Buonasera
cucciolotti miei... dopo tante peripezie e, come al solito, aver
mancato ad una promessa che vi avevo fatto (proprio non sono riuscita
ad aggiornare ieri) eccomi qui... dunque... questo capitolo, il post ti
amo, ci porta una bella sorpresa.. o almeno.. io credo sia bella, spero
che anche voi apprezziate. ^^ diciamo che, dopo un capitolo
così intenso è difficile competere,
però, stiamo volgendo verso la fine quindi bisogna
necessariamente chiudere qualche altra questione che è
rimasta in sospeso e se date un'occhiata all'immagine qui sotto,
capirete a chi mi riferisco :) bene, vi lascio al capitolo augurandovi
buona lettura e chiedo ancora scusa per il ritardo. Vi amo tutti e
sappiate che, anche se non ho ancora risposto alle vostre magnifiche
recensioni, le leggo tutte, una per una, e le adoro, perchè
mi danno la forza e mi fanno sentire il vostro affetto, sempre e
comunque, quindi GRAZIE! Ci vediamo Martedì prossimo o,
molto più probabilmente Mercoledì, con il
penultimo capitolo (eh sì ç__ç) vi
faccio sapere meglio sulla mia pagina Fb. Un bacione <3
p.s.
Grazie Dan mio... :*
n.b. Pagina Fb (
Dreamer91)
Raccolta (Just
a Landing - Missing Moments ) - momentaneamente sospesa,
ma riprenderà appena possibile, promesso!
New
York City.
Ore 10.23 A.M 22 Aprile 2012 (Domenica)
Bellissimo.
Semplicemente
bellissimo. Questa era l'unica parola che mi veniva in mente in quel
momento, mentre osservavo Blaine dormire al mio fianco. Era bellissimo
lui, era bellissimo il calore che il suo corpo irradiava, era
bellissima l'espressione serena che gli disegnava il volto, era
bellissimo trovarsi così vicino dal poterlo toccare e sapere
perfettamente di poterlo fare, perché ormai non dovevo
più farmi scrupoli, perché lui era mio - il mio
ragazzo,
Santo Cielo! - e perché mi amava. Sì... mi amava.
Non era
stato un sogno, lui era reale, il suo corpo nudo steso accanto al mio
lo era, l'intorpidimento che sentivo alle gambe lo era - e per quello
mi ritrovai inconsapevolmente a sorridere ed arrossire - l'amore che
sentivo scaldarmi il petto.. lo era. E poi, non credevo di poter essere
capace di sognare qualcosa in maniera così perfetta,
perché probabilmente neanche nel mondo parallelo dei sogni,
un
momento avrebbe potuto essere così speciale e.. bellissimo,
appunto.
Sospirai estasiato, dando un'occhiata veloce all'orario sul mio
telefono e ridacchiando del fatto che, in tutta la mia vita, non mi
fossi mai trattenuto così tanto e in maniera così
sfacciata a
letto. Mi sarei potuto alzare, come era successo quella volta nel mio
appartamento, e andare a preparare la colazione, anche se a conti fatti
era casa di Blaine e, per quanto fosse ormai parecchio familiare, era
giusto che se ne occupasse lui. E poi... beh, sarei stato uno stupido
ad abbandonare volontariamente un giaciglio tanto comodo e caldo solo
per un bisogno tanto stupido quale la fame. Mi sarei sfamato di amore e
della visione meravigliosa di Blaine. Qualche istante dopo, con un
profondo sospiro sereno, si mosse appena
verso di me, fino ad intrecciare una gamba con la mia e riuscire a
poggiare le labbra sul mio collo, facendomi arrossire.
"Sento il tuo sguardo perforarmi da parte a parte..." un mormorio
leggero mi giunse all'orecchio, facendomi ridacchiare. La sua voce di
prima mattina, assonnata, era a dir poco sublime ed io sentii il mio
stomaco contorcersi piacevolmente
"Credevo di essere stato più discreto." scherzai, affondando
senza pensarci una mano tra i suoi ricci, accarezzandoglieli
"No, non lo sei stato..." rispose divertito, lasciandomi un bacio
leggero sulla spalla che mi fece rabbrividire
"Mi dispiace.."
"Non farlo!" mi bloccò sollevando la testa e puntando i suoi
occhi dorati nei miei, riuscendo a farmi meravigliare per l'ennesima
volta di quanta profondità ci fosse all'interno e di quanto
potessero sembrare caldi e rassicuranti. Un colore... un semplice
colore poteva fare tutto questo.
"Cosa?" domandai ipnotizzato
"Non dispiacertene... per quanto mi riguarda, è stato il
miglior
risveglio di sempre." mi assicurò, con un sorriso dolce che
mi
fece sorridere di conseguenza "Fosse così tutte le mattine."
aggiunse in tono leggero, tornando ad affondare il viso nell'incavo del
mio collo, facendomi il solletico con il respiro
"Che cosa mi stai chiedendo Blaine?" gli domandai divertito, ma con il
cuore che batteva all'impazzata nel petto. Lo sentii ridacchiare ed
accucciarsi maggiormente a me
"Niente... cioè... niente che valga la pena di essere
affrontato
a stomaco vuoto." rispose risollevando la testa e sorridendo ancora,
quella volta visibilmente allegro. In quel momento, vederlo
così
disteso, così tranquillo, così affettuoso e
così
maledettamente bello, mi fece dimenticare tutto, perfino del fatto che
non mi fossi ancora lavato i denti, e mi sporsi verso di lui, per
annullare quella ridicola distanza, e feci mie quelle magnifiche labbra
morbide e sorridenti che, contro ogni aspettativa, risposero
immediatamente al mio tocco, riportandomi con la memoria alla sera
precedente, quando c'erano stati tanti baci passionali, tante carezze,
tanta pelle a contatto - non che in quel momento ce ne fosse poca -
tanta sorpresa... nelle prime due esperienze con lui, avevo seriamente
creduto di aver sperimentato tutto ciò che ci fosse da
sperimentare; quella notte, invece, mi ero reso conto di non avere
neanche idea di quanto ancora potessi prendere ed offrire ad un corpo
come il suo.
Ci staccammo qualche istante dopo, quando entrambi sentimmo la
necessità impellente di respirare, e senza metterci
d'accordo,
ci ritrovammo a sorriderci, visibilmente emozionati e decisamente
troppo coinvolti da quello che era partito come un semplice ed
innocente bacio del buongiorno.
In effetti... anche io
vorrei che tutte le mattine, fosse esattamente così...
In quel momento, proprio mentre mi preparavo per dire qualcosa di
romantico, tipo quanto fosse stato bello fare l'amore con lui la sera
precedente o quanto adorassi la smorfia tenera che metteva su quando
dormiva, accadde qualcosa di... spiacevole: il mio stomaco
urlò
come un indemoniato, riuscendo ad irrompere violentemente in quel
momento tanto splendido, e congelandomi sul posto.
Cazzo...
Ci guardammo per un lungo e silenziosissimo istante, mentre sentivo la
mia faccia riscaldarsi gradualmente e la sua contrarsi appena, in
quella che sembrava decisamente un inizio di risata e un tentativo per
trattenerla
"Non osare..." lo minacciai, puntandogli un indice contro. Lui si
strinse tra i denti un labbro e scosse la testa, ma era evidente che
fosse prossimo all'esplodere
"Blaine!" lo ammonii, perdendo un pò di quella decisione e
iniziando a trovarci perfino io qualcosa di esilarante. Lui si
lasciò
scappare un verso, che mascherò con un colpo di tosse,
portandosi la mano davanti alla bocca e continuando a guardarmi con i
suoi occhi maledettamente divertiti. Così alla fine cedetti,
con un lungo sospiro ed un sorriso
"D'accordo... ho fame, tanta fame... contento?" borbottai, tirandogli
uno schiaffetto giocoso sullo stomaco e lui finalmente si
liberò
dalla costrizione della mano e scoppiò a ridere, con una
meravigliosa ed armonica risata che riuscii a contagiare anche me
"E colazione sia! Ci penso io, tu intanto... rimani pure qui, ti chiamo
quando è pronto!" si allungò per lasciarmi un
altro bacio
leggero sulla bocca e mi sorrise tenero, prima di sollevarsi a sedere e
iniziare a rivestirsi sotto i miei occhi estasiati. Proprio mentre si
infilava i pantaloni, mi venne in mente una cosa
"Ehm.. Blaine?"
"Sì?" fece lui, girandosi verso di me
"Potrei... ecco... approfittare della tua doccia?" domandai leggermente
a disagio, sentendomi arrossire. Lui mi sorrise quasi immediatamente,
in maniera del tutto spontanea
"Ma certo, non c'è neanche bisogno di chiedere! Fai pure con
comodo e... gli asciugamani puliti sono nel mobiletto sotto il
lavandino." mi informò e, prima di sparire in corridoio, mi
rivolse un altro sorriso da stordimento. Sì, ero decisamente
un
caso disperato e difficilmente mi sarei abituato a tutto quello.
Avvolgendomi una coperta addosso, mi rintanai in bagno ed aprii il
miscelatore dell'acqua calda, dando nel frattempo un'occhiata in giro,
in cerca degli asciugamani di cui mi aveva parlato. Qualcosa
però attirò la mia attenzione e, con un
sorrisetto
emozionato, mi permisi uno strappo alle regole, una trasgressione
davvero molto.. trasgressiva e così, dopo essermi dato una
lavata veloce ed aver, accidentalmente, usato un pò del suo
bagnoschiuma - papaia e mango - mi affrettai ad uscire e con un sorriso
estasiato mi avvolsi il suo accappatoio addosso. Ed era esattamente
come avevo immaginato: quella piccola trasgressione era eccitante e
piacevole e sapere di aver addosso la stessa spugna che normalmente
sfiorava il suo corpo, mi faceva stringere lo stomaco.
Tornai in camera, tendendo d'occhio la cucina, dalla quale proveniva il
profumo del caffè, e mi rivestii in fretta e furia, quasi
temessi che da un momento all'altro potesse tornare e potesse
accorgersi di quel piccolo furto fuori programma. Ma alla fine ebbi la
meglio, perché riuscii perfino a rimettere al posto giusto
l'accappatoio rubato e con un sorriso soddisfatto, mi diressi in
cucina, affamato come non mai.
Qui, dove il profumo del caffè si mescolava armonicamente a
quello invitante e delizioso delle frittelle, trovai Blaine, chino
sulla tavola, con un cucchiaino in mano e il barattolo del cacao
nell'altra, concentrato su qualcosa, e con la punta della lingua
stretta tra le labbra. Ma cosa diavolo stava facendo?
"Ehi.." mormorai, per attirare la sua attenzione, ma riuscii soltanto a
spaventarlo, tanto che lo vidi saltare sul posto, lasciandosi scappare
dalle mani il barattolo del cacao che atterrò, per
fortuna, sul tavolo, alzando una piccola nuvoletta scura. Si
portò immediatamente una mano sul petto, chiudendo gli occhi
"Dio Santissimo... stavo per rimanerci secco." borbottò con
un
lungo sospiro. Io, dispiaciuto al massimo, mi avvicinai a lui e gli
strinsi la mano
"Oh, Blaine scusami io..." ma il mio sguardo fu catturato da qualcosa,
qualcosa di piccolo e incredibile che stava sul tavolo, qualcosa che
galleggiava appena sulla superficie del caffè, qualcosa che
mi
fece bloccare il respiro nel petto. Un piccolo cuore color cioccolato
sembrava quasi sorridermi dall'interno della tazza, nonostante la
piccola sbavatura che c'era su un lato ed era... Dio era bellissimo!
"Blaine..." mormorai quasi senza fiato, mentre iniziavo a realizzare
quanto idiota fossi e quanto dolce invece fosse lui. Lo vidi arrossire
leggermente e portarsi una mano sulla nuca, imbarazzato
"Lo so che non è un granché... ma io scrivo
musica...
l'artista tra i due sei tu e poi mi hai fatto spaventare quindi...
è uscito fuori un bel disastro." si scusò allora,
indicando la tazzina. Sollevai lo sguardo su di lui, sorprendendomi di
trovarlo ancora leggermente imbarazzato, ma meraviglioso come sempre.
"Lo hai fatto... per me?" domandai appena e lui annuì
lentamente
accennando un piccolo sorriso intimidito. E quello fu senza dubbio,
ciò che fece scattare in me qualcosa, perché mi
ritrovai
ad avvolgergli le braccia al collo e a stringere forte e ad affondare
il viso tra la spalla e il collo e ad inspirare forte il suo odore
familiare ed avvolgente e... ad amarlo appena un pò di
più.
"É bellissimo... grazie!" gli sussurrai all'orecchio e
subito lo
sentii sorridere e stringere appena un pò di più
la presa
attorno ai miei fianchi di conseguenza. Aveva avuto la stessa idea a
cui avevo pensato anche io, la mattina in cui a casa mia volevo
preparargli la colazione, solo che quella volta David ci aveva
interrotti e quindi il sorriso al gusto di cacao che avevo preparato
con tanta attenzione per lui, ero stato costretto a berlo io, mentre
lui scappava come un ladro dal terrazzo per non farsi scoprire. Quella
mattina tutto era andato storto, e adesso, a distanza di un paio di
settimane.. quel tutto aveva acquistato un senso, quel tutto era
diventato magico, quel tutto eravamo io e lui, senza più
intrusi. E quella volta, al posto di un semplice sorriso, c'era perfino
un cuore che coronava la nostra giornata.
Rimanemmo abbracciati ancora un pò, in mezzo a quella cucina
che
ancora profumava di caffè e frittelle, fino a che il mio
stomaco
non brontolò di nuovo, quella volta in maniera leggermente
più discreta
"Coraggio... sediamoci altrimenti si fredda tutto." mi disse, e mi
lasciò libero, non prima di avermi lasciato un leggero bacio
sulle labbra ed avermi sorriso ancora. Ci sistemammo uno di fronte
all'altro, come la prima volta, e molto serenamente iniziammo a
mangiare - per la gioia del mio stomaco - ed ovviamente, quello che
aveva preparato si rivelò straordinario.
"Se la carriera musicale non dovesse andare bene, puoi sempre buttarti
sulla cucina!" esclamai, infilzando un pezzo di frittella con la
forchetta, e facendolo ridacchiare
"E se... volessi cucinare soltanto per te?" mi sfidò
malizioso,
inarcando un sopracciglio. Risposi alla sua provocazione con un mezzo
sorriso sghembo
"In tal caso... il resto del mondo dovrà fare a meno della
cucina Anderson. A quanto pare è per privilegiati."
ribattei,
servendomi di un altro pezzo di frittella e alla fine, nonostante la
bocca piena, mi unii alle sue risate, che accendevano lentamente la mia
giornata, nella maniera più incredibile ed intensa
possibile.
Finimmo di fare colazione tranquillamente, parlando del più
e
del meno, senza però fare accenni alla sera prima,
né a
quello che ci eravamo detti, tanto che, con una certa nota di
dispiacere annidata nel petto, iniziai a sentirmi seriamente uno
stupido, perché per un momento, in quel letto, avevo davvero
creduto che ci fossimo confessati a vicenda il nostro amore e che
avessimo perfino stabilito di stare insieme, come coppia. E allora
perché, una volta sorto il sole, non ne avevamo
più
parlato? Era semplice imbarazzo oppure semplicemente mi ero immaginato
tutto, come avevo temuto all'inizio, svegliandomi?
"Io devo andare... Rachel mi aspetta e questa volta dico sul serio!"
annunciai, recuperando il cellulare e la giacca dal soggiorno e
girandomi verso di lui, per sorridergli.
"Non è che c'è un'altra sorpresa... magari questa
volta
nel tuo appartamento?" domandò divertito, avvicinandosi
"Purtroppo no." risposi ridacchiando "Adesso si lavora... e si fa sul
serio." e con un sospiro sottolineai quello che mi aspettava, quello
che dovevo fare per il concorso, in poco più di dieci
giorni.
Lui mi raggiunse, mi poggiò una mano sulla guancia, che
accarezzò lentamente, dopodiché mi sorrise
"Ce la farai, Kurt.. ne sono sicuro. Io... ho fiducia in te e sono
certo di non essere l'unico." mi disse con convinzione e tenerezza,
riuscendo a farmi sciogliere, appena un altro pò
"Grazie." risposi ed ero pronto ad abbassare gli occhi ed andarmene,
ancora con quel leggero magone in gola, per aver realizzato di essere
immaginato tutto quanto, quando all'improvviso lui..
"E se questo non dovesse bastare.. ricordati che ti amo... per sempre e
anche oltre." fece con ancora più convinzione e
intensità
e tenerezza. Ed io, che ero davvero un idiota geneticamente modificato,
e che per la seconda volta, mi ero ritrovato a mancare un paio di
respiri per quelle parole, sorrisi, sentendo chiaramente il magone
sparire, dissolversi e lasciare il posto ad una piacevole sensazione di
benessere, come una carezza, che risaliva per tutto il corpo,
riscaldandolo.
L'ha detto ancora.. e
non siamo nel suo letto, non siamo nudi... è reale...
"Ti amo anche io e... per farmelo ricordare, mi sa che dovrai ripeterlo
un pò più spesso da adesso in poi!"
così evito di
pensare di essermelo immaginato, aggiunsi nella mia mente. Lui sorrise
e si sporse per lasciarmi un morbidissimo bacio a fior di labbra
"Molto... molto... molto... volentieri, signor Hummel!" mi
assicurò a pochi centimetri dalle mie labbra, che si
incurvarono
automaticamente in un sorriso.
Mi ama... lui mi ama...
ed io non mi sono immaginato nulla...
Bastò un solo istante per ritrovarci di nuovo legati in un
profondo bacio, in mezzo al salotto, lì dove la fretta e la
paura sembravano essere spartite e dove la voglia di lui si riaccendeva
prepotentemente. E forse, ci saremmo anche lasciati andare alla
passione che bruciava di nuovo tra di noi, se il campanello non avesse
preso a suonare proprio in quel momento, interrompendoci. Lui
scoppiò a ridere di gusto
"Ecco appunto... è appena finito il nostro periodo di
libertà... adesso il mondo torna ad avercela con noi!"
esclamò lanciando un'occhiata verso la porta, dalla quale
provenne un altro suono insistente. Risi anche io di gusto,
approfittandone per infilarmi la giacca
"Non ti lamentare.. stanotte siamo stati fin troppo fortunati."
ribattei, mentre si avviava alla porta per aprirla. Ma prima di farlo,
si girò verso di me e mi rivolse un'occhiata di fuoco, piena
di
malizia e lussuria, che mi fece tremare
"E chi si lamenta." mormorò, per poi sorridermi ed aprire
finalmente la porta. Ad aspettarci dall'altro lato ci fu l'ultima
persona che in assoluto avrei potuto immaginare. Per un momento avevo
creduto che Quinn fosse tornata prima, o che fosse Rachel che reclamava
la mia presenza, o peggio che Sebastian non avesse mantenuto
il patto che
aveva stretto con me il pomeriggio precedente - quando lo avevo
chiamato e minacciato malamente, se si fosse di nuovo presentato a
sorpresa a casa di Blaine. Ma non fu nessuna di queste persone.
Io e Blaine rimanemmo senza parole, fermi a fissare Artie Abrams, con
la sua sedia a rotelle e l'espressione indecifrabile e nessuno dei tre
trovò qualcosa di sensato da dire nei primi due lunghissimi
minuti. Io l'unica cosa che riuscii a notare, fu l'occhiata sospetta
che Abrams mi lanciò, forse sorpreso dal fatto di trovarmi a
casa di Blaine, ma non commentò, né diede segni
evidenti
di esserne infastidito.
Ci mancherebbe... rischierebbe davvero il linciaggio questa volta...
"E tu che diavolo vuoi?" domandò Blaine confuso, senza
soffermarsi sulla forma né tanto meno sull'educazione. Quel
tizio ce ne aveva dette di tutti i colori l'ultima volta, quindi ora
Blaine aveva il Sacrosanto diritto di trattarlo in quel modo. Anzi, io
avrei senza dubbio fatto di peggio.
"Parlare con te, se fosse possibile!" rispose pratico, con le mani
unite in grembo e un sopracciglio alzato. Intuii immediatamente che
marcare il tono su quel 'con te' fosse un'allusione al fatto che io
lì, fossi
di troppo. Se non avessi avuto da fare, per principio sarei rimasto,
solo per la soddisfazione di fargli un torto. Ma avevo un lavoro
urgente da portare avanti e non avevo intenzione di perdere tempo
dietro quell'idiota cinico e mentalmente disturbato.
"Parlare di cosa? Io e te non abbiamo niente da dirci, mi pare.." fece
Blaine scettico, rispondendo esattamente come anche io avrei fatto, se
fossi stato al posto suo. Artie non si scompose minimamente, anzi, si
girò nuovamente a guardarmi e quegli occhietti azzurri,
nascosti
in parte dalla spessa montatura, per un momento mi misero in
soggezione. E per la seconda volta da quando avevo avuto il dispiacere
di conoscerlo personalmente, mi ritrovai a chiedermi come potesse uno
così, provocare tutto quello.
"Io non ne sarei così sicuro se fossi in te. Ti assicuro che
quello che ho da dirti è importante e... vorrei da te la
massima
attenzione.. oltre che un pò di tranquillità!" e
nel dirlo mi
lanciò un'altra occhiata.
Cazzone di un Abrams.. quello è il mio ragazzo, guai a te...
"Io tanto stavo andando via.. vi lascio da soli!" esclamai, rivolto
più che altro a Blaine, cercando il suo sguardo, che per
fortuna
ritrovai qualche istante dopo. Mi sorrise con la sua solita disarmante
dolcezza, dopodiché, mentre io mi avvicinavo per uscire
dalla
porta e Artie indietreggiava con la sua sedia per farmi passare, Blaine
mi afferrò un polso e mi attirò a sé,
fino a fare
scontrare le nostre labbra, per un breve ma morbidissimo bacio. In un
primo momento non mi resi neanche conto di quello che successe,
perché fu davvero troppo veloce e inaspettato. Poi
però,
ci pensarono gli occhi di Blaine a riportarmi alla realtà e
riuscii a realizzare tutto: Blaine mi aveva baciato, sulla porta del
suo appartamento, un bacio per salutarmi visto che stavo andando via,
un bacio che sapeva ancora di tante cose successe e di tante altre che
speravamo succedessero ancora. Ma soprattutto fu un bacio dato davanti
ad un pubblico, e maledizione.. Abrams già ci odiava, poi
dopo
quella provocazione, saremmo entrati di diritto nella sua lista nera.
Oh al diavolo... io amo quest'uomo, e ho bisogno di gridarlo ai sette
venti, incluso questo scorbutico di Artie Abrams...
"Ci vediamo dopo... buon lavoro. Salutami Rachel!" mi disse a
pochissimi centimetri di distanza, mentre io già assaporavo
mentalmente la possibilità di sporgermi di nuovo verso di
lui
per baciarlo ancora, perché lo volevo troppo,
perché mi
piaceva da impazzire. Ma mi trattenni
"Grazie... a dopo." risposi, leggermente intontito, con un piccolo
sorriso scemo sul volto. Mi staccai da lui, lanciando un'occhiata ad
Artie prima di superarlo ed imboccare le scale: aveva la testa
abbassata, ma nessun tipo di smorfia contraeva il suo viso, sembrava
più che altro qualcuno che, per discrezione, aveva preferito
abbassare gli occhi e concedere un momento di privacy. In un certo
senso, gliene fui grato, per quanto strano potesse sembrare, ma mi
passò subito, non appena lui rialzò gli occhi e
li
puntò nei miei, congelandomi.
Ribadisco... sei un cazzone...
Senza dire altro, scesi al piano inferiore e una volta davanti la porta
di Rachel bussai. Sentii un paio di guaiti di Cooper giungere da dietro
il legno e la voce delicata di Lea gridare qualcosa come "Aspetta,
manca ancora lo smalto!". La porta si aprì un istante dopo,
per mano della mia amica sorridente e dall'aspetto fresco e riposato
"Buongiorno bel ragazzo!" mi salutò pimpante
"Buongiorno a te, splendore!" risposi rivolgendole un sorriso della
stessa natura. Qualcosa mi diceva che entrambi avevamo qualcosa di cui
essere felici. Si fece da parte per farmi passare ed io raggiunsi il
salotto dove Lea, seduta in un angolo, tra pupazzi e costruzioni, stava
spazzolando il povero Cooper, con il pettine delle sue bamboline. Lui
se ne stava scompostamente seduto, e sbatteva freneticamente la coda,
gli occhi leggermente spalancati e non appena mi vide mi venne
incontro, quasi avesse appena trovato una ciotola extra di croccantini.
"Ehilà, Coop... hai fatto il bravo?" domandai, mentre lui
saltellava in cerchio, continuando ad abbaiare
"É stato un angelo.. non so come abbia fatto a sopportare
tutto
quello che Lea è riuscita a fargli. É una specie
di
cane-eroe per quanto mi riguarda!" rispose Rachel ridacchiando. Bene,
Blaine sarebbe stato fiero di lui. Tutto sommato, nonostante qualche
divergenza avuta con i mobili e qualche brutta figura con i passanti,
quel cane era decisamente molto educato, pur essendo ancora
così
piccolo. Lea, tutta sorridente, si alzò a sua volta e mi
corse
incontro, abbracciandomi le gambe
"Zio Kurt! Che bello che sei venuto!" urlò entusiasta,
facendomi sorridere
"Avevo bisogno di vedere la mia principessa, perché mi
mancava
tanto.. e così... eccomi qui." le dissi, tirandola su, in
braccio e lei sorrise emozionata
"Cooper può stare un altro pò qui, vero?"
domandò
all'improvviso, sporgendo il labbro inferiore e facendosi implorante
Questo l'ha preso da sua madre...
"Per il momento sì, ma prima di pranzo devo riportarlo a
casa
sua. Anche se non lo ammetterà neanche sotto tortura.. a
Blaine
manca tanto!" le dissi divertito, facendo ridacchiare sia lei che la
madre, e perfino Cooper abbaiò, quasi volesse specificare
che
anche lui sentisse la mancanza del padrone. Misi la bambina per terra e lei subito
tornò a dedicarsi alla toilettatura del cane, mentre io
seguii Rachel in cucina, dove in un angolo, facevano bella mostra di
sé, i tessuti che avevo scelto di usare. Ed erano belli,
esattamente come li avevo visti la prima volta, esattamente come avevo
voluto che fossero. E il colore era... fottutamente perfetto.
"E dunque... aver scaricato qui il cane... è valso a
qualcosa?"
domandò lei, quando fummo finalmente da soli e lontani dalle
orecchie innocenti della figlia. Io mi ritrovai ad arrossire ma la
stretta piacevole che avvertii allo stomaco, mi fece sorridere
emozionato. Lei mi guardò attentamente, per poi sorridere a
sua
volta
"Dalla tua espressione inebetita... direi di sì..." e
batté più volte le mani, entusiasta. Mi
abbandonai su una
sedia, con un lungo sospiro estasiato, mentre l'immagine del corpo di
Blaine, così nudo e caldo, mi faceva ancora provare i
crampi.
Era un ricordo vivido e reale e soprattutto sapere di non dover
più sperare in un colpo di fortuna per poterlo avere -
perché ormai lui era mio e noi stavamo insieme - mi faceva
sentire stranamente elettrico.
Inebetito, appunto...
"Rachel è stato... indescrivibile... emozionante e..."
lasciai
che fu l'ennesimo sospiro a parlare per me, e lei ridacchiò
in
risposta
"Inutile dire che anche questa volta voglio tutti i dettagli!"
esclamò, sollevando un sopracciglio maliziosa
"Stai pensando di mettere in scena un cortometraggio sul porno gay, per
caso?" le chiesi divertito
"Può darsi.." mormorò poggiandosi con i gomiti
sul tavolo
e sporgendosi verso di me. Scossi la testa, ancora con quel sorriso
elettrizzato sul volto e pensai che probabilmente non sarei mai
riuscito a spiegare cosa avessi provato esattamente durante quella
notte. Mi sarei sentito un idiota a dire per la terza volta quanto
fosse stato magico e bellissimo, nonostante in effetti lo fosse stato
davvero,
in una maniera che davvero avrei faticato a credere. Avevo imparato a
fidarmi di Blaine e anche quella notte avevo avuto ragione di farlo.
"Io credo che sarai più contenta di sapere cosa è
successo... dopo.." mormorai con un'espressione eloquente. Lei si
accigliò
"Oddio no!" esclamò subito, alzando una mano e mettendosela
davanti alla faccia "Questa cosa fa tanto
déjà-vu... e
non mi piace. Se c'entra ancora David o qualche altro fidanzato
risalito dall'oltretomba... ti prego, non lo voglio sapere!" e scosse
con forza la testa. Mi limitai a sorridere ancora, senza dire altro se
non
"Ha detto che mi ama!" esclamai poggiando il mento sul palmo della mano
e sospirando ancora.
Se mi avessero dato un dollaro per ogni sospiro che mi è
uscito dalla bocca
da quando conosco Blaine.. a quest'ora sarei già
miliardario...
"Oh!" la sua bocca si chiuse in un piccolo cerchio perfetto e rimase in
quella posizione per un tempo quasi incredibile
"Già... oh..." mormorai, neanche a dirlo, sospirando. Contai
esattamente tredici secondi prima che un urlo disumano uscisse dalla
bocca della mia amica, tanto che dovetti coprirmi le orecchie per non
rimanerne stordito.
"Mamma? Che succede? Devo chiamare il 911?" gridò Lea dal
salotto, allarmandosi
"No, tesoro... è tutto ok.. tua madre è solo
uscita di
senno." risposi io, visto che la mia amica era ancora visibilmente
sotto shock
"Ed è una cosa grave? Si può ricomprare questo
seno?"
gridò ancora, mentre Cooper abbaiava in contemporanea.
Il seno... certo...
"Ehm... penso di sì!" risposi ridacchiando e raggiunsi la
mia
amica dall'altro lato del tavolo per poi spingerla verso il basso e
farla finalmente sedere, altrimenti avrebbe rischiato il collasso da un
momento all'altro.
Guarda quanti danni che
fai Blaine Anderson...
"Tu... lui... ha... oh Santa Misericordia... non ci credo!"
mormorò, allibita, fissando il tavolo davanti a lei
"Rachel.. vuoi che ti prenda un bicchiere d'acqua?" le domandai
divertito da tanta incredulità, ma allo stesso tempo anche
leggermente preoccupato. Se avessi fatto del male, anche
involontariamente, a sua madre, la piccola Lea non me lo avrebbe mai
perdonato.
"Sì, per favore!" riuscì a rispondere, annuendo
appena ed
io corsi al lavandino per riempirgliene uno, per poi passarglielo. Lo
bevve tutto d'un fiato e poi si lasciò andare ad un lungo
sospiro. Si preannunciava una lunga discussione e senza ombra di
dubbio, sarebbero serviti altri bicchieri d'acqua - e anche qualcuno di
whisky - e forse perfino una chiamata al 911.
New
York City. Ore 11.15 A.M. 22 Aprile 2012 (Domenica)
Avere Artie Abrams sulla porta di casa si era rivelato molto
più
seccante di quanto avessi mai potuto pensare. Io per natura era sempre
stato un tipo molto pacifico, tendevo sempre a risolvere i conflitti
con gli altri, perché non mi piaceva lasciare le questioni
in
sospeso, perché non amavo portare rancore, perché
la vita
era davvero troppo breve per passarla a litigare. Eppure, qualcosa mi
impediva di addolcire il tiro con lui, forse semplicemente il ricordo
del nostro primo ed ultimo incontro o forse il fatto che, da quando
avevo aperto la porta, non avesse smesso un solo istante di guardare
male il mio ragazzo, e questo non andava affatto bene.
Così, anche dopo che Kurt era andato via, lasciandoci soli,
avevo continuato a squadrarlo con sospetto e non mi preoccupai neanche
di
trovare una sola piccola ragione per provare ad essere più
gentile e magari indovinare il motivo della sua visita inaspettata. Non
mi interessava, minimamente.
"Non mi fai neanche entrare?" mi domandò sollevando un
sopracciglio, quasi offeso
"Qualsiasi cosa tu debba dirmi, puoi farlo anche rimanendo sullo
zerbino. Non voglio in casa mia chi mi da dell'alcolizzato o del
viziato figlio di papà!" risposi con un mezzo sorriso
sarcastico, stringendo le braccia al petto e chiudendo così
ogni
possibilità per migliorare il nostro rapporto. Sempre che
rapporto potesse chiamarsi. Lui sospirò, annuendo appena
"Immagino di essermela cercata." mormorò, mettendo su una
smorfia "Ma confido che la tua maturità possa aiutarti a
mettere
da parte i nostri dissapori, affinché tu riesca ad ascoltare
quello che ho da dirti fino alla fine." disse molto pratico e fin
troppo elaborato. Da dove diavolo veniva fuori un tipo così?
Neanche nei documentari di Discovery Channel parlavano in quel modo.
Forse passare troppo tempo a casa da solo, gli aveva compromesso per
sempre alcune delle facoltà vitali
"Posso provarci.. ma non ti assicuro niente." borbottai facendo
schioccare la lingua e al diavolo se fosse o meno maleducato; quel tipo
mi dava sui nervi, fine della questione.
"Dunque... verrò subito al punto: venerdì
pomeriggio, per
caso, ti ho sentito cantare e suonare la chitarra... eri sul terrazzo
credo, perché la musica e la tua voce mi sono arrivati
distintamente perfino al primo piano e non mi ci è voluto
molto
per capire che fossi tu. D'altronde William era a lavoro, Kurt in tanti
anni che abita qui non l'ho mai sentito cantare né suonare e
Finn... beh dubito che quel bietolone imbottito di grasso possa anche
comprendere una cosa tanto tecnica come la musica. Quindi... puoi
essere stato soltanto tu." e mi indicò, visibilmente
soddisfatto
dal suo ragionamento. Mi ritrovai a sollevare un sopracciglio
perché davvero.. non ricordavo neppure di essermi messo a
suonare sul terrazzo in quei giorni - dato che ormai suonavo in ogni
angolo della casa, praticamente ad ogni ora del giorno e anche della
notte - e mi sconvolgeva non poco
pensare che quell'idiota si fosse scomodato a salire fino al quarto
piano per potermi rimproverare, forse per avergli disturbato il lungo
letargo. Era... insensato.
"E cosa vorresti adesso? Che ti chieda scusa per il rumore? Vuoi che ti
prometta di non farlo più?" lo aggredii infastidito,
chiedendomi
quanto ancora potessi sopportare quel tipo, prima di sbattergli la
porta in faccia. Lui inaspettatamente scosse la testa, spiazzandomi
"No... in realtà... sono venuto a chiederti esattamente il
contrario!" rispose e, miracolosamente, fece qualcosa che non mi sarei
mai aspettato: sorrise. Artie Abrams, lo scorbutico ed insulso essere
che abitava - probabilmente in maniera abusiva - tutto il primo piano,
e che mi aveva dato dell'alcolizzato... mi aveva appena sorriso. Sto sognando... o forse
Abrams ha ragione... sono un alcolizzato e non me ne sono neanche reso
conto...
"Non capisco." feci allora, sinceramente confuso, abbandonando per un
istante la mia posa accigliata e scontrosa e forse lasciandomi appena
incantare da quel sorriso che, a dirla tutta, non sembrava neanche
più così cattivo. Sembrava sincero. Lui
annuì
lentamente per poi cercare qualcosa nella tasca dei pantaloni e infine
porgermi un biglietto, all'apparenza completamente bianco.
"Prendilo... magari spiegandoti finalmente chi io sia in
realtà,
riuscirai a capire qualcosa in più!" mi disse ed io, anche
se
con un leggero timore - non seppi dovuto a cosa nello specifico -
afferrai il biglietto
e me lo rigirai tra le mani, prima di venirne attirato dalla scritta
nera ed elegante che spiccava su un lato
- Omnia Records, casa
discografica.
di Abrams & Motta
38761, 17th Avenue,
Manhattan. NYC -
Non seppi di preciso cosa accadde nel mio stomaco o nel mio cervello in
quel momento, forse il panico più totale, forse il caos o
forse
semplicemente.. nulla.
Fu come vedere calare un velo nero davanti agli
occhi e contemporaneamente sentire la terra muoversi improvvisamente,
senza riuscire a capirci nulla. Avevo solo dei frammenti nella mia
testa. C'era un Omnia... un Records... un Abrams e un Motta vicini.. a
New York... e soprattutto c'era una casa discografica. E Artie mi aveva
sentito cantare. Casa
Discografica. E aveva detto che non era venuto a
parlarmi per farmi smettere. Casa
Discografica. E mi aveva dato un
biglietto. Casa
discografica. Un biglietto da visita di una... casa
discografica.
Ma porca la miseria...
"E dunque... pensi che adesso mi sia guadagnato il permesso per entrare
a casa tua?"
New
York City. Ore 07.23 P.M. 22 Aprile 2012 (Domenica)
"Allora?" chiesi agitato, non riuscendo più a trattenermi e
neanche a stare fermo sulla sedia. Gli occhi verdi del mio amico si
sollevarono seccati dal fascicolo che teneva tra le mani e mi
fulminarono
"Vuoi darmi almeno il tempo di leggere?" borbottò infastidito
"Uh.. sì scusa." e abbassai la testa, arrossendo appena. Ero
in ansia, terribilmente, come forse non lo ero mai stato. Sentivo un
groppo in gola spingere tanto forte da fare male e, cosa più
importante, l'adrenalina scorrermi a fiumi nelle vene, senza controllo,
in maniera frenetica e disordinata. Da quando Abrams aveva lasciato il
mio appartamento, dopo avermi spiegato in maniera lenta e dettagliata
cosa volesse da me ed avermi chiesto di parlargli della mia carriera
musicale - e si era sorpreso non poco, sentendo che, a parte essere
stato il leader di un gruppo canoro al liceo, non avessi fatto altro -
ero diventato una specie di uragano in formato umano. Avevo lasciato di
corsa il mio appartamento, stringendo tra le mani un facsimile di
contratto che Artie mi aveva fatto vedere, ed ero sceso al piano
inferiore, attaccandomi con foga al campanello di Rachel. Era stata Lea
ad aprire e quasi l'avevo travolta, entrando di fretta e furia
nell'appartamento. Avevo trovato Rachel e Kurt in cucina, intenti ad
esaminare i modelli ai quali lui stava lavorando per il concorso e
subito dopo aver intrecciato i miei occhi a quelli allarmati di
Kurt, avevo esclamato a gran voce
"Kurt.. Abrams è un discografico... e vuole.. ingaggiarmi,
per una cifra che non ho neanche mai visto nei miei sogni
più fantasiosi!" e lui aveva sgranato gli occhi, forse
credendomi pazzo. Poco dopo mi aveva fatto sedere, mi aveva tolto
dolcemente il fascicolo dalle mani e mi aveva chiesto di spiegare tutto
con calma, partendo dall'inizio. Ed io dopo un lungo sospiro lo avevo
fatto, solo che l'emozione mi aveva fatto balbettare spesso, mi aveva
fatto gesticolare come un idiota e non ero riuscito a schiodare neanche
per un istante gli occhi da quelli di Kurt, che lentamente si
ingrandivano e si coloravano di una strana luce. Era stato decisamente
bello vederlo mutare davanti ai miei stessi occhi, osservare ogni
cambiamento e poi sorridere insieme, quasi nello stesso istante, quasi
fossimo arrivati a formulare lo stesso pensiero.
Non ci credo... non
può essere vero...
E dopo essersi alzato ed avermi abbracciato nella maniera
più dolce e inaspettata - tipica di Kurt Hummel - mi aveva
consigliato di chiamare Sebastian e di chiedergli una consulenza, dato
che comunque era pur sempre un avvocato. Ed io così avevo
fatto, anche se con le mani ancora tremanti, gli avevo mandato un
messaggio e gli avevo chiesto di raggiungermi al pub quella sera
perché avevo una cosa urgente da dirgli. Lui, con la sua
solita ironia del cazzo, mi aveva risposto chiedendomi se non si
trattasse ancora dell'astinenza forzata ed io, anche se ancora
leggermente brillo per via dell'euforia, gli avevo scritto
semplicemente un vaffanculo, a lettere cubitali.
Fortunatamente, quella parola scarsamente gentile, non gli aveva
impedito di raggiungermi ed in quel momento ci trovavamo tutti e
quattro - lui, Daniel, Kurt ed io, o almeno quel poco di me che
rimaneva ancora intatto - seduti ad un tavolino del pub e Sebastian
stava leggendo attentamente la bozza che gli avevo consegnato, dopo una
breve spiegazione, che aveva lasciato sia lui che il suo fidanzato,
letteralmente a bocca aperta. Ed io ero in ansia, maledettamente in
ansia e più lui leggeva, più si accigliava,
più sospirava, più io mi agitavo, più
diventavo irrequieto.
Ad un tratto, proprio mentre mi muovevo per l'ennesima volta sulla mia
sedia, sentii qualcosa di caldo avvolgermi la mano e stringere forte,
quasi fosse una coperta. Mi girai verso Kurt che era seduto al mio
fianco e dal suo sorriso buono capii che lui c'era, era lì
con me e che, qualsiasi cosa avesse detto Sebastian alla fine della
lettura, lui sarebbe ugualmente rimasto. Per questo sospirai,
imponendomi la calma, ed avvertendo immediatamente una sensazione di
quiete invadermi il petto, nonostante le mie gambe proprio non
volessero saperne di stare ferme e nonostante il mio amico continuasse
a sospirare, senza dire nulla.
Cazzo, Bastian...
così però mi uccidi...
Dopo una mezza eternità, finalmente Sebastian
alzò gli occhi e li puntò nei miei e
lì avvertii un fremito di paura corrermi lungo tutta la
schiena, che si raddrizzò di conseguenza. Forse i miei sogni
di gloria sarebbero nati e morti nella stessa giornata, forse mi ero
illuso ancora una volta troppo presto, forse quell'adrenalina era
ingiustificata, forse ero un coglione e sperare così tanto,
così in grande, non faceva per me, forse sarei dovuto
tornare con i piedi per terra e avrei dovuto continuare a vivere di
musica nel mio piccolo mondo, lì in quel pub. Forse...
"Vuoi sapere il verdetto del Bas amico, oppure quello di Sebastian
Smythe l'avvocato?" mi chiese poggiando i fogli sul tavolo ed
incrociando le braccia al petto. Deglutii a disagio, stringendo
automaticamente la mano intorno a quella di Kurt, probabilmente
stritolandogliela. Ero ad un fottuto bivio e si trattava soltanto di
scegliere.
"Quella dell'avvocato..." mormorai d'istinto "E... anche quella
dell'amico." un microscopico sorriso si affacciò sulle sue
labbra, ma fu un attimo e tornò ad essere imperturbabile
come sempre. Si schiarì la voce ed iniziò
"Dunque... l'avvocato ti dice che... tecnicamente non c'è
niente da contestare, fatta eccezione per una o due postille, che
possono essere facilmente adeguate dopo aver discusso con questo Signor
Abrams. É uno che sa il fatto suo, preparato e soprattutto
molto scrupoloso. Non lascia niente al caso e sembra anche ben
disposto ad investire personalmente con i contratti che fa firmare e
questo è un punto a tuo favore, perché significa
che, se dovesse andare male, non sarai tu a rimetterci."
spiegò con calma e precisione, tipica del suo charme da
legale. Avvertii il cuore fare una giravolta nel petto e riprendere a
battere quasi furioso qualche istante dopo.
"E... l'amico? Lui cosa.. dice?" chiesi timoroso con un filo di voce,
proprio perché era il giudizio del mio migliore amico a
spaventarmi di più, non tanto quello professionale
dell'avvocato. Lui rimase per qualche interminabile secondo a fissarmi
senza aprire bocca, semplicemente continuando a respirare e forse
ignorando che, più tempo passava, più le
probabilità di vedermi morto sarebbero aumentate. Poi alla
fine, quasi la sua voce venisse da lontano, parlò
"L'amico ti dice che.. se non firmi immediatamente questo contatto, sei
un vero coglione!" e mi sorrise, con disarmante sincerità,
facendomi sussultare, ma sospirai di sollievo un istante dopo. E
l'istante dopo ancora, sorrisi, sorrisi perché mi ero appena
tolto un peso enorme dallo stomaco, sorrisi perché forse non
era un sogno, sorrisi perché era tutto un pò
più reale e un discografico aveva davvero bussato alla mia
porta per propormi un ingaggio, esattamente come nelle mie migliori
fantasie, sorrisi perché... cazzo.. un contratto...
discografico... per me.
D'istinto strinsi appena un pò di più la mano di
Kurt, quasi volessi fargli capire come mi sentissi in quel momento, e
lui in risposta strinse la mia, e contemporaneamente trovò
perfino la forza per accarezzarmi il dorso con le dita dell'altra mano,
lentamente, facendomi venire i brividi. Lui c'era ancora. Era ancora
lì con me.
Ti prego... non andare
via... non trasformarti in una farfalla.. non volare lontano
lasciandomi solo.. non farlo...
"E quindi... credi che io debba..." iniziai esitante, non riuscendo a
trattenere un altro sorriso elettrizzato
"Firmare, sì! Se la cosa può farti stare
più tranquillo, quando dovrai tornare da lui per parlarne,
posso accompagnarti in veste di tuo avvocato e magari assisterti... a
titolo gratuito si intende. Ti presenterò la parcella solo
se e quando diventerai famoso!" e mi strizzò l'occhio,
facendomi ridacchiare. Famoso.
Che bella parola. Sembrava quasi.. aliena. Eppure, da quello che Abrams
mi aveva detto, era quella la sua intenzione, farmi diventare.. famoso.
Far sì che, prima New York, poi gli Stati Uniti e infine il
mondo, conoscesse la mia voce, perché a detta sua era
davvero sprecata, utilizzata semplicemente sul terrazzo di una
palazzina di Manhattan. Per lui avrei dovuto scalare le vette delle
classifiche e dare uno smacco a tutti quei cantanti da quattro soldi
che, pur non sapendo né cantare né tanto meno
tenere in mano una chitarra, chissà per quale motivo, in un
mese riuscivano a vendere più di quanto John Lennon avesse
fatto in tutta la sua carriera. Lui sembrava convinto, entusiasta nel
suo modo bizzarro di esternare le emozioni e per un momento, mettendo
da parte l'idea che mi ero fatto di lui, del ragazzo scorbutico e
maleducato, ero riuscito ad intravedere una bella persona, dopotutto.
Ma non soltanto perché mi aveva appena proposto un
contratto con una cifra da parecchi zeri, si trattava più
che altro di qualcosa che, su due piedi non ero riuscito a decifrare -
vuoi per l'euforia, vuoi per la sorpresa, vuoi soprattutto per la
voglia di dirlo a Kurt - ma che in un certo senso, mi faceva intuire
che, dietro quella faccia da ragazzo cattivo, si nascondesse
qualcos'altro di decisamente più profondo.
"E sia, allora!" decretai con la voce tremante, lanciando un'occhiata a
Kurt che mi sorrise, emozionato "Firmerò... e che Dio me la
mandi buona!" e per scaramanzia, incrociai le dita e sorrisi, ancora
euforico. Dubitavo che quella sera sarei riuscito a salire sul palco
per cantare. Troppa adrenalina, troppo da scaricare. Magari se fosse
venuta Santana mi sarei fatto sostituire da lei - visto che girava voce
fosse davvero brava, o almeno.. Brittany lo diceva - ma avevo altro per
la testa in quel momento per preoccuparmi del pub. Avevo un contratto..
che, nonostante fosse ancora una bozza, rappresentava ugualmente una
specie di traguardo ambito, uno di quei trofei bellissimi ma
irraggiungibili che diventano quasi mitici nella loro perfezione. Ti
è concesso solo guardare da lontano, senza toccare,
perché magari, allungando una mano e sperando di poterlo
raggiungere, succede sempre qualcosa che, puntualmente ti fa perdere
tutto, perfino la speranza. Ed io, che la speranza, nonostante tutto,
ero riuscito a conservarla, ce l'avevo fatta... o meglio.. potevo
farcela. Magari con un pò di sforzo, con un
pò di aiuto, con un pò di fortuna. Con Kurt al
mio fianco, senza dubbio, sarei riuscito a fare qualunque cosa. Anche
firmare un contratto discografico per Artie Abrams. Anche allungare la
mia mano e toccare finalmente il mio bellissimo sogno, ormai fatto
reale e concreto.
*D'accordo...
firmo! Ci vediamo domani per discuterne. Blaine*
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