Note: seconda e
ultima parte. Prima versione scritta per la Sfida 1 della Staffetta in
Piscina @piscinadiprompt; questa è pesantemente editata :)
Avvertimenti -
solo la boccaccia di Thor. Oh, e slash, ovviamente. E magari anche un
po' di fluff
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II
Lo prendono a tradimento,
con un'imboscata. Non importa. Avrebbe potuto fermarli ma non l'ha
fatto.
Sono cavalieri di Asgard
e con loro c'è un giovane stregone di Alfhèim,
pallido come un
lichene, bardato d'argento e foglie rosse. L'hanno trovato grazie ai
suoi talenti: è bravo, pensa Loki. In una battaglia seria
potrebbe
anche dargli del filo da torcere.
Considerato questo, si
chiede perché siano tanto civili; non ne hanno bisogno. A
mano a
mano che il torpore della lunga inattività lo abbandona
comincia a
guardarsi intorno, ignorando i loro tentativi di conversazione. Forse
lasciarsi prendere non è stata una buona idea. Forse
dovrebbe–
Uno strappo familiare.
Alle sue spalle si apre una breccia spaziale che li risucchia tutti
e, all'altro capo, c'è il sole.
Non perdono tempo: ha
appena avuto modo di riconoscere le colline che è
già sceso dal
Bifrost, ha varcato le mura, è entrato nella cittadella,
viene
condotto per corridoi e passaggi discreti. Un'entrata trionfale
mancata. I colori corrono in tutte le direzioni, forse è un
incantesimo. Non ne vede tanti da... anni? Secoli? Lo disorientano e
lo mandano in collera, ma è una rabbia distante, ancora
indecisa.
Norne, a questo si è
ridotto.
Patetico. Ma potresti
ancora finire con uno scoppio invece che con un lamento, se lo
volessi.
Mentre cerca senza
entusiasmo nel suo polveroso repertorio di espedienti, l'ultimo
cavaliere rimasto a fargli da scorta lo guida oltre una soglia e,
tenendolo per una spalla, lo fa sedere su una specie di scranno
d'olmo. Loki gli ringhia contro – no, è
già sparito.
Veloci. La qualità
dell'addestramento è salita... o forse no, visto che l'hanno
lasciato incustodito. Si guarda intorno. Esita: riconosce il posto.
Sono le vecchie stanze di suo fratello, trasformate in studio di
stato – formale, dorato, accecante; se hanno ristrutturato
sperando
di sconvolgere i poveri postulanti ci sono riusciti. Poi sente un
respiro, uno schiarirsi di gola. Non è solo. Deglutendo, si
gira.
Alza gli occhi.
Thor è di fronte alle
vetrate orientali, mani strette dietro la schiena. Gli volta le
spalle – sempre, ormai – ma lo osserva con la coda
dell'occhio.
In quella luce sembra
Odino, per i Nove, ed è tutta colpa di Loki.
La gola gli si chiude. Il
suo corpo diventa tutto un nodo di fame e miseria. Nessuna delle due
sarà alleviata, lo sa, e non spera in niente; ci fa caso
solo per
colpa di una vecchia, patetica speranza riaffiorata per colpa di
quelle sale. Può solo immaginare il motivo per cui il nuovo
Padretutto l'ha fatto prelevare dal buco in cui esisteva; qualche
problema di magia, forse; forse un pericolo tra i cui denti buttare
l'ultimo degli stregoni del passato, come nell'antica Midgard si
gettava acqua sugli incendi. Di certo non è lì
per esser perdonato.
Poi Thor spezza il
silenzio e Yggdrasil si capovolge sull'asse.
«Ti perdono» dice.
Loki rialza la testa di
scatto. Il viso di Thor è tirato, ma sotto la patina del
sovrano
resiste l'uomo che ha sempre conosciuto.
(Amato. Amato.)
«Ti perdono, ma per
amore di tutto quanto è sacro, basta. Basta. Non posso
più vivere
così.»
Il sangue lo abbandona,
ed è tanto meraviglia quanto paura. Dalle ceneri del loro
legame
emerge un'ultima possibilità. Ma ne ha
sprecate così tante,
perché questa volta dovrebbe andare diversamente?
Si ritrae. Thor si
avvicina.
«Mi hai sentito, Loki?
C'è ancora in te la persona che eri prima che della nostra
separazione? Dimmi che l'hai ritrovata.» Si protende verso di
lui, e
dalla cappa del re riemerge il principe sincero. «Dimmi che
non è
mai morta. Che sarai ancora mio alleato, mio consigliere,
mio–e che
abbandonerai, no, che hai abbandonato la strada del risentimento.
Dimmi che verrai a me con onestà, se non con
amore.» La sua
intensità non si è affievolita; brucia ancora,
come la fiamma di un
falò nella notte. «Perché mi guardi
così? Pensi che sia un pazzo
sentimentale? Forse. Ma non m'interessa. Non m'interessa cosa diranno
i parenti, i politici, i pettegoli, gli altri regni. Francamente,
possono andare a farsi fottere: sono abbastanza vecchio da
distinguere fra le cause perse e quelle che non posso
perdere.»
E' impossibile. Ma suo
fratello non sa mentire a volto scoperto. Thor lo afferra, lo tira su
di peso come se fossero tornati ragazzi e dalla bocca di Loki esce
una specie di risata.
«Non sei vecchio» dice,
di tutte le cose che dovrebbe dirgli.
È quella giusta, però.
Thor sorride.
«Ti perdono»
mormora, lasciando che le loro fronti si tocchino. «Sono
stato
debole. Mi sono arreso. Ora intendo rimediare: non ti
abbandonerò
mai più, Loki.»
E' un giuramento a
condizionale data – sa
che
lui è cambiato, ne ha avuto dimostrazione in secoli di calma
e
silenzio. Thor è molto più che un avventuriero,
oggi; e va bene
così. Loki vuole che sia
così. (Lo terrà al sicuro.)
Cerca nei suoi occhi,
ancorato alla realtà dal calore della sua mano. Accenna un
sorriso.
«Ma non dimenticherai.»
«Vorresti che lo
facessi?»
«No. Ti proteggerà»
mormora. «Ci proteggerà.»
La memoria del male che
si sono fatti sarà lo scudo che impedirà loro
nuovi errori e il
monito che nessuno è perfetto quando, invece, non
riusciranno a
evitarli. Si lascia tirare avanti e Thor lo abbraccia con cautela,
retaggio di secoli incerti, finché la stretta non viene
ricambiata.
Quasi soffocato contro la sua spalla, Loki si sente a casa.
Finalmente.
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