Le
insicurezze dell’anatroccolo
“Ci hai messo più del previsto: sette minuti e quarantacinque
secondi. Ti sei un po’
impigrito?” lo accolse Rea, aprendo la porta
prima che lui bussasse. Aveva un enorme sorriso stampato in
faccia e si vedeva che stava bene, adesso. Era completamente diversa.
“Allora? Non mi dici niente?” lo prese in
giro. Fabio aprì la bocca, poi la
richiuse.
“Non
credevo che il mio regalo ti avrebbe fatto quest’effetto” rise la
ragazza, prendendolo per mano e facendolo entrare in casa. Non fece in tempo a
chiudersi la porta alle spalle che lui l’aveva baciata con foga, passione e così
tanta necessità da farle girare leggermente la testa. Gli passò le braccia
intorno al collo e se lo tirò contro, sentendosi davvero a casa adesso.
“Sei in
ritardo” le disse, quando riuscì a staccarsi.
“No, sono puntualissima: entro settembre sono
tornata. Ricordi? Oggi
è il trenta agosto e io… io volevo farmi un bel regalo di compleanno” ammise. Lo allontanò
leggermente, divertita nel vedere la sua espressione confusa, e sorrise.
“Cosa?”
“Sì, mio caro. Oggi
io compio gli anni. Ecco perché solo oggi ti ho fatto arrivare
quel libro, volevo farti una sorpresa”
spiegò. Si sedette sul divano e gli fece segno di
raggiungerla.
“Però, se
l’avessi saputo, ti avrei comprato qualcosa” ribatté il ragazzo,
contrariato.
“Non volevo che tu mi comprassi niente. Mi offendi se mi ritieni tanto materialista. Sapevo che, se tu avessi ricevuto oggi il pacchetto, saresti corso
qui da me, così ho deciso di fartelo portare solo stamani, almeno saresti stato
il mio regalo a me per il mio compleanno” disse
felice. Fabio si sedette vicino a lei e le passò un braccio intorno alle spalle per stringerla: era
davvero lì, era davvero la sua Rea. Quasi non ci credeva.
“Allora
come sono andati questi mesi da sola?” le domandò. Lei sorrise.
“Direi bene. Posso
ufficialmente annunciare che ho ritrovato me stessa. Ho lavorato
ininterrottamente sul mio libro e su me stessa, andando avanti col primo e
correggendo l’altra, così che, una volta arrivata agli esami, già ero un’altra
persona. Non solo sorridevo quasi sempre, ma vivevo la vita in modo più leggero,
più divertente. Sarei potuta rientrare già a luglio, sai?” lo informò.
“E perché
non sei tornata?” chiese lui, arrabbiato. Rea si accoccolò sul suo petto
e sospirò.
“Perché
avevo fatto un salto nel buio e dovevo aspettare una risposta. Intorno a aprile,
quindi per Pasqua, mia nonna mi ha portata in libreria per farmi scegliere
qualcosa da comprarmi come regalo. Stavo girando per gli scaffali enormi,
altissimi, e guardavo tutti quei nomi, tutte quelle parole, e volevo che
qualcuno passasse tra i mobili, come facevo io, a cercare un libro scritto da
me. Poco dopo, parlando con una delle commesse del negozio che aveva visto il
mio interessamento per più di un articolo, è venuto fuori che la casa editrice
che li forniva stava cercando nuovi autori da pubblicare. Se vuoi, mi porti un tuo operato e io lo do al direttore, mi ha detto. E io l’ho fatto. Siamo
andate con mia nonna a parlare direttamente con il capo e lui mi ha assicurato
che avrei avuto una risposta entro poco”
“E quindi
perché ci hai messo tanto?”
“Perché i risultati sono arrivati venti giorni
fa. Alla casa editrice era piaciuto il
mio manoscritto e volevano pubblicarlo. Inizialmente sono quasi svenuta, poi ho
cercato di non vomitare, infine ho pianto dalla gioia. La prima stampa, che è
stata di poco più di centomila copie, è finita solo ieri l’altro, e io ho avuto
qualche pezzo omaggio. Uno è quello che ho portato a te” rispose. Fabio ragionò su
quelle informazioni, poi la guardò.
“Quindi
adesso sei una scrittrice affermata?” la prese in giro. Rea rise.
“Ci provo. Ho anche
trovato una buona scuola per studiare i metodi di scrittura, così che possa
migliorare sempre. E la buona notizia è che è a soli venti
minuti di macchina da qui”
spiegò.
“E tu ci
andrai in pullman?” domandò il ragazzo. Lei si batté una mano sulla
fronte.
“Che stupida, mi sono dimenticata di
dirtelo! Indovina chi
ha preso la patente e, da oggi, ha la macchina?”
disse soddisfatta. Tirò fuori di tasca un mazzo di chiavi e
glielo fece tintinnare davanti. Lui sgranò gli occhi.
“Sul
serio?!” esclamò incredulo.
“Già. Mamma e papà mi
hanno regalato un’auto per il compleanno. E, a proposito, che
ore sono?” gli chiese,
alzandosi.
“Le due e
un quarto, perché?” Rea lo prese per un braccio.
“Muoviti, dobbiamo andare” ordinò, facendolo uscire da
casa.
“Dove?!”
“Alla
mia festa. Siamo in un ritardo tremendo!”
Mezz’ora dopo erano al ristorante,
con più di un’ora di ritardo sul programma. Emma e Laura la guardarono male, poi
risero e l’abbracciarono.
“Scusate
per l’orario, ho avuto un paio di problemi e non ho fatto in tempo!”
disse la ragazza ai presenti. Tutti annuirono e poi tornarono ai propri impegni.
Non erano molti, giusto una decina, però erano le persone più importanti per
lei: i suoi genitori; le sue sorelle; Johan; Jason; i genitori di Johan;
Fabio.
Non fu un compleanno sfarzoso,
anche perché lei odiava le cose troppo pompose, e tutti si divertirono. I grandi
stavano da un lato del tavolo, parlando di cose loro, e i ragazzi (con Jason
annesso) stavano dall’altro lato. Rea si sentiva al centro dell’attenzione e
questo le piaceva. Era una sensazione splendida, avvertire l’affetto che
provavano per lei, e quello era il regalo più bello di tutti.
Alla fine della festa, prima della
torta, la ragazza si alzò e li fissò ad uno ad uno.
“Ciao a tutti!
Intanto voglio ringraziarvi per essere qui e per avermi fatto questa festa, sia
di bentornata che di compleanno. È davvero una cosa stupenda”
iniziò. Alzò il bicchiere in segno di brindisi e tutti
bevvero.
“Poi volevo annunciarvi un paio di buone notizie che, spero,
vi faranno piacere. Intanto voglio fare
un brindisi e Emma e Laura, che sono entrati all’università! Emma, finalmente, è
immatricolata a medicina e Laura, invece, è entrata all’accademia delle belle
arti, dove studierà disegno. In bocca al lupo a entrambe!” annunciò, sorridendo. Tutti gli
invitati applaudirono e alzarono i bicchieri.
“Inoltre anche io, che in questi mesi sono scomparsa, ho
trovato la mia strada. Mentre ero da mia
nonna ho fatto leggere i miei manoscritti a una casa editrice, la quale ha
deciso di pubblicarmi. Questo è il prossimo libro che vedrete
sugli scaffali delle librerie!” esclamò, tirando
fuori dalla borsa il volume. Rosso con il disegno di un
pulcino giallo sopra, i caratteri luccicanti spiccavano sulla copertina: Le insicurezze dell’anatroccolo.
“La verità è che ci sto lavorando da mesi e mesi, per non
dire anni, ma solo ora ho trovato il coraggio di uscire allo scoperto e farlo
leggere a qualcuno. Sono così felice di
questo che non potevo aspettare altro a
dirvelo!” ammise, ridendo. Tutti quanti si complimentarono con lei,
abbracciandola e baciandola, e Rea sorrise.
La torta arrivò poco dopo, e sua
madre mise le candeline sulla panna.
“Esprimi
un desiderio” le disse Fabio, stringendole la mano. Lei lo fissò, così
bello e dolce, e si chiese se avesse sul serio altri desideri. Guardò tutte le
persone che aveva intorno, dalle sue sorelle a Jason; i suoi genitori, che
l’avevano sempre sostenuta anche se lei non lo aveva mai ammesso; Johan, che era
da sempre il suo migliore amico e le aveva dato qualche schiaffo morale quando
le serviva; Emma e Laura, che avevano iniziato il percorso per raggiungere i
propri sogni con due meravigliosi uomini al loro fianco; e poi fissò le sue dita
intrecciate con quelle del ragazzo che amava, vedendosi con occhi diversi, più
belli, più sicuri. Sorrise e spense le candeline.
“Cosa hai
chiesto?” le domandò subito lui.
“E’ un
segreto” rispose Rea, sorridendo. E la verità è che lo era davvero, un
segreto. Il suo. E non aveva desiderato niente, alla fine, perché non ne aveva
bisogno. Si era persa. Si era lasciata. Aveva abbandonato quelli che amava. Era
caduta. Aveva voluto morire, in più di un’occasione. Si
era nascosta. Aveva pianto. E poi si era risvegliata, dandosi uno schiaffo,
spronandosi, accettandosi e, infine, amandosi. Ce l’aveva fatta senza desideri,
senza chiedere niente a nessuno. Ce l’aveva fatta perché sapeva che esistevano
persone disposte a credere in lei e in ciò che sapeva fare, e, forte di questo,
lei era riuscita ad alzarsi e affrontare la vita senza più piangere, senza più
farsi male. Questo era il desiderio più grande che avrebbe mai potuto
esprimere.
Scommetto che non
leggerai mai questa lettera. Se ti conosco bene, prima aprirai il pacchetto e
poi correrai via, lasciando la busta sigillata sopra il tavolo. In caso
contrario, ciao Fabio! Sono proprio io, Rea. E, finalmente, sono
rientrata.
In realtà sono a
casa da ieri, ma non ho avuto il tempo di venire da te perché sono stata
sommersa di domande dai miei, e mi sembrava brutto scappare così, subito il
primo giorno, quindi eccomi qui, con circa venti ore di ritardo dal mio
rientro.
So già che il tuo
esame è andato bene e che frequenterai economia. Mi sono tenuta informata
tramite Johan e Jason, anche se li sentivo molto poco.
Tu, invece, non hai notizie di me da mesi, quindi ecco qua le ultime
novità:
intanto sono passata
benissimo all’esame, e ora non metterò mai più piede in un liceo. Ciò mi rende
felice in maniera vergognosa e
indecente (quando sono tornata a casa dopo l’orale, mi
sono messa a saltare per il salotto e sono scivolata, finendo sul gatto di mia
nonna, che mi ha graffiato un braccio. Lasciamo perdere gli insulti di nonna nei
miei confronti, non sei ancora pronto ad affrontare questo discorso), e questo mi porta al secondo punto, cioè la mia nuova
scuola. Ho trovato un’accademia di scrittura che mi permette sia di studiare
letteratura che di migliorarmi a scrivere, e questo solo grazie a te che mi hai
spronato a uscire allo scoperto. Infatti, forte della fiducia che hai in me, ho
proposto il mio libro, “Le insicurezze dell’anatroccolo” a una casa editrice e,
indovina un po’? L’hanno accettato! Ti racconterò meglio quando verrai da me,
però sappi che nel pacchetto c’è una copia del volume già stampata e con la
dedica (con tutto il mio amore!). Già sai chi è l’anatroccolo e come si
comporta. Hai letto più di metà romanzo prima ancora che io lo avessi finito,
quindi sarai curioso di sapere come l’ho concluso. Beh, non sarà un’idea
particolarmente geniale, ma alla fine l’anatroccolo si trasforma in cigno. Lo so
che detta così e molto monotona come cosa, però fammi spiegare: da pulcino, si
era sempre visto come una specie di errore di madre natura, ricordi? E, anche
quando la sua forma fisica era mutata, dentro si sentiva sempre bruttissimo. Non
importava quanto i suoi fratelli gli ripetessero che era bellissimo, la sua
autostima era tremendamente distrutta. Ecco come
finisce:
“Succede tutto
così, per caso, quando una mattina l’anatroccolo si sveglia e si rende conto che
ha di nuovo gli occhi gonfi. Gonfi di
lacrime,gonfi di tristezza, gonfi di disperazione… e
non ce la fa più. Con quanto fiato ha in gola si mette a gridare, a implorare il
cielo di ucciderlo, di far finire questa tortura che è la sua vita, ma il cielo
gli risponde in modo inaspettato, assurdo, terribilmente doloroso. Lo fa vivere.
Gli apre gli occhi e gli fa vedere che la vita c’è anche per lui, anche per quel
piccolo anatroccolo che crede di essere. E sono proprio gli altri pulcini che
glielo dicono. Stanchi di sentirlo piangere, pieni di rabbia per non riuscire a
farlo stare meglio, si mettono lì e lo confortano, gli ricordano che esiste
ancora quell’amore che non pensava di meritare per colpa della sua natura di
errore. Però non è un errore, non lo è mai stato, e lo capisce. E poi piange, di
nuovo, ma stavolta di sollievo, di gratitudine. Diventa cigno internamente. Si
fissa nello specchio dell’acqua e vede un nuovo anatroccolo, più bello, più
sicuro, più tutto! Si ama, per la prima volta, e ama gli altri, ama i suoi
fratelli, ama i suoi genitori, ama questa vita che fino a poco prima
disprezzava. E la ama perché non gli serviva un bell’aspetto per essere felice,
non gli era mai servito. Ciò che davvero serve per vedersi cigni è fissarsi allo
specchio e riuscire ad accettarci per come siamo, a vedere che persone stupende
possiamo essere. E questo, il piccolo anatroccolo, alla fine l’aveva capito”
Ti piace? Che
dici, troppo scontato? Però è vero, io l’ho capito grazie a voi, e ve ne sono
talmente grata che non posso esprimerlo a parole. Quindi ti dico arrivederci,
perché tanto tra poco sei qui da me e potrò stringerti dopo tutti questi mesi.
Quanto mi sei mancato, Fabio! Ho bisogno di vederti!
Tua, ora e per
sempre (spero),
Rea
P.S.: dimenticavo!
Muoviti ad arrivare, c’è la mia festa di compleanno tra mezz’ora e se facciamo
tardi Emma esce di testa. Vuole mangiare la torta! A
tra poco!
Allora,
prima di tutto devo ammettere che è stato un dramma concludere questa storia,
soprattutto perché mi sono affezionata ai personaggi e perché, in più di
un'occasione, le situazioni descritte erano reali!
Ringrazio
tutti sul serio, siete stati così tanti a preferire/recensire/seguire/ricordare
la mia storia che mi sono commossa... Il grazie più
grande va a Emma, che oramai è la mia fan/amica/manager numero1... Senza di lei
non sarebbe stato lo stesso...
Subito
dopo ringrazio la piccola Laura, che, anche se ora è impegnata, mi sostiene
sempre...
Un
ringraziamento particolare va a Brillantina
10, ely1
e rpmw93,
che
hanno recensito praticamente tutti i capitoli, ma anche
a aerith94,
love93,
domi_51,
christine_loguart,
luciarossana,
Gonetoosoon,
secretdream,
che
hanno lasciato un commentino o più!
Infine
ringrazio Fabio, quello vero, perché alcune cose me le ha fatte pensare lui col
suo comportamento da pazzoide...
Grazie
a tutti voi che avete seguito le Stevens in questo racconto...
Un
bacio a tutti, Rea