Sherlock annuì impercettibilmente dopo aver soffermato lo
sguardo sul corpo di Alan Wilson sul tavolo dell’obitorio.
<< E’ lui >>, dissi.
Notai subito che la ferita sulla spalla di Alan era stata
medicata scorrettamente e di fretta, di sicuro non in ospedale.
Infatti, si era
infettata. Doveva essere stata questa la causa del decesso.
Rabbrividii al pensiero del dolore che Alan… che Samuel
aveva sopportato.
Più tardi, Lestrade confermò la mia teoria: Alan
era morto a
causa dell’infezione.
Era stato trovato in un appartamento abbandonato fuori
città. Era morto durante la notte, ma indizi trovati nella
casa facevano
pensare che fosse arrivato lì subito dopo
l’incendio.
C’era soltanto un punto su cui nessuno era riuscito a fare
chiarezza: chi era stato con lui durante questi giorni? Chi aveva
cercato di
medicare la sua ferita e l’aveva assistito fino alla morte?
Sherlock era assolutamente sicuro che ci fosse stata
un’altra persona, poiché in nessun altro modo
Samuel (o Alan, comunque lo si
voglia chiamare) sarebbe potuto arrivare fin lì da solo,
né tanto meno avrebbe
potuto sopravvivere per una settimana.
Ero certo che Sherlock avrebbe chiesto di vedere
l’appartamento in cui era stato trovato il corpo, ma invece
mi stupì ancora una
volta.
<< Per quanto mi riguarda, il caso è chiuso.
Alan
Wilson ha tentato di uccidere John, ora è morto. Non
occorrono ulteriori
precisazioni >>, disse.
Guardai Lestrade, per scoprire che era stupito almeno quanto
lo ero io.
Sherlock uscì dalla stanza senza dire altro.
<< Quello che hai detto prima… dicevi sul
serio?
>>, chiesi, mentre aspettavamo un taxi.
Erano le tre del pomeriggio, l’ora peggiore della giornata
per trovarsi nel traffico.
<< Certo che no >>, rispose Sherlock.
<<
Mi stupisce che tu l’abbia pensato>>.
Ovviamente, pensai,
come sono stato ingenuo a credere che fosse
tutto finito!
<< Illuminami >>, dissi. <<
Come pensi di
scoprire chi era il complice di Samuel? >>.
<< Per quello non ci vorrà molto, so
già dove cercare.
Ma, cosa più importante, dobbiamo scoprire se Samuel
è ancora vivo >>.
<< Se Samuel si trovava nel corpo di Alan, deve essere
morto >>.
<< E se avesse scambiato il corpo ferito di Alan con
quello del suo complice? In quel caso sarebbe lui ad essere morto, e
Samuel
sarebbe ancora a piede libero >>.
Sospirai. Il ragionamento di Sherlock non faceva una piega,
come al solito.
Mi chiedevo come avrebbe fatto questa volta a trovare
qualcuno senza saperne assolutamente nulla.
Prima che potessi anche solo pensare ad una domanda da
porre, Sherlock aveva iniziato a parlare. Era il tono che usava per
esporre una
deduzione di cui andava particolarmente fiero.
<< Quando Thomas Carlton è morto, ricorderai
che
abbiamo ispezionato il suo appartamento oltre a quello di Samuel. Ho
notato un particolare
odore, che si faceva più intenso in cucina e vicino al
guardaroba di Joanne. Ho
sentito lo stesso odore quando ho parlato con Joanne in centrale: era
il suo
profumo. Aveva l’abitudine di indossarne un bel po’
>>.
<< Ebbene? >>.
<< Quando sono andato a casa di Samuel ho notato una
donna seduta su una panchina a pochi metri dall’entrata. In
quel momento non ho
fatto molto caso a lei. >>, poi si affrettò ad
aggiungere, << E’ successo
solo perché ero nel tuo corpo: in altre situazioni non mi
sarebbe mai accaduto
di ignorare qualcosa. >>.
Mormorai un “bella scusa”, che Sherlock finse di
non
sentire.
<< Ma c’è un dettaglio che,
nonostante tutto, non mi è
sfuggito. Quando le sono passato accanto ho sentito il suo profumo. Era
lo
stesso che indossava Joanne. >>.
<< Anche se si fosse trattato di lei, non vedo cosa ci
sia di strano. Dopotutto, era casa sua >>.
<< L’hai detto tu stesso: era
casa sua. Joanne non abita più lì, si
è trasferita per stare
più vicina all’ospedale dove suo marito
è in coma >>.
All’improvviso mi sentii in colpa per quella donna che
ancora sperava che suo marito si sarebbe risvegliato. Solo io e
Sherlock
sapevamo che Thomas Carlton era morto a tutti gli effetti, e per ovvi
motivi
non potevamo dirlo a nessuno.
Joanne meritava di sapere, ma sarebbe stata in grado di
reggere il peso della verità?
<< Quando sono tornato alla casa di Samuel
per…
tirarti fuori >>. Sherlock stava per dire
“salvarti”, ma si corresse
all’ultimo momento. Sapeva che non avevo dimenticato il suo
gesto sconsiderato.
<< … ho notato che la donna sulla panchina non
c’era più. Sappiamo che
Samuel era già scappato e che qualcuno deve averlo aiutato,
quindi perché non
Joanne? >>.
Riflettei a lungo sulle parole di Sherlock mentre eravamo in
taxi. Ignorai il tentativo del tassista di fare conversazione e
considerai le
implicazioni nella deduzione di Sherlock. Se Joanne aveva aiutato
Samuel quando
era nel corpo di Alan, allora c’erano solo due alternative:
conosceva già Alan
e l’aveva aiutato senza sapere che fosse Samuel, oppure,
quella che più mi
preoccupava, era stata da sempre complice di Samuel.
Sapevo che Sherlock stava riflettendo sulla stessa cosa.
<< Dove stiamo andando? >>, chiesi, notando
improvvisamente che non eravamo diretti a Baker Street.
<< A cercare Joanne nel luogo dove è
più probabile che
sia >>.
La panchina.
Dopo più di un’ora trascorsa a percorrere un
tragitto che ne
avrebbe richiesta mezza, con Sherlock che stava diventando sempre
più
impaziente, chiesi al tassista di fermarsi anche se mancava ancora
qualche
isolato alla nostra destinazione.
Sherlock saltò fuori dall’auto con evidente
sollievo. Ero
certo che non avesse osato proporre prima di proseguire a piedi a causa
della
difficoltà che ancora avevo a camminare, ma stare in auto e
percorrere un metro
al minuto iniziava a spazientire anche me.
<< Sicuro di farcela? >>, mi chiese.
<< Voglio arrivare in fondo a questa faccenda.
Dopotutto, al mio racconto manca ancora un finale >>,
risposi,
affrettando il passo per quanto mi era possibile.
Quando iniziai ad intravedere la casa di Samuel dal lato
opposto del marciapiede provai una fitta di emozione. Era come tenere
in mano
l’ultimo tassello di un puzzle ed essere pronto a metterlo al
suo posto per
poter finalmente ammirare l’opera completa.
Sherlock mi indicò una panchina, sulla quale potevo
intravedere
una figura seduta.
La sua supposizione, come sempre, si era rivelata esatta.
Joanne Carlton era l’immagine della tristezza. Tutto in lei,
dall’abbigliamento scuro e anonimo, agli occhi privi di
qualsiasi luce,
trasmetteva un profondo sconforto. Aveva il cappuccio alzato, che le
copriva in
parte il volto e la proteggeva dalle sottili gocce di pioggia che
iniziavano a
cadere.
Inizialmente non diede segno di accorgersi della nostra
presenza, poi voltò lentamente la testa, ci
osservò, soffermandosi in particolare
su di me, e si scostò leggermente verso il bordo della
panchina, invitandoci a
sederci.
Accettai l’offerta, sedendomi il più distante
possibile da
lei, mentre Sherlock rimase in piedi.
La sua espressione sarebbe parsa impenetrabile a chiunque
altro, ma io lo conoscevo abbastanza bene da capire che stava
riflettendo, e
che in quei pochi secondi era già giunto a conclusioni a cui
io non sarei mai
arrivato.
Per la prima volta notai il profumo di cui aveva parlato
Sherlock. Era penetrante, ma tutto sommato piacevole.
<< Sapevo che mi avreste cercata >>, disse
Joanne. La sua voce era molto diversa da come la ricordavo.
L’avevo udita solo
una volta, quando Sherlock aveva insistito per parlare personalmente
con lei,
eppure sembrava appartenere ad un’altra persona.
<< E’ stato Samuel a dirglielo?
>>, chiese
Sherlock.
<< Ha detto anche che lui era morto >>,
rispose
lei, indicandomi con un cenno della testa.
<< Lo credeva, ma come vede non lo sono >>,
risposi.
Joanne non diede segno di essere sorpresa. In effetti,
sembrava che non le importasse che io fossi vivo oppure no. Ci guardava
come se
non fossimo altro che ombre.
<< Perché è stata complice
dell’omicidio di suo
marito? >>, chiese Sherlock.
Mi voltai di scatto verso di lui, lanciandogli uno sguardo
di rimprovero. Poi iniziai a riflettere sulle sue parole e
sull’enormità di
quello che stava affermando.
Persino Joanne sussultò leggermente prima di rispondere.
<< Mi sta accusando di aver ucciso Thomas Carlton?
>>, chiese, inarcando un sopracciglio.
<< No. Le sto chiedendo perché l’ha
fatto >>,
rispose Sherlock, sostenendo il suo sguardo.
Joanne rimase in silenzio per qualche secondo, come se
stesse considerando cosa dire, poi parlò con immensa calma.
<< Samuel mi ha detto che voi sapete di lui e del Potere,
quindi vi dirò come sono andate realmente le cose. Al
momento siete le uniche
due persone al mondo che possono credere alle mie parole
>>.
Trattenni un sospiro di sollievo. Significava che Samuel era
davvero morto.
<< Thomas non era come tutti credevano che fosse. Era
freddo,
terribilmente irascibile e spesso violento. A volte sospettavo che
fosse del
tutto immune dai sentimenti.
Lui e Samuel erano stati amici, ma negli ultimi tempi i loro
rapporti erano tesi. Thomas aveva intuito che Samuel provava interesse
per me,
e da allora iniziarono le minacce. Temevo per me, ma soprattutto temevo
per
Samuel. Non mi aspetto che voi capiate, ma in fondo aveva un buon
cuore. Il suo
potere era la sua maledizione, e sono certa che nessun altro avrebbe
avuto la
forza per conviverci senza impazzire. Quando Samuel mi parlò
del Potere, fu il
momento in cui vidi tutte le mie convinzioni sgretolarsi davanti ai
miei occhi.
Mi promise che saremmo scappati insieme, che Thomas avrebbe avuto il
destino
che meritava e che nessuno l’avrebbe mai saputo…
se solo io fossi stata
disposta ad accettarlo in un corpo diverso. Dissi di sì, che
l’avrei amato
comunque e che l’avrei seguito >>.
Sherlock approfittò della breve pausa per continuare il
discorso.
<< Da qui in
poi
posso ricostruire come sono andate le cose. Samuel ha scambiato il suo
corpo
con quello di Thomas e poi ha ucciso sé stesso. Doveva
sembrare che Samuel si
fosse suicidato, e così nessuno si sarebbe accorto del
cambiamento di Thomas…
ma una cosa non è andata come previsto.
Samuel, subito dopo aver ucciso il suo corpo, ha fatto
cadere un vaso e si è ferito la mano. Questo ha fatto
sì che Thomas venisse
incriminato per l’omicidio.
Lei ha finto, molto abilmente, devo ammetterlo, di essere
totalmente all’oscuro di tutto.
Poi Samuel si è impossessato del corpo di un inserviente
della prigione, un certo Robert, lasciando quello di Thomas…
vuoto, se così si
può dire. Dopo aver fatto trascorrere a me e al mio amico
uno spiacevole quarto
d’ora con un coltello, e dopo averci inviato un cortesissimo
messaggio per
offrirci il suo aiuto, Samuel ha cambiato corpo ancora una volta,
impersonando
Alan Wilson, uno studente universitario. Aveva intenzione di dare fuoco
alla
casa, di uccidere me e John, e infine di fuggire con lei sotto un altro
corpo.
Con la distruzione della Casa Maledetta il suo potere si sarebbe
esaurito e avreste
potuto vivere in pace. Con le mani sporche di sangue innocente, ma in
pace. Le
mie deduzioni sono esatte fino ad ora? >>.
Joanne non aveva mai smesso di sostenere lo sguardo di
Sherlock, gli occhi ridotti a due fessure. Era furiosa e al contempo
sbalordita
dalla conoscenza di Sherlock.
Quest’ultimo ne fu soddisfatto, e continuò
imperterrito.
<< Un altro imprevisto nel vostro piano è
stato
costituito dal sottoscritto, che ha tentato di fermare Samuel
sparandogli e a
cui è stato restituito il favore.
Posso dedurre il seguito della storia dal suo profumo,
signora Carlton, che impregnava leggermente i vestiti di Alan Wilson
l’ultima
volta che sono andato a trovarlo all’obitorio.
Da lì ho dedotto che doveva essere stata lei ad aiutarlo a
sopravvivere negli ultimi giorni. Samuel doveva essersi rifiutato di
andare
all’ospedale, perché altrimenti sarebbe stato
arrestato, e questo ha
significato la sua morte. Allora è venuta qui, ad osservare
i resti della Casa
Maledetta, chiedendosi cosa fare di quello che rimane della sua vita.
Mi
sbaglio, forse? >>.
Joanne distolse lo sguardo, con gli occhi colmi di lacrime.
Tremava, potevo sentirlo.
<< Avete intenzione di dirlo alla polizia?
>>, chiese
con un filo di voce.
Sherlock esitò per qualche istante, poi rispose,
<<
No, sarebbe troppo poco credibile. E inoltre, nessuna prigione
può punirla più
di quanto non sia stata già punita >>.
Capii che la conversazione era finita. Mi alzai e, mentre andavo
via, mi voltai un’ultima volta ad osservare la figura
solitaria di Joanne
Carlton.
Quella fu l’ultima volta che la vidi.
Il 15 dicembre, Joanne si tolse la vita nelle rovine della
sua vecchia casa.
Il 18 dicembre ero seduto nel salotto di Baker Street,
contemplando lo schermo del mio portatile.
Avevo terminato il racconto, optando per un lieto fine.
Volevo dare a Joanne una vita felice e libera da rimorsi, se non nella
realtà,
almeno sulla pagina.
<< Exchanges >>, disse ad un tratto
Sherlock.
Solo allora mi accorsi che era dietro di me e stava leggendo quello che
avevo
scritto. << Dovresti intitolarlo così
>>.
<< E’ troppo banale >>, risposi.
<< “Lo
straordinario caso della Casa Maledetta” è un
titolo più adatto >>.
<< Ma non si addice al significato del racconto
>>.
<< “Exchanges” sembra il titolo di un
libro di
fantascienza >>.
<< In teoria è un
libro di fantascienza! >>.
<< Il racconto è mio e il titolo è
già deciso!
>>, esclamai, esasperato.
Sentii la porta aprirsi al piano di sotto.
<< Vado ad aiutare la signora Hudson con le buste
della spesa >>, dissi.
Al mio ritorno, qualcosa sullo schermo era cambiata.
Exchanges – Lo
straordinario caso della Casa Maledetta.
Guardai Sherlock, con uno sguardo a metà tra
l’irritato e il
divertito.
Lui sollevò le spalle e sorrise. << Il
trattino mi
sembra un compromesso adeguato >>.
Sì, forse potevo accettarlo.
Spostai il cursore all’ultima pagina e iniziai a scrivere,
aggiungendo poche righe al finale che avevo già elaborato.
Gli eventi delle
ultime settimane mi hanno cambiato profondamente. Ho vissuto nel corpo
di un
altro, ho assaggiato un po’ della sua vita e ho guardato il
mondo con i suoi
occhi. Ma, soprattutto, ho guardato me stesso con i suoi occhi.
Adesso, quando mi
guardo allo specchio, vedo un uomo diverso e, allo stesso modo, sento
che anche
lui è cambiato.
Sono della ferma
opinione che questa esperienza ha portato qualcosa di buono ad
entrambi.
Lui potrà anche
continuare a negarlo, ma io ne sono certo.
Londra, 18 dicembre
2012.
Fine! The end! Finish!
Fin!
Eccoci arrivati alla
fine dell’ultimo capitolo.
Vorrei ringraziare
tutti i lettori, sia quelli “silenziosi” che i
recensori.
Spero che vi sia
piaciuta e che il finale non vi abbia deluso :)
Un grazie particolare
a Patta97, la mia omonima, Ciajka e Klavdiya, che sono state le
recensitrici
(si dice così?) più assidue.
Un bacio a tutti,
Jadis
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