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Autore: Dreamer91    05/12/2012    10 recensioni
E se il destino avesse voluto che in una città tanto grande come New York, due ragazzi dalle vite completamente diverse, finissero con l'abitare a meno di tre metri di distanza... sullo stesso pianerottolo?
Dal Capitolo uno:
"Stai scherzando spero!" mormorai
"Perché scusa? Non ci sono topi né prostitute per strada... per quanto riguarda i vicini non so... non li ho interrogati... però..."
"Sebastian!" lo bloccai passandomi una mano sul viso "Lower East Side... sul serio?"
"Non ti seguo, B..." mi fece visibilmente confuso slacciandosi la cintura
"Bastian dovrò vendermi un rene per pagarmi l'affitto... e quando avrò terminato gli organi, mi toccherà scendere in strada e fare compagnia a quelle famose prostitute per andare avanti!" gli spiegai concitato.
(...)
"Non fare l'esagerato Blaine... questa volta penso di aver trovato il posto giusto per te! Coraggio, scendi che te lo mostro!" mi incitò scendendo dall'auto e raggiungendomi sul marciapiede
"Anche l'ultima volta lo pensavi, Seb... e siamo dovuti scappare a gambe levate da un travestito in minigonna e tacchi a spillo!" gli ricordai lanciando un'occhiata al palazzo color porpora - innocuo e all'apparenza rispettabile - che si stagliava per ben quattro piani davanti a noi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Just a Landing'
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Buonasera cucciolotti miei... dopo tante peripezie e, come al solito, aver mancato ad una promessa che vi avevo fatto (proprio non sono riuscita ad aggiornare ieri) eccomi qui... dunque... questo capitolo, il post ti amo, ci porta una bella sorpresa.. o almeno.. io credo sia bella, spero che anche voi apprezziate. ^^ diciamo che, dopo un capitolo così intenso è difficile competere, però, stiamo volgendo verso la fine quindi bisogna necessariamente chiudere qualche altra questione che è rimasta in sospeso e se date un'occhiata all'immagine qui sotto, capirete a chi mi riferisco :) bene, vi lascio al capitolo augurandovi buona lettura e chiedo ancora scusa per il ritardo. Vi amo tutti e sappiate che, anche se non ho ancora risposto alle vostre magnifiche recensioni, le leggo tutte, una per una, e le adoro, perchè mi danno la forza e mi fanno sentire il vostro affetto, sempre e comunque, quindi GRAZIE! Ci vediamo Martedì prossimo o, molto più probabilmente Mercoledì, con il penultimo capitolo (eh sì ç__ç) vi faccio sapere meglio sulla mia pagina Fb. Un bacione <3
p.s. Grazie Dan mio... :*
n.b. Pagina Fb ( Dreamer91) Raccolta (Just a Landing - Missing Moments ) - momentaneamente sospesa, ma riprenderà appena possibile, promesso!




New York City. Ore 10.23 A.M 22 Aprile 2012 (Domenica)

Bellissimo. Semplicemente bellissimo. Questa era l'unica parola che mi veniva in mente in quel momento, mentre osservavo Blaine dormire al mio fianco. Era bellissimo lui, era bellissimo il calore che il suo corpo irradiava, era bellissima l'espressione serena che gli disegnava il volto, era bellissimo trovarsi così vicino dal poterlo toccare e sapere perfettamente di poterlo fare, perché ormai non dovevo più farmi scrupoli, perché lui era mio - il mio ragazzo, Santo Cielo! - e perché mi amava. Sì... mi amava. Non era stato un sogno, lui era reale, il suo corpo nudo steso accanto al mio lo era, l'intorpidimento che sentivo alle gambe lo era - e per quello mi ritrovai inconsapevolmente a sorridere ed arrossire - l'amore che sentivo scaldarmi il petto.. lo era. E poi, non credevo di poter essere capace di sognare qualcosa in maniera così perfetta, perché probabilmente neanche nel mondo parallelo dei sogni, un momento avrebbe potuto essere così speciale e.. bellissimo, appunto.
Sospirai estasiato, dando un'occhiata veloce all'orario sul mio telefono e ridacchiando del fatto che, in tutta la mia vita, non mi fossi mai trattenuto così tanto e in maniera così sfacciata a letto. Mi sarei potuto alzare, come era successo quella volta nel mio appartamento, e andare a preparare la colazione, anche se a conti fatti era casa di Blaine e, per quanto fosse ormai parecchio familiare, era giusto che se ne occupasse lui. E poi... beh, sarei stato uno stupido ad abbandonare volontariamente un giaciglio tanto comodo e caldo solo per un bisogno tanto stupido quale la fame. Mi sarei sfamato di amore e della visione meravigliosa di Blaine. Qualche istante dopo, con un profondo sospiro sereno, si mosse appena verso di me, fino ad intrecciare una gamba con la mia e riuscire a poggiare le labbra sul mio collo, facendomi arrossire.
"Sento il tuo sguardo perforarmi da parte a parte..." un mormorio leggero mi giunse all'orecchio, facendomi ridacchiare. La sua voce di prima mattina, assonnata, era a dir poco sublime ed io sentii il mio stomaco contorcersi piacevolmente
"Credevo di essere stato più discreto." scherzai, affondando senza pensarci una mano tra i suoi ricci, accarezzandoglieli
"No, non lo sei stato..." rispose divertito, lasciandomi un bacio leggero sulla spalla che mi fece rabbrividire
"Mi dispiace.."
"Non farlo!" mi bloccò sollevando la testa e puntando i suoi occhi dorati nei miei, riuscendo a farmi meravigliare per l'ennesima volta di quanta profondità ci fosse all'interno e di quanto potessero sembrare caldi e rassicuranti. Un colore... un semplice colore poteva fare tutto questo.
"Cosa?" domandai ipnotizzato
"Non dispiacertene... per quanto mi riguarda, è stato il miglior risveglio di sempre." mi assicurò, con un sorriso dolce che mi fece sorridere di conseguenza "Fosse così tutte le mattine." aggiunse in tono leggero, tornando ad affondare il viso nell'incavo del mio collo, facendomi il solletico con il respiro
"Che cosa mi stai chiedendo Blaine?" gli domandai divertito, ma con il cuore che batteva all'impazzata nel petto. Lo sentii ridacchiare ed accucciarsi maggiormente a me
"Niente... cioè... niente che valga la pena di essere affrontato a stomaco vuoto." rispose risollevando la testa e sorridendo ancora, quella volta visibilmente allegro. In quel momento, vederlo così disteso, così tranquillo, così affettuoso e così maledettamente bello, mi fece dimenticare tutto, perfino del fatto che non mi fossi ancora lavato i denti, e mi sporsi verso di lui, per annullare quella ridicola distanza, e feci mie quelle magnifiche labbra morbide e sorridenti che, contro ogni aspettativa, risposero immediatamente al mio tocco, riportandomi con la memoria alla sera precedente, quando c'erano stati tanti baci passionali, tante carezze, tanta pelle a contatto - non che in quel momento ce ne fosse poca - tanta sorpresa... nelle prime due esperienze con lui, avevo seriamente creduto di aver sperimentato tutto ciò che ci fosse da sperimentare; quella notte, invece, mi ero reso conto di non avere neanche idea di quanto ancora potessi prendere ed offrire ad un corpo come il suo.
Ci staccammo qualche istante dopo, quando entrambi sentimmo la necessità impellente di respirare, e senza metterci d'accordo, ci ritrovammo a sorriderci, visibilmente emozionati e decisamente troppo coinvolti da quello che era partito come un semplice ed innocente bacio del buongiorno.
In effetti... anche io vorrei che tutte le mattine, fosse esattamente così...
In quel momento, proprio mentre mi preparavo per dire qualcosa di romantico, tipo quanto fosse stato bello fare l'amore con lui la sera precedente o quanto adorassi la smorfia tenera che metteva su quando dormiva, accadde qualcosa di... spiacevole: il mio stomaco urlò come un indemoniato, riuscendo ad irrompere violentemente in quel momento tanto splendido, e congelandomi sul posto.
Cazzo...
Ci guardammo per un lungo e silenziosissimo istante, mentre sentivo la mia faccia riscaldarsi gradualmente e la sua contrarsi appena, in quella che sembrava decisamente un inizio di risata e un tentativo per trattenerla
"Non osare..." lo minacciai, puntandogli un indice contro. Lui si strinse tra i denti un labbro e scosse la testa, ma era evidente che fosse prossimo all'esplodere
"Blaine!" lo ammonii, perdendo un pò di quella decisione e iniziando a trovarci perfino io qualcosa di esilarante. Lui si lasciò scappare un verso, che mascherò con un colpo di tosse, portandosi la mano davanti alla bocca e continuando a guardarmi con i suoi occhi maledettamente divertiti. Così alla fine cedetti, con un lungo sospiro ed un sorriso
"D'accordo... ho fame, tanta fame... contento?" borbottai, tirandogli uno schiaffetto giocoso sullo stomaco e lui finalmente si liberò dalla costrizione della mano e scoppiò a ridere, con una meravigliosa ed armonica risata che riuscii a contagiare anche me
"E colazione sia! Ci penso io, tu intanto... rimani pure qui, ti chiamo quando è pronto!" si allungò per lasciarmi un altro bacio leggero sulla bocca e mi sorrise tenero, prima di sollevarsi a sedere e iniziare a rivestirsi sotto i miei occhi estasiati. Proprio mentre si infilava i pantaloni, mi venne in mente una cosa
"Ehm.. Blaine?"
"Sì?" fece lui, girandosi verso di me
"Potrei... ecco... approfittare della tua doccia?" domandai leggermente a disagio, sentendomi arrossire. Lui mi sorrise quasi immediatamente, in maniera del tutto spontanea
"Ma certo, non c'è neanche bisogno di chiedere! Fai pure con comodo e... gli asciugamani puliti sono nel mobiletto sotto il lavandino." mi informò e, prima di sparire in corridoio, mi rivolse un altro sorriso da stordimento. Sì, ero decisamente un caso disperato e difficilmente mi sarei abituato a tutto quello.
Avvolgendomi una coperta addosso, mi rintanai in bagno ed aprii il miscelatore dell'acqua calda, dando nel frattempo un'occhiata in giro, in cerca degli asciugamani di cui mi aveva parlato. Qualcosa però attirò la mia attenzione e, con un sorrisetto emozionato, mi permisi uno strappo alle regole, una trasgressione davvero molto.. trasgressiva e così, dopo essermi dato una lavata veloce ed aver, accidentalmente, usato un pò del suo bagnoschiuma - papaia e mango - mi affrettai ad uscire e con un sorriso estasiato mi avvolsi il suo accappatoio addosso. Ed era esattamente come avevo immaginato: quella piccola trasgressione era eccitante e piacevole e sapere di aver addosso la stessa spugna che normalmente sfiorava il suo corpo, mi faceva stringere lo stomaco.
Tornai in camera, tendendo d'occhio la cucina, dalla quale proveniva il profumo del caffè, e mi rivestii in fretta e furia, quasi temessi che da un momento all'altro potesse tornare e potesse accorgersi di quel piccolo furto fuori programma. Ma alla fine ebbi la meglio, perché riuscii perfino a rimettere al posto giusto l'accappatoio rubato e con un sorriso soddisfatto, mi diressi in cucina, affamato come non mai.
Qui, dove il profumo del caffè si mescolava armonicamente a quello invitante e delizioso delle frittelle, trovai Blaine, chino sulla tavola, con un cucchiaino in mano e il barattolo del cacao nell'altra, concentrato su qualcosa, e con la punta della lingua stretta tra le labbra. Ma cosa diavolo stava facendo?
"Ehi.." mormorai, per attirare la sua attenzione, ma riuscii soltanto a spaventarlo, tanto che lo vidi saltare sul posto, lasciandosi scappare dalle mani il barattolo del cacao che atterrò, per fortuna, sul tavolo, alzando una piccola nuvoletta scura. Si portò immediatamente una mano sul petto, chiudendo gli occhi
"Dio Santissimo... stavo per rimanerci secco." borbottò con un lungo sospiro. Io, dispiaciuto al massimo, mi avvicinai a lui e gli strinsi la mano
"Oh, Blaine scusami io..." ma il mio sguardo fu catturato da qualcosa, qualcosa di piccolo e incredibile che stava sul tavolo, qualcosa che galleggiava appena sulla superficie del caffè, qualcosa che mi fece bloccare il respiro nel petto. Un piccolo cuore color cioccolato sembrava quasi sorridermi dall'interno della tazza, nonostante la piccola sbavatura che c'era su un lato ed era... Dio era bellissimo!
"Blaine..." mormorai quasi senza fiato, mentre iniziavo a realizzare quanto idiota fossi e quanto dolce invece fosse lui. Lo vidi arrossire leggermente e portarsi una mano sulla nuca, imbarazzato
"Lo so che non è un granché... ma io scrivo musica... l'artista tra i due sei tu e poi mi hai fatto spaventare quindi... è uscito fuori un bel disastro." si scusò allora, indicando la tazzina. Sollevai lo sguardo su di lui, sorprendendomi di trovarlo ancora leggermente imbarazzato, ma meraviglioso come sempre.
"Lo hai fatto... per me?" domandai appena e lui annuì lentamente accennando un piccolo sorriso intimidito. E quello fu senza dubbio, ciò che fece scattare in me qualcosa, perché mi ritrovai ad avvolgergli le braccia al collo e a stringere forte e ad affondare il viso tra la spalla e il collo e ad inspirare forte il suo odore familiare ed avvolgente e... ad amarlo appena un pò di più.
"É bellissimo... grazie!" gli sussurrai all'orecchio e subito lo sentii sorridere e stringere appena un pò di più la presa attorno ai miei fianchi di conseguenza. Aveva avuto la stessa idea a cui avevo pensato anche io, la mattina in cui a casa mia volevo preparargli la colazione, solo che quella volta David ci aveva interrotti e quindi il sorriso al gusto di cacao che avevo preparato con tanta attenzione per lui, ero stato costretto a berlo io, mentre lui scappava come un ladro dal terrazzo per non farsi scoprire. Quella mattina tutto era andato storto, e adesso, a distanza di un paio di settimane.. quel tutto aveva acquistato un senso, quel tutto era diventato magico, quel tutto eravamo io e lui, senza più intrusi. E quella volta, al posto di un semplice sorriso, c'era perfino un cuore che coronava la nostra giornata.
Rimanemmo abbracciati ancora un pò, in mezzo a quella cucina che ancora profumava di caffè e frittelle, fino a che il mio stomaco non brontolò di nuovo, quella volta in maniera leggermente più discreta
"Coraggio... sediamoci altrimenti si fredda tutto." mi disse, e mi lasciò libero, non prima di avermi lasciato un leggero bacio sulle labbra ed avermi sorriso ancora. Ci sistemammo uno di fronte all'altro, come la prima volta, e molto serenamente iniziammo a mangiare - per la gioia del mio stomaco - ed ovviamente, quello che aveva preparato si rivelò straordinario.
"Se la carriera musicale non dovesse andare bene, puoi sempre buttarti sulla cucina!" esclamai, infilzando un pezzo di frittella con la forchetta, e facendolo ridacchiare
"E se... volessi cucinare soltanto per te?" mi sfidò malizioso, inarcando un sopracciglio. Risposi alla sua provocazione con un mezzo sorriso sghembo
"In tal caso... il resto del mondo dovrà fare a meno della cucina Anderson. A quanto pare è per privilegiati." ribattei, servendomi di un altro pezzo di frittella e alla fine, nonostante la bocca piena, mi unii alle sue risate, che accendevano lentamente la mia giornata, nella maniera più incredibile ed intensa possibile.
Finimmo di fare colazione tranquillamente, parlando del più e del meno, senza però fare accenni alla sera prima, né a quello che ci eravamo detti, tanto che, con una certa nota di dispiacere annidata nel petto, iniziai a sentirmi seriamente uno stupido, perché per un momento, in quel letto, avevo davvero creduto che ci fossimo confessati a vicenda il nostro amore e che avessimo perfino stabilito di stare insieme, come coppia. E allora perché, una volta sorto il sole, non ne avevamo più parlato? Era semplice imbarazzo oppure semplicemente mi ero immaginato tutto, come avevo temuto all'inizio, svegliandomi?
"Io devo andare... Rachel mi aspetta e questa volta dico sul serio!" annunciai, recuperando il cellulare e la giacca dal soggiorno e girandomi verso di lui, per sorridergli.
"Non è che c'è un'altra sorpresa... magari questa volta nel tuo appartamento?" domandò divertito, avvicinandosi
"Purtroppo no." risposi ridacchiando "Adesso si lavora... e si fa sul serio." e con un sospiro sottolineai quello che mi aspettava, quello che dovevo fare per il concorso, in poco più di dieci giorni. Lui mi raggiunse, mi poggiò una mano sulla guancia, che accarezzò lentamente, dopodiché mi sorrise
"Ce la farai, Kurt.. ne sono sicuro. Io... ho fiducia in te e sono certo di non essere l'unico." mi disse con convinzione e tenerezza, riuscendo a farmi sciogliere, appena un altro pò
"Grazie." risposi ed ero pronto ad abbassare gli occhi ed andarmene, ancora con quel leggero magone in gola, per aver realizzato di essere immaginato tutto quanto, quando all'improvviso lui..
"E se questo non dovesse bastare.. ricordati che ti amo... per sempre e anche oltre." fece con ancora più convinzione e intensità e tenerezza. Ed io, che ero davvero un idiota geneticamente modificato, e che per la seconda volta, mi ero ritrovato a mancare un paio di respiri per quelle parole, sorrisi, sentendo chiaramente il magone sparire, dissolversi e lasciare il posto ad una piacevole sensazione di benessere, come una carezza, che risaliva per tutto il corpo, riscaldandolo.
L'ha detto ancora.. e non siamo nel suo letto, non siamo nudi... è reale...
"Ti amo anche io e... per farmelo ricordare, mi sa che dovrai ripeterlo un pò più spesso da adesso in poi!" così evito di pensare di essermelo immaginato, aggiunsi nella mia mente. Lui sorrise e si sporse per lasciarmi un morbidissimo bacio a fior di labbra
"Molto... molto... molto... volentieri, signor Hummel!" mi assicurò a pochi centimetri dalle mie labbra, che si incurvarono automaticamente in un sorriso.
Mi ama... lui mi ama... ed io non mi sono immaginato nulla...
Bastò un solo istante per ritrovarci di nuovo legati in un profondo bacio, in mezzo al salotto, lì dove la fretta e la paura sembravano essere spartite e dove la voglia di lui si riaccendeva prepotentemente. E forse, ci saremmo anche lasciati andare alla passione che bruciava di nuovo tra di noi, se il campanello non avesse preso a suonare proprio in quel momento, interrompendoci. Lui scoppiò a ridere di gusto
"Ecco appunto... è appena finito il nostro periodo di libertà... adesso il mondo torna ad avercela con noi!" esclamò lanciando un'occhiata verso la porta, dalla quale provenne un altro suono insistente. Risi anche io di gusto, approfittandone per infilarmi la giacca
"Non ti lamentare.. stanotte siamo stati fin troppo fortunati." ribattei, mentre si avviava alla porta per aprirla. Ma prima di farlo, si girò verso di me e mi rivolse un'occhiata di fuoco, piena di malizia e lussuria, che mi fece tremare
"E chi si lamenta." mormorò, per poi sorridermi ed aprire finalmente la porta. Ad aspettarci dall'altro lato ci fu l'ultima persona che in assoluto avrei potuto immaginare. Per un momento avevo creduto che Quinn fosse tornata prima, o che fosse Rachel che reclamava la mia presenza, o peggio che Sebastian non  avesse mantenuto il patto che aveva stretto con me il pomeriggio precedente - quando lo avevo chiamato e minacciato malamente, se si fosse di nuovo presentato a sorpresa a casa di Blaine. Ma non fu nessuna di queste persone.
Io e Blaine rimanemmo senza parole, fermi a fissare Artie Abrams, con la sua sedia a rotelle e l'espressione indecifrabile e nessuno dei tre trovò qualcosa di sensato da dire nei primi due lunghissimi minuti. Io l'unica cosa che riuscii a notare, fu l'occhiata sospetta che Abrams mi lanciò, forse sorpreso dal fatto di trovarmi a casa di Blaine, ma non commentò, né diede segni evidenti di esserne infastidito.
Ci mancherebbe... rischierebbe davvero il linciaggio questa volta...
"E tu che diavolo vuoi?" domandò Blaine confuso, senza soffermarsi sulla forma né tanto meno sull'educazione. Quel tizio ce ne aveva dette di tutti i colori l'ultima volta, quindi ora Blaine aveva il Sacrosanto diritto di trattarlo in quel modo. Anzi, io avrei senza dubbio fatto di peggio.
"Parlare con te, se fosse possibile!" rispose pratico, con le mani unite in grembo e un sopracciglio alzato. Intuii immediatamente che marcare il tono su quel 'con te' fosse un'allusione al fatto che io lì, fossi di troppo. Se non avessi avuto da fare, per principio sarei rimasto, solo per la soddisfazione di fargli un torto. Ma avevo un lavoro urgente da portare avanti e non avevo intenzione di perdere tempo dietro quell'idiota cinico e mentalmente disturbato.
"Parlare di cosa? Io e te non abbiamo niente da dirci, mi pare.." fece Blaine scettico, rispondendo esattamente come anche io avrei fatto, se fossi stato al posto suo. Artie non si scompose minimamente, anzi, si girò nuovamente a guardarmi e quegli occhietti azzurri, nascosti in parte dalla spessa montatura, per un momento mi misero in soggezione. E per la seconda volta da quando avevo avuto il dispiacere di conoscerlo personalmente, mi ritrovai a chiedermi come potesse uno così, provocare tutto quello.
"Io non ne sarei così sicuro se fossi in te. Ti assicuro che quello che ho da dirti è importante e... vorrei da te la massima attenzione.. oltre che un pò di tranquillità!" e nel dirlo mi lanciò un'altra occhiata.
Cazzone di un Abrams.. quello è il mio ragazzo, guai a te...
"Io tanto stavo andando via.. vi lascio da soli!" esclamai, rivolto più che altro a Blaine, cercando il suo sguardo, che per fortuna ritrovai qualche istante dopo. Mi sorrise con la sua solita disarmante dolcezza, dopodiché, mentre io mi avvicinavo per uscire dalla porta e Artie indietreggiava con la sua sedia per farmi passare, Blaine mi afferrò un polso e mi attirò a sé, fino a fare scontrare le nostre labbra, per un breve ma morbidissimo bacio. In un primo momento non mi resi neanche conto di quello che successe, perché fu davvero troppo veloce e inaspettato. Poi però, ci pensarono gli occhi di Blaine a riportarmi alla realtà e riuscii a realizzare tutto: Blaine mi aveva baciato, sulla porta del suo appartamento, un bacio per salutarmi visto che stavo andando via, un bacio che sapeva ancora di tante cose successe e di tante altre che speravamo succedessero ancora. Ma soprattutto fu un bacio dato davanti ad un pubblico, e maledizione.. Abrams già ci odiava, poi dopo quella provocazione, saremmo entrati di diritto nella sua lista nera.
Oh al diavolo... io amo quest'uomo, e ho bisogno di gridarlo ai sette venti, incluso questo scorbutico di Artie Abrams...
"Ci vediamo dopo... buon lavoro. Salutami Rachel!" mi disse a pochissimi centimetri di distanza, mentre io già assaporavo mentalmente la possibilità di sporgermi di nuovo verso di lui per baciarlo ancora, perché lo volevo troppo, perché mi piaceva da impazzire. Ma mi trattenni
"Grazie... a dopo." risposi, leggermente intontito, con un piccolo sorriso scemo sul volto. Mi staccai da lui, lanciando un'occhiata ad Artie prima di superarlo ed imboccare le scale: aveva la testa abbassata, ma nessun tipo di smorfia contraeva il suo viso, sembrava più che altro qualcuno che, per discrezione, aveva preferito abbassare gli occhi e concedere un momento di privacy. In un certo senso, gliene fui grato, per quanto strano potesse sembrare, ma mi passò subito, non appena lui rialzò gli occhi e li puntò nei miei, congelandomi.
Ribadisco... sei un cazzone...
Senza dire altro, scesi al piano inferiore e una volta davanti la porta di Rachel bussai. Sentii un paio di guaiti di Cooper giungere da dietro il legno e la voce delicata di Lea gridare qualcosa come "Aspetta, manca ancora lo smalto!". La porta si aprì un istante dopo, per mano della mia amica sorridente e dall'aspetto fresco e riposato
"Buongiorno bel ragazzo!" mi salutò pimpante
"Buongiorno a te, splendore!" risposi rivolgendole un sorriso della stessa natura. Qualcosa mi diceva che entrambi avevamo qualcosa di cui essere felici. Si fece da parte per farmi passare ed io raggiunsi il salotto dove Lea, seduta in un angolo, tra pupazzi e costruzioni, stava spazzolando il povero Cooper, con il pettine delle sue bamboline. Lui se ne stava scompostamente seduto, e sbatteva freneticamente la coda, gli occhi leggermente spalancati e non appena mi vide mi venne incontro, quasi avesse appena trovato una ciotola extra di croccantini.
"Ehilà, Coop... hai fatto il bravo?" domandai, mentre lui saltellava in cerchio, continuando ad abbaiare
"É stato un angelo.. non so come abbia fatto a sopportare tutto quello che Lea è riuscita a fargli. É una specie di cane-eroe per quanto mi riguarda!" rispose Rachel ridacchiando. Bene, Blaine sarebbe stato fiero di lui. Tutto sommato, nonostante qualche divergenza avuta con i mobili e qualche brutta figura con i passanti, quel cane era decisamente molto educato, pur essendo ancora così piccolo. Lea, tutta sorridente, si alzò a sua volta e mi corse incontro, abbracciandomi le gambe
"Zio Kurt! Che bello che sei venuto!" urlò entusiasta, facendomi sorridere
"Avevo bisogno di vedere la mia principessa, perché mi mancava tanto.. e così... eccomi qui." le dissi, tirandola su, in braccio e lei sorrise emozionata
"Cooper può stare un altro pò qui, vero?" domandò all'improvviso, sporgendo il labbro inferiore e facendosi implorante
Questo l'ha preso da sua madre...
"Per il momento sì, ma prima di pranzo devo riportarlo a casa sua. Anche se non lo ammetterà neanche sotto tortura.. a Blaine manca tanto!" le dissi divertito, facendo ridacchiare sia lei che la madre, e perfino Cooper abbaiò, quasi volesse specificare che anche lui sentisse la mancanza del padrone. Misi la bambina per terra e
lei subito tornò a dedicarsi alla toilettatura del cane, mentre io seguii Rachel in cucina, dove in un angolo, facevano bella mostra di sé, i tessuti che avevo scelto di usare. Ed erano belli, esattamente come li avevo visti la prima volta, esattamente come avevo voluto che fossero. E il colore era... fottutamente perfetto.
"E dunque... aver scaricato qui il cane... è valso a qualcosa?" domandò lei, quando fummo finalmente da soli e lontani dalle orecchie innocenti della figlia. Io mi ritrovai ad arrossire ma la stretta piacevole che avvertii allo stomaco, mi fece sorridere emozionato. Lei mi guardò attentamente, per poi sorridere a sua volta
"Dalla tua espressione inebetita... direi di sì..." e batté più volte le mani, entusiasta. Mi abbandonai su una sedia, con un lungo sospiro estasiato, mentre l'immagine del corpo di Blaine, così nudo e caldo, mi faceva ancora provare i crampi. Era un ricordo vivido e reale e soprattutto sapere di non dover più sperare in un colpo di fortuna per poterlo avere - perché ormai lui era mio e noi stavamo insieme - mi faceva sentire stranamente elettrico.
Inebetito, appunto...
"Rachel è stato... indescrivibile... emozionante e..." lasciai che fu l'ennesimo sospiro a parlare per me, e lei ridacchiò in risposta
"Inutile dire che anche questa volta voglio tutti i dettagli!" esclamò, sollevando un sopracciglio maliziosa
"Stai pensando di mettere in scena un cortometraggio sul porno gay, per caso?" le chiesi divertito
"Può darsi.." mormorò poggiandosi con i gomiti sul tavolo e sporgendosi verso di me. Scossi la testa, ancora con quel sorriso elettrizzato sul volto e pensai che probabilmente non sarei mai riuscito a spiegare cosa avessi provato esattamente durante quella notte. Mi sarei sentito un idiota a dire per la terza volta quanto fosse stato magico e bellissimo, nonostante in effetti lo fosse stato davvero, in una maniera che davvero avrei faticato a credere. Avevo imparato a fidarmi di Blaine e anche quella notte avevo avuto ragione di farlo.
"Io credo che sarai più contenta di sapere cosa è successo... dopo.." mormorai con un'espressione eloquente. Lei si accigliò
"Oddio no!" esclamò subito, alzando una mano e mettendosela davanti alla faccia "Questa cosa fa tanto déjà-vu... e non mi piace. Se c'entra ancora David o qualche altro fidanzato risalito dall'oltretomba... ti prego, non lo voglio sapere!" e scosse con forza la testa. Mi limitai a sorridere ancora, senza dire altro se non
"Ha detto che mi ama!" esclamai poggiando il mento sul palmo della mano e sospirando ancora.
Se mi avessero dato un dollaro per ogni sospiro che mi è uscito dalla bocca da quando conosco Blaine.. a quest'ora sarei già miliardario...
"Oh!" la sua bocca si chiuse in un piccolo cerchio perfetto e rimase in quella posizione per un tempo quasi incredibile
"Già... oh..." mormorai, neanche a dirlo, sospirando. Contai esattamente tredici secondi prima che un urlo disumano uscisse dalla bocca della mia amica, tanto che dovetti coprirmi le orecchie per non rimanerne stordito.
"Mamma? Che succede? Devo chiamare il 911?" gridò Lea dal salotto, allarmandosi
"No, tesoro... è tutto ok.. tua madre è solo uscita di senno." risposi io, visto che la mia amica era ancora visibilmente sotto shock
"Ed è una cosa grave? Si può ricomprare questo seno?" gridò ancora, mentre Cooper abbaiava in contemporanea.
Il seno... certo...
"Ehm... penso di sì!" risposi ridacchiando e raggiunsi la mia amica dall'altro lato del tavolo per poi spingerla verso il basso e farla finalmente sedere, altrimenti avrebbe rischiato il collasso da un momento all'altro.
Guarda quanti danni che fai Blaine Anderson...
"Tu... lui... ha... oh Santa Misericordia... non ci credo!" mormorò, allibita, fissando il tavolo davanti a lei
"Rachel.. vuoi che ti prenda un bicchiere d'acqua?" le domandai divertito da tanta incredulità, ma allo stesso tempo anche leggermente preoccupato. Se avessi fatto del male, anche involontariamente, a sua madre, la piccola Lea non me lo avrebbe mai perdonato.
"Sì, per favore!" riuscì a rispondere, annuendo appena ed io corsi al lavandino per riempirgliene uno, per poi passarglielo. Lo bevve tutto d'un fiato e poi si lasciò andare ad un lungo sospiro. Si preannunciava una lunga discussione e senza ombra di dubbio, sarebbero serviti altri bicchieri d'acqua - e anche qualcuno di whisky - e forse perfino una chiamata al 911.

New York City. Ore 11.15 A.M. 22 Aprile 2012 (Domenica)

Avere Artie Abrams sulla porta di casa si era rivelato molto più seccante di quanto avessi mai potuto pensare. Io per natura era sempre stato un tipo molto pacifico, tendevo sempre a risolvere i conflitti con gli altri, perché non mi piaceva lasciare le questioni in sospeso, perché non amavo portare rancore, perché la vita era davvero troppo breve per passarla a litigare. Eppure, qualcosa mi impediva di addolcire il tiro con lui, forse semplicemente il ricordo del nostro primo ed ultimo incontro o forse il fatto che, da quando avevo aperto la porta, non avesse smesso un solo istante di guardare male il mio ragazzo, e questo non andava affatto bene.
Così, anche dopo che Kurt era andato via, lasciandoci soli, avevo continuato a squadrarlo con sospetto e non mi preoccupai neanche di trovare una sola piccola ragione per provare ad essere più gentile e magari indovinare il motivo della sua visita inaspettata. Non mi interessava, minimamente.
"Non mi fai neanche entrare?" mi domandò sollevando un sopracciglio, quasi offeso
"Qualsiasi cosa tu debba dirmi, puoi farlo anche rimanendo sullo zerbino. Non voglio in casa mia chi mi da dell'alcolizzato o del viziato figlio di papà!" risposi con un mezzo sorriso sarcastico, stringendo le braccia al petto e chiudendo così ogni possibilità per migliorare il nostro rapporto. Sempre che rapporto potesse chiamarsi. Lui sospirò, annuendo appena
"Immagino di essermela cercata." mormorò, mettendo su una smorfia "Ma confido che la tua maturità possa aiutarti a mettere da parte i nostri dissapori, affinché tu riesca ad ascoltare quello che ho da dirti fino alla fine." disse molto pratico e fin troppo elaborato. Da dove diavolo veniva fuori un tipo così? Neanche nei documentari di Discovery Channel parlavano in quel modo. Forse passare troppo tempo a casa da solo, gli aveva compromesso per sempre alcune delle facoltà vitali
"Posso provarci.. ma non ti assicuro niente." borbottai facendo schioccare la lingua e al diavolo se fosse o meno maleducato; quel tipo mi dava sui nervi, fine della questione.
"Dunque... verrò subito al punto: venerdì pomeriggio, per caso, ti ho sentito cantare e suonare la chitarra... eri sul terrazzo credo, perché la musica e la tua voce mi sono arrivati distintamente perfino al primo piano e non mi ci è voluto molto per capire che fossi tu. D'altronde William era a lavoro, Kurt in tanti anni che abita qui non l'ho mai sentito cantare né suonare e Finn... beh dubito che quel bietolone imbottito di grasso possa anche comprendere una cosa tanto tecnica come la musica. Quindi... puoi essere stato soltanto tu." e mi indicò, visibilmente soddisfatto dal suo ragionamento. Mi ritrovai a sollevare un sopracciglio perché davvero.. non ricordavo neppure di essermi messo a suonare sul terrazzo in quei giorni - dato che ormai suonavo in ogni angolo della casa, praticamente ad ogni ora del giorno e anche della notte - e mi sconvolgeva non poco pensare che quell'idiota si fosse scomodato a salire fino al quarto piano per potermi rimproverare, forse per avergli disturbato il lungo letargo. Era... insensato.
"E cosa vorresti adesso? Che ti chieda scusa per il rumore? Vuoi che ti prometta di non farlo più?" lo aggredii infastidito, chiedendomi quanto ancora potessi sopportare quel tipo, prima di sbattergli la porta in faccia. Lui inaspettatamente scosse la testa, spiazzandomi
"No... in realtà... sono venuto a chiederti esattamente il contrario!" rispose e, miracolosamente, fece qualcosa che non mi sarei mai aspettato: sorrise. Artie Abrams, lo scorbutico ed insulso essere che abitava - probabilmente in maniera abusiva - tutto il primo piano, e che mi aveva dato dell'alcolizzato... mi aveva appena sorriso. Sto sognando... o forse Abrams ha ragione... sono un alcolizzato e non me ne sono neanche reso conto...
"Non capisco." feci allora, sinceramente confuso, abbandonando per un istante la mia posa accigliata e scontrosa e forse lasciandomi appena incantare da quel sorriso che, a dirla tutta, non sembrava neanche più così cattivo. Sembrava sincero. Lui annuì lentamente per poi cercare qualcosa nella tasca dei pantaloni e infine porgermi un biglietto, all'apparenza completamente bianco.
"Prendilo... magari spiegandoti finalmente chi io sia in realtà, riuscirai a capire qualcosa in più!" mi disse ed io, anche se con un leggero timore - non seppi dovuto a cosa nello specifico - afferrai il biglietto e me lo rigirai tra le mani, prima di venirne attirato dalla scritta nera ed elegante che spiccava su un lato
- Omnia Records, casa discografica.
di Abrams & Motta
38761, 17th Avenue, Manhattan. NYC -
Non seppi di preciso cosa accadde nel mio stomaco o nel mio cervello in quel momento, forse il panico più totale, forse il caos o forse semplicemente.. nulla. Fu come vedere calare un velo nero davanti agli occhi e contemporaneamente sentire la terra muoversi improvvisamente, senza riuscire a capirci nulla. Avevo solo dei frammenti nella mia testa. C'era un Omnia... un Records... un Abrams e un Motta vicini.. a New York... e soprattutto c'era una casa discografica. E Artie mi aveva sentito cantare. Casa Discografica. E aveva detto che non era venuto a parlarmi per farmi smettere. Casa Discografica. E mi aveva dato un biglietto. Casa discografica. Un biglietto da visita di una... casa discografica.
Ma porca la miseria...
"E dunque... pensi che adesso mi sia guadagnato il permesso per entrare a casa tua?"

New York City. Ore 07.23 P.M. 22 Aprile 2012 (Domenica)

"Allora?" chiesi agitato, non riuscendo più a trattenermi e neanche a stare fermo sulla sedia. Gli occhi verdi del mio amico si sollevarono seccati dal fascicolo che teneva tra le mani e mi fulminarono
"Vuoi darmi almeno il tempo di leggere?" borbottò infastidito
"Uh.. sì scusa." e abbassai la testa, arrossendo appena. Ero in ansia, terribilmente, come forse non lo ero mai stato. Sentivo un groppo in gola spingere tanto forte da fare male e, cosa più importante, l'adrenalina scorrermi a fiumi nelle vene, senza controllo, in maniera frenetica e disordinata. Da quando Abrams aveva lasciato il mio appartamento, dopo avermi spiegato in maniera lenta e dettagliata cosa volesse da me ed avermi chiesto di parlargli della mia carriera musicale - e si era sorpreso non poco, sentendo che, a parte essere stato il leader di un gruppo canoro al liceo, non avessi fatto altro - ero diventato una specie di uragano in formato umano. Avevo lasciato di corsa il mio appartamento, stringendo tra le mani un facsimile di contratto che Artie mi aveva fatto vedere, ed ero sceso al piano inferiore, attaccandomi con foga al campanello di Rachel. Era stata Lea ad aprire e quasi l'avevo travolta, entrando di fretta e furia nell'appartamento. Avevo trovato Rachel e Kurt in cucina, intenti ad esaminare i modelli ai quali lui stava lavorando per il concorso e subito dopo aver intrecciato i miei occhi a quelli allarmati di Kurt, avevo esclamato a gran voce
"Kurt.. Abrams è un discografico... e vuole.. ingaggiarmi, per una cifra che non ho neanche mai visto nei miei sogni più fantasiosi!" e lui aveva sgranato gli occhi, forse credendomi pazzo. Poco dopo mi aveva fatto sedere, mi aveva tolto dolcemente il fascicolo dalle mani e mi aveva chiesto di spiegare tutto con calma, partendo dall'inizio. Ed io dopo un lungo sospiro lo avevo fatto, solo che l'emozione mi aveva fatto balbettare spesso, mi aveva fatto gesticolare come un idiota e non ero riuscito a schiodare neanche per un istante gli occhi da quelli di Kurt, che lentamente si ingrandivano e si coloravano di una strana luce. Era stato decisamente bello vederlo mutare davanti ai miei stessi occhi, osservare ogni cambiamento e poi sorridere insieme, quasi nello stesso istante, quasi fossimo arrivati a formulare lo stesso pensiero.
Non ci credo... non può essere vero...
E dopo essersi alzato ed avermi abbracciato nella maniera più dolce e inaspettata - tipica di Kurt Hummel - mi aveva consigliato di chiamare Sebastian e di chiedergli una consulenza, dato che comunque era pur sempre un avvocato. Ed io così avevo fatto, anche se con le mani ancora tremanti, gli avevo mandato un messaggio e gli avevo chiesto di raggiungermi al pub quella sera perché avevo una cosa urgente da dirgli. Lui, con la sua solita ironia del cazzo, mi aveva risposto chiedendomi se non si trattasse ancora dell'astinenza forzata ed io, anche se ancora leggermente brillo per via dell'euforia, gli avevo scritto semplicemente un vaffanculo, a lettere cubitali.
Fortunatamente, quella parola scarsamente gentile, non gli aveva impedito di raggiungermi ed in quel momento ci trovavamo tutti e quattro - lui, Daniel, Kurt ed io, o almeno quel poco di me che rimaneva ancora intatto - seduti ad un tavolino del pub e Sebastian stava leggendo attentamente la bozza che gli avevo consegnato, dopo una breve spiegazione, che aveva lasciato sia lui che il suo fidanzato, letteralmente a bocca aperta. Ed io ero in ansia, maledettamente in ansia e più lui leggeva, più si accigliava, più sospirava, più io mi agitavo, più diventavo irrequieto.
Ad un tratto, proprio mentre mi muovevo per l'ennesima volta sulla mia sedia, sentii qualcosa di caldo avvolgermi la mano e stringere forte, quasi fosse una coperta. Mi girai verso Kurt che era seduto al mio fianco e dal suo sorriso buono capii che lui c'era, era lì con me e che, qualsiasi cosa avesse detto Sebastian alla fine della lettura, lui sarebbe ugualmente rimasto. Per questo sospirai, imponendomi la calma, ed avvertendo immediatamente una sensazione di quiete invadermi il petto, nonostante le mie gambe proprio non volessero saperne di stare ferme e nonostante il mio amico continuasse a sospirare, senza dire nulla.
Cazzo, Bastian... così però mi uccidi...
Dopo una mezza eternità, finalmente Sebastian alzò gli occhi e li puntò nei miei e lì avvertii un fremito di paura corrermi lungo tutta la schiena, che si raddrizzò di conseguenza. Forse i miei sogni di gloria sarebbero nati e morti nella stessa giornata, forse mi ero illuso ancora una volta troppo presto, forse quell'adrenalina era ingiustificata, forse ero un coglione e sperare così tanto, così in grande, non faceva per me, forse sarei dovuto tornare con i piedi per terra e avrei dovuto continuare a vivere di musica nel mio piccolo mondo, lì in quel pub. Forse...
"Vuoi sapere il verdetto del Bas amico, oppure quello di Sebastian Smythe l'avvocato?" mi chiese poggiando i fogli sul tavolo ed incrociando le braccia al petto. Deglutii a disagio, stringendo automaticamente la mano intorno a quella di Kurt, probabilmente stritolandogliela. Ero ad un fottuto bivio e si trattava soltanto di scegliere.
"Quella dell'avvocato..." mormorai d'istinto "E... anche quella dell'amico." un microscopico sorriso si affacciò sulle sue labbra, ma fu un attimo e tornò ad essere imperturbabile come sempre. Si schiarì la voce ed iniziò
"Dunque... l'avvocato ti dice che... tecnicamente non c'è niente da contestare, fatta eccezione per una o due postille, che possono essere facilmente adeguate dopo aver discusso con questo Signor Abrams. É uno che sa il fatto suo, preparato e soprattutto molto scrupoloso. Non lascia niente al caso e sembra anche ben disposto ad investire personalmente con i contratti che fa firmare e questo è un punto a tuo favore, perché significa che, se dovesse andare male, non sarai tu a rimetterci." spiegò con calma e precisione, tipica del suo charme da legale. Avvertii il cuore fare una giravolta nel petto e riprendere a battere quasi furioso qualche istante dopo.
"E... l'amico? Lui cosa.. dice?" chiesi timoroso con un filo di voce, proprio perché era il giudizio del mio migliore amico a spaventarmi di più, non tanto quello professionale dell'avvocato. Lui rimase per qualche interminabile secondo a fissarmi senza aprire bocca, semplicemente continuando a respirare e forse ignorando che, più tempo passava, più le probabilità di vedermi morto sarebbero aumentate. Poi alla fine, quasi la sua voce venisse da lontano, parlò
"L'amico ti dice che.. se non firmi immediatamente questo contatto, sei un vero coglione!" e mi sorrise, con disarmante sincerità, facendomi sussultare, ma sospirai di sollievo un istante dopo. E l'istante dopo ancora, sorrisi, sorrisi perché mi ero appena tolto un peso enorme dallo stomaco, sorrisi perché forse non era un sogno, sorrisi perché era tutto un pò più reale e un discografico aveva davvero bussato alla mia porta per propormi un ingaggio, esattamente come nelle mie migliori fantasie, sorrisi perché... cazzo.. un contratto... discografico... per me.
D'istinto strinsi appena un pò di più la mano di Kurt, quasi volessi fargli capire come mi sentissi in quel momento, e lui in risposta strinse la mia, e contemporaneamente trovò perfino la forza per accarezzarmi il dorso con le dita dell'altra mano, lentamente, facendomi venire i brividi. Lui c'era ancora. Era ancora lì con me.
Ti prego... non andare via... non trasformarti in una farfalla.. non volare lontano lasciandomi solo.. non farlo...
"E quindi... credi che io debba..." iniziai esitante, non riuscendo a trattenere un altro sorriso elettrizzato
"Firmare, sì! Se la cosa può farti stare più tranquillo, quando dovrai tornare da lui per parlarne, posso accompagnarti in veste di tuo avvocato e magari assisterti... a titolo gratuito si intende. Ti presenterò la parcella solo se e quando diventerai famoso!" e mi strizzò l'occhio, facendomi ridacchiare. Famoso. Che bella parola. Sembrava quasi.. aliena. Eppure, da quello che Abrams mi aveva detto, era quella la sua intenzione, farmi diventare.. famoso. Far sì che, prima New York, poi gli Stati Uniti e infine il mondo, conoscesse la mia voce, perché a detta sua era davvero sprecata, utilizzata semplicemente sul terrazzo di una palazzina di Manhattan. Per lui avrei dovuto scalare le vette delle classifiche e dare uno smacco a tutti quei cantanti da quattro soldi che, pur non sapendo né cantare né tanto meno tenere in mano una chitarra, chissà per quale motivo, in un mese riuscivano a vendere più di quanto John Lennon avesse fatto in tutta la sua carriera. Lui sembrava convinto, entusiasta nel suo modo bizzarro di esternare le emozioni e per un momento, mettendo da parte l'idea che mi ero fatto di lui, del ragazzo scorbutico e maleducato, ero riuscito ad intravedere una bella persona, dopotutto. Ma non soltanto perché mi aveva appena proposto un contratto con una cifra da parecchi zeri, si trattava più che altro di qualcosa che, su due piedi non ero riuscito a decifrare - vuoi per l'euforia, vuoi per la sorpresa, vuoi soprattutto per la voglia di dirlo a Kurt - ma che in un certo senso, mi faceva intuire che, dietro quella faccia da ragazzo cattivo, si nascondesse qualcos'altro di decisamente più profondo.
"E sia, allora!" decretai con la voce tremante, lanciando un'occhiata a Kurt che mi sorrise, emozionato "Firmerò... e che Dio me la mandi buona!" e per scaramanzia, incrociai le dita e sorrisi, ancora euforico. Dubitavo che quella sera sarei riuscito a salire sul palco per cantare. Troppa adrenalina, troppo da scaricare. Magari se fosse venuta Santana mi sarei fatto sostituire da lei - visto che girava voce fosse davvero brava, o almeno.. Brittany lo diceva - ma avevo altro per la testa in quel momento per preoccuparmi del pub. Avevo un contratto.. che, nonostante fosse ancora una bozza, rappresentava ugualmente una specie di traguardo ambito, uno di quei trofei bellissimi ma irraggiungibili che diventano quasi mitici nella loro perfezione. Ti è concesso solo guardare da lontano, senza toccare, perché magari, allungando una mano e sperando di poterlo raggiungere, succede sempre qualcosa che, puntualmente ti fa perdere tutto, perfino la speranza. Ed io, che la speranza, nonostante tutto, ero riuscito a conservarla, ce l'avevo fatta... o meglio.. potevo farcela. Magari con un pò di sforzo, con un pò di aiuto, con un pò di fortuna. Con Kurt al mio fianco, senza dubbio, sarei riuscito a fare qualunque cosa. Anche firmare un contratto discografico per Artie Abrams. Anche allungare la mia mano e toccare finalmente il mio bellissimo sogno, ormai fatto reale e concreto. 
*D'accordo... firmo! Ci vediamo domani per discuterne. Blaine*
  
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