Lontani
ricordi
Sulle ali di una farfalla,
si posano i miei pensieri
che volano tra l’erba
di prati fioriti,
dipingendo il cielo
con la mia
fantasia.
Era di nuovo lì, Andromeda Tonks,
come ogni giorno da quando c’era stata la battaglia. E, come ogni giorno,
piangeva disperata sulla tomba di sua figlia. Portava fiori a lei, a suo genero
e anche, purtroppo, a suo marito. Ma, tra tutti, la perdita peggiore era stata
quella della piccola Ninfadora, la sua bambina. Ancora non accettava il fatto
che se ne fosse andata, che la sua vita fosse stata stroncata così, da un giorno
all’altro, senza che lei avesse nemmeno potuto dirle addio per l’ultima
volta.
Ormai era passato un anno, quasi,
dalla battaglia di Hogwarts, dalla vittoria di Harry Potter su Voldemort, dalla
liberazione del mondo magico da una minaccia tremenda e… e dalla scomparsa di
tutti loro.
Andromeda era una donna forte,
nella sua vita aveva sempre cercato di esserlo. La sua famiglia la disprezzava
per aver sposato un babbano, per aver infangato il buon nome dei Black ed essere
fuggita con Ted, ma aveva superato il dolore per la separazione dalle sue
sorelle e dai suoi genitori grazie all’amore di suo marito. E poi quale gioia
quando era nata Ninfadora. Lei, la sua unica figlia… appena venuta al mondo era
già dipinta di mille colori, i capelli prima blu, poi rosa confetto, poi verde
smeraldo. La faceva tanto ridere, con i suoi cambiamenti continui e allegri.
Una volta, quando aveva solo due
anni, Dora aveva visto una farfalla. Era colorata di azzurro, con le ali
contornate di blu scuro e due cerchi in mezzo. Quanto le era piaciuta. Andromeda
si asciugò una lacrima e sorrise nel ricordare che la bambina era rientrata in
casa e si era fatta diventare i capelli delle stesse sfumature delle ali di
quella farfallina. E lei aveva riso. Quanto aveva riso!
E
respiro il sapore dei fiori,
colorati
dal sole,
quando
la rugiada
al
mattino li veste
di
ogni speranza.
Per
una metamorfomagus come sua figlia, quegli esserini grandi come il palmo della
sua mano ma pieni di colori e di vita erano un’attrazione continua. Non faceva
altro che seguirle e studiarle –e dire che lei odiava
studiare-.
Ted
conosceva talmente tanti tipi di farfalle, grazie al padre che era scienziato,
che si era divertito a farle da insegnante. Aveva preso alcuni libri dalla
libreria dei genitori e li aveva fatti vedere a Dora, che si era stupita nel
vedere che le figura disegnate all’interno non si
muovevano.
“Perché
stanno ferme? Sono morte?” aveva chiesto ingenuamente. Suo marito aveva riso e
poi le aveva spiegato che no, non erano morte, ma nel mondo dei babbani le foto
erano immobili.
“Davvero?
Che cosa stupida” aveva commentato la piccola. Ma la noia era stata sostituita
dallo stupore quando aprì il volume nella pagina delle farfalle tropicali. Un
bellissimo esemplare se ne stava tranquillo su un fiore, con le ali bianche e
nere, zebrate, e succhiava il nettare dal
pistillo.
“Cos’è?”
aveva domandato con gli occhi che brillavano.
“Questa
è una Coda di Rondine” aveva risposto
Ted. E quella giornata era passata così, con Andromeda che sentiva il cuore
scaldarsi nel vedere quella scena e suo marito e sua figlia che se ne stavano
sul divano col libro aperto sulle gambe a guardare quegli
insetti.
Sulle
ali di una farfalla,
a
giocare con i bimbi di ieri
quando
bastava poco,
per
inseguire un sogno,
e
vivere in ogni attimo,
la
bellezza del creato.
Quando
aveva quasi undici anni e sarebbe entrata a Hogwarts nel giro di pochi mesi,
Dora era uscita a giocare in giardino, e si era dipinta i capelli di
viola.
“Sarò
una bellissima farfalla” aveva detto, cercando di
volare.
“Sarai
la più bella di tutte” le aveva assicurato sua madre, dandole un bacio sulla
testa. La bambina aveva sorriso e si era messa a correre per il prato, aprendo
le braccia e facendo finta di volare. Sembrava quasi una non-maga per come
giocava, ma non importava.
Andromeda
ricordava tutto questo sorridendo e piangendo, continuando ad aggiustare i fiori
sulle tombe messe in fila dei suoi cari. Aveva perso così tanto, per colpa di
quella guerra magica: sua figlia; suo marito; suo genero; sua sorella. Cosa le
era rimasto? Delle lapidi sporche e solitarie sulla cima di una collina dove il
vento portava solo il rumore dei pianti delle altre persone in visita
lì.
Sulle
ali di una farfalla
a
vedere cuori scolpiti
sulla
corteccia degli alberi,
di
amori che forse oggi,
non
esistono più.
Poi,
un giorno, tornando da scuola Dora aveva annunciato di voler fare l’auror. Il
suo cuore si era fermato al sol pensiero.
“Sei
sicura, cara? È pericoloso” le aveva detto.
“Voglio
poter fare qualcosa per questo mondo, mamma. Sento di poter aiutare le persone
combattendo e facendo la mia parte al ministero. La professoressa McGranit mi ha
assicurato che, con i miei voti e la mia capacità di metamorfomagus, non sarà
difficile il test” aveva risposto, sbucciandosi una
mela.
“Ma
se ti capita qualcosa? Voldemort se n’è andato, non devi per forza combattere…”
aveva tentato di dissuaderla. La ragazza aveva sbuffato e i suoi capelli si
erano tinti di nero, come ogni volta quando era
arrabbiata.
“Lo
sai benissimo anche tu che non è ancora finita. Harry Potter ha nove anni,
ormai, e inizierà la scuola prima che ce ne rendiamo conto. E, una volta che
questo capiterà, la guerra ricomincerà. Io credo a Silente, quando dice che
Voldemort non è morto, perché mi fido di lui. E, quando la battaglia sarà di
nuovo aperta, io voglio esserci, e voglio proteggere tutti quelli che conosco”
aveva spiegato. Andromeda non l’aveva mai vista tanto sicura di sé, e aveva
sospirato sconsolata.
“Va
bene, tesoro. Se è quello che vuoi noi non ti ostacoleremo. Però fa’ attenzione,
ok?” l’aveva implorata. I capelli di Dora erano tornati fucsia e lei aveva
sorriso, abbracciandola.
“Te
lo prometto, mamma. Non mi farò sconfiggere da nessuno” aveva giurato. Ma non
aveva mantenuto.
Tornò
a casa smaterializzandosi, ed entrò nella villa con gli occhi ancora lucidi.
Quel posto sembrava tremendamente vuoto senza tutti loro, senza di
lei.
Fissò
la porta del giardino e le mani le tremarono. Non l’avrebbe mai più vista
arrivare di lì con i suoi capelli colorati e il sorriso contagioso sul volto;
non l’avrebbe più sentita dire che voleva diventare una farfalla; non avrebbe
più visto lei e suo marito, insieme, seduti sul divano a sfogliare vecchi libri
babbani; non avrebbe mai sentito la sua amata Ninfadora sgridare il figlio e
giocare con lui.
Fissò
il bambino di ormai un anno che dormiva beatamente nella culla. Suo nipote, il
piccolo Teddy.
Quando
Lupin le aveva detto che lo avevano chiamato così in onore di suo marito lei
aveva pianto di gioia e riconoscenza verso quell’uomo che aveva odiato tanto sin
dall’inizio e che ora, nonostante tutto, gli
mancava.
Si
asciugò gli occhi e andò in cucina a prepararsi qualcosa per cena, incantando
gli utensili per farsi una semplice zuppa. Si sedette al tavolo e chiuse gli
album di foto che guardava prima di uscire. Dora che giocava con la sua prima
bacchetta; Dora e Ted che sfogliavano i libri; Dora e Lupin al matrimonio; Dora
incinta; Dora… Dora… solo Dora.
In
quell’istante qualcuno le posò una mano sulla spalla e la fece
sobbalzare.
“Signora
Tonks, volevo dirle che io vado” le disse Hermione Granger. Si era dimenticata
che c’era stata lei con suo nipote mentre era al
cimitero.
“Sì
cara, grazie per aver badato a Teddy” le rispose, sorridendo stanca. La ragazza
esitò un attimo, poi le prese le mani tra le sue.
“Signora
Tonks… Andromeda… forse è meglio se inizia a riporre quelle foto in un cassetto”
le consigliò. La donna scosse la testa.
“Non
posso” ribatté testarda. Lei tirò su col naso e accarezzò un’immagine di Dora
con il bambino in braccio, probabilmente fatta poco prima che morisse mentre
loro erano nascosti nei boschi.
“Manca
a tutti noi. Ci manca ogni giorno, ogni ora, ogni minuto che passa. E sappiamo
che significa perdere una persona cara, purtroppo la battaglia ci ha lasciati
senza un pezzo di noi stessi. E lei, che è rimasta anche vedova, deve esserne
uscita distrutta. Però non può smettere di vivere! Non deve continuare a passare
ore al cimitero e giornate intere su dei vecchi album di foto, perché ha ancora
una ragione per andare avanti” la riprese dolcemente. Doveva trovare le parole
giuste per spronarla a tornare sé stessa.
“Senza
la mia bambina non so più cosa fare” ammise Andromeda, disperata. Si coprì la
faccia con le mani e si mise a singhiozzare forte, e Hermione l’abbracciò
stretta, cercando di calmare i suoi sussulti.
“La
prego, si ricordi di suo nipote. Lei ha ancora Teddy, e non è giusto che lui
venga messo da parte. Ted… Remus… Dora… loro saranno per sempre nel suo cuore,
ma il bambino è qui con lei. Ed è così simile a sua figlia che vederlo crescere
sarà solo una benedizione per lei. La prego, non si dimentichi di lui” la
implorò.
Sulle
ali di una farfalla
Il
mio cuore,
tra
le pagine di un libro
che
il tempo
conserverà….
per
sempre.
Dormiva.
Dormiva beatamente, proprio come faceva Ninfadora quando aveva la sua età.
Andromeda sorrise stanca e accarezzò una ciocca di capelli verdi del bambino,
metamorfomagus come la madre. Sapeva che quella ragazzina, Hermione, aveva
ragione. Oramai era passato quasi un anno da quando si era conclusa la battaglia
di Hogwarts e la vita aveva ripreso a girare per tutti. Era giunto il momento
che lo facesse anche per lei.
Doveva
arrendersi e accettare che la sua farfallina non sarebbe mai più tornata a casa,
e che avrebbe continuato a vivere solo nei suoi ricordi, ma non doveva
rinunciare a vivere per questo. Dora non l’avrebbe
voluto.
Coprì
Teddy con un plaid celeste che lei stessa aveva cucito quando il bambino non era
ancora nato e spense la luce. Andò in camera, accese la piccola abat-jour bianca
che aveva sul comodino e prese la poesia che Ted aveva portato, un giorno, alla
figlia. Le era piaciuta così tanto che l’aveva imparata a memoria. La lesse
un’ultima volta e sorrise. Il foglio si macchiò con qualche lacrima, sbavando
leggermente l’inchiostro ormai vecchio, e lei si asciugò le guance. “Adesso
basta piangere” si promise.
Prese
l’album di foto che aveva tenuto fino ad allora in cucina e ci mise dentro la
pagina, per poi chiuderlo. Il suo cuore batteva forte mentre riponeva il tutto
nella libreria, e si sentì meglio, più leggera quando si rese conto che adesso
poteva davvero andare avanti e stare con suo nipote.
Un
giorno, forse, avrebbe ripreso in mano quelle foto, quei ricordi, e sarebbe
stata pronta ad affrontare il dolore che le avrebbero portato, ma non
adesso.
Si
coricò e spense la luce.
“Buonanotte,
tesoro mio” sussurrò prima di addormentarsi.
La poesia è di
Gianmarco de Vincentis, ed è del 2010. Il titolo è “Sulle ali di una
farfalla”.
1°
CLASSIFICATA
LONTANI RICORDI DI REAWHEREVERIGO
Grammatica:
7,5/10
Hai fatto pochi errori e tutti di poco conto tranne uno che è
stato davvero ma davvero grosso. Stai attenta all’uso della virgola, spesso
l’hai usata a sproposito.
-si era stupita nel vedere che le figura
disegnate all’interno non si muovevano. Errore di battitura, non figura ma
figure.
-Quando aveva quasi undici anni e sarebbe entrata a Hogwarts nel
giro di pochi mesi, Dora era uscita a giocare in giardino, e si era dipinta i
capelli di viola. Dovrei toglierti dieci punti solo per questa frase! È
veramente, ma veramente brutta! Non saprei neanche dirti cosa correggere, è
semplicemente indefinibile! Cerca di prestare attenzione al senso della frase,
quando la scrivi, perché io ho capito ciò che volevi dire, ma l’ha detto
veramente male… Dovresti sostituirla con qualcosa tipo “Quando aveva undici anni
e aspettava di entrare ad Hogwarts” o “Quando mancavano pochi mesi al suo
ingresso ad Hogwarts”… Hai Molte opzioni, scegli quella che ti piace di più!
-La professoressa McGranit mi ha assicurato che… Errore di battitura,
McGranitt ha due T.
-La ragazza aveva sbuffato e i suoi capelli si erano
tinti di nero, come ogni volta quando era arrabbiata. Sia ogni volta che
quando sono due termini di tempo che a mio avviso non hanno molto senso insieme…
Perché non sostituisci quando con che?
-E, quando la battaglia sarà di
nuovo aperta, io voglio esserci, e voglio proteggere tutti quelli che conosco”
aveva spiegato. Andromeda non l’aveva mai vista tanto sicura di sé, e aveva
sospirato sconsolata. Tre volte hai usato la congiunzione e e tre volte ne
hai posposto una virgola… Purtroppo però solo per la prima e questo discorso può
risultare convincente, le altre due volte ti consiglio di evitarla, la virgola.
-nonostante tutto, gli mancava. Andromeda è una donna (fino a prova
contraria…) quindi il termine giusto è le mancava.
-Lei ha ancora Teddy,
e non è giusto che lui venga messo da parte. Stessa cosa, la virgola non ci
vuole.
-Il suo cuore batteva forte mentre riponeva il tutto nella
libreria, e si sentì meglio, più leggera quando si rese conto che adesso poteva
davvero andare avanti e stare con suo nipote. Anche qui la virgola è di
troppo, dovresti spostarla da dopo libreria a prima di quando.
Stile
e lessico: 9,5/10
Mi è piaciuto molto il tuo stile; è abbastanza lento a
dire il vero, ma lo trovo perfetto e mi ha preso in una maniera impressionante!
L’opera è tutta molto compatta e pesante, penso che senza quegli spezzoni di
poesia a dividere le parti il tutto avrebbe finito per essere più monotono;
invece hai avuto un’idea geniale, la poesia è stata davvero la ciliegina sulla
torta, ottima scelta.
Anche il lessico è buono, hai usato molti sinonimi e
non sei mai parsa ripetitiva. Complimenti.
Caratterizzazione
personaggi: 10/10
Perfetto. Hai descritto in maniera superba sia
Andromeda che Tonks e anche quei personaggi appena accennati, come Hermione o
Remus o Ted,… Hai usato pochissime parole per parlarci di loro, ma in quelle
poche sei riuscita a darcene una visione perfetta. Credo che in questo tu ti sia
davvero superata.
Personalmente parlando, non sopporto Andromeda Black; la
reputo la peggiore delle tre sorelle, ma tu me l’hai fatta apprezzare in una
maniera che non credevo possibile, bravissima!
Originalità:
8,5/10
Tema già trattato milioni di volte, purtroppo… Non ti ho dato
sette perché ogni tanto hai inserito qualche particolare in cui ancora non mi
ero mai imbattuta, come il discorso di Tonks sugli Auror, ma in generale non c’è
stato nulla di nuovo, a livello di originalità.
Utilizzo prompt:
5/5
Nulla da dire, l’hai usato in maniera perfetta. Nonostante il tuo
personaggio principale fosse Andromeda hai trattato la tua Nimpha con tutto
rispetto, rendendola non protagonista ma onnipresente.
Gradimento
personale: 5/5
Gli errori ci sono e la storia non è sicuramente
perfetta, ma l’ho trovata incredibile; mi ha appassionato, dall’inizio alla
fine. Credo di aver sentito come miei tutti i sentimenti di Andromeda…La rabbia
e la tristezza per la perdita della figlia, la delusione e l’amarezza,
l’angoscia,…Hai davvero del talento, dovresti imparare a sfruttarlo. Non c'è
stata una sola parte che non mi sia piaciuta! Nanche quell'antipatica di
Hermione mi ha irritata, il che raramente succede!
Davvero una storia
fantastica, hai tutto il mio rispetto!
Totale:
45,5/50