Forse
un giorno…
Quando aprì la porta di casa e la
varcò, zuppa e tremante, Rea fu circondata dalla sua famiglia, che l’abbracciò e
la coccolò per un po’.
Molto umilmente, lei si spostò
indietro e li guardò uno ad uno.
“Scusatemi, non volevo andarmene” disse imbarazzata.
Sua madre la strinse forte.
“Non mi interessa, quel che conta
è che tu sia tornata da noi” la tranquillizzò.
Vedere che c’erano tutti le fece
tremare il cuore: Laura, Emma, i suoi genitori, Johan, Jason e… e Fabio. Si era
autoinvitato in macchina del guardiano del cimitero e si era fatto portare lì,
per poi scortarla fino all’ingresso, quasi temesse che fuggisse di nuovo via.
L’aveva abbracciata e tenuta stretta a sé per un tempo indescrivibile, senza
parlare, senza quasi respirare. Si erano staccati solo quando l’uomo aveva fatto
loro presente che erano molli come pulcini e li aveva fatti salire al riparo. A
quel punto li aveva riportati a casa.
Adesso il ragazzo stava in
disparte, aspettando di poter salutare tutti e tornare dai suoi. Aveva
decisamente bisogno di dormire.
“Tu…” lo chiamò la signora
Stevens. Lui si spaventò e sobbalzò.
“Sì?” rispose.
“Tu me l’hai ritrovata” disse
tremante, abbracciandolo. Fabio rimase fermo mentre la donna lo stringeva, e
sorrise dentro di sé al pensiero che, forse, una giusta l’aveva fatta.
Un paio d’ore dopo Rea era
sdraiata nella vasca da bagno con l’acqua calda che le arrivava al collo. Sentì
il gelo nelle ossa sciogliersi e sospirò appagata. Meglio di così non c’era
niente, decisamente.
Qualcuno bussò alla porta, ma lei
era troppo impegnata a godersi il suo bagno per rispondere. Bussarono ancora,
stavolta più insistentemente, e lei gemette.
“Fatemi
dormire!” mugolò.
Dalla porta apparvero Laura e
Emma, entrambe con un’espressione piuttosto dispiaciuta sul viso. La ragazza
aprì un occhio, ma non si mosse.
“Possiamo… ti possiamo parlare?” le chiesero,
sedendosi a terra.
“Adesso?” ribatté lei, sentendo il relax scomparire
poco a poco.
“Prima
è, meglio è” commentò la mora. Rea si sedette più composta e sospirò
sconsolata. Addio bagno in pace.
“Ditemi
tutto” concesse. Si coprì pudicamente il corpo con la schiuma del sapone
per non far vedere le proprie rotondità e le fissò incuriosita.
“Noi…
noi volevamo chiederti scusa” iniziò la bionda, guardando altrove.
“Sì,
per tutto quello che è successo” continuò l’altra.
“Non
volevamo farti del male, non volevamo che tu soffrissi per causa nostra! Eravamo
in buona fede quando abbiamo preso i tuoi quaderni” giurò Laura.
“L’unica cosa che stavamo cercando di fare era darti una
mano per farti smettere di piangere. Stavi male e non sapevamo cosa fare per
aiutarti, così Fabio ha avuto l’idea di leggere ciò che scrivevi per vedere se
potevamo trovare qualche indizio e capire ciò che volevi. Non eravamo in cattiva
fede!” affermò Emma. Rea aspettò che entrambe avessero finito con le
scuse, poi trattenne una risata e immerse la testa nell’acqua. Le sue sorelle si
fissarono senza capire.
“Ehi,
tutto ok?” chiese la bionda.
Lei alzò all’improvviso il capo
schizzandole entrambe e riempiendole di schiuma e ridendo come una matta nel
vedere le loro facce attonite.
“Mamma
mi ammazzerà, però non potevo non farlo!” esclamò.
“Sei
diventata un po’ scema, per caso?” domandarono le due all’unisono.
“No, no,
lo sono sempre stata! È troppo divertente essere un po’ scemi”
rispose.
“Ok, è
ufficiale: ti sei bevuta il cervello” decise Emma. Rea sorrise, poi tornò
seria.
“Lo so
che non avete mai voluto ferirmi, l’ho capito, sapete? Ma ci sono dei momenti in
cui ho preferito non ammettere che mi volevate bene e mi è tornato più comodo
vedere solo quello che mi andava. Ho perdonato tutti voi, e sono riuscita, in
qualche modo, a perdonare anche me stessa” spiegò.
“In
che senso?”
“Sapere
che non volevate farmi male ma vedere solo il pianto che avevo sprecato a causa
vostra era semplice e ho pensato di essere sola al mondo. Voi mi avevate
tradito, Fabio mi aveva delusa, Johan lo sapeva… essere da sola è stato molto
semplice. Voi siete sempre state qui anche quando io non lo riconoscevo e anche
mamma e papà… io devo smetterla di comportarmi come se tutte le disgrazie
fossero mie, e forse, un giorno, accetterò tutta me stessa senza problemi. Anche
questa parte di me masochista e inconcludente ha il suo valore, e quando l’avrò
trovato non soffrirò più senza motivo” raccontò. E lo pensava davvero,
ciò che diceva. Pensava ad ogni singola parola che la sua bocca aveva
pronunciato. Infine, sorrise e si asciugò una lacrima.
“Quindi
sono io che devo chiedere scusa a voi per come mi sono comportata. Non ve lo
meritavate” concluse. Emma e Laura si guardarono per un secondo, poi si
buttarono su di lei e la infilarono con la testa sott’acqua.
“Troppa serietà non ti si addice!” risero,
prendendola in giro. E andava bene così, andava bene che loro non la prendessero
sul serio. Questo le andava bene.
Alla fine aveva capito come
avevano fatto a rintracciarla. Fabio, come suo solito, aveva frugato tra le sue
cose e aveva trovato la lettera per sua madre, così da ricollegare i tasselli e
capire che era al cimitero. Quell’idiota. Quante volte avrebbe dovuto dirgli che
non doveva mettersi a cercare nella sua roba? Probabilmente fino allo
sfinimento.
Ma era il suo bello, quello. Lui
fin dall’inizio era entrato nella sua vita senza che lei lo volesse, con
prepotenza, con forza, con violenza, fino a lasciarla senza fiato. Era questo il
motivo per cui l’amava. Ed era questo il motivo per cui, adesso, lei era a casa
sua, con una tazza di cioccolato davanti, a parlargli.
Aveva deciso di affrontare la
questione un paio di giorni prima, quando era tornata a scuola. Dopo la
ramanzina infinita di Jason, che si era preoccupato quanto le sue sorelle, aveva
capito che non poteva più continuare a comportarsi da bambina viziata ed
egoista, e aveva fatto una lista di cose da cambiare. La prima di tutte, il suo
rapporto con Fabio.
“Non
sarà una cosa semplice da dirti” lo avvertì, sorridendo mesta. Il ragazzo
rimase in silenzio ad aspettare.
“Ecco,
so di essermi comportata male. Anzi no, male è un eufemismo. Sono stata una
stronza, una perfetta idiota che non ha fatto altro che fuggire di fronte ai
suoi sentimenti per te. E ti ho fatto soffrire tanto, continuando a ferirti
anche quando tu non te lo meritavi. Per questo mi scuso, e ti chiedo di
perdonarmi, se puoi” iniziò.
“E poi
voglio anche ringraziarti per essermi venuto a cercare al cimitero. Hai
continuato a credere che io ero lì anche se gli altri non mi avevano trovata,
hai corso sotto la pioggia pur di raggiungermi, e ti sei quasi preso una
bronchite per me, quindi grazie, mille volte grazie per il tuo aiuto”
continuò. Si bloccò e si rigirò la tazza tra le mani, esitando.
“C’è
altro?” le chiese il ragazzo. Lei annuì.
“I-io…
io ho deciso di cambiare, Fabio. Di cambiare me stessa e questo mio carattere
tremendo che mi ritrovo. Questo volermi fare male sempre e comunque non ha fatto
altro che nuocere chi mi sta intorno e chi mi ama, la mia famiglia, i miei
amici… tu… e non voglio più ferire nessuno. Per questo ho parlato con i miei
genitori, e abbiamo deciso che è meglio per me se mi allontano per un po’ e vedo
se riesco ad essere più matura quando torno” rispose. Lui si sentì
morire.
“Che
significa? Te ne vai?” domandò.
“Sì. Mia
nonna si è offerta di ospitarmi, e starò da lei per i prossimi sei mesi, nei
quali studierò per prendere il diploma in città. Una volta che avrò terminato
gli esami, però, tornerò” spiegò. Sorrise, cercando di trasmettergli
quanto più calore poteva, e trattenne una lacrima che minacciava di
scendere.
“Devo
riuscire a capire ciò che di meglio c’è per me, e devo riuscire a farlo
nonostante tutto. Non mi sto allontanando da voi, ma devo vedere la mia
situazione con più obbiettività, e qui non posso farlo. Grazie a te ho capito
che io voglio scrivere, che voglio che questa diventi la ragione della mia vita,
quindi ho bisogno di riuscire a prendere coraggio e farmi avanti nella mia
vita”
“E non
puoi farlo qui?” le chiese.
“No. Se
non me ne andassi continuerei ad aggrapparmi a voi, e questo è sbagliato. Devo
riuscire a trovare la mia strada senza dipendere da nessuno, né dalla mia
famiglia né da te. Voglio essere felice nonostante tutto e tutti, per poi
tornare ed essere una Rea migliore, che sorride sempre ed è appagata da ciò che
ha. Ho perso fin troppo tempo a nascondermi dietro ad un dito, e questo non va
bene assolutamente” rispose. Fabio sentiva le sue parole, ma non ne
prendeva il senso.
“Quindi
sei qui per dirmi addio” comprese. La ragazza rise forte, poi scosse la
testa.
“Mi
dispiace, sono forte ma non fino a questo punto” disse.
“E allora
perché sei venuta?” la aggredì.
“Sono
qui per chiederti un favore” spiegò. Lui rimase basito e la fissò.
“Un
favore?” ripeté.
“Sì. Non
so se mi ci vorranno cinque mesi soli o qualcosa di più per tornare, ma
sicuramente entro settembre sarò di nuovo qui. L’ho promesso a me stessa, e non
mi tirerò indietro. Per cui, in questo lasso di tempo in cui saremo separati, ti
prego di… di aspettarmi” lo implorò. Sentiva le guance infiammate per
quella domanda, e aspettò col cuore che batteva forte una risposta da parte di
Fabio.
Ma lui rimase zitto a guardarla. I
loro occhi si incrociarono per un tempo infinito prima che si alzasse e la
andasse vicino.
“Tu. Sei.
Matta” esclamò, fissandola intensamente. Rea si sentì morire.
“O-ok,
scusami… non pensavo fosse una richiesta tanto assurda, mi dispiace”
disse. Sorrise per mascherare quella piccola fitta di dolore al cuore e si
alzò.
“Allora
non preoccuparti. Ci rivedremo presto, ok?” lo salutò. Fabio la fermò per
un polso e la abbracciò, tenendola stretta proprio come aveva fatto quando
l’aveva trovata al cimitero.
“Non me
lo dovevi nemmeno chiedere di aspettarti, l’avrei fatto comunque. Sarò qui,
proprio dove mi lasci” le promise. Alla ragazza caddero un paio di
lacrime di felicità, e lo strinse a sua volta, poi rise e tirò su col naso.
“Mi ero
ripromessa di non piangere, ma non ce l’ho fatta” ammise divertita. Si
allontanò da lui e lo fissò riconoscente.
“Giuro,
entro settembre sarò di nuovo a casa. Questi mesi passeranno prima che tu te ne
renda conto” promise.
“Senza di
te saranno eterni, ma, se ti serve per essere felice, non ti fermerò”
ribatté sorridendo.
Rea fece per uscire di casa, poi
si voltò allegra.
“Ah, mi
sono dimenticata una cosa” annunciò, tornando indietro.
“Cosa?” chiese lui, senza capire. La ragazza si sporse
sulle punte e gli dette un bacio, per poi staccarsi lentamente.
“Non mi
tradire ora, ok?” lo minacciò con gli occhi divertiti.
“E tu non
dimenticarti di me” la rimbeccò. Lei si mise il cappotto e poi gli
strizzò l’occhio prima di andarsene.
“Non
preoccuparti, non accadrà. Purtroppo io ti amo, e questo mi impedisce di
scordarti” gli assicurò, chiudendosi la porta alle spalle. Fabio ci mise
un po’ a interiorizzare quelle parole.
“Che
cosa?!” esclamò una volta capito. Corse in strada e si guardò intorno per
cercare di vederla, ma ormai era sparita e non poteva andarle dietro. Fece un
gigantesco respiro.
“Rea, ti
amo!” gridò in mezzo alla via. Una signora che passava di lì sobbalzò a
quell’urlo e lo fissò male, ma lui rideva come uno scemo e non se ne curò.
Tornò in casa e accese la tv.
Adesso doveva trovare qualcosa da
fare per i sei mesi successivi.