Segreti
Loki, seminascosto dietro lo
stipite della porta, ascoltava Frigga
chiacchierare con le proprie ancelle.
Le
quattro donne erano allegre. Sedevano attorno ad un telaio su cui
era steso un panno immacolato, e ricamavano i bordi con forme
geometriche dai colori vivaci, conversando serenamente del
più e del meno.
Ogni
tanto, Frigga lanciava qualche occhiata verso l’uscio,
consapevole della presenza del figlio minore.
Ad un
certo punto, il dialogo scivolò sui giorni prima della
guerra con Jotunheim, e si soffermò sull’attesa
del principe Thor.
Loki
aggrottò la fronte, ma rimase fermo e zitto nel suo
angolino.
Hlìn,
una delle ancelle, ebbe una risata e si rivolse alla
Regina. «Rammentate? Ci raccontavate che scalciava di
continuo, quand’era nel vostro ventre!»
«Sì,
dicevate che pareva molto impaziente di
venire alla luce» concordò Fulla, sorridendo tra
sé e sé.
Frigga
accennò un sorriso a propria volta, facendo per
rispondere, ma proprio in quel momento Loki non resistette
più, e balzò allo scoperto. «E
io?» domandò.
Le tre
ancelle si girarono verso di lui, sorprese.
Il
ragazzino le ignorò, sdegnoso – non si erano
nemmeno accorte della sua presenza! –, e si
avvicinò alla madre.
«Anch’io
scalciavo, madre?» volle sapere,
ansiosamente.
Per un
istante, gli parve di vedere una strana esitazione negli occhi
della donna, ma poi lei gli posò una mano sui capelli neri e
sorrise.
«Certamente»
gli assicurò.
«Thor, però, ha conservato la sua impazienza anche
dopo la nascita» aggiunse, «tu ti sei rivelato
molto più tranquillo».
Per
nascondere al figlio il proprio disagio, ma soprattutto per
infondergli un po’ di sicurezza, si tese verso di lui per
abbracciarlo con affetto.
Loki si
aggrappò alla veste di lei, lanciando nel frattempo
un’occhiata in tralice alle ancelle.
«Madre»
bisbigliò poi, parlandole
all’orecchio, «posso porti una domanda?»
Frigga
lo guardò, sorpresa, capendo che Loki desiderava
trascorrere un po’ di tempo solo con lei.
«Ma
certo» gli sussurrò di rimando, con
un sorriso.
Alzò
lo sguardo sulle proprie ancelle. «Vi
ringrazio, per oggi è sufficiente» le
congedò, accennando all’arazzo incompleto,
«potete andare».
Le tre
donne parvero sorprese, ma non dissero nulla. Si alzarono e si
inchinarono, per poi uscire dalla stanza in rispettoso silenzio.
Loki si
raddrizzò, e Frigga riportò
l’attenzione su di lui. «Allora? Che
succede?»
«Loro
non sapevano se io scalciavo o meno»
osservò il ragazzino, quasi tristemente. «Per
quale motivo? Hai parlato di ciò che faceva Thor e non di
ciò che facevo io?»
Frigga
si sentì stringere il cuore.
Non
c’era che dire, il suo secondogenito era fin troppo
sveglio e intelligente. Era capace di seguire fili logici che altri
bambini non avrebbero mai trovato.
Loki le
rivolgeva uno sguardo indagatore, e sembrava un po’
ferito.
«Vieni
qui» lo invitò allora la donna,
sentendo l’urgenza di placare quel dolore.
Loki
non si fece pregare e lasciò che lei lo prendesse sulle
proprie ginocchia, poi appoggiò una guancia sulla spalla
della madre.
Frigga
gli accarezzò i capelli, mentre lui guardava dritto
davanti a sé. «Sai quali sono i segreti
più importanti da mantenere?» gli
sussurrò lei.
Loki
fece segno di no, sollevando sulla madre i propri occhi chiari.
Frigga
sorrise fugacemente. «Quelli più
preziosi» rispose, con dolcezza.
Loki
mosse le labbra, riflettendo su quelle parole.
Alla
fine, il suo cipiglio si rilassò, e il bambino parve
più sereno. «Sì»
mormorò, e Frigga lo strinse tra le proprie braccia.
Poggiò
le labbra sui capelli neri del figlio, impensierita.
Non
aveva mai pensato molto alla madre biologica di Loki, se non per
domandarsi come qualcuno avesse potuto abbandonare un bambino simile.
Eppure, improvvisamente, si disse che doveva essere stata davvero
fortunata, per aver portato in grembo quel bambino tanto speciale.
Ma era
veramente importante?
Loki
era cresciuto con lei. Era stata lei a sentirlo balbettare le
prime parole, lei ad aiutarlo a muovere i primi passi… Era
lei a saper meglio riconoscere nei suoi occhi lo scintillio che
preannunciava un’uscita furbesca… E, senza dubbio,
lo sentiva figlio tanto quanto Thor.
Alla
fine, non era importante la gravidanza…
L’importante era che Loki era venuto al mondo. E quale che
fosse il sangue che gli scorreva nelle vene, l’amore valeva
di più.
Osservò
l’espressione tranquilla e gli occhi
attenti del bambino, e l’ondata di tenerezza che la travolse
non fece che confermarle ciò che già sapeva.
Loki
era suo figlio. Lei era sua madre.
Oh, se
solo stringendolo in quel modo avesse potuto cancellare tutte le
sue insicurezze…
***
Più
tardi, quel pomeriggio, Loki raggiunse Thor in giardino
per giocare con lui.
Avevano
entrambi a disposizione un certo numero di noci, e le
lanciavano contro un albero distante una ventina di passi.
L’obbiettivo
era riuscire a colpire una protuberanza nodosa
che sporgeva dalla corteccia.
Ad un
certo punto, mentre Thor malediceva il sole, sostenendo che gli
andava negli occhi e gli impediva di fare centro, Loki assunse
un’aria concentrata.
Mosse
veloce il braccio, e il fratello maggiore seguì con lo
sguardo una noce che andò a schiantarsi con precisione
contro il bersaglio, per poi ricadere sul terreno.
«Per
la potenza di Yggdrasil!» esclamò
Thor, entusiasta. «È stato stupefacente!»
Con sua
enorme meraviglia, però, Loki scosse il capo.
«No, non lo è stato».
«Come?!»
trasecolò il maggiore.
Il
bambino coi capelli scuri si limitò a indicare il prato.
Thor
assunse un’aria perplessa, poi si accorse che non
riusciva più a vedere la noce lanciata dal fratello.
«Ma
come» disse, confuso, «è
caduta proprio lì, ne sono certo».
Loki si
strinse nelle spalle. «Non era una noce vera. Era
solo uno dei miei trucchetti».
La sua
voce si fece un po’ ironica, nell’usare il
termine con cui Thor era solito definire la sua magia.
Il
biondo sbatté le palpebre. «Quindi è
stata una sorta di illusione?» domandò,
interessato, avvicinandosi ad osservare il tronco.
«Sì»
confermò Loki, studiando
attentamente il fratello. «L’ho imparata da qualche
giorno».
Thor si
voltò verso di lui, con aria oltraggiata.
«Da qualche giorno?» ripeté, incredulo.
«E per quale motivo me l’hai tenuto
segreto?!»
Loki
fece spallucce. Poi, però, ricordò le parole
che sua madre gli aveva detto quella mattina, e un timido sorriso gli
rischiarò il volto.
«Perché
sono i segreti più preziosi,
quelli che vanno mantenuti» rispose.
Thor,
però, scosse con foga la testa. «Non
è assolutamente vero!» ribatté,
accorato. «Vanno mantenuti solo quelli di cui ci
vergogniamo!»
Disse
così per tentare di indurre il fratellino a parlare
più spesso della propria magia, senza imbarazzo,
perciò restò impietrito quando vide gli occhi di
Loki spalancarsi, sgomenti.
Il
bambino era raggelato.
La
spiegazione di sua madre gli era sembrata del tutto
ragionevole… In effetti, però, anche quella di
Thor aveva una sua logica.
Possibile
che lei avesse subito capito che lui sarebbe stato
più debole del fratello maggiore?
Possibile
che, dopo aver partorito un erede così forte e
talentuoso, si fosse vergognata alla prospettiva di mettere al mondo un
principe gracile e delicato come lui?
Una
parte della sua mente rifiutava quella possibilità con
tutte le sue forze. Però…
però… Però era molto più
difficile scacciare via quei pensieri, ora che Frigga non era
lì a tenerlo tra le proprie braccia.
«Ho
detto qualcosa di male?» balbettò
Thor.
Loki
spostò lo sguardo sul fratello, ma non
riuscì ad articolare una sola sillaba.
«Loki?»
Thor
mosse un passo verso di lui, ormai preoccupatissimo. Che quella
magia avesse qualche effetto collaterale? Non si poteva mai essere
sicuri, con quelle arti arcane!
A quel
punto, però, il minore riuscì a
riscuotersi, e distolse lo sguardo.
La sua
espressione non era più tanto sconvolta,
così Thor trasse un sospiro di sollievo. «Che cosa
ti è successo?» gli domandò.
«Ti sei sentito male? È stata colpa di
quell’incantesimo?»
Loki si
innervosì. «No, sto bene»
dichiarò, cercando di controllare il tremito nella propria
voce.
«Non
sembrava» obiettò Thor,
accigliandosi.
Il
più piccolo deglutì, poi si sforzò
di guardare il fratello con un’espressione tranquilla.
«È tutto passato» assicurò,
«ora sto bene».
Thor
gli credette subito, e si aprì in un gran sorriso.
«Meno male» constatò.
Loki si
chinò per raccogliere una noce dal proprio mucchio,
ma in realtà per nascondere al fratello che non aveva la
minima voglia di rispondere al suo sorriso.
Sentiva
freddo, un freddo terribile.
«Questo
gioco mi ha stancato» dichiarò
Thor, avvicinandosi al fratello. «Rompiamo le noci e
mangiamoci il gheriglio».
In
un’altra occasione, Loki avrebbe domandato al biondo
– in tono innocente – se il gioco lo aveva stancato
perché non riusciva a vincere.
In quel
momento, però, si sentiva troppo in subbuglio per
farlo.
Il
fratello gli aveva creduto immediatamente, quando lui gli aveva
detto di star bene. Mentire era facile, fin troppo facile. Magari sua
madre, per non ferirlo, gli aveva detto una bugia…
Guardò
Thor spaccare la prima noce, e improvvisamente si
sentì proprio come quel guscio frantumato: dannatamente
fragile e terribilmente inadeguato.
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