#09 Clean
- Quando
ero importante
I don't understand
What destiny's planned
I'm starting to grasp
What is in my own hands
[Clean, Depeche mode]
-
Non c'erano fotografie sulle pareti, a quei tempi.
Troppi
pochi ricordi. Un'età troppo
esigua.
Nulla da rimpiangere, nulla da devastare.
C'erano loro, soprattutto. Per i prati di Rizembool a stremarsi a suon
di corse
e risate.
Quando non c'era niente e niente era da cambiare.
[E
chissà se li abbiamo davvero vissuti, giorni
così. Giorni
vergognosamente sereni.
Forse è solo suggestione. Tante, troppe cose erano diverse.
E con esse io. E loro con me.]
-
"A
cosa giochiamo?"
Winry zampettava allegramente per il prato rigoglioso, come un
cagnolino
vivace.
Ritmava i propri passi in equilibrio su alcune rocce con un fischiettio
allegro, come una vecchia e rilassante canzone dimenticata.
Riluceva, col visino chiaro e gli occhi luminosi.
Di quegli occhi che se li guardi al sole con esso si fondono,
perché brillano
troppo. E non puoi più vedere quel che c'è dietro.
Ed si grattò la piccola testa senza grazia, producendo un
bizzarro rumore tra i
denti mentre pensava, anche troppo attentamente, al gioco da proporre.
Il che era una cosa piuttosto complicata, a dirla tutta.
Giocare con Winry escludeva il produrre qualcosa con
l’alchimia, loro grande
fonte di sollazzo, poiché così facendo la
escludevano spesso e lei se ne
lamentava animatamente.
"Ehm. Decidi tu. Ma non alla lotta."
Al soffocò una gentile risata di supporto, agitando piano la
testolina bionda,
ed attirandosi uno sguardo amareggiato del fratello maggiore.
Lei sorrise, appagata; adorava avere voce in capitolo in qualunque
cosa. Qualunque
cosa.
E ce l’aveva, con loro. Sempre,
sottolineò mentalmente, accarezzando con
affetto la piccola chiave inglese che impugnava con la mano destra.
"Sì. Tanto vinco io."
"Perché imbrogli."
"Non è vero! Mi aiuto."
"Con quella dannata chiave inglese non vale!"
"Tsé, sono una femmina, mi serve un vantaggio. Tu non sei un
gentleman.
Al invece sì. Prendi esempio. Lui mi
aiuta a rialzarmi ed è
gentile." disse lei, indicando con un dito l'altro bambino, intento a
fissare, con ben scarso interesse verso la loro piccola disputa, una
farfalla
gracile e variopinta.
"Come se non fossi già violenta senza armi. E smettila di
tirare in ballo
Al, Al un corno! Sempre, sempre Al." ringhiò Ed con un astio
che non gli
si udiva spesso in voce.
Lei rimase interdetta, poi gonfiò in modo buffo il petto,
fiera dei suoi otto
anni.
"Sei solo geloso di lui!"
"Geloso di lui? Stiamo parlando di Al, Winry. Di Al e te.
Mio
fratello piccolo ed un maschio con la gonna."
"Spero di essere io, il fratello piccolo, Ed." brontolò lei
con un
occhiata malaugurante, mentre il piccolo Alphonse contemplava
allegramente
quanto azzurro fosse il cielo, chiedendosi perché lo fosse.
Sono così...infantili., pensò
con un breve sospiro e l'aria di chi la sa
lunga sulla vita.
"Al non porta gonne. Ed è un maschio."
Qui anche Al drizzò un poco le orecchie, perché
la difesa della sua virilità
era importante.
Ed lo ripeteva sempre. Probabilmente lo aveva letto in qualche libro.
'Virile'
era una parola troppo difficile per lui, dopotutto.
"Io sarei un maschio?" ululò lei,
avanzandogli incontro con
passo marziale, così pesantemente da lasciare profonde buche
al posto delle impronte
dei sandali sul terriccio fresco, nella mente inquieta di Ed.
Si portò a pochissimi centimetri da lui, che però
si fece forza per fissarla di
rimando con aria sprezzante. Sprezzante del pericolo, a ben vedere.
"Sì. Un maschio. Guardati, non sembri una femmina. Porti
solo un vestito
da femmina. Giochi con noi a giochi da maschi. Ieri ti sei riempita di
terra.
Come noi. Ma noi siamo maschi."
Lei emise un piccolo lamento misto ad uno sbuffo insofferente,
piuttosto
indecifrabile, e ridusse gli occhi a due fessure.
"Non è vero."
"Sì."
"No."
"Sì."
"Ah, e allora giochiamo alla famiglia. Io faccio la mamma, ed Al
il
papà."
"COSA?!"
"Sì. Al?" chiamò con un sorrisino soddisfatto,
lasciando l'altro lì,
a vibrare di rabbia.
"Vieni, giochiamo."
"Mh?"
"Alla famiglia. Tu fai il papà."
Alphonse si tinse lentamente di un rosso vivace, deglutendo e
sconfortando
ulteriormente il fratello.
"...e tu la mamma?"
"Sì. Ed fa il bimbo piccolo e capriccioso."
precisò poi lei,
freddando sul nascere, con aria autoritaria, un tentativo di ribellione
del
suddetto, che prese a pestare nervosamente i piedi in terra.
Come un bambino capriccioso, per l'appunto.
"Strega."
"Mh?"
"Cioé, ehm, iniziamo pure!"
"Bene. Al, a te sta bene?"
"Oh...sì, sì."
"Allora, sedetevi." mormorò secca, facendo loro un breve
cenno, poi
un sorriso "Papà, sei stanco dopo il lavoro, vero?"
"Ah...sì, sì." replicò Al senza
particolare trasporto, solo una
stramba inquietudine lungo le spalle ora rigide e dure.
Lei parve leggergli nel pensiero, in questo. Interpretandolo nel modo
sbagliato.
"Allora ti faccio un massaggio, scopriti la schiena!" propose
candidamente, senza particolari risposte agli sguardi ora attoniti di
entrambi.
"M-ma, Winry..."
"Mh? Ti vergogni? Scusa, sai quante volte vi ho visti nudi
quando
facevamo il bagno al lago?"
"Sì, ma..."
"NON C'ENTRA!" ululò Ed senza essere stato chiamato in
causa,
dapprima polverizzando Al con lo sguardo, come se la proposta fosse
stata sua,
sondando poi Winry con indomito e fiero coraggio, sconvolgendola
leggermente e
sgonfiandosi pian piano, ansante "Sei una...femmina, insomma! Non
sta...bene."
Del suo svuotarsi si riempì lei, tirando su le labbra
contenta, perché aveva
ceduto ancora.
"Sono una femmina, allora."
"B-beh, sì, alla fine sì."
"Va bene, se ti vergogni tu per Al non lo faccio."
"Bene."
"Però...insomma, è stanco. Parla con tuo figlio
della giornata, papà, io
preparo il pranzo, poi andiamo a dormire." conciliò
serenamente la
bambina, chinandosi a raccogliere piccoli fiori per simulare un pasto.
Alphonse sentì il colletto della camicia stringerglisi
strangolante al collo.
Faceva molto, molto caldo.
"...insieme?"
"Sì, insomma, siamo sposati." minimizzò senza
cautela lei,
affaccendandosi con attenzione tra i gambi sottili.
L'esplosione giunse ancora da Ed che, senza apparente motivo, pareva
non
apprezzare affatto la trama della sceneggiata.
Era angosciante e pesante, per la sua ristretta mente cocciuta.
"No."
Questo pizzicò scortesemente la sensibilità
già bruciante di Al, che strinse
gli occhi e i denti.
"Perché no, nii-san?" sillabò con una lentezza
furiosa che lui,
troppo preso dalla sua, di furia, non calcolò minimamente.
"...manca l'anello." precisò quindi l'altro con un ghigno
sottile e
trionfante.
Questo toccò il limite che un buon fratello non deve mai
superare, in una
educata conversazione con il sangue del suo sangue; così il
minore dei due,
profondamente ferito nell'orgoglio, si curvò sul prato a
cogliere un piccolo
fiore, intrecciandone lo stelo in una curva modesta e gentile, che
allungò al
dito della bambina perplessa.
Molto perplessa, con gli occhi tondi e chiari che si andarono via via
spalancando ulteriormente.
"Ora c'è. Winry, ci sposiamo?"
"Uh?"
"Ma che cretinate dici, non vi potete sposare!"
"E invece sì."
"NO."
"Ehi, qui decido io!" esclamò lei ponendosi tra i due
contendenti,
che si erano, frattanto, alzati e schierati l'uno contro l'altro,
agitando i
piccoli pugni.
"Uh?"
"...e vince Al." li placò paziente lei, perdendo espressioni
più
sentite, e volgendone una esausta al coetaneo "Perché
è gentile. Tu
no."
"M-ma mica volevo sposarti anch'io...era tanto per dire."
"Non volevi, nii-san?" si stupì Al, inarcando un
sopracciglio,
curioso.
"Lei è un maschio. Complimenti, Al. Hai sposato un uomo."
"Nii-san!"
"Che c'è?"
"Non devi dirle così."
"E' la pura verità, Al. La mamma ci ha insegnato a non dire
bugie."
sottolineò cantilenante Ed, sorriso vendicativo e furioso
sempre più ampio tra
le labbra.
"Non dire così!"
"Pensi che si metterà a piangere? Lei non piange mai. Non
è sensibile. E'
come noi, no?"
Implacabile, li derideva entrambi per sfogare la sua infantile
frustrazione, e
guardava Al con un sorrisino di scherno e fievole disprezzo, volgendo a
lei le
spalle.
Ed alle spalle ella lo colpì, con un singhiozzo soffocato
tra le dita che si
morse piano, levando un pugno con cui non riuscì a toccarlo,
perché si arrese
all'evidenza della sua crudeltà.
Al, curandosi di sgomitare con forza il fratello, nel raggiungerla, le
strinse
con tenerezza le esili scapole, guardando male l'altro, crollato
sconvolto in
terra, mano allo stomaco.
"Sei cattivo, Ed. Sei sempre cattivo con me. Mi odi?"
Qualcosa d'indefinito ma di veramente velenoso pungolò il
suo cuoricino
testardo, gettando al vento ogni scarna scusa o barriera tra lui e
qualcuno a
cui non voleva darla vinta.
Tremò, Ed. Si arrese.
"N-no che non ti odio."
"Bugiardo."
I singhiozzi si mischiarono al vivace tremolio della schiena di Ed; o
meglio,
lui ne seguì il ritmo, scosso e con i piccoli pugni serrati
sui fianchi.
Non c'era più sciocco orgoglio a tenergli la testa alzata,
solo quieto rimorso
a prostrarlo senza forze a quella cosina delicata che piangeva sulla
spalla
poco più alta del suo fratellino.
Anche Al gli negava comprensione, davanti alla giustizia.
Anche il suo perenne complice non chiudeva gli occhi davanti
all'ineluttabilità
del primo grave disastro dei tanti che aveva combinato.
Una colpa bruciante, una macchia indelebile portata con rigore sul
petto come
un fiore elegante e come esso pronto a piegarsi se non sistemato
adeguatamente.
Un sentimento che andava alimentato, nei confronti di sé
stesso, a monito di
quella sensazione sgradevole che non voleva sentire più,
causata dalle labbra
di Winry.
I pianti erano fastidiosi, per lui. Una parte intima di una persona
condivisa
con qualcuno di cui ci si fida.
Lui non la meritava, quella fiducia. E neanche quel pianto.
"Mi dispiace. Mi dispiace, non volevo. Non piangere. Non piangere,
smettila, dài."
"Zitto. ZITTO."
Lui allungò una mano, lei allontanò la spalla.
Lui strinse le labbra, lei arricciò il nasino avvinghiandosi
forte ad Al.
Ed il culmine giunse quando una lacrima sommaria percorse il viso di
lui; non
singhiozzò, perché Al lo stava guardando, mentre
accarezzava ancora la testa di
Winry.
"Smettila, SCEMA! SMETTILA."
"Ed..."
"SI', ti odio, bene, BENISSIMO!"
Lei sgranò gli occhi, portandosi una mano alla bocca. Poi,
lievemente, si
sciolse dalla tenera presa di Al ed avvicinò il maggiore dei
fratelli,
guardandolo fisso negli occhi.
"Grazie."
"Nii-san, idiota, cosa..."
"Va bene così, Al. Io sono contenta."
Con una breve stretta alla mano di Ed, Winry si sentì, a
conti fatti,
confortata.
"Va bene perché anche se dice queste cose guardandolo so che
non è così.
Va bene perché, dopotutto, non ho ancora deciso chi
sposerò."
"E dopotutto, Ed, tu mi piaci molto."
Era stata davvero importante. Per lui, per loro.
E non c'era cosa che potesse renderla più felice.
Non la odiava. Si era umiliato. E non la odiava.
Aveva lacrimato. E, soprattutto, non la odiava.
"...come figlio, intendo." sottolineò poi con un sorrisino
furbo,
annientando con esso le parole timide che stavano per nascere dal
groppo in
gola di lui.
Ed scosse la testa e sbuffò, senza più guardarla,
mentre Al li osservava
incerto.
"Meglio così. Oh, beh, allora giochiamo?"
"Fratellino, sei malizioso."
"Ma...ma perché?"
"Ora vuoi giocare per fare cose sporche con lei!" lo accusò
Ed
risentito, digrignando i denti.
"Cose...sporche?"
"Oh, SAI cosa intendo!" borbottò l'altro, prendendolo per il
colletto
senza furia, ma turbato.
E tremarono entrambi, per motivi diversi.
"Insomma..." rabbrividì vistosamente il più
grande, inspirando
profondamente "...quella roba che fanno i grandi, tipo...tenersi per
mano", smorfia, "...sbaciucchiarsi", conato di vomito
"...e...e non so che altro. Ah, sì, ecco..." concluse lui in
una
climax ascendente composta da strani valori "...abbracciarsi."
Alphonse aggrottò la fronte ed allungò una manina
in faccia al fratello per
allontanarlo "E questo è disgustoso, per te?"
Sospirò forte, facendogli poi una linguaccia mentre correva
allegramente a
raggiungere una Winry poco interessata, persa a guardare una farfalla
posatasi
su un fiore "E, alla faccia tua, noi siamo sposati."
"Uh."
"Sì, proprio così."
Winry sorrise e gli prese la mano, tutta intenerita; Alphonse
deglutì e si
sentì percuotere dall'interno, preso alla sprovvista.
"Siamo una coppia felice." sorrise lei, vivacemente "Ma abbiamo
un figlio cattivo. Perché..."
Ed non disse nulla. Si imbronciò, mettendosi le mani nelle
tasche e calciando
con noncuranza alcuni sassolini in terra.
La fantasia di Winry vagheggiava sul confine tra cielo e terra. Un
sassolino
urtò la caviglia di Al e si accigliò.
"Ecco, ora ricordo. Ieri hai fatto cadere il papà,
monellaccio."
disse, scostandosi nuovamente da Al per dare un colpetto sullo sterno
ad Ed
"E si è rotto le gambe."
"Ugh-, andiamo, quello è stato ieri,
Win...Al sta bene."
Affatto contenta, lei corse dall'altra parte, come animando delle
bambole in
una recita, raddrizzando Al e facendolo sedere, tutta impettita.
"Si è rotto le gambe, vedi. E' triste. Lo hai reso triste,
quindi sono
triste anch'io."
Ed deglutì, timoroso nell'accostarlesi nuovamente, trovando
sul suo volto occhi
dallo scintillio profondamente malevolo.
"Scambio equivalente, sai. Lo dite spesso. Ora le gambe deve rompertele
Al."
Fiera fomentatrice di rivolte, puntò col dito il visetto
ridente del bambino
più piccolo, che si fregò le mani, lieto di un
incoraggiamento a lavare nel
sangue l'onta subita, quando ad onta appena ricevuta non aveva osato,
per
serbare pienamente il suo decoro, fare a botte col fratello davanti a
Winry.
"Con piacere, Win!"
Visibilmente turbato, l'offensore indietreggiò vanamente.
"Ma ehi, no, no, scemi, che..."
Non realizzò se facessero sul serio o meno, dal momento che
Al tra le risatine
sincere di Winry-no, probabilmente sarebbe solo corso da lui a
prenderlo a
pizzicotti- si stava rimboccando le mani e scrocchiando rumorosamente
le
dita...
Non lo realizzò e ringhiò piano, incrociando le
braccia.
"Ma perché? Ahh, voi siete pazzi, me ne vado!"
Fu una constatazione confusa, quella di lei, che tremò un
poco, mentre Al si
fermava, portandosi una mano alla bocca.
Avrebbe semplicemente voluto chiedere a Ed quando sarebbe tornato, ma
non lo
fece.
"E torni?"
Lui la fissò interdetto, per diversi istanti.
"Sì che torno."
Lei non seppe se sorridere o sospirare afflitta, nel suo corpicino
bambino,
accorata nel ricercare qualcosa che andava al di là del dato
di fatto che Ed
non stesse realmente andando in nessun posto irraggiungibile. C'era
qualcosa di
doloroso, in quella frase.
Qualcosa che la faceva sentire assurdamente triste.
-
Nonostante
tutto, non riesce proprio a piangere. Le nuove foto sono tante, le cose
preziose- le nuove speranze- tantissime.
[Prima di
avere desideri. Prima
di avere pensieri
nostri, c'era questo.
Prima che trattenerli lì avesse importanza- c'erano
sempre, sai. E prima
che io perdessi la mia.]
Fine
Una fic in cantiere da un sacco di tempo. E, come le altre, tutta
dedicata al
theme-set Violator di Maki postato sul forum, per gli EdWin hints,
anche se è
quasi una amorevole e tacita sorta di threesome. Molto quasi. E' una
sorta di
lettura un po' leggera-molto leggera per i miei gusti-, con uno stile
leggerissimo che non credo mi si vedrà usare spesso.
E' assurdamente semplice, per i miei standard, a livello di stile, ma
non
durerà oltre questa fic, in cui è stato
funzionale.
Per quanto abbia realizzato che alcuni punti di Personal Jesus
risultassero
pesanti per davvero, infatti da quella in poi pian piano cerco sempre
di
alleggerirmi.
Un po', ecco.
Questa è la mia personalissima versione del famoso "Ricordi
che da piccoli
abbiamo litigato anche su chi doveva sposare Winry, eh, nii-san?".
Nel manga Winry dice che questo episodio dovrebbe essere avvenuto
quando
avevano cinque anni, ma è una sua supposizione incerta.
Qui hanno circa otto e sette anni.
Non me ne incolperò troppo e spero che vorrete perdonarmelo.
Questa fic è una cosina a volte sul limite del nonsense e a
volte ragionata. Vi
prego di leggerla con l'ansia di Winry stessa, perché il
fulcro del tutto è
l'amarezza di quello che è stata per i suoi amici rapportato
a quello che è
ora, per quanto sia nella sua testa.
Dopotutto, se non la avvisano di nulla è perché
non possono o non vogliono
metterla in pericolo.
Solo che lei questo non lo sa.
Questa Winry amabilmente maschiaccio è stata costruita
basandomi su mie
supposizioni personali, ma è risultata essere
incresciosamente ed ambiguamente
simile alla mia adorabile beta Sìl-Sìl da giovane
(ma se la chiamate Win-Win è
lo stesso, allo stesso modo pretende di sentirsi amabilmente dire cose
scontate
a parole. E umiliarmi. E torturarmi psicologicamente...sì,
sono Ed, rispetto a
lei XD), aka Onda.
Grazie, vecchia scema, e ti prego ancora di betarmi Don't look. Non per
metterti fretta, ma per rendermi odiosa *mette il broncetto alla Ed e
saluta i
lettori con una pacchetta sulla testa per uno*.
Dalla ella sono stata minacciata con inusuale, uhm, freddezza(?),
poiché ha una
passione snaturata per questa fic scema, affinché postassi
presto questa fic.
Adeguatamente pignola su questo scritto sbozzato troppo in fretta,
è una
ragazza meritevole di fiducia, sì.
E che si merita un credit per l'adorabile trovata dello scambio
equivalente
"Ora ti rompe lui le gambette, yay!".
Un altro credit, per l'idea di far giocare alla famiglia i bimbi, che
mi
serviva proprio, va a questa fic, mi sono
illuminata
leggendola.
Uh, e aspettatevi presto anche un altro amabile drabble a tema EdWin.
Un
drabble cretino *si allontana imbarazzata*.
Ovviamente, amo tutti i recensori. Recensite anche questa stupida fic
per avere
il mio amore eterno. Pressappoco, insomma.
Alla prossima XD.
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