Eccomi con
l'epilogo.
Come al solito, ci vediamo alla fine.
Buona lettura.
L'agente
Hill correva lungo i corridoi deserti della base temporanea dello
S.H.I.E.L.D.
L'ordine di evacuazione era stato eseguito con rapidità,
tutta l'attrezzatura e il personale si trovavano in una seconda base
temporanea, nelle profondità delle Rock Mountains.
All'interno dell'edificio sotterraneo, come da ordini, erano rimasti
solo Fury e i Vendicatori.
E lei.
Avrebbe dovuto partire con l'ultimo elicottero, ma aveva ricevuto una
comunicazione importante, e il Direttore doveva conoscerla
immediatamente.
Mentre accelerava il passo, la donna ripercorse brevemente gli eventi
delle ultime ore.
La missione per recuperare il Tesseract era fallita clamorosamente.
Loki li aveva ingannati ed era fuggito, portando via il Cubo. Dalle
informazioni fornite dai Vendicatori sembrava che l'agente Sabil avesse
favorito la sua fuga, scomparendo insieme all'alieno.
Era stata ufficialmente dichiarata dispersa in azione. Ufficiosamente,
il suo volto era su tutti i database di ricerca internazionale con
l'ordine di massima priorità. Era segnalata come armata e
pericolosa, con l'ordine di sparare a vista.
L'agente trattenne un sospiro.
Come ogni membro dello S.H.I.E.L.D. conosceva la storia dell'agenzia,
c'erano state delle ombre più o meno oscure, ma mai un
tradimento tanto sfacciato.
Quella donna sarebbe stata la rovina del Direttore Fury.
La porta a vetri cedette docile sotto la spinta decisa dell'agente Hill.
La brusca entrata, ferì il silenzio glaciale della stanza, e
la donna si bloccò per un'istante.
Il pallore del fallimento e della fatica gravava su ogni volto.
Stark indossava ancora l'armatura, graffiata, ammaccata e annerita, il
volto affaticato e rigato di cenere incredibilmente serio. L'agente
Barton, livido in volto, era seduto a braccia conserte, aveva un taglio
sulla tempia e un braccio fasciato. Le garze bianche erano macchiate di
sangue.
Thor e Captain America erano seduti vicini. Fisicamente, sembravano
quelli meno provati, ma l'espressione dei loro volti era
indescrivibile. Il Dio del Tuono appariva cupo, e gli occhi azzurri
solitamente ridenti, erano risucchiati in una spirale di sensi di colpa.
All'appello mancava l'agente Romanoff, che si trovava ancora in sala
operatoria. Era stata gravemente ferita mentre insieme a Rogers tentava
di portare in salvo una scolaresca. Il volto del soldato rifletteva le
cicatrici di chi ha già visto cadere troppi compagni.
I medici ancora non si erano pronunciati sulle sorti di Natasha, e
nessuno aveva voglia di essere ottimista.
Fury, in piedi accanto allo schermo piatto, freddò l'agente
Hill con un'occhiataccia. «Cosa ci fa qui,
agente?», domandò, aspro.
La donna respirò a fondo. «La squadra di ricerca
ha rintracciato il Dottor Banner, credevo volesse saperlo»,
annunciò.
Una lieve luce illuminò l'unico occhio del Direttore.
«Bene. Ordini agli agenti di condurlo alla nuova base. Ora
vada», ordinò, perentorio.
«Sissignore», annuì la donna,
voltandosi.
Esitò solo un'istante, prima di lasciare la stanza e
ripercorrere a passo svelto i corridoi, ripetendo gli ordini del
Direttore all'auricolare.
«Peccato che non tutti i suoi agenti siano così
diligenti», mormorò Stark, acido.
«Quella donna non è mai stata una di
noi», replicò Barton, piccato.
«Non fare il santerellino, Legolas. Siete tutti fatti di
quella pasta», insisté il miliardario, stavolta
con tono amaro.
«Non permettetele di metterci uno contro l'altro. Il nemico
non siamo noi», li interruppe Steve.
«Già, il nemico è chi nella stanza ha
un occhio solo», canticchiò Stark, voltandosi
verso Fury. «Cosa diavolo ci hai mentito, adesso?
Perché tu ci hai lanciato in una missione suicida, ed eri
consapevole di quello che stavi facendo»,
continuò, il cerchio di luce sul petto illuminato fiocamente.
«Avete accettato tutti la missione, con i rischi che
comportava», osservò Fury, con calma.
Thor si alzò in piedi. «La smetta, Fury. Vogliamo
sapere la verità», disse, la voce impetuosa come
il vento di un uragano.
L'uomo scrutò a lungo i volti dei presenti, poi
sfiorò brevemente lo schermo dietro di sé.
Con un lieve bip, sui led comparve un'immagine tridimensionale del
Tesseract, accompagnata da dati e grafici.
«Circa un mese prima dell'attentato ai danni di Loki, il
Dottor Selvig ha notato un cambiamento nelle radiazioni emesse dal
Tesseract. Approfondite analisi hanno rivelato che, inspiegabilmente,
il Tesseract si stava spegnendo», iniziò Fury.
«Spegnendo? Il Tesseract è energia pura, non si
può spegnere! Non è una lampadina»,
protestò Stark.
«Infatti ho detto inspiegabilmente»,
ricordò Nick, sfiorando nuovamente lo schermo, l'immagine
cambiò mostrando un grafico in cui una linea rossa
precipitava vertiginosamente verso il basso. «Le proiezioni
di Selvig hanno rivelato che nel giro di sei mesi, l'energia emanata
dal Tesseract sarebbe diventata paragonabile a quella di una comune
batteria, appena sufficiente per far funzionare un cellulare».
«Questo cosa centra con Loki e l'agente Sabil?»,
intervenne Clint.
Fury sembrò prendere un respiro profondo.
«Nonostante il Dottor Selvig sia il maggiore esperto della
Terra, quando si tratta del Tesseract, non siamo riusciti né
a trovare una spiegazione, né una soluzione a questo
fenomeno. Il Cubo non è di questo mondo. Nonostante per anni
sia stato custodito qui, la sua natura non ha niente a che fare con gli
esseri umani. Ci siamo resi conto che se volevamo comprenderlo, avevamo
bisogno di qualcuno che lo conoscesse come nessun altro».
«Loki», mormorò Thor.
Fury annuì. «L'attentato nei suoi confronti e la
tua richiesta sono capitati nel momento perfetto, quando ormai avevamo
compreso che non potevamo fare nulla per impedire lo spegnimento del
Tesseract».
«Che ruolo ha l'agente Sabil in questo?»,
domandò Rogers.
«Quello che vi era stato detto. Interrogare Loki, scoprire
informazioni su Thanos e sul funzionamento del Tesseract»,
disse Fury, poi osservò ognuno dei presenti negli occhi.
«Ad ogni costo», aggiunse lentamente, scandendo le
parole.
Stark fu il primo a parlare, a tradurre in parole quelli che tutti
stavano pensando. «Khalida sta facendo il doppio
gioco».
Fury annuì gravemente. «Vi spiegherò i
dettagli del piano non appena arriveremo alla nuova base, per ora vi
basti sapere che la situazione è sotto controllo».
Stark rise. «Hai una strana concezione del controllo,
Nick».
«E anche un ottimismo fuori luogo»,
osservò Clint cupo.
L'occhio di Fury si strinse. «Cosa intende, agente
Barton?».
Occhio di Falco sospirò, ma sostenne lo sguardo del
Direttore. «Quando ho sorpreso Khalida nell'atto di scappare,
ho provato a fermarla. Ho teso l'arco e ho scoccato una
freccia».
«Questo lo sappiamo, ma hai detto che è scomparsa
prima che la freccia la raggiungesse», osservò
Steve.
«Apparentemente. Ma nella stanza la freccia non c'era. L'ho
cercata», ammise Clint.
Tutti ammutolirono.
Significava che il loro unico legame con il Tesseract in quel momento
poteva essere già morto. Se la freccia era riuscita a
raggiungere Khalida, ormai era tutto perduto.
Nick Fury raddrizzò le spalle.
«Speriamo che la sua mira non sia poi così
infallibile, agente Barton», mormorò.
Ma il silenzio, ricordò a tutti che era una speranza
flebile, sottile come un sorriso e affilata come vento gelido, lo
stesso che fuori dalla base spazzava il deserto immerso nella calma
notturna.
Là fuori, da qualche parte, la missione di una spia stava
iniziando sotto la cupa luce di una luna nuova, in una notte senza
stelle.
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Come ho già
specificato, tutto ciò che dico riguardo al Tesseract
è puramente inventato.
Quindi, cosa ne pensate?
Attendo i vostri commenti
Ci vediamo per il prologo
della seconda parte.
Ringrazio tutti i lettori
e Martina per aver recensito lo scorso capitolo.
Nicole
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