…”
Roteò gli occhi al cielo. Forse era vero che poteva
risultare un po’ sventata
nella sue decisioni, ma quelle erano decisioni a cui aveva pensato.
Quindi
dovevano esser grandiose. Decise di tagliare la testa alla Chimera.
“Non so se
hai capito Piggie, ma non ci lasceremo. Io e te siamo futuro. Magari un
giorno
vorremo maledirci a vicenda, ma non oggi. Queste sono le mie
intenzioni.”
Era talmente semplice da
esser
banale. Amava Violet, la voleva per sé dalla prima volta che
l’aveva vista,
impettita e piena di stizza ma con gli occhi più vivi che
avesse mai visto. Non
era questione di possederla per mostrarla in giro come avrebbe fatto un
maritino Purosangue. Una come Violet non stava bene chiusa in un bel
corpetto e
dentro una teca di vetro. Una come Violet stava bene viva,
come era in quel momento, con gli occhi che sembravano
immensi e il sorriso più
nudo del mondo.
E sotto sotto, era proprio
contenta di esser stata lei a capirlo per prima.
****
10
Agosto 2024
Francia,
Provenza, Bocche del Rodano.
Villa
Delacour.
Un anno esatto. A pensarci
bene era una cifra notevoli di giorni, messi uno di seguito
all’altro. Ma erano
i singoli eventi che l’avevano reso tanto spaventoso,
meraviglioso e
sorprendente.
Da anziana
l’avrebbe ricordato
come l’anno in cui il suo mondo era stato minato dalla
fondamenta, distrutto e
poi ricostruito.
Una
sorta di guerra, se si vuole.
Violet lasciava che i raggi
del sole le scaldassero piacevolmente le braccia e il viso, stesa su
una
coperta come una qualsiasi, volgare Babbana. Non le importava dato che
aveva
cuscini morbidi attorno a sé, un vestito che non le
impacciava i movimenti e la
ferma intenzione di prendere colore per far cessare le prese in giro
della
padrona di casa, ovvero Dominique.
Alla fine il loro ultimo
anno
non si era concluso con i buoni propositi per il loro futuro. Affatto.
Una
delle cugine di Dominique, una rossa con il cervello di una nocciolina,
aveva
pensato bene di farsi rapire dal padre squilibrato di Dursley.
C’era così stata
una folle spedizione per salvarla a cui ovviamente
aveva partecipato anche la sua ragazza.
Non ci aveva capito niente,
ma
nel compenso aveva patito ore ed ore di angoscia, prima di vedersela
tornare
mezza affumicata, sporca ma viva. Sorrise ricordando il bacio che si
erano
scambiate e la faccia stolida degli adulti Weasley, tra cui era
spiccato un
tizio rosso – forse uno zio? – che aveva esclamato
uno dei ‘miseriaccia’
più potenti che avesse mai
sentito.
Il Tremaghi, nonostante
avesse
perso Luzhin rivelatosi ingloriosamente un giovane mago oscuro, era
continuato.
Era continuato e, sorpresa delle sorprese, aveva visto la vittoria di
Dominique
a discapito di Scorpius e del sostituto Campione, un certo Radescu.
Cosa
che l’ha definitivamente mandata in delirio di
onnipotenza.
Dominique, finito il clamore
della vittoria, aveva però mantenuto ogni promessa.
Metà del premio l’aveva
consegnato nelle mani di suo zio e l’altra l’aveva
vincolata ad un contratto di
affitto per un appartamento di tre stanze a Diagon Alley, Londra. Con
l’autunno
si sarebbero ufficialmente trasferite e Madame
Weasley già inseguiva per ogni angolo della
proprietà la figlia con consigli
sull’arredamento. Al momento in effetti la sua ragazza era
fuggita per i campi
e non dava notizia di sé da ore.
Selvaggia.
E lei? Se qualcuno avesse
mai
scritto un libro su quel loro assurdo anno, quello sarebbe stato il
capitolo in
cui tirare le somme. Dopo il diploma aveva trascorso qualche giorno al
Malfoy
Manor in occasione del compleanno di Scorpius. Dopo essersi consultata
con Lady
Astoria aveva infine deciso di richiedere una borsa di studio alla
facoltà di
Magisprudenza. Declinando così ogni proposta di aiuto
finanziario da parte dei
Malfoy era piuttosto certa di essersi guadagnata la benevolenza
dell’arcigno
Lord Draco.
Una piacevole sorpresa era
poi
arrivata da Jenny. Quando erano tornati all’Accademia per la
Terza Prova nessuno
del suo vecchio circolo di amicizie l’aveva avvicinata,
tranne lei. Dopo una
lunga conversazione costellata di domande le aveva comunicato che per
lei non
cambiava nulla. Era già in programma una sua visita a Londra
per quell’autunno.
“Violet?”
La voce di Madame Fleur la riscosse
dal suo lento
appisolarsi. “Dovresti mettere un Unguento protettivo con le
pelle chiara che
hai. Rischi di diventare un peperone.”
“L’ho messo, grazie.” Sorrise. La
famiglia di Dominique l’aveva inglobata nella
sua routine con una tranquillità che aveva
dell’incredibile. Quando l’altra
l’aveva portata a casa per le presentazioni ufficiali,
più che sgomento alla
notizia della loro relazione c’era stato sollievo.
Bill Weasley le aveva confessato che la cosa che più temeva
sua moglie era che
Dominique finisse come Charlie, spersa in qualche landa desolata.
Saperla a
lavorare in una riserva vicina alla civiltà ed accasata
l’aveva rasserenata.
Visto
di chi stiamo parlando avere una ragazza e
dichiararsi gay è quasi piccolo-borghese.
“Ti è
arrivata una lettera.”
Gliela porse guardandosi attorno sconsolata. “Hai idea di
dove sia quella
sciagurata di mia figlia?”
“Nessuna, Madame.” La prese. Si
bloccò quando vide il sigillo impresso nella
ceralacca. Persino la strega le lanciò un’occhiata
attenta.
“Tutto
bene?”
Era il sigillo dei Marchand,
ovvero di Baffi Impomatati. L’aveva visto troppe volte tra la
corrispondenza
privata di sua madre per non riconoscerlo. “Sì
… sì, certo.” Balbettò
miseramente. “Io…”
“Ti lascio sola.” Intuì. Le mise una
mano sulla spalla, con la tipica
leggerezza Delacour che non era minimamente passata alla figlia di
mezzo. “Se
vedi Dom dille che la cerco. Da ore.”
Rimasta sola
strappò con un
colpo di bacchetta la chiusura. Ne scivolò fuori un riquadro
lucido che si
affrettò ad afferrare. Era una foto. Sentì un
groppo chiuderle la gola quando
vide che raffigurava Sebastien in braccio a sua madre, il piccolo
scalciante e
ridente e quest’ultima seria e composta come suo solito.
Mamma…
Fu un tutt’uno
alzarsi e
andare nelle stalle. Puzzavano terribilmente, ma avevano il pregio di
essere il
nascondiglio preferito dalla sua ragazza. Infatti la trovò
intenta a strigliare
il suo Granian e canticchiare una canzone a mezza bocca, sicuramente
insegnatagli da Louis, il quale stava muovendo i primi passi
nell’apologetico
sogno di diventare una rockstar – qualsiasi cosa fosse.
“Ehi!”
La apostrofò
voltandosi. La scrutò perplessa. “Mica sarai qui
per conto di mia ma’, ah?”
Ci rifletté su e,
come al solito
in presenza di Nicky, le vennero in mente una serie di idee folli. Tra
le
molte, scelse con cura la peggiore. “Stavi per uscire fuori
con Arod?”
“Sì,
perché?”
“Pensi che possa
venire lassù con
te?”
L’altra la
guardò come se le
fossero spuntate due corna ramose sopra la testa.
“Lassù…” Mormorò
sbalordita.
Si riprese immediatamente però ed esplose in una risata
tutta lentiggini. “Sicuro!”
Era l’idea
più scellerata che
le potesse venire in mente. Decisamente.
Il vento le gonfiava il
vestito leggero facendoglielo sbattere sulla gambe nude, le si stava
mozzando
il respiro e lassù
– adesso capiva
perché tutti ne parlavano come se fosse una parte di mondo a
sé – il cielo
sembrava più azzurro, più vicino e quindi
spaventoso. Dopo aver aperto gli
occhi – durante la salita aveva urlato e basta –
aveva colto lo scintillare del
manto del Granian. Ai raggi del sole era argento, come la pazza
capigliatura
della sua ragazza.
Con le braccia attorno alla
vita salda di Nicky era morire di paura e sentirsi viva. Ossimorico, ma
anche
l’amplificarsi di tutto ciò che aveva provato in
quell’ultimo anno. Una summa.
Una catarsi.
“Nicky,
più veloce!” Gridò
ritrovando di colpo la voce. “Va’ più
veloce!”
Dominique si
voltò,
scoccandole un’occhiata esilarata. “Chi
è la matta adesso, Piggie?”
Violet
rise. Aveva
detto al piccolo
Louis che da grande avrebbe solo voluto esser felice.
Ci stava
lavorando.
" Nothing here as worked out quite as I
expected."
"Most
things don't. But you know, sometimes what
happens instead is the good stuff."
(The
Best Exotic Marigold Hotel)
****
Note:
Finita questa piccola para-avventura. Devo ammetterlo, ho scritto
finalmente la
femslash che volevo. Iniziata con Dom
is not a boy’s name non poteva che
concludersi così! ;)
Le ritroveremo nella terza parte della saga, ma per ora metto un punto
a queste
due recalcitranti bambine. Mi han fatto divertire, e spero sia stato lo
stesso
per voi!
Per quanto riguarda il
banner,
ringrazio le ragazze di “Noi amiamo Dirareal’
(^//^) per avermi fornito la perfetta
immagine di sfondo da mixare con una Piggie sorridente.
Ora, le note più
tecniche …
Questa
la canzone del capitolo. Da leggere alla fine, ve la consiglio.
Sì, è nella
colonna sonora di Brave.
Sì, ho
adorato quel film e probabilmente lo vedrò in loop per i
prossimi
cinquant’anni. Voi no?
1. Mille
Galeoni: premio in denaro istituito per il Tremaghi del 1994.
Dubito che la valuta magica sia soggetta a svalutazioni, quindi credo
che tale
sia rimasto. Corrisponde circa a 6500 euro.
2. Frase detta, se internet
non sbaglia (e succede!) da John Lennon.
3. Victoria
Embankment: lungo tratto di strada che costeggia il Tamigi.
Collega la City of Westminster con la City of London, circondando il
cuore
della sponda nord della capitale. Da qui partono i traghetti e le
barche del London River Services.
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