Il viaggio era stato interminabile e a malapena
avevano dato loro da mangiare.
Rie, in ogni caso, aveva lo stomaco chiuso.
Le manette di talismani magici la indebolivano tantissimo, togliendole
anche le forze fisiche e non solo quelle dell’innocence.
Sentiva i cubi dentro di sé ribellarsi a quella costrizione,
evocati anche dalla sua rabbia, ma non poteva farci niente.
Rei stava accoccolata in braccio a lei, inerte, gli occhi aperti che
fissavano il vuoto. Ogni tanto Rie le accarezzava la testa, ma non
sapeva neppure cosa avrebbe potuto dire per tirarla su, quando a lei
stessa sembrava di star sprofondando in un baratro.
Pensava a Howard, all’espressione che aveva quando era stata
portata via.
Doveva tornare da lui, assolutamente, o ne sarebbero morti entrambi. La
verità era che non aveva idea di come fare,
l’unica soluzione le sembrava quella di scatenare
l’innocence a tutta potenza, polverizzare la sede Nordamerica
con tutti coloro che vi stavano dentro e poi schiattare per via dello
sforzo che questo le avrebbe richiesto.
Decisamente, doveva pensare a qualcos’altro.
“Vieni a prendermi, Howard” si trovò a
scongiurare, sbalordita da se stessa.
“Ho bisogno di te. Aiutami” quei pensieri le fecero
salire le lacrime agli occhi. Nascose il viso nei capelli della bambina
appoggiata a lei.
“Non smettere di cercarmi proprio adesso”
sentì la mano piccola di Rei accarezzarle una guancia.
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Si sente scuotere
lievemente, poi avverte un tocco freddo sulla guancia.
Cerca di aprire gli
occhi, ma la testa le gira, e si sente debole.
Vede sfocata la figura
di un uomo altissimo di fronte a lei, si spaventa.
Fa appello alle poche
forze rimaste, che mosse dal terrore sono sufficienti a farla spostare
bruscamente da quel tocco, portandola a rannicchiarsi in un angolino.
L’uomo le si
inginocchia di fronte.
Rie non lo vede bene, ha
una maschera bianca che gli copre metà del volto, e il
colore rosso dei suoi capelli la intimorisce.
Rosso, come le fiamme.
-Cos’è
successo?- le chiede quello con gentilezza, ma lei inizia a piangere.
-N-non volevo! Non
volevo!- grida fra i singhiozzi.
Attorno a sé
è terra bruciata. Solo un’ala della casa
è rimasta parzialmente in piedi, ma è
carbonizzata. Il resto è ridotto a un cumulo di macerie
annerite e ridotte a polvere.
Sente le braccia di
quell’uomo avvolgerla, calde. Anche il suo petto è
caldo, e grande. Quelle braccia non sono come quelle di James, vogliono
proteggerla, e Rie lo sente.
-Va tutto bene piccola.
Adesso ti porto via da qui- mormora, sollevandola in braccio.
-Howard..!- esclama lei
all’improvviso, ma vede il suo salvatore scuotere la testa.
-E’ al sicuro,
ma non puoi vederlo adesso- dice. Rie annuisce.
-Non voglio vederlo.
Basta che stia bene- sussurra, decisa.
Va bene così,
pensa. Howard di sicuro la odia: non dimenticherà mai la
paura che gli ha letto negli occhi, non dimenticherà mai di
aver distrutto la sua famiglia.
No, non vuole rivederlo,
mai più.
Mai più.
Quelle parole sono
corte, ma dentro di lei producono un vuoto immenso, una sentenza.
E’ colpa mia,
dicono.
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-Siamo arrivati- una voce brusca, la porta del loro scompartimento si
aprì di schianto e le guardie di Lvellie le strattonarono
fuori dal treno senza troppi complimenti.
-So camminare- sibilò Rie a quello che la stava tenendo per
un braccio così forte da farle male.
-Non mi è stato ordinato di essere gentile- rispose secco, e
la ragazza vide che era quello che si era beccato il suo calcio in
faccia. Avrebbe dovuto sapere che ci sarebbero state ripercussioni,
pensò stringendo i denti sotto la morsa di quelle dita
adunche.
La sede Nordamerica era immensa. Entrarono in un salone gigantesco per
il riconoscimento, e quando Rie vide Bak sussultò per la
sorpresa e il sollievo.
Erano nella sede Asia. Lvellie le aveva mentito, Howard sarebbe stato
vicino.
Il pensiero seguente la colpì però come un pugno:
se Howard sapeva che lei si trovava nella sede Nordamerica, mai
l’avrebbe cercata lì dove si trovava.
La tristezza fece per impadronirsi nuovamente di lei, ma la
scacciò dalla sua mente.
L’uomo la fissò sbigottito, poi i suoi occhi si
spostarono sulle manette addosso a lei e a Rei, e infine su Lvellie
–che cosa significa?- chiese, serio.
Il sovrintendente non fece una piega –significa che dobbiamo
studiare meglio l’innocence di Rie Tsubaki. Applica la solita
procedura- lo fissò con uno sguardo che non ammetteva
repliche, ma Bak aprì lo stesso la bocca per replicare.
Si fermò solo quando vide il cenno di diniego di Rie, che lo
fissava decisa.
-Molto bene- mormorò –ci penso io- prese la
ragazza sottobraccio, strappandola alla guardia, poi mise una mano
sulla spalla di Rei e le condusse su una piattaforma che
iniziò a scendere sempre di più.
-Rie! Ma che cosa significa? Come ha fatto a incastrarti?!-
esclamò, appena furono fuori dalla portata delle orecchie di
Lvellie.
La ragazza sospirò –ha minacciato di sottoporre
Howard a Inquisizione se non avessi collaborato. Non avevo scelta-
rispose. Il nervosismo iniziava a farsi sentire.
-Quel bastardo schifoso- imprecò Bak.
-Bak, non voglio che facciate niente, niente per tirarmi fuori di qui.
Mi hai capita?- chiese Rie decisa.
-Ma sei diventata matta o cosa?!- sbottò lui
–questi qui non stanno giocando! Ti tortureranno!-
-Lo so, che cosa credi?!- gli strillò lei in faccia,
esplodendo definitivamente. Le loro voci rimbombarono assordanti nel
tunnel che scendeva sempre di più –ci sono io di
mezzo, non scordartelo. Ma non posso permettere che prendano Howard.
Non posso, Bak- sussurrò, abbassando il tono.
Arrivarono, e lo scenario che le si parò davanti la
riempì di un terrore folle.
Avrebbe solo voluto scappare, mentre le mani tremanti
dell’uomo la incatenavano a una parete con le solite manette
magiche.
-Aspetta qui. Arriveranno fra poco- mormorò.
Rie annuì, poi le luci si spensero e rimasero immerse
nell’oscurità più totale.
Sentì un pianto sommesso.
-Rei?!- esclamò. I singhiozzi aumentarono.
-Va tutto bene, Rei. Non ti faranno niente- mormorò. Ne era
abbastanza sicura. Quello di cui non era affatto sicura era che non
facessero niente a lei.
Aveva paura, come non ne aveva mai avuta in vita sua.
I suoi pensieri si spostarono di nuovo su Howard, e la sensazione delle
loro labbra che si sfioravano la colpì come un pugno.
Perché doveva perderlo ora? Perché dovevano
portarla via proprio quando aveva deciso di smettere di scappare?
“Vieni a prendermi, Howard” pensò.
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La luna risplendeva nel cielo, piena, brillante come uno specchio
appena lucidato, contornata dalle stelle che trapuntavano il blu della
notte.
Il freddo aveva gelato i vetri delle finestre, ma lui ci
appoggiò la schiena lo stesso, sentendo i brividi
percorrergli la spina dorsale.
Il bicchiere tremò nella sua mano.
Chissà dov’era Rie, chissà cosa le
stavano facendo, o le avevano già fatto.
Si odiò per non essere in grado di aiutarla, si
odiò per non averle detto niente quando ne aveva avuto
l’occasione.
“Maledetta paura” pensò, scolando tutto
d’un fiato l’ennesimo sorso di cognac.
Aveva comunicato ad Hebraska cos’era successo, e lei era
rimasta in silenzio.
Lo biasimava, era ovvio.
Per non aver mai parlato, per non aver mai detto a Rie la
verità.
Chinò la testa. Adesso l’unico che aveva
una motivazione abbastanza forte per salvarla era lui, Howard Link.
Doveva solo sperare che non si arrendesse, ma la disperazione che gli
aveva letto negli occhi lasciava ben sperare.
Dei lievi colpi alla porta lo riscossero dai suoi pensieri.
Il Generale afferrò la pistola, poggiata di fianco a lui sul
davanzale della finestra, e la caricò.
-Avanti- disse, cauto.
Un colpo assordante, un dolore al viso, poi fu il buio.
Note dell'Autrice:
Scusatemi, sono troppo morta causa malattie varie, esami e partenza
imminente per produrre un commento decente x___x
Grazie a rose princess
per la recensione <3 si, Rie è proprio sfigata. E
più va avanti la storia, peggio sarà X°D
non sono mai buona con le mie protagoniste, mi odiano tutte XD
Vado a dormire, Leute.
Baci <3
Bethan
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