12. AL LIMITE, ALTAMENTE
IMPROBABILE!
(festini, calcolo delle
probabilità e epiloghi scontati e banali…)
Harry, Ron e Hermione si stavano
avviando a piedi verso l’appartamento di Neville, in una via nei pressi di
Diagon Alley. Il ragazzo non aveva voluto sbottonarsi sulla natura del suo nuovo
impiego, dando adito alle più svariate ipotesi in merito. Nessuna che però fosse
realmente credibile. In effetti, non era che i suoi studi post - Hogwarts
procedessero proprio a gonfie vele, visto e considerato che spendeva la
maggior parte del suo tempo a dedicarsi al suo hobby naturistico
preferito.
"Estetista per animali
domestici."
"Rapper maledetto."
E dopo che Ron propose, seriamente convinto, una carriera da artista di
strada in giro per il vecchio continente che faceva molto bohemienne (guadagnandosi uno
scappellotto e una botta di 'ritardato' da parte della sua ragazza), i tre
decisero di darci un taglio con le ipotesi, dal momento che l’unica che reggeva
era quella del negozio di piante e fiori.
"Dov’è Pansy?"
A questa domanda Harry si irrigidì un
po’, borbottando una serie non del tutto comprensibile di spiegazioni,
giustificazioni e lamentele, prima di scattare sulla difensiva.
"...E comunque Pansy non è la mia
ragazza, mica la devo mostrare in giro… è solo una. Una con cui saltuariamente
vado a letto. Figuriamoci se mi lego a quell’isterica schizzata."
In effetti, la ragazza era stata un
po’ insensibile a dirgli che di quel passo sarebbe andata in overdose da
noiosissimi Grifondoro e che necessitava di una cura disintossicante a base di
vecchi e stronzi amici. Ma era tanto difficile inventarsi una scusa patetica
come avrebbe fatto qualsiasi donna? Gli sarebbe andata bene anche una di quelle
palle assolutamente poco credibili, tipo la manicure o la piega prenotata dal
parrucchiere. Ma no, se non lo straccionava a dovere e non sottolineava quanto
fosse inadeguato non era contenta, la dolce Parkinson.
Ad ogni modo, i suoi due amici non
indagarono oltre.
Quando Neville aprì loro la porta,
capirono all’istante la piega che avrebbe presto preso la serata. L’atmosfera
era come satura di un aroma indecifrabile e il sottofondo musicale poteva
definirsi degno del corrispettivo magico di Bob Marley.
I tre si guardarono attorno. Certo che il timido e insicuro ragazzino
aveva fatto un bel cambiamento dai tempi della scuola! A partire dagli amici,
che a intervalli regolari di cinque o dieci secondi arrivavano da lui, gli
davano delle poderose pacche sulle spalle e lo salutavano con un ‘Beeeellaaa,
fratello! Peace!’
prima di scoppiare a ridere e abbracciare Harry, Ron o Hermione. Tecnicamente
dei perfetti sconosciuti.
"Allora, fate come se foste a casa
vostra…" disse nel condurli al tavolo dei cocktail, tutti dai colori e dagli
odori sospetti.
Hermione si fece scettica. "Neville,
che cosa ci hai messo dentro?"
"Ma niente, le solite
cose…"
Anche se quel ‘solite cose’ perse
presto di credibilità, nell’istante in cui Jennifer fece la sua comparsa
decisamente su di giri.
"Cacchio, Nev, lo Stardust è
fantastico!" disse, appoggiandosi maliziosa alla spalla dell’amico. "I petali di
quell’orchidea notturna dell’Himalaya sono il tocco del maestr… oh, ciao
Hermione! Conosci Nev?!"
L’interpellata lanciò prima
un’occhiataccia al ‘maestro’ dei cocktail e poi un sorrisetto alla
coinquilina, la cui voce si era fatta pericolosamente stridula. "Ehm, eravamo a
scuola assieme…"
"A Hogwarts! Che culo…" disse la
ragazza, facendosi (inverosimilmente) seria. "I miei mi hanno spedita a
Beauxbatons, sperando di farmi acquistare un po’ dell’eleganza che non avevo."
Scoppiò a ridere. "Mi sa che a farmi stare in mezzo a quella massa di snob con
la puzza sotto il naso hanno ottenuto il contrario… ehi, guarda che il tuo amico
rosso si è allontanato… vabbé, io vado nella mischia. Sciiiiao!" e si
dileguò.
Hermione si voltò, per vedere Ron e
Harry già su di giri, a ridere in un angolo rossi come due peperoni.
"RON!"
Il ragazzo venne colto da un fremito
di puro terrore nel vederla accorrere come solo sua madre o sua sorella
avrebbero potuto fare, pronta a strappargli di mano quell’innocente miscela
di erbe avvolte in un rettangolo di carta velina.
"Che cazzo, mica sei mia madre!"
protestò.
Lo sguardo della sua ragazza fu molto
più eloquente di tante parole, e la spense immediatamente sotto un piede di sua
spontanea volontà. Tanto per stare sicuri, anche Harry se la infilò in tasca di
soppiatto.
"Ehi, Harry! Vogliono te!"
Chiamato da Neville, il ‘bambino sopravvissuto per partecipare a
squallidi e illegali festini, nonostante come Auror dovrebbe dare il buon
esempio’ (parola della Granger) si diresse verso la porta dove,
ritta in tutto il suo metro e sessanta scarso di orgoglio, stava Pansy
Parkinson. La coda alta non impediva all’immancabile frangia lunga di coprirle
gli occhi conferendole quell’inconfodibile aria strafottente.
Harry la scrutò
infastidito.
"Non eri in overdose da
Grifondoro?"
Pansy fece roteare gli occhi. "Che
palle… mica potevate essere solo di voi, no? E poi dove c’è Paciock c’è
baldoria, è matematico."
Vedendo l’aria sempre scocciata del
ragazzo, sbuffò esasperata. "E smettila di fare l’impettito, Potter! Hai vinto
tu. Non mi divertivo con la solita gente."
Harry cercò di mantenere un certo self
control, ma quando la vide inarcare un angolo della bocca in quel ghigno
sfacciato, con gli occhi scuri che lo scrutavano da dietro la frangia, non
riuscì a non attirarla a sé per un braccio.
"Tutto qua?" le bisbigliò.
"Ehi, ci stiamo montando la testa,
sfregiato?" ammiccò lei.
E proprio quando stava per chinarsi
con un sorrisetto in direzione delle sue labbra, un tintinnare di posate su un
bicchiere li interruppe. Neville si alzò in piedi su una sedia.
"Bene… come sapete questa rimpatriata
ha un suo perché…" attaccò. "Allora: congratulatevi con il nuovo professore di
erbologia della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts!"
Vi fu un’esplosione di risate, fischi
e urla, finché un impavido ospite si dedicò alla riproduzione dell’inno della
scuola, accompagnato solo dalla tristemente nota nonché melodiosa musica
‘ascellare’.
Un po’ più in là, Hermione Granger era
semplicemente indignata.
--- --- ---
"E’ inaudito! Inaudito! Un professore
dovrebbe essere un modello di comportamento per degli adolescenti…"
Hermione era rannicchiata sul letto di
Ron e aspettava che uscisse dal bagno. Nell’attesa leggeva un ‘rilassante’ tomo
di seicento pagine sulla magia e le donne nelle società mesopotamiche, anche se
la scioccante scoperta dell’assunzione di Neville la deconcentrava un
po’.
"…e tu che hai pure avuto il coraggio
di commentare che, magari, era la volta che erbologia acquistava un po’ di
popolarità!"
Il ragazzo in questione, però, non
sembrava intenzionato ad avvalorare la sua tesi, né ad uscire dal bagno.
"Ron, sei ancora vivo?!"
"Ar.. hi… ‘vo…"
"Cosa?!"
Incuriosita e terrorizzata dalle più disparate ipotesi, posò il libro e andò
a controllare di persona. Inizialmente si limitò a bussare, ma dopo che le parve
di percepire un avanti biascicato tra i denti, aprì un po’ la porta. Il
suo ragazzo, maglietta della salute bianca e bermuda scozzesi come pigiama, era
impalato davanti allo specchio, apparentemente tutto concentrato in una lotta
estenuante con il…
"Filo interdentale?!" esclamò
perplessa. Ron annuì, quindi posò l’infernale aggeggio babbano sul lavandino e
assunse un atteggiamento discolpante.
"L’altro giorno mi è capitato tra le
mani un giornale di scienze babbane, non so… e sono rimasto disgustato! Non sai
quante schifezze si annidano tra i denti! E dicevano di usare quel
coso…"
Hermione rise di gusto, rendendosi conto di amare (amare!) un mago con dei
seri problemi psicologici: meno male che lei aveva cervello per entrambi. Lo
afferrò per un gomito e lo attirò a sé, allacciandogli le braccia attorno al
collo e constatando, molto romanticamente e a voce alta, quanto il suo ragazzo
fosse cretino. Romanticamente cretino.
"Dai, serial killer del tartaro, vieni
di là…" mormorò arretrando e trascinandolo per i polsi con un sorrisetto
malizioso. Però il ragazzo si irrigidì non appena mise una gamba sul materasso,
per seguirla.
"Aspetta!"
"Che c’è? Non te ne uscirai di nuovo
con la tiritera del mio pigiama poco sexy, spero! Tanto, tenuta antisesso oppure
no, alla fine non ti sei mai tirato indietr…"
"Ma no!" la interruppe, saltando giù
dal letto e frugando dentro il suo cappotto. "Volevo darti una cosa…"
Il ragazzo estrasse dalla tasca una
scatolina e gliela porse, con un mezzo sorrisetto e le guance leggermente
arrossate. Hermione, che su due piedi non sapeva che pensare, la afferrò
titubante lanciandogli uno sguardo interrogativo, poi cominciò a scartarla con
la sua consueta calma e precisione. Non poteva essere quello che pensava,
andiamo. Sarebbe stato eccessivo, molto poco ‘ronnesco’ e comunque un po’
precipitoso. E molto, moltissimo, poco ronnesco.
La aprì e, vedendone il contenuto
scintillante, sorrise di gusto. Si trattava di una catenina sottile di oro
bianco, da cui pendeva un semplice ciondolo di ametista.
"Che carino! L’hai scelto
tu?"
"Certo! Dubiti forse dei miei
gusti?"
"No, era così per dire…"
Si fece aiutare ad indossarla e poi
tornò seria. "Mi piace moltissimo. Grazie…"
Dopo un veloce bacio sulle labbra, Ron
riattaccò a parlare. "Mi fa piacere. E… ecco, consideralo un
promemoria."
La ragazza lo guardò incuriosita e si
accomodò un po’ meglio sulle coperte a gambe incrociate.
"Promemoria?"
"Sì! Insomma, io sono un
deficiente."
"Bene, ammetterlo è il primo
passo."
"No, no, fammi finire! Dicevo, io sono un perfetto deficiente. Lo sono stato
in passato a mandare all’aria tutto quello che avevamo e… beh, questo regalo ti
autorizza a farmi del male fisico, ma tanto, per impedirmi di ripetere una colossale
stronzata. Sai, nel caso mi comporti di nuovo da coglione."
"Non mi serve la tua autorizzazione se
voglio punirti" osservò lei, scettica.
Ron deglutì. "Certo che no! Era… era
per incoraggiarti. Ma si tratta di una malaugurata, remotissima e oserei dire
assurda ipotesi perché…"
"Remotissima e assurda?" lo
interruppe.
"Assolutamente."
Il ragazzo sorrise, fece una breve
pausa e poi si buttò un po’ all’indietro. "Insomma, io lo so di non avere chissà
quali eclatanti qualità, non ci so fare coi discorsi, tipo adesso, e mi rendo
conto che tu sei mille volte meglio di me. Ma sappi che, nei limiti delle mia
capacità, io farei tutto per te. Tutto. Sempre che tu… reputi possibile che tra
di noi funzioni davvero."
La ragazza gli carezzò lievemente una guancia, poi abbassò un secondo
lo sguardo scrollando il capo e sorridendo tra sé e sé, quindi si rivolse di
nuovo a lui. "Possibile… sai, di questi ultimi tempi ho capito una cosa. Ho
capito che la vita è talmente imprevedibile che niente, niente, è sul serio impossibile. Al limite,
altamente improbabile!"
Lui la lasciò continuare.
"Insomma, guardati attorno. Nev entra
a far parte del corpo docenti di Hogwarts. Neville Paciock. Insegnante in una
delle scuole di magia più prestigiose d’Europa. Poi c’è Harry che esce con Pansy
Parkinson. O forse dovrei dire Pansy Parkinson che accetta di essere vista con
Harry Potter. E se ci aggiungiamo Draco Malfoy che si sposa con Lavanda Brown…
c’è da dare del filo da torcere al calcolo delle probabilità! Questa cosa tra di
noi, a confronto, sembra una di quelle storielle dall’epilogo talmente scontato
e banale da risultare fastidioso."
Ron le si avvicinò ancora. "Per come la vedo io…" disse infossando il volto
tra il collo e le scapole, "…le storie dal finale scontato, ovvio e banale non
sono affatto fastidiose" ridacchiò, risalendo con le labbra lungo il collo e
facendole il solletico. "Anzi, direi dannatamente amabili… come le loro protagoniste, del
resto."
Hermione gli afferrò il volto tra le
mani, allontanandolo da sé e costringendolo a guardarla negli occhi. Poi sorrise
a sua volta.
"Sai, Ronald, credo che anche i protagonisti maschili di quelle storielle
siano piuttosto amabili…" replicò, prima di farlo scivolare sotto di sé
e dimostrare tutta l’amabilità di quella situazione.
E fu così che quella sera, Hermione
decise che avrebbe seriamente rivalutato certe storielle dall’epilogo talmente
banale e scontato da risultare fastidioso.
In fondo, erano storielle decisamente
amabili.
I can't do the talk, like they're talking on the
tv
and I can't do a love song, like the way it's meant to
be
I can't do everything, but I'd do anything for you
I can't do
anything except be in love with you...
Dire Straits -
Romeo and Juliet